Diario di Quinto. 23 agosto 2023. Carcassa di elefante bello grosso nella stanza. Tracce di matita e boccette di china spappolate tutt’intorno. Questo fumetto ha paura di me. Io ho visto il suo vero volto. I capitoli sono lunghi rigagnoli e i rigagnoli sono pieni di citazioni e promesse tradite. Tutti i loro eroi derelitti, accomunati da sudicie maschere, li sommergeranno fino alla cintola e tutti i loro autori e disegnatori guarderanno verso l’alto e diranno “leggici!”… e io guarderò verso il basso e sussurrerò… “ma sì dai, questa pagliacciata del non discutere il sequel di Watchmen è durata sin troppo!”
DISCLAIMER: Doomsday Clock va approcciato con mente aperta, è una lettura proibitiva per chi è digiuno di fumetti e non è il modo migliore per iniziare a leggerli. Aver letto almeno una volta Watchmen è necessario per capirne le premesse, la trama, i pregi e i difetti. Di Watchmen si parlerà per forza, visto che è l’elefante nella stanza. Non sono più così giovane né abbastanza vecchio per fare le barricate puriste. Il profumo di Nostalgia fa di tutti noi prede per le regole del mercato: dove c’è un bacino di lettori già pronto, prima o poi qualcuno butta una rete. Ed è cosa buona e giusta che nuovi lettori vadano a ripescare roba vecchia perché raga, son passati 40 anni da Watchmen! È un aereo? È un uccello? No, è il tempo che vola così fottutamente veloce.
Certo Moore avrebbe voluto che Watchmen restasse un’opera incontaminata da adattamenti, prequel, sequel, spin-off e cross-over. Ironia: è stato usato per una delle mega ammucchiate della Distinta Concorrenza. Non fingerò d’essere un esperto in materia, ma una cosa l’ho capita: la DC ha il bisogno fisiologico di incasinare e rimettere in ordine la sua continuity, e visto che Watchmen era pur sempre roba loro, inevitabilmente è finito nel tritacarne.
I veterani dietro a Doomsday Clock sono Gary Frank ai disegni e soprattutto Geoff Johns ai testi. Johns è un vero pezzo grosso nella DC del nuovo millennio, tanto su carta quanto nelle serie tv e al cinema. Se volessi farvi scappare direi che il DCU è anche colpa sua, visto che ne è stato il produttore sin da Green Lantern, nonché sceneggiatore di Suicide Squad (quello del 2016) e Wonder Woman 1984. Ma non fuggite (sciocchi!), ha anche scritto tonnellate di fumetti, rilanciato serie e riscritto canoni. Eppure si nota la mancanza del viscerale bisogno di dire qualcosa sui mondi e i personaggi raccontati, dando l’impressione del compito svolto con una diligenza tale da risultare irritante. Per quanto Alan Moore abbia raccolto proseliti sono rari quelli che hanno capito la lezione: che un po’ di fottuta anarchia devi mettercela nei fumetti!
Due parole sul prequel di Doomsday Clock, ovvero il mini-ciclo “La spilla” che si può recuperare in un volumetto della “DC Library” Panini, nello stesso formato del volume principale. Questa storia introduce molto velocemente – ovvio, c’è Flash – l’arrivo della spilletta del Comico nella Batcaverna, con conseguente viaggio nel tempo di Bruce Wayne e Barry Allen a caccia di indizi. La storiella corre veloce, cotta e mangiata, ma dal punto di vista visivo è più azzeccata di Doomsday Clock, con paginoni e vignette di formato variabile. “La spilla” può essere letto sia prima che dopo l’opera principale, e non è imprescindibile.
E visto che quest’introduzione sta facendo concorrenza alle divagazioni kilometriche del nostro amichevole Cassidy di quartiere direi che ora:
E visto che quest’introduzione sta facendo concorrenza alle divagazioni kilometriche del nostro amichevole Cassidy di quartiere direi che ora:
“Doomsday Clock” si propone come sequel di Watchmen, ma in giro trovate altri matti che con la stessa idea hanno fatto meglio quando nessuno gli avrebbe dato due lire. Questo fumettone in dodici capitoli si sviluppa come scontro tra mondi: il 1985 di Moore, annegato nell’oscurantismo di una Terra in cui i supereroi sono reali e parte dei problemi del mondo, e un 2017 più vicino al nostro presente, condito da quegli eroi in costume figli del vecchio ottimismo da boyscout.
Se Watchmen aveva scuoiato e dissezionato il filone supereroistico, come a volerne esporre il cadavere a monito per chi sarebbe venuto dopo, il successo di massa dei cinecomic ha rinvigorito il mito delle tutine in una specie di controriforma. Scegliete la vostra religione: Alan Moore è il protestante, la DC il Vaticano del fumetto, i cinecomic la chiesa per i credenti non praticanti, la Bara è per i politeisti.
Se Watchmen aveva scuoiato e dissezionato il filone supereroistico, come a volerne esporre il cadavere a monito per chi sarebbe venuto dopo, il successo di massa dei cinecomic ha rinvigorito il mito delle tutine in una specie di controriforma. Scegliete la vostra religione: Alan Moore è il protestante, la DC il Vaticano del fumetto, i cinecomic la chiesa per i credenti non praticanti, la Bara è per i politeisti.
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Ma sei bello te, arrabbiato con quello che salva la gente per sport solo perché c’hai il complesso d’inferiorità e l’invidia del ciuffo! (Non avevo mai difeso Superman, corro a lavarmi le mani) |
La storia riparte dal 1992, sette anni dopo il “disegno di pace” da tre milioni di morti che Adrian Veidt alias Ozymandias ha regalato al mondo. Il diario di Rorschach ha infine compiuto il suo sporco lavoro e l’orologio dell’apocalisse è ripartito. Adrian-uomo-più-intelligente-del-(suo)-mondo non si rassegna e decide di – sigh! – rintracciare il Dr. Manhattan, il quale va a zonzo per gli universi incasinando linee temporali. Ozy cercherà di convincerlo a salvare il mondo, non si sa bene con quali argomenti, là dove non c’era riuscita Laurie Jupiter che ne aveva qualcuno più di lui.
Poiché Ozy non è più ricco sfondato, per viaggiare tra le dimensioni va sull’usato sicuro, la gufo-nave Archie, ormai abbandonata dal vecchio padrone che immagino avesse molto di meglio da fare (daje Dan, sei tutti noi).
In città c’è un nuovo Rorschach, i lettori attenti ne intuiranno facilmente l’identità. Il personaggio è solido benché lontano dalle vette drammatiche dell’originale, né ha lo stesso buon gusto nelle amicizie, se si ritrova a far da galoppino ad Adrian-uomo-più-odiato-del-mondo-Veidt.
Riesumare il Comico è stata una forzatura ignobile, insensata, e la sua utilità nella storia è pari a zero. L’apparizione di Falena ci regala una delle storie secondarie migliori insieme a quella del Mimo e della Marionetta. Proprio questi due criminali innamorati pazzi (non per modo di dire) mettono in pari la quota badass che diversamente latita, e fa strano in un mondo zeppo di supereroi e supercriminali, ma meglio così perché vederli in azione è la festa degli schizzi di sangue. Peccato che queste new entry all’apparenza importanti si riducano a mere comparse nel finale.
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Questi due spaccano (soprattutto le teste) |
Il mondo di Superman e Co. tanto per cambiare sta in crisi (crisi, sempre crisi!). La gente s’è stancata delle tutine, forse a causa della pessima pubblicità fatta dal DCU. Con Doc Manhattan a spasso nel tempo (insieme a Boldi e De Sica immagino, visto che non apprezza i noir con Carver Colman), il filone principale della storia si rivela la crisi internazionale dei meta-umani, con la solita ammucchiata di personaggi.
L’idea era pure intrigante, buona per sbugiardare la fregnaccia degli incidenti che creano eroi, o la bizzarra concentrazione dei “super” in territorio a stelle e strisce. Peccato che la crisi planetaria finisca sempre per annacquare il tutto, perché allontana il lettore dai drammi a misura d’uomo. Watchmen in questo ha fatto scuola: era un racconto urbano che partiva dalle fogne per arrivare al cielo, dalle miserie di vite disturbate a una partita per la salvezza del mondo. Il senso di disastro imminente, la paranoia della guerra atomica, era solo un riflesso di una condizione più intima, visto che i personaggi erano già tutti sull’orlo del precipizio.
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Toh! Una crisi! Chi l’avrebbe mai detto? |
Doomsday Clock ha i colpi migliori quando racconta da vicino questo o quel personaggio (come Rorschach e Falena, il Mimo e la Marionetta, alcuni momenti di Doc Manhattan). Ma sono episodi, istanti che non si inseriscono bene nel chiasso assordante dell’ennesima, urlatissima crisi mondiale.
Le idee buone ci sono: il dubbio sulle origini “artificiali” degli eroi sarebbe roba grossa, da stravolgere equilibri e relazioni, cosa che di fatto non avviene (è ciò che rendeva interessante il ciclo Crisi d’identità). In quest’andazzo non stupisce la deriva di Ozymandias, che perde il fascino da marionettista e sembra una brutta copia di se stesso, sacrificato da una scrittura che non rispetta il personaggio.
Il ritorno in scena del Dr. Manhattan si fa attendere, regala buone vibrazioni e mantiene una sua dignità, anche se usarlo per giustificare i multiversi DC è una paraculata immonda. Pure l’incontro-scontro con Superman mi ha lasciato qualche dubbio.
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Sapevo che il desiderio di vedere Jon smembrare il boyscout kryptoniano non si sarebbe avverato. Mannaggia. |
I primi capitoli sono i più accattivanti. Al posto dei “Racconti del Vascello Nero” c’è un film noir in bianco e nero che dà l’impressione d’esser messo lì a forza, e non mi ha minimamente coinvolto. Gli articoli di giornale e i documenti di fine capitolo già visti in Watchmen, ritornano in una replica ora volenterosa ora superficiale.
La differenza tra Watchmen e Doomsday Clock forse è tutta qui: il primo un vero romanzo a fumetti con una visione d’insieme, il secondo un onesto ciclo di storie che dà il meglio sulla breve distanza, mentre il canovaccio che tiene uniti i fili non è all’altezza delle aspettative. Quando ci viene lanciato il dubbio che Doc Manhattan possa spazzare via tutto è già chiaro che non c’è la minima volontà per un finale nichilista.
L’opera di Johns e Frank si sottopone volontariamente al supplizio del confronto, degli schemi che ha copiato, persino nella struttura delle vignette (e parlo da fumettaro italico di lungo corso, è uno stile che di base apprezzo). I paginoni latitano, solo una manciata in tutto il volume, con le solite ammucchiate di tutine in posa nell’ultimo capitolo. I disegni di Gary Frank sono ottimi, ma sono sempre e solo al servizio dei testi, c’è pochissimo dinamismo.
Compitino per i lettori: sfogliate i due volumi e trovate voi le differenze. Watchmen: colore caldo-colore freddo. Pagine intere bilanciate sui contrasti e un uso straordinario dei colori intermedi. Poi guardate Doomsday Clock: ci sono sì, dei percorsi cromatici, scelte studiate, intelligenti, ma non si gioca coi colori per esaltare le tavole. E no, queste non sono cazzate da puristi. Il fumetto è fatto di testo e immagini: pari dignità di espressione. Il gioco di colori dell’originale è più efficace dell’imitazione (dispiace chiamarla così). Questi dettagli forse non li avrei mai notati se la storia li avesse messi in secondo piano. La sensazione è che nessuno si sia davvero divertito a scrivere e disegnare questa storia. Un pizzico di anarchia in più avrebbe giovato.![]() |
Quando festeggi tutta la notte per il nuovo lavoro, ma non avevi letto prima di firmare. |
Ora mi chiedo: davvero al lettore nuovo o vecchio interessa tanto perché ci siano tante varianti dei supereroi? Davvero i discorsi sulle continuity sono più importante della storia in sé?
[ALLERTA SPOILER] L’idea di un Superman come figura salvifica nell’universo di Watchmen era apprezzabile, per quanto figlia di una specie di revisionismo che toglie profondità al Dr. Manhattan. L’impressione è che l’autore non si sia voluto sporcare le mani. La “scelta finale” di Manhattan è accettabile, ha un che di romantico e ci può stare, ma che Jon faccia sparire le armi nucleari è ridicolo. [FINE SPOILER]
Non voglio dare l’impressione che sia un brutto ciclo. La lettura resta piacevole, gli spunti non mancano.
Purtroppo se decidi di scendere in campo con la stessa maglia e lo stesso numero del vecchio fuoriclasse, e imitandone le finte, ‘sta sicuro che il pubblico saprà cogliere la differenza. La stessa differenza tra un quadrante al quarzo e il meccanismo di un orologio in cui ogni ingranaggio ha un senso ed è stato messo lì per uno scopo. L’ora la segnano entrambi, ma se parliamo di fine del mondo, è il ticchettio che mette angoscia.
Purtroppo se decidi di scendere in campo con la stessa maglia e lo stesso numero del vecchio fuoriclasse, e imitandone le finte, ‘sta sicuro che il pubblico saprà cogliere la differenza. La stessa differenza tra un quadrante al quarzo e il meccanismo di un orologio in cui ogni ingranaggio ha un senso ed è stato messo lì per uno scopo. L’ora la segnano entrambi, ma se parliamo di fine del mondo, è il ticchettio che mette angoscia.
P.S. Ringrazio Quinto Moro e vi ricordo di passare a leggere qualcuno dei suoi lavori QUI.
Mai trattato, a differenza di "Watchmen".
RispondiEliminaPer il semplice fatto che mi ronzava in testa una domanda.
PERCHE'?!
Col sottoscritto, finche', rimane perche' e basta, non c'e' motivo.
Diciamo che forse mi hai fatto quasi scattare il PERCHE' NO?
Che di fatto implica una ragione, anche se stiracchiata a striminzita, che giustifica l'esistenza di quest'opera.
Vedremo. Ma non garantisco.
In me ha prevalso il "perché no?" e la curiosità, fermo restando che sapevo non poteva essere all'altezza di Watchmen. Se ho avuto il coraggio di vedere la serie HBO, dovevo dare una chance anche a questo.
RispondiEliminaE' una lettura imprescindibile? Questo no. Ha buoni momenti, se si affronta con mente aperta e senza grandi aspettative può essere godibile.
Per quanto mi riguarda funziona più la seconda parte più incentrata sulla figura di Superman più in linea con le crisi DC che non la prima che si pone come sequel apocrifo di Watchmen, più o meno per gli stessi motivi qui esposti. Da un punto di vista meta narrativo è una sorta di mea culpa da parte di Johns e del resto della DC per aver imbastardito i loro eroi classici, infatti poi si torna ad uno status quo più in linea con gli anni precedenti al reboot.
RispondiEliminaCapita quasi a fagiuolo questa rece, se non sbaglio nei prossimi mesi è stata annunciata una nuova edizione. Per l'occasione ho intenzione di ripubblicare quanto scrissi all'epoca e di riadattarla al nuovo sito.
La seconda parte su Superman non è male, contando che non ho un grande amore per il personaggio.
EliminaHo trovato irritante il voler usare Watchmen per lavare i panni sporchi della continuity, nell'ultimo capitolo mi ha veramente frantumato i cosiddetti tutta la spiegazione dei multiversi, ma il finale in sè su Doc ci stava e devo dire che si intuiva.
L'edizione attuale DC Library, a parte le copertine variant (alcune fantastiche), è priva di qualsivoglia curiosità o approfondimento. Anche la rilegatura non è granché considerato il peso del libro, letto due volte e si è un po' sgangherato, anche se l'ho trattato coi guanti.
Il concept di Moore (e la storia di W) era fresca e intelligente, piú della media dei suoi lettori. La parte grafica purtroppo per me era respingiente ANCHE considerando lo stile, il periodo e gli intenti artistici. Il film fu affidato al pirla sbagliato, la serie era una cosa fatta col cervello ed il cuore....
RispondiEliminaMa questa che roba é..? Ma. dai. su.
Io sono vagamente ignorante, in materia DC, però mi chiedo: A PARTE WATCHMEN ed altre cose sparse di decenni fa, cos'altro han prodotto di decente?
Se escludiamo il 1986 e la coda degli anni '80 in generale, così su due piedi mi viene in mente un paio di storie di Superman (Red Son e All-Star), il catalogo Vertigo in generale e Hitman. Anche se qualcosa di questa breve lista potrebbe rientrare nei prodotti di decenni fa. Cheers!
EliminaAlla DC una sola crisi bella hanno scritto, una: crisi d'identità. Le altre crisi e megacrossover simili sono sbrodolate di merda disegnate benissimo. Avendo già chiaro l'andazzo ho evitato come la peste questa serie, ma ammetto di aver preso quella in solitaria di Rorschach. Non l'ho ancora letta, vi farò sapere.
RispondiEliminaSe parliamo del Rorschach di Tom King devo dire che mi è piaciuto, perché pur essendo ambientata nel mondo di Watchmen, riesce ad andare per la sua strada, parlando bene di paranoia e complotti, quindi al passo con molti potenziali lettori. Insomma ha dimostrato di aver capito il personaggio. Avrei dovuto scriverne ma è passato troppo dalla lettura, dovrei prima rileggere nel caso. Cheers!
EliminaNavigo a vista nel marasma DC, perché di base mi interessa Batman e poco altro. Ho letto questo perché mantengo una sana curiosità verso ciò che è stato fatto con Watchmen al di fuori di Alan Moore. Non mi piace considerare personaggi o cicli "intoccabili", ma è un discorso più facile quando si legge di tutto in ordine sparso.
EliminaRorschach credo sia un personaggio "too big to fail" se si rispettano le premesse e l'idea alla base dell'originale, ancor più di Doc Manhattan e qualunque altro personaggio di Watchmen.
Dici bene, ma è anche "più facile" da scrivere del Dottor Azzurrone. Cheers!
Eliminaho letto questa miniserie giusto un'anno fa, e devo dire che mi è piaciuta abbastanza. Watchmen è e restera sempre un'opera epocale che ha cambiato per sempre il fumetto, ma credo che l'approccio giusto per iniziale a leggere questo seguel sia con mente aperta, senza urlare al "sacrilegio" dell'opera originale. Geoff John e Gary Frank hanno voluto fare un grande omaggio non solo al capolavoro di Moore, ma anche all'intero mondo degli eroi DC, Superman in particolare. ho avuto brividi di emozione quando il Doc Manhattan e Superman si incontrano nel finale. per non parlare dei disegni di Frank che sono superlativi, e omaggiano anche quelli di Dace Gibbons nel modo di scansionare le vignete nelle pagine. personalmente ho anche apprezzato che nel finale Manahattan rimetta a posto la continuty DC, di fatto azzerando quando successo dai new 52 in poi. ovviamente non sapremo mai se Moore leggerà mai questo sequel visto il suo distacco dal mondo attuale dei comics. però c'è da riflettere su una cosa: dal 2009 in poi di seguito abbiamo avuto il film di Watchmen, un videogioco, delle miniserie prequel, una serie tv, un fumetto seguel e prossimamente anche un film animato. una "Watchmen mania" in piena regola. :D
RispondiEliminaChe è proprio quella da cui Moore ci ha protetti per decenni negando i diritti di sfruttamento. Menzione speciale per Gary Frank, per me tutto quello che disegna è oro, per altro persona gentilissima che parla un italiano ottimo, ma è troppo modesto per ammetterlo, questo mondo ha bisogno di molti più Gary Frank. Cheers!
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