giovedì 31 agosto 2023

Link (1986): curioso come George, educato come Norman Bates


Scimmie, scimmie, scimmie e ancora scimmie! Il nostro Quinto Moro ci porta a spasso per le campagne inglesi, mano nella mano con un branco di scimmie.

Quando a 6 o 7 anni vidi questo film in tv divenne istantaneamente il mio film preferito, e lo rimase per quelle ere geologiche che sono i mesi nella vita di un bambino. Spulciavo spasmodicamente la guida tv in attesa dei successivi passaggi, ma ciò che mi faceva impazzire non era il film in sé, era la scimmia protagonista: Link.
Desideravo tanto vedere una scimmia dal vivo che mio nonno prese a farmi un pessimo scherzo: ogni tanto mi diceva di averne comprata una, io correvo giù in strada a vedere nel retro del suo camion e restavo puntualmente deluso nel trovarci uno stupido asino. Asino io che ci cascavo.
Oh, pur senza il feticismo esotico verso i primati del nostro amichevole Cassidy di quartiere, il mio amore per “Link” è imperituro. A rivederlo oggi ho riso dei dialoghi terribili e scrollato la testa tanto da farmi venire il torcicollo, ma ho pure gradito qualche buon piano sequenza e le smorfie del vecchio Link. Link il signore del fuoco, che veste elegante, fuma sigari, spia le donne nude, ammazza gente. Gigione, spaccone e decisamente maniaco, questo è Link! E non me ne voglia se lo spedisco dritto tra i Bruttissimi di Rete Cassidy.

 
Link è un film con e sulle scimmie. Sono loro la parte migliore e il motivo per cui dovreste vederlo, dimenticandovi di tuuuuuutte le brutture di sceneggiatura e il montaggio fatto con l’accetta, specie nella parte finale. La durata è perfetta, 90 minuti che filano verso un finale che la butta in caciara ma diverte.
I fatidici primi 5 minuti ci dicono che questo film parlerà di scimmie, e che non sarà tutto rose e fiori. I titoli di testa sono una carrellata su un dipinto (sembra carta da parati, ma vabbè) con motivo forestale, sagome di primati e di selvaggi, il tutto accompagnato da una colonna sonora atroce. Si riacquista un po’ di speranza col bel piano sequenza in soggettiva: minaccia nascosta nel buio, animali che si agitano, forse la vittima sarà la bimba innocente nel suo lettino? Rumori sul tetto, un urlo nella notte, e… una scenetta in tv uguale a quella di Uma Thurman con vestito da gorilla in Batman & Robin (fateci caso). Confusi? Non preoccupatevi, per fare un film basta una ragazza e una pistola.

Lei però gioca nella squadra di Ramòn e preferisce i fucili

La sceneggiatura vorrebbe come protagonista la giovane di belle speranze – una Elisabeth Shue agli esordi – che di nome fa Jane non a caso, come Jane Goodall, la ricercatrice che a cavallo degli anni ’70 ha sfatato il mito delle “scimmie buone” raccontandone i comportamenti brutali, o come quell’altra Jane che di scimmie se ne intendeva. In questo caso invece di un bel Tarzan palestrato, la nostra Jane si ritrova un professore secco e con lo sguardo spiritato di Terence Stamp (le è andata pure bene, visto che il ruolo era stato offerto a Anthony Perkins, uno non proprio raccomandabile quando si tratta di ospitare bionde in posti isolati).
Da aspirante zoologa, la bella Jane si offre di fare da assistente al Dottor Phillip, che però non cerca “assistenti femmine” ma donatori di sperma. Alla Bara siamo politicamente corretti e non farò battute su come Jane avrebbe potuto procurarsene, visto l’andazzo dei dialoghi iniziali è già tanto che a fare simili illazioni non sia stato proprio il Dottor Phillip. Diciamo che in questa scena si è deciso cosa dovesse diventare il film, se un porno o un thriller horror con le scimmie (anche se qualche ripensamento poi c’è stato). Certo è che il buon Doc ci mette 30 secondi a fare segreti progetti sulla nuova assistente. Un’estate soli nella casa di campagna e chissà cosa può succedere, ma il Doc dovrà vedersela con ben altro partito, il suo scimmione maggiordomo Link, che in quanto a fantasie sulla bella Jane non sarà da meno.

Tienitelo ben stretto quell’accappatoio, non sai in cosa ti stai cacciando

Le velleità da thriller, nutrite dai tanti spiegoni sulle atrocità dei nostri cugini primati, lasciano il passo a un più classico slasher – anche se gli schizzi di sangue e le morti cruente latitano. Non a caso la protagonista è una giovinetta acqua e sapone pronta a trasformarsi da potenziale vittima a scaltra final girl (non è spoiler, è matematica).
Dopo averci imbeccato per una buona mezz'ora sulla brutalità delle scimmie, il film mantiene le promesse trasformando Link nel vero protagonista. Con un passato nel circo e un presente da maggiordomo, con quegli occhietti fissi e l’aspetto da uomo di mezza età annoiato con qualche mania di protagonismo, Link ci mette poco a prendersi la scena. Già dalla prima inquadratura (sagoma in ombra stagliata sull’ingresso, un tocco di classe) ci appare come una presenza sinistra, in controtendenza con tanto cinema che a cavallo degli anni ’80 e ’90 usava le scimmie come animaletti simpatici. Link fece un po’ da apripista per il filone – mai del tutto esploso – delle scimmie assassine, precedendo Monkey Shines e Shakma, e osando dove altri avevano solo scherzato. Avete presente la scena “contro ogni legge di natura” di Howard e il destino del mondo? Qua è al contrario, solo più disturbante e grottesca. Certo che doveva girare roba buona nell’86.

«Me ne sbatto delle vostre pallottole, sono il numero uno!» (Cit.)

La scimmia che interpreta Link è un orango con orecchie posticce per sembrare uno scimpanzé. Secondo la produzione, gli scimpanzé erano visti con simpatia dal pubblico, e visto che Link non è esattamente una brava scimmietta l’hanno fatto interpretare ad un orango. Lo so che non ha senso, ma così è.
Le tre scimmie protagoniste vengono spacciate tutte per scimpanzé mentre si tratta di specie diverse, differenziate nell’aspetto per definirne i caratteri: l’unico vero allo scimpanzé, Imp, sarà quello simpatico, infantile e buono (forse). Voodoo, quello tozzo e scuro è un bonobo, e all’inizio fanno passare lui per il selvaggio violento (questa cosa mi pare un tantino razzista, oltre che ingiusta per una delle specie più interessanti, per non dire illuminate tra i nostri cugini primati). Link, da buon orango, è quello che sembra più tranquillo, con una mimica facciale meno esasperata e lineamenti che lo rendono più umano.

E poi c’è Terence Stamp, che forse è la scimmia più matta di tutte (è quello a destra)

Richard Franklin (nonostante il nome figo) è conosciuto a malapena per aver diretto "Psycho II", da cui voleva portarsi dietro Anthony Perkins che però rifiutò il ruolo dello scienziato pazzo per le scimmie, poi andato a Stamp. Da buon australiano, Franklin sfoggia pure le inquadrature a volo d’aquila rese celebri dal connazionale Peter Jackson, oltre a un paio di citazioni più o meno evidenti a Shining (il buco nella porta bianca, l’inquadratura aerea dell’auto tra le verdi montagne inglesi, la macchina da presa che segue Jane per le scale). Franklin è bravo a costruire qualche scena tesa e rendere le scimmie via via più minacciose, nei momenti in cui si agitano e fanno branco, o negli sfoggi di forza di Link, senza però trasformarle mai in bestie senza cervello assetate di sangue. I sorrisi e le smorfie di Link, i suoi modi da maschio alfa, ora creano tensione ora la smorzano.
Franklin dirige con tanto mestiere e pochi soldi, appena 6 milioni di ex presidenti defunti stampati su fogli verdi, e gli va riconosciuto d’essersi opposto a chi voleva usare umani vestiti da scimmia negli stunt e nelle scene violente. Qui solo scimmie originali!
Ritrovandosi in mezzo a un passaggio di produzione, con l’acquisto della britannica EMI Films da parte dell’americana Cannon (nel pieno dei suoi anni d’oro), il film s’è beccato due belle sforbiciate, prima da una e poi dall’altra parte. Niente che abbia danneggiato il risultato finale visto che sono quasi tutti sproloqui del Dottor Phillip a tema scimmiesco, e che lo fanno sembrare anche più fuori di testa.

«Và che buco di sceneggiatura!»

Il film dà il meglio di sé nella parte centrale, nel momento in cui Jane si ritrova a badare alle scimmie senza capire cosa stia succedendo. Si va in pieno assedio casalingo: Jane è sola, in una villa sperduta tra le brulle campagne inglesi circondate da famelici cani. Perché è questa la trovata che impedirà a Jane di fuggire dalla casa: i leggendari cani randagi delle campagne inglesi. Io dico: hai già beccato da tutte le mangiatoie possibili, da Shining a Cane di paglia, da Psycho a Gli uccelli, ma John Landis faceva schifo? I lupi no e i cani da pastore sì? 
Le scene che richiedono sospensione d’incredulità non mancano. Dopo i cani, ci si mette pure la forza di gravità e le leggi della fisica quando Jane resta bloccata col furgone a pochi metri dalla villa. In discesa. E non riesce a spingere. In discesa. Comunque meno peggio dei dialoghi e dei comportamenti degli umani, che non fanno certo la figura della specie evoluta. Fatico a immaginare a cosa pensava lo sceneggiatore quando ha scritto il film…

Direi che questo spiega molte cose.

Diciamolo, visto oggi è un film vietato agli animalisti, ma soprattutto alle femministe. Come final girl Jane non fa una gran figura sfoggiando una dabbenaggine che rende difficile tifare per lei: vuol fare l’assistente del Doc ma passa tutto il tempo battibeccare con lui su quanto sia sbagliato tutto quello che fa, nel giro di un minuto passa da fiera femminista a donna delle pulizie. Ci sono delle autentiche perle nelle scene tra Jane e il Doc che scatenerebbero i Social Justice Warrior per tutto l’infernet, ve lo consiglio anche solo per questo. Poi sarà che io ho sempre tifato per Link, ma quando il tuo capo sparisce e tu benedetta ragazza ti ritrovi isolata dal mondo con due scimmie (di cui una maniaca), possibile che al primo umano che incontri invece di chiedere aiuto ti metti a fare la stronza?

«Cattivi umani, cattivi! Tu Cheeta, io Jane!»

L’altra cosa che stranisce è la colonna sonora. Jerry Goldsmith da veterano ultra prolifico quale è, qui ne sforna una dalla bruttezza singolare, usata davvero da cani se invece di creare tensione la ammazza. La sensazione è che Goldsmith abbia ricevuto un bigliettino con su scritto “musica per film scimmie circo paura” e abbia composto il tutto dopo una serata di bagordi. Un vero peccato perché a parità di girato l’effetto dei momenti più tesi poteva essere ben diverso, soprattutto nel gran finale con fuoco e fiamme, in cui almeno Jane riesce a riscattarsi. Piccolo colpo di genio anche l’ultima scena, col ritorno del simpatico Imp, l’unica scimmia buona e simpatica della combriccola.
Insomma, Link è un tipico “so bad, so good” per una serata leggera, dategli un’occasione (lo trovate su Prime Video).

Bro-fist Link! (anzi, doppio Link)

26 commenti:

  1. Orripilante a più livelli, l'ho rivisto un paio di anni fa perché convinta fosse il mio "simmia-movie" dell'infanzia, invece ho scoperto che il mio era Shakma, che lo batte in bruttezza di almeno 40 punti simmia.

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    1. Mamma mia Shakma, che monnezza terrificante, non mi è mai piaciuto, anche se dalla locandina sembrava terrificante e la pubblicità in tv lo faceva sembrare un gran thriller. Al confronto Link è il James Dean delle scimmie.

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    2. Prima o poi completerò l'ideale trilogia con "Shakma" il più debole del lotto ma quello con la scimmia più tamarra di sempre, la SIMMIA con pelliccia come la chiamavo io da bambino (storia vera). Cheers!

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    3. Link è decisamente il più figo, il film si guarda per lui e per il suo essere pazzoinculo per usare un giovanilismo molto adatto al primate ;-) Cheers

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    4. Shakma lo trovi in italiano anche su youtube, col titolo "Morire per gioco". Questo film una cosa aveva figa, il titolo, e siamo riusciti a rovinargli pure questo.

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    5. Dopo aver completato questi trittico di simmie te ne consiglierei un'altro: "Le sabbie del Kalahari", "In the Shadow of Kilimanjaro" e "Agguato nell'isola della morte" con il RE delle simmie, Ron Perlman.

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  2. Ero fomentatissimo in quegli ultimi anni Ottanta in cui l'ho noleggiato in videoteca, sembrava il filmone dell'anno invece in famiglia siamo rimasti tutti delusissimi. L'ho ignorato per decenni poi qualche anno fa l'ho voluto rivedere sperando di ricordare male, invece ricordavo bene: un film da dimenticare. Peccato, perché ha tutti i numeri per un prodottino ghiotto, magari non da storia del cinema ma da seratina frizzantina, invece non sono proprio riuscito a rivalutarlo :-P

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    1. Per altro, forse un po’ nascosto, ma mi sono ricordato di inserire il link al tuo pezzo su Link al fondo di questo post su Link nascosto tra i link. Ok la smetto! ;-) Cheers

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    2. Io ai tempi lo adoravo, lo vidi coi miei e ci piacque un sacco. Avevamo gusti semplici.
      E lo ripeto, consiglio di guardare la prima mezzora solo per i dialoghi, un vero trip mentale per quest'epoca.

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    3. Avevo letto il tuo pezzo su Link mesi fa, quando avrebbe dovuto uscire questo. Il finale me lo ricordavo meglio, la colonna sonora rovina tutto. Ricordavo ben più drammatica la caduta di Link, forse il mio cervello l'aveva mescolata con quella di Alan Rickman in Die Hard.

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  3. Per uno stranissimo parallelismo di qualità e protagonisti, ieri sono incappato in questo, di cui non avevo assolutamente memoria...
    https://m.youtube.com/watch?si=RQzmcEZf3WSm2qGS&v=hBmiT7aEcgs&feature=youtu.be

    G.

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    1. Non lo ricordavi? Come trasformare una marchetta brutta in un titolo di culto, dopo anni senza rivederlo è diventato un titolo quasi fisso a casa Cassidy. Michael J. Fox qui è sempre in voga e questo va bene per quando non vuoi rifare la maratona con la trilogia di Zemeckis, Jeffrey Combs come al solito sugli scudi. Sono mesi che cerco una scusa per portarlo sulla Bara, mi mancano due titoli di PJ per completare la sua filmografia qui sopra, di quest’anno no (già troppi compleanni) ma prima o poi completerò l’opera. Cheers!

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    2. Oddio, questo non so se l'ho mai visto.

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    3. Ok, dovrò sbrigarmi a trovare un'occasione per portarlo sulla Bara allora, anzi Quinto Moro se ti va ;-) Cheers

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  4. Un altro bel cassetto della memoria che mi avete riaperto.
    Uno dei capisaldi delle care, vecchie videoteche che a quei tempi spuntavano come funghi. E infatti lo trovavi a far bella sfoggia sugli scaffali in compagnia di un sacco di titoli che hanno tirato grandi tutti noi.
    Tutto sommato poteva andar peggio, come infanzia...
    Sinceramente meglio la locandina del film stesso (davvero bella, quella dell'epoca).
    Trattandosi di scimmie psicopatiche, ovviamente "Monkey Shines" del grande Romero vince a mani basse.
    Come darmi torto...
    L'unico punto a favore e' il contesto davvero bizzarro.
    Ma strano forte.
    Una ragazza in compagnia di un picchiato e tre scimmie umanizzare in un'amena magione di campagna?
    Mah.
    Che poi il prof sparisce a un certo punto e credo non si sappia neppure che fine fa.
    Scappato? Ucciso? Boh.
    O forse...vuoi vedere che il Link a cui si riferisce il titolo significa ben altro?
    Tipo un certo progettino di creare l'anello mancante. Perche' il scimpanze' che in realta' e' un orango ma probabilmente anche un po' mandrillo risolleva il vecchio quesito che ci portiamo dai tempi di King Kong.
    Ma a quelli dite che ci piacciono le femmine in versione nostrana senza pelliccia?
    Ho detto pelliccia, eh. Non fate i volgari.
    Hai ragione. Un film che oggi sarebbe impossibile riproporre, e non solo per la sottile e morbosa questione a cui accennavo.
    Ma perche' quando si parla di animali ammaestrati dietro c'era un gran lavoraccio.
    Oggi due colpi di pessima CGI e passa la paura!
    Per il resto la tensione latita, certe scene sono risibili e il peloso protagonista piu' che far paura suscita simpatia.
    E...posso dirlo? Le musiche fanno davvero c....e, risentite oggi.
    Goldsmith deve aver pescato dal fondo del fondo del barile.
    Beh, vedendo il film posso capire.

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    1. Le locandine di Link sono tante e tutte carucce, quella scelta è la più caratteristica.
      Molti non saranno d'accordo, ma gli animali ammaestrati hanno scritto ottime pagine di cinema che le controparti in CGI, per quanto fedeli e dettagliate, non possono avvicinare.

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    2. Mah, guarda, sull'argomento diciamo che sfondi una porta aperta.
      Da sempre ritengo ogni cosa realizzata alla vecchia maniera ("analoggica", per dirla alla Calboni) superiore.
      Perche' e' inutile negarlo, il lavorone che sta dietro una volta giunto su schermo si vede. Eccome se si vede.
      E' roba reale. Viva. E vale anche per i vecchi effetti speciali a base di animatroni e pupazzame vario.
      Sono realizzati in modo da sembrare VIVI.
      E lo sono. Al punto che quasi ti ci affezioni.
      Ironia della sorte, gli effetti in digitale sono talmente perfetti da risultare finti.
      Ti confesso che i vecchi modellini animati a passo uno alla Harryhausen o alla Thippett mi mettevano addosso una gran fifa, ai tempi.

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    3. Anch'io sono della scuola analogica.
      Ciò che è digitale è un prodotto studiato ed elaborato che per quanto realistico, sarà sempre meno autentico.
      Penso a quante battute e piccoli eventi catturari durante le riprese, non previsti, sono entrati nel montaggio finale e poi nell'immaginario. La battuta, il gesto, l'evento imprevisto che rende più vera la scena, e di cui il regista non sapeva di aver bisogno finché non gli si è parato davanti.
      Banalmente, la scena del bro-fist di Link ha un tempismo comico tale che mi ha fatto scoppiare a ridere. La CGI non può imitare la spontaneità, almeno finchè Skynet-GPT non ci dimostrerà il contrario...

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  5. Ho notato che Prime ha una selezione piuttosto ampia di horror anni '80-90 che non ho mai sentito... Consiglieresti qualche altro titolo, Quinto?

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    1. Mah, il catalogo è sconfinato e un pò caotico. Parlando di anni '80 sicuramente "Il ritorno dei morti viventi", "Space Vampires", "Il buio si avvicina", "Re-animator", "From Beyond", il primo "Hellraiser"

      Poi ci sono molti altri horror più recenti già commentati sulla Bara: Silent Hill, Baskin, The Mist, CUB Piccole prede (consigliatissimo), Dagon, Train to Busan.

      Però mi fermo finchè Bezos non ci fa un bonifico.

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    2. Grazie, Cub mi aveva incuriosito in effetti

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    3. Nel caso Vincenzo, giusto per approfondire, il post della Bara che piace alla signore Lovejoy di Infernet ;-) Cheers

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  6. Non lo rivedo da una vita, "Link": ai tempi l'avevo trovato un prodotto alquanto bizzarro e curioso, capace di mettermi addosso pure una discreta strizza, ma ho i miei dubbi che rivedendolo oggi riesca ancora a sortire lo stesso effetto...

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    1. Però lo stile di quel pazzo del suo protagonista scimmiesco non si batte ;-) Cheers

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    2. Questo è vero ;-)

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    3. Stile e classe da vero pazzoide ;-) Cheers

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