Sapete perché ho scelto questo titolo per la rubrica? Ok,
perché mi piacciono gli
Who, ma soprattutto perché ci sono film che mettono in
chiaro chi sia bravo e chi sia John Woo, ovvero il migliore. Senza altri indugi
benvenuti al nuovo capitolo della rubrica… Who's Better, Woo's Best!

Da quando esistono i film di genere con protagonisti
maschili, esiste qualcuno che ironizza e semplifica il tutto alludendo al fatto
che il “broomance” tra i protagonisti sia l’anticamera d’altro, fateci caso,
dai Western con Jimmy Stewart e il Duca John Wayne, giù fino a
Top Gun,
il più delle volte riassunto ripetendo (e pappagallo) la
frase di Tarantino,
che poteva permetterselo perché QT non avrebbe mai avuto una carriera se non
fosse per il suo padrino
Tony, lo Scott giusto.
Prendi un film d’azione con due maschietti come
protagonisti e ci sarà sempre qualcuno che semplificherà il tutto, alludendo
all’omosessualità latente dei personaggi per passare ad altro, anche se va
detto, Hong Kong in quella manciata di anni in cui è stata il centro nevralgico
di una rivoluzione cinematografica iniziata con
A better tomorrow,
era anche un porto (dei fiori) non tanto franco, tipo Casablanca ma senza i
nazisti (cit.) che proprio per i suoi trascorsi da colonia, sulla questione omosessualità non scherzava, quindi
mettete anche tutto questo come sfondo ad una storia che comunque, parla
davvero di un’amicizia virile, in odore di rivalità.
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Il film di oggi è così importante che ci vuole la cravatta, indossata alla moda della Bara Volante però. |
Dopo l’enorme successo di
A better tomorrow, a
John Woo chiedevano solo film così, tanto che lo stesso Chow Yun-fat temeva di
restare eternamente incastrato in ruoli fotocopia, inoltre Woo e il suo compare
Tsui Hark ormai erano quasi separati in casa.
A better tomorrow II era
figlio dei loro travagliati compromessi ma ormai i due erano personalità troppo
grandi per stare idealmente nella stessa stanza, Tsui Hark ragionava anche come
produttore prima che come regista, Woo invece aveva in testa altro, se volete
vedere scorrere davanti agli occhi la loro differenza di vedute, basta guardarsi
uno dopo l’altro
A better tomorrow III e “The Killer”. Di base sono più
o meno la stessa storia, anche qui abbiamo un trio di protagonisti, solo che Tsui
Hark è rimasto legato al personaggio di Mark Gor e la sua storia dando più
spazio al triangolo amoroso con la bella Anita Mui. John Woo invece attornoal suo
trio di protagonisti costruisce molto di più, per questo “The Killer” è stato
prodotto da Tsui Hark ma è il frutto di un uomo solo, un’artista che come i
suoi personaggi, era mosso da un'esigenza che per lui era quasi una missione,
non è un caso se in più di un’intervista, il regista nato Wu Yu-sen ha
dichiarato che su quel set, si è sentito più volte solo (storia vera).
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John Woo, un uomo solo in missione (e per di più armato) |
Una delle fonti d’ispirazione di Woo arrivava dall’oriente,
la romanticheria di fondo della scena nel porto di “An outlaw” (1964) di Teruo
Ishii è stato indicata dal genietto di Hong Kong come quell’atmosfera che stava
cercando per il suo film, il resto, nel puro stile del porto dei fiori, vero
punto di contatto tra oriente e occidente, John Woo lo ha pescato dai suoi
Maestri. Nei contenuti speciali del film il regista dichiara che prima dei
titoli di testa di “The Killer” avrebbe voluto infilare la frase: dedicato a Jean-Pierre
Melville e omaggio a Martin Scorsese. Non è difficile capire perché vedendolo e
mi auguro per voi, rivedendolo.
Proprio con
Frank Costello faccia d'angelo negli
occhi e nel cuore, John Woo andò dal suo Alain Delon per convincerlo ad
accettare la parte, Chow Yun-fat non ci mise poi moltissimo a dire di sì,
perché aveva capito che il personaggio di Jeffrey Chow non era un altro
Mark Gor,
pur condividendo con lui parecchi ideali da vecchia cavalleria, eppure il resto
della produzione non è filata così liscia.
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Faccia d'angelo e pistole roventi. |
“The Killer” è il lapidario e se vogliamo anche un po’
anonimo titolo con cui il film è conosciuto qui da noi in occidente, in originale
“Die xue shuang xiong” (… nel dubbio ‘a soreta!) vuol dire “Due proiettili eroici”, che ammettiamolo ha
tutto un altro fascino per un film che malgrado la allora già lunga e nutrita
filmografia di Woo, è stato girato dal regista in modo differenze, meno
pianificazione per le singole scene, più improvvisazione lasciandosi ispirare
dal momento e dalle prove degli attori, alla
Peckinpah insomma, consapevole che è in
sala di montaggio che poi il film trova la sua forma definitiva. Problema: sul
set nessuno stava dietro a Woo e a quello che tutti consideravano un fumoso piano, a partire dal
direttore della fotografia
Peter Pau, che minacciò più volte di mollare
tutto e andarsene. Woo dovette trattare con lui, quello che ottenne furono
quarantacinque giorni sul set, non uno di più, allo scoccare dei quali Pau
prese le valige e se ne andò sbattendo la porta, anche se sfido chiunque di voi
a dirmi, al netto del risultato finale, se l’estetica di “The Killer”, sembra
il frutto di un regista e di un direttore della fotografia ai ferri corti.
Come riassumerei
John Woo ad un alieno? Gli direi di quella volta, sul set di quello che è probabilmente
il suo film più riuscito (perché è emotivamente intenso quanto
A better tomorrow, ma decisamente più raffinato sotto tutti i punti di vista), il regista spiegava al cast e alla troupe la sua idea, facendo paragoni con
Blow-Up
(storia vera). Trovatelo un altro regista di film d’azione in grado di
coniugare Antonioni e le sparatorie a colpi di 45 automatica e poi ne
riparliamo.
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La costituzione e gli statuti obbligano chiunque faccia un post su questo film ad usare quest'immagine. |
Un altro elemento chiave per apprezzare a pieno “The Killer”
è l’infarinatura di cattolicesimo ricevuta dal regista, religione di cui Woo ha
sempre riconosciuto il fascino esercitato su di lui e che ammettiamolo, è un
altro elemento in comune con
Martin Scorsese. Questo spiega il senso di
colpa e di responsabilità che guida i personaggi del suo film che non
a caso inizia (e finisce) in una chiesa, un senso di circolarità costellato da
elementi religiosi non invasivi ma ben presenti, questo dovrebbe aiutarvi a
capire meglio una delle inquadrature più ricercate del film, quella dall’alto
durante la sparatoria finale, con la statua della Madonna che quasi sembra stia
osservando i protagonisti e le loro gesta.
Tutto questo mescolatelo ai temi cari a John Woo, uno
nato sul continente ma adottato da Hong Kong, un luogo dove quel sentimento di
fratellanza era ben presente, in una città contesa tra due imperi (quello inglese
e quello cinese), dove aiutarsi e spalleggiarsi era l’unico modo per tirare a
campare. Non è un caso che Woo cresciuto in questo contesto, si sia sempre ritrovato
nelle
storie di cappa e spada, con valori quasi da vecchia cavalleria e
anche se nessuno sul set capiva esattamente dove la storia e il regista
volessero andare a parare, lo hanno capito benissimo dopo, all’uscita di quello
che è senza ombra di dubbio un Classido!

“The Killer” come detto inizia in chiesa («Tu credi in
Dio?», «Mai visto in faccia»), con Jeffrey tra mille candele e un volo di
colombe, pennuti simbolo di purezza che diventeranno una delle cifre
stilistiche del regista. Per poi passare dal sacro al profano di un Night Club,
dove Jeffrey (Chow Yun-fat) entra fichissimo e sicuro dei suoi mezzi, con la
sua sciarpetta bianca sembra
Alain Delon se fosse nato ad Hong Kong.
La prima
sparatoria unisce già classe, stile e sostanza oltre ad introdurre la cantante Jennie
(Sally Yeh), che perde la vista per un errore di Jeffrey, che da qui in poi sarà
un personaggio animato fondamentalmente dai suoi sensi di colpa. Pur di
ripagarle la costosa operazione alle cornee che potrebbe ridare la vista alla donna,
Jeffrey resta all’interno del mondo della criminalità che ormai gli va troppo
stretto, un tormento, un modo per lasciare aperte le sue ferite lavorando sul
suo senso di colpa che ammettiamolo, è un sentimento molto cattolico se
vogliamo, che rende Jeffrey un anti-eroe affascinante, un diavolo custode che veglia
su Jennie, ma anche un corto circuito di contraddizioni (killer si, ma dal cuore d’oro)
che di norma al cinema risulta insopportabile, qui invece ha lo stesso
quantitativo di carisma e fascino di Chow Yun-fat.
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Puoi essere figo da solo... |
Se l’entrata in scena di Jeffrey è magnifica, quella del
non convenzionare Ispettore Li (Danny Lee) non è da meno, i suoi metodi spicci
da sbirro lo portano ad inseguire criminali di corsa fin sopra un tram, che volendo
potrebbe rientrare nella mia teoria sulle scene in metro nei film, tutti quelli
belli se ne meritano una.
Visto che tutti i personaggi sono mossi dal senso di
colpa e dai loro melodrammatici tormenti, bisogna per forza citare il collega
di Li, ovvero Sydney Fung (interpretato da Chu Kong), il personaggio che con la
sua mano ferita, da solo si carica sulle spalle uno dei temi che a Woo sta più
a cuore, se l’amicizia virile per il regista è il più alto dei valori, il
tradimento è il più deprecabile dei peccati. Tra tutti i “traditori” che popolano
la filmografia di John Woo, Sydney è quello con più sfaccettature, costretto
a giurare fedeltà al boss locale, farà poi di tutto per riconquistarsi con i
fatti la stima del suo amico e collega, con quantitativi di tragedia,
pallottole sparate e melò che sono il DNA stesso dell’Heroic bloodshed.
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Lo ha grosso e lo sa usare (ah-ah!) |
Eppure “The Killer” è scandito piuttosto nettamente dal
percorso di avvicinamento dei due “proiettili eroici” del titolo originale,
fateci caso, prima si sfidano da lontano, quando Jeffrey con occhiali da sole fighi
e baffi finti, uccide da distanza siderale con fucile di precisione Tony Weng (Yip
Wing-Cho) sparando dalla piattaforma galleggiante, per poi fuggire in motoscafo.
Una scena già magistrale di suo per uso del montaggio, che diventa una scena di
inseguimento in barca e poi, culmina in un’altra sparatoria sulla spiaggia. Basta
così? Ma va!
Subito dopo i due protagonisti si inseguono in auto
aggiungendo un altro po’ di sensi di colpa sulle spalle di Jeffrey, perché la
bimba innocente finita sulla spiaggia per caso, va aiutata per forza, giusto
per ribadire quando il personaggio di Chow Yun-fat ricopra il ruolo che
storicamente in un poliziesco è quello del cattivo, ovvero l’assassino, ma si
comporti con il più puro dei puri, proprio per cercare di espirare un passato
da cui non può scappare. Ecco perché il primo incontro-non-incontro tra i
personaggi avviene quando Jeffrey porta la bimba in ospedale, location che in
linea di massima a John Woo piaciucchia, ne parleremo in uno dei prossimi
capitoli della rubrica (non vedo l’ora!), qui va detto che tra le tante
inquadrature bellissime della sua filmografia, il regista ne ha sfornata una
delle sue più riuscite, quando “Dumbo” e “Topolino” stando all’infelice scelta
del doppiaggio italiano (e la Disney… MUTA!) si puntano le pistole a distanza,
nel primo dei tanti “stalli alla messicana” del film, mentre i medici stanno
operando la bambina.
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La malasanità, secondo John Woo (senza occhio per la regia 'sto ragazzo eh?) |
Più si avvicinano, più i due personaggi si capiscono, si
annusano e si riconoscono come simili, qui di solito è il punto dove chi non ha
voglia di approfondire, etichetta il tutto come «AHAH siete Ghei!» (scritto così)
e si perde la profondità di un film che invece non è solo “Bromance” scappato
di mano. Anche perché parliamoci chiaro, l’abilità di Woo di narrare per
immagini ha fatto scuola, quando l’Ispettore Li sulle tracce di Jeffrey, ne
imita i movimenti, sedendosi sulla stessa poltrona, dando lo stesso calcio all’indietro
e puntando la pistola allo stesso modo, ci viene raccontato da John Woo con un
montaggio alternato da applausi, ed è qui che sembra quasi di guardare un modo
di sovrappone, quelli che per convenzione chiameremo il buono e il cattivo del
film, che altrove, così bene, ha saputo raccontare solo Michael Mann con le “visioni”
del suo Will Graham in
Manhunter. Non basta come paragone “alto”? Fermi
lì che ho altri proiettili da sparare per voi.
Forse il momento più poetico di “The Killer” arriva
subito dopo, i due personaggi, facce della stessa medaglia sono profondamente
soli, isolati (come Woo sul set del film), tutto questo ci viene raccontato usando
un elemento calmante come sfondo, la scena di Jeffrey che guarda da solo l’oceano
è una “Siamo uomini soli” immersa in un blu che più Manniano di così, è stato appunto, solo diretto da Michael Mann, infatti io dalla prima volta che ho
visto questo film, non sono mai riuscito a capire se sia il più Manniano film
di Woo o se il regista di Chicago abbia un fratello mancato ad Hong Kong. Le
date di uscita dei film lascerebbero propendere per la seconda opzione, io sono
grato di vivere nella realtà alternativa dove abbiamo avuto entrambi questi
Maestri, impegnati ad elevare il poliziesco ad arte su pellicola.
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Blu Manniano Wooviano. |
«Sei uno strano poliziotto», «E tu uno strano killer», se
volete potete ridere dell’ambiguità dietro all’aggettivo “strano”, oppure
potete gioire per il fatto che “The Killer” ha già molto di
Heat, pur essendo
uscito diversi anni prima, il tutto mentre l’avvicinamento tra “Dumbo” e “Topolino”,
ci regala scene come il loro stallo alla messicana, mentre fingono dialoghi da
vecchi amici attorno alla non vedente Jennie. Una serie di momenti da antologia
che ci portano alla scena chiave, quella dove i due (non a caso in prossimità di
un fiume, quindi di nuovo l’elemento calmante dell’acqua) hanno un contatto, con
lo sbirro che estrae una pallottola dal corpo dell’assassino, ormai due alleati,
anche se si potrebbe dire che la sigaretta per cauterizzare la ferita, pare
proprio quella che uno si accende beh, dopo aver consumato.
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Ci sono tanti Western con scene cosi (ma anche alcuni porno, me lo ha detto mio cuGGGino) |
Mezzo globo-terraqueo è impazzito perché era la “penetrazione”
(anche se al contrario, visto che la pallottola viene estratta dal corpo) che tutti
volevano per eleggere questo film a manifesto d’azione “queer”. John Woo ogni
volta si è detto estraneo a questa chiave di lettura, se volete sapere la mia
(tanto ve la dico lo stesso) io sto dalla sua parte, perché non è questione di
candore, ma come dicevo il “Broomance” del film è un elemento in un affresco
ben più complesso, sghignazzare sull’amicizia virile tra Dumbo e Topolino
(anche i nomignoli hanno!) è un po’ come guardare il dito e non vedere la luna
che sta indicando.
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... oppure essere fighissimi in due (con tanto di colombe) |
“The Killer” è una storia di personaggi spezzati, qualcuno
ha una mano inferma, altri non ci vedono. Ma proprio il tema del guardarsi è
fondamentale, per un film che parla di due opposti che tra la folla si vedono e si riconoscono
come simili. Lo fanno nelle peggiori condizioni possibili, in guerra, prima
piantandosi le pistole in faccia e poi spalla a spalla, regalandosi la piccola
e vana speranza di poter essere amici anche dopo, quando tutto sarà finito, consapevoli
che un dopo non esiste, perché non ci sarà un domani migliore per due proiettili
eroici come loro.
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Nella vita, trovatevi qualcuno che vi passi il caricatore dell'MP5K proprio quando ne avete bisogno. |
John Woo ci racconta di due uomini che hanno re-imparato
a vedere, trovando l’unico alleato possibile dove in teoria, avrebbe dovuto
esserci un nemico. Riassumere tutto questo a semplice storia d’amore, sarebbe
sminuire una trama che sfoggia sofferenza, ossessioni, tradimenti
e senso di colpa, spesso motore degli eventi, il tutto con un DNA che si porta
dietro parti uguali di stile e di sostanza, la prova che si possono dirigere le
scene romantiche come spettacolari scene d’azione e le sparatorie come momenti intimi,
quasi toccanti.
Per questo la sparatoria finale è grandiosa, epica, con le
sue mille candele e diecimila pallottole, con le sue colombe in volo, ma anche
carica di quel senso di colpa opprimente da cui non si può scappare (la statua
della Madonna, che veglia e osserva tutto dall’alto), la scena finale
nuovamente in chiesa è una gioia per gli occhi, per coreografia, montaggio, gestione
dello spazio e ruoli dei protagonisti, che si definiscono in movimento, un
balletto di morte in pieno stile
Sam Peckinpah, anche se ormai possiamo
tranquillamente dire in puro stile John Woo, visto che tutti, anche i più
improbabili,
hanno pescato a piene mani dallo stile del Maestro di Hong Kong.
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Come trovare la poesia nel cinema d'azione. |
La bellezza di “The Killer” sta tutta nel riuscire a
farci credere, ogni singola volta, che per questi due proiettili eroici possa
esserci un finale che non sia quello scontato, puoi aver visto il film anche
cento volte (e credo di esserci sinistramente vicino) ma si arriva alla fine
con negli occhi la speranza per un domani migliore per tutti, eppure il finale
in chiesa sta li per ricordarci il senso di colpa, molto cattolico, per cui non
si scappa dai propri peccati e un po’ come farebbe il Karma. Proprio la vista è
l’elemento che viene a mancare, quello che prima ha liberato i protagonisti e poi nel finale
li condanna, inchiodandoli eternamente alle loro colpe. Come si faccia a riassumere
tutto questo solo al “Broomance” tra i protagonisti, proprio non lo so, o
meglio si può, ma vuol dire cogliere solo una sfaccettatura del tutto che è
questo film, il più personale di John Woo, quasi sicuramente anche il suo film
più bello e intenso, almeno insieme all altro grande film pieno di
sfaccettature in arrivo, ma di quello parleremo a breve su queste Bare, questa rubrica continua la sua corsa.
As a British colony, Hong Kong's criminal laws against male homosexual acts were initially a reflection of British law, with a maximum sentence of life imprisonment. During the 1970s and 1980s, there was a public debate about whether or not to reform the law in line with human rights principles. After the 1967 decriminalisation of homosexuality in the United Kingdom, there were moves to undertake a similar reform in Hong Kong. Governor Murray MacLehose privately supported gay rights but he and others felt that the local community would not support decriminalisation... Only in 1991 the Legislative Council agreed to decriminalise private, adult, non-commercial, and consensual homosexual relations.
RispondiEliminaMai visti di buon occhio da quelle parti, proprio perché invasi per decenni dai perseguitati cinesi lgbt
https://hongkongfp.com/2016/12/07/hsbcs-rainbow-lions-can-homophobia-back-please/
E COMUNQUE, la lettura "omoerotica" palese é stata martellata a lungo solo per decostruire il mito machista di cui spesso si ammantavano i fan sfegatati del film tutto qui. Il fatto che sia zeppo di uomini che fanjo Pesc'áPesc puntandosi grossi e duri pistoloni l'un l'altro con l'enfasi di Alessandro ed Efestione, non modifica di un'unghia la qualità del film.. Che di mio trovo tuttavia TROPPO barocco e ridondante.
Grazie, ho corretto ;-) No, purtroppo solo per decostruire il mito machista, ci sono fior fiori di recensioni su questo film, su altri di Woo e in generale, della stessa tipologia che come analisi portano solo la questione omosessualità latente vera o presenta, come unico elemento di analisi, con recensioni che si fanno belli per aver tirato fuori una chiave di lettura totalmente innovativa, see credici! Quindi vorrei che fosse stato solo sfottò ad una certa tipologia di fan(atici). Poi ci sta, qui subentra il tuo parere soggettivo, a me ad esempio questo film – e in generale quelli di Woo – piacciono proprio perché il regista ci mette il carico, se penso a questa stessa storia, nelle mani di uno meno propenso al melo(dramma), sono convinto che mi sarebbe piaciuta e mi avrebbe coinvolto di meno. Cheers!
EliminaDevo spezzare una lancia alla rivista "CIAK" che in tempi non sospetti presentò questo film però commise il grave errore di infilarlo nella sezione "giallognola", quella cioè dove metteva i "film di nicchia" che non interessavano a nessuno, perciò anch'io - sebbene avido lettore della rivista fra '80 e '90 - ho scoperto il film solo quando è esploso ovunque, citato in pratica da ogni film di Hollywood in quei primi Novanta, anche se poi c'è voluto tempo (parlo sempre di me) per apprezzare Woo come autore.
RispondiEliminaIl maestro Chang Cheh ha tenuto banco nel cinema di Hong Kong riempiendo i suoi film di giovanotti a torso nudo, con tanto di muscoli oliati, e zero ruoli femminili: non ha senso chiedersi cosa ci fosse dietro, perché basta iniziare a vedere un suo film per essere rapiti dalla sua epica e potenza drammatica, il resto non ha più importanza. E l'allievo Woo è uno che le cose buone le sa riconoscere, sa che funzionano, anche se forse funzionano di più in Occidente che a casa sua.
Noi siamo figli di Omero e con l'epica ci vinci facile: metti due personaggi amici che affrontano una missione assurda e probabilmente senza alcuna possibilità di riuscita e con noi hai vinto a tavolino. Paradossalmente anche l'orripilante terza stagione di "Picard" riesce in quei secondi in cui usa la stessa carta, con Worf che illumina il buio dicendo «Per un attimo ho temuto che ne saremmo usciti vivi».
E poi Woo fa danzare i suoi personaggi in modo incredibile: dopo aver fatto danzare Van Damme temo che abbia capito come questo invece in Occidente non funzioni, ma per fortuna qui nell'89 ha ancora ottimo materiale umano per le mani :-D
Per finire, adoro come Chow Yun-fat fosse così autoironico da partecipare alle commedie di Stephen Chow facendo il verso ai propri ruoli wooiani, con Stephen che lo scimmiotta cercando di essere "figo" e ovviamente fallendo.
Erano altri tempi per Ciak, va detto. Per il resto perfetta analisi, mi hai citato anche l'unica riga di dialogo memorabile di "Picard 3" ;-) Hai detto Stephen Chow che rifà Chow Yun-fat? Sarà materiale per il prossimo capitolo, vedi il futuro. Cheers!
EliminaIl mio preferito della "quadrilogia". L'estetica di The Killer, per quanto eccessiva, quasi Barocca, è talmente perfetta da rendere quasi secondaria la sostanza, che comunque abbonda. Fatte le debite proporzioni, molti anni dopo mi ha fatto un effetto simile Drive di Refn, altro film perfetto dal punto di vista estetico e delle atmosfere
RispondiEliminaNon conosco eventuali riletture in chiave omoerotica degli ultimi 30 anni, ma faccio davvero fatica a credere che John Woo, eterosessuale, a fine anni 80, in una paese dove l'omosessualità era vista abbastanza male (già in Inghilterra c'era un centesimo della tolleranza di oggi, in una HK in odore di handover bisognerà aspettare Happy Together per sviscerare il tema), avesse voglia di girare un film come metafora dell'amore gaio
Che se poi vogliamo stare qui a cercare doppi significati (la pallottola estratta, la sigaretta, etc), allora pure i film di, boh, Charles Bronson possono essere la metafora dell'omosessualità, d'altronde scavava tunnel sudato, sporco di grasso (come sinonimo di vasellina), in canotta e circondato da uomini
Comunque un capolavoro, pur non amando per nulla gli eccessi melodrammatici di un certo cinema asiatico. E dato che il tema orientale pare interessarti, secondo me ci sono ancora un sacco di titoli di cui potresti scrivere, al volo mi vengono in mente Infernal Affairs, Drug War, a Bittersweet Life, the Man from Nowhere, per non parlare dei vari Park Chan-wook e compagnia...insomma il cinema orientale sta pian piano trovando i suoi spazi anche da noi, ma c'è ancora tanta di quella roba clamorosa che andrebbe sviscerata...
PS: capisco la provocazione, ma Tarantino già prima di incrociare Tony Scott qualcosa aveva fatto. E dubito che la sua carriera sarebbe stata molto diversa anche senza True Romance. Anzi, con tutto il rispetto, direi invece che è stato proprio Scott ad aver raggiunto il suo picco artistico con il soggetto scritto da QT
Era proprio quello che volevo ribadire con il post, soffermarsi ad una sola chiave di lettura, per altro banalotta, vuol dire guardare il dito invece della luna che indica, e la luna qui è davvero il capolavoro più personale e sentito di John Woo ;-) Cheers
EliminaP.S. Assolutamente no, Tony Scott sarebbe arrivato in alto, come ha fatto anche senza QT, come spiegavo dettagliatamente QUI è stato Tarantino ha beneficiare, anche sul lungo e lunghissimo termine, su questo le chiacchiere stanno a zero.
Purtroppo, questa è una piaga che si ripresenta regolarmente nella critica cinematografica de "noantri", a livello tanto del professionista quanto del semplice fan, cioè quei personalissimi (e discutibilissimi) revisionismi spacciati come verità mai notate prima da nessun altro, considerate indispensabili per capire davvero un film... che però, in genere, finiscono per dimostrare quanto invece se ne sia capito poco o nulla, vedi appunto chiunque voglia ridurre lo sfaccettato rapporto fra i due protagonisti di "The Killer" alla singola componente "bromance": il film di Woo è un grande capolavoro per ben altri motivi, e quelli li hai egregiamente analizzati nella tua recensione ;-)
EliminaGrazie capo, gentilissimo come sempre ;-) Cheers!
EliminaSe tu sei vicino alle cento visioni, ti posso assicurare che io le ho abbondantemente superate. "The Killer" che custodisco gelosamente in DVD (anche perché di BR niente traccia in Italia) è un film che ho vivisezionato in lungo e in largo. Alla fin fine quei pochi e sporadici difetti che ha, sono nulla di fronte alla maestosità dell'opera completa. Qui c'è Woo al suo meglio, lontano dall'estrema messa in scena dell'azione che arriverà poi con "Hard Boiled" (che bene inteso io ADORO), che con la mancanza di Hark a mettergli i bastoni tra le ruote crea un ritmo narrativo unico che unito all'eleganza della messa in scena fanno del film un'opera unica, incredibile ed enormemente stratificata. Personalmente non ho mai collegato l'elemento queer ai due protagonisti e mi sembra comunque una lettura superficile del rapporto tra i due. "The Killer" è per me ancora oggi insuperato anche dallo stesso Woo, che mette la firma a uno dei capolavori del cinema d'azione, capace di riscriverne fondamenta ed estetica. Mentre in America il genere viveva con successo la sua ibridazione con la commedia, a Hong Kong Woo dava vita a un film che proveniva dal futuro.
RispondiEliminaVisto in tutte le salse e in tutte le sale, anche io costudisco il DVD gelosamente e concordo con te, pistola puntata in faccia, alla domanda sul mio Woo preferito, scelgo questo e non mi pento, mai nella vita ;-) Cheers
EliminaNon sapevo dei casini dietro la produzione, ora lo amo ancora di più ;)
RispondiEliminaTutti questi casini e nemmeno si vedono, deve essere un capolavoro, infatti lo è ;-) Cheers
Elimina