giovedì 8 giugno 2023

The Boogeyman (2023): la paura è una porta socchiusa (occhio alle dita)

Quando Stephen King nel 1978 uscì con l’antologia “A volte ritornano”, per motivi tutti suoi, immagino concordati con l’editore, ha scelto di mettere in ordine i racconti inserendo come quinta storia “Il compressore” e come sesta “Il baubau”, in questo ordine.

Anni dopo, il vostro amichevole Cassidy di quartiere, su questa Bara, nella stessa settimana cosa fa? Prima vi porta The Mangleradattamento cinematografico di “Il compressore”, e a ruota “The Boogeyman”, che si rifà proprio a “Il baubau” e qui vi lascio la totale libertà, potete credere che tutto questo sia il frutto di una programmazione metodica e scientifica iniziata con mesi d’anticipo, oppure che sia semplicemente un effetto di quello che Lucius chiama MACC, il Motore ad Alta Coincidenza Cinematografica. Perché il sospetto, come la paura è una porta socchiusa, sta a voi aprirla o meno…

… Minchia che inizio di post! Sembro quasi un blogger vero!

Perché vi cito la mia frase preferita di “Le notti di Salem” (più libro che miniserie di Tobe Hooper), usata anche nel titolo del post? Perché siamo sempre in campo Kinghiano, quindi è inevitabile che le porte da aprire di questo “The Boogeyman” mi facciano fare questa immediata associazione mentale. King sosteneva in quel bel romanzo che una porta socchiusa con dietro l’orrore rappresenta il massimo della paura possibile, perché immaginare cosa ci sia dietro rende il tutto ancora più terrorizzante. Alcune storie scelgono di aprirla quella porta, altre preferiscono continuare a non mostrare, di sicuro “The Boogeyman” parte dal fatto che la porta esista, visto che le cabine armadio, quegli sgabuzzini presenti in ogni camera da letto americana, sono un punto fermo delle architetture delle loro case da sempre, e di conseguenza grazie al cinema, sono diventate generatori di paura. Noi ci limitiamo agli armadi o al massimo, ai mostri che ti possono afferrare da sotto il letto se metti un piede a terra, loro hanno un ripostiglio apposta per metterci dentro la paura.

Quando accumuli così tanta roba nello sgabuzzino che poi, hai quasi paura ad aprirlo.

Come ripeto spesso, la produzione Kinghiana è stata adattata quasi tutta sul grande e sul piccolo schermo, ma è un filone aurifero che continua ad essere preso a picconate da sempre, da Brian De Palma in giù, tanto che all’ultimo CinemaCon di Las Vegas (dove immagino l’intrattenimento per i giornalisti non sia solo partecipare alle anteprime, anzi, mi immagino tanto Gonzo journalism) mentre tutte le case di produzione avevano qualche costoso film di super pigiami da presentare, quelli della Disney non avevano una mazza di nulla, se non questo adattamento Kinghiano affidato a Rob Savage (quello di “Dashcam” del 2021), un horror che non ha certo la forza per pareggiare con Barbarian o il successo "memetico" di Smile, ma all’anteprima di Las Vegas è andato così bene, da convincere Hulu (quindi Disney) a miracolarlo con un’uscita in sala e non su qualche piattaforma (quindi Disney+) come da piano originale. La conferma che se esiste un genere che gode di buona salute oggi, quello è proprio l’horror. Olè!

Adattare il racconto “Il baubau” per il cinema, in un film di 99 minuti è un mezzo suicidio, perché la storia breve di King si basava sul personaggio di Lester Billings, volutamente sgradevole nel suo essere razzista e su un finale ad effetto riuscitissimo, un racconto breve basato sui dialoghi, quindi perfetto per la dimensione della pagina. La storia prevedeva solo uno psichiatra e il suo paziente, che parlava di un’entità nota come il baubau (Boogeyman per i nostri amici Yankee) a detta dell’uomo, colui che si è portato via la sua famiglia, quando il sospetto, la porta chiusa, è che in realtà il paziente si solo un potenziale serial killer, nel finale a sorpresa King spalanca la porta e svela il mistero, con tutto il riuscito orrore del caso.

«Tu Cassidy invece sei un caso da manuale: Kinghiano irrecuperabile»

Il film utilizza il racconto come spunto, David Dastmalchian interpreta un po’ più allineato Lester Billings, che sostiene al suo dottore che il Boogeyman si sia portato via la sua famiglia e che in qualche modo trasmette la maledizione di famiglia allo psichiatra Will Harper (Chris Messina), che ha da poco perso la moglie in un incidente. Il gancio che serve agli sceneggiatori Scott Beck, Bryan Woods e Mark Heyman (tra poco ci torniamo), per incentrare il film sulla figlia del dottore (ah-ah) ovvero Sadie, interpretata da Sophie Thatcher che ha sorpreso tutti con la sua ottima prova in Yellowjackets, costretta a crescere la sorella minore Sawyer (Vivien Lyra Blair vista in Obi-Wan Kenobi) per compensare l’assenza di papà, perso tra le onde nere del suo lutto. Qui mi dispiace, vi tocca… TIME OUT CASSIDY!

Mettendo un attimo da parte Mark Heyman, sceneggiatore di fiducia di Darren Aronofsky, qui chiamato alle riscritture, “The Boogeyman” è un film che utilizza l’horror come metafora della metabolizzazione del lutto, ed è scritto da Scott Beck e Bryan Woods, ovvero gli autori di A quite place, che parlava di cosa? La storia di una famiglia impossibilità a parlare (per mostro-motivi) del lutto appena subito. Ma anche gli autori di 65 - Fuga dalla Terra, dove il BELLISSIMO papà Adam Driver affrontava il lutto della perdita di sua figlia e tangenzialmente, alcuni dinosauri, quei pochi che si vedevano. Insomma Scott, Bryan, abbiamo capito che vi siete fatti un nome ad Hollywood, abbiamo anche capito che ci tenete al tema, ma non vi sembra un po’ di esagerare? Fine del Time Out Cassidy!

«Mi stai facendo arrabbiare. Non ti piacerà vedermi arrabbiata» (questo spiega il verde)

“The Boogeyman” quindi allunga il brodo per una ragione nobile ma anche per l’ossessione tematica dei suoi sceneggiatori, il risultato è un film perfetto per il pubblico che va in sala per essere spaventato. Rob Savage fa un lavoro competente e si gioca tutti i “Salti paura” (anche noti come “Jump scare”) possibili, per un film che ricorda solo il racconto originale e non ha la stessa forza del suo finale, anche se proprio nel finale “The Boogeyman” trova la sua parte migliore.

Quando Roberto Selvaggio decide di aprirla quella porta, sceglie comunque di suggerirlo l’orrore, piuttosto che spiattellarlo in faccia al pubblico, singolare vista la sua propensione all’uso di “Salti paura”, però un paio d’occhi nel buio bastano per far colpo sul pubblico di riferimento di questo film, che potrebbe andare benino in sala, complice anche l’uscita in un periodo di bassa marea per i titoli horror in programmazione nei cinema.

Va detto però che si nota molto come “The Boogeyman” sia una sorta di Mr. Harrigan's Phone, ma miracolato dall’uscita in sala, un film con ambizioni (anche a livello di metafora) alla The Babadook, che però non allaccia nemmeno le scarpe al film di Jennifer Kent. Il risultato è un film che ha tutto per assecondare la vostra voglia di adattamenti Kinghiani e che farà furore quando farà il giro completo per sbarcare sulle piattaforme, per ora si attesta sul “Praticamente innocuo” (cit.), piacevole per i vostri echi da Notte Horror estiva e per confermare il talento di Sophie Thatcher, anche se qui alle prese con un personaggio ben più convenzionale rispetto alla giovane versione di Juliette Lewis… Buzz Buzz Buzz!

Sorridi! Sei sulla Bara Volante!

Insomma, sono sicuro che questo film troverà il suo giovanile pubblico, se avete macinato un po’ di horror nella vostra vita, probabilmente troverete ancora il racconto originale di King ben più interessante, ma sono ancora convinto che sia il titolo a portare un po’ di sfiga.

Nel 2005 il “Boogeyman” prodotto da Sam Raimi era il vero orrore cinematografico per quello che mi riguarda, l’horror con le morti fuori scena (ARRRRGHH!), da questo punto di vista aggiungere l’articolo davanti non ha aiutato molto, siamo sempre nel campo del PG-13, ma come detto l’horror in questo momento gode di ottima salute e King è un sempreverde, quindi questo film troverà il suo pubblico. Invece al vostro amichevole Cassidy di quartiere, se la strategia non cambia o se il MACC non decide diversamente, il prossimo racconto di “A volte ritornato” che mi tocca è il fighissimo “Materia grigia”, che non vi farà mai più guardare ad una lattina di birra allo stesso modo. Speriamo che lo affidino a qualche regista con la propensione per il Body Horror, tanto io sto qui e aspetto seduto sulla mia Bara, gli Horror e King sono sempre benvenuti qui sopra.

14 commenti:

  1. Da come ne parli pare una roba tipo Il Tagliaerbe che da un paio di pagine tratta da un racconto di King ne han tirato fuori una roba che non c'entra un cazzo (e che non piace nemmeno ai giovani, per citare Elio)

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    1. Con la differenza forse, che Il Tagliaerbe ancora oggi è ricordato, questo? Non lo so quanto durerà nella memoria collettiva. Cheers!

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    2. Be', se venisse ricordato per gli stessi "meriti" de Il Tagliaerbe, allora per la memoria collettiva sarebbe forse meglio lasciarselo alle spalle il prima possibile (anche se, in effetti, qualcosa di migliore rispetto alle disavventure di Super Giobbe questo Boogeyman pare avercelo) ;-)

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    3. Gioca in un altro campo, come horror estivo ha tutto, ma non la scimmia RoboCop di Giobbe ;-) Cheers

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  2. Pubblicherò il post domani quindi ti ho letto serena, la pensiamo più o meno uguale: un horror "corretto", perfetto per il grande pubblico di rEgazzini, con qualche momento ben riuscito. Se rifanno Materia grigia mi preparo già il catino vomitillo, ogni volta che finisco di leggere il racconto mi si rivolta lo stomaco.

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    1. Bene, non vedo l’ora di leggerti anche se va detto che si, hanno azzeccato i tempi giusti, non ci sono molti altri horror in sala e questo per giovanotte e giovanotti ha tutto, ma mi tengo stretto il racconto originale. Puro Body Horror di quello vecchia maniera, non lo faranno mai, non ci sono più i Brian Yuzna di una volta ;-) Cheers

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  3. Combinazione proprio qualche tempo fa ho visto il film "A volte ritornano" che era uno dei racconti del libro di King, che ho adorato e che sta tornando troppe volte, mi sa che è ora che gli dia una bella ripassata...
    Il fatto è che mi ricordo molto bene tutte le storie, per quanto sia almeno trent'anni che non le leggo...
    Bravura di "quel" King che con pochi tocchi riusciva a creare degli episodi che ti toccavano nel vivo con i loro tentacoli... In più, essendo adolescente quando li leggevo, ti davano anche degli spunti sociali, se così li possiamo chiamare, che ti aprivano prospettive inedite. Detto ciò, anche se non sarà un capolavoro, questo film mi attira e non vedo l'ora di poterlo vedere... Buon giobia

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    1. Lo dicevo l’altro giorno nel post gemello, il mio primo libro di King? “A volte ritornano”, non riesco a pensare ad inizio migliore, buon giovedì anche a te! ;-) Cheers

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  4. Sono curioso di vederlo quindi ti lascio in sospeso, ma è chiaro che l'aumento di citazioni alla mitica antologia "A volte ritornano" non può essere un caso: è il MACC, bellezza, e tu non puoi farci niente (semi-cit.) ^_^
    Peraltro non ricordo nulla de "Il baubau" se non il titolo, quindi mi godrò il film senza sapere nulla.

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    1. Il MACC fila potente e ben oliato, non vedo l'ora di sapere la tua, anche sul ripasso del racconto ;-) Cheers

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    2. Sempre detto che il MACC è meglio, ma custa! Comunque massimo rispetto per la citazione del fratello Lucius nel post!

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    3. Lucio Dalla cantava il motore del 2000, Lucius invece è in missione per conto del MACC ;-) Cheers

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  5. Altro adattamento kinghiano dimenticabile, si aggiunge a una lista infinita! Più interessante leggere del MACC! :--)

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    1. Molto, visto che influisce sulle nostre visioni ;-) Cheers

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