giovedì 1 giugno 2023

La pazza storia del mondo, Parte II (2023): la fine di un’attesa durata quarantadue anni (Dopo Cristo)

Ci siamo, questa rubrica imbocca l’ultima curva, ultima occasione per ricordarvi che non possiamo sprecare…

Se siete tra quelli che ragionano in termini di filmografia come unico parametro per contare le pulsazioni di un artista, allora il tracciato di Mel Brooks si è fermato nel 1995, con il suo Dracula morto e contento, ma il Maestro da allora non è stato fermo, proprio per niente. Nel 2009 è stato insignito della medaglia al valore artistico e umano (o qualcosa del genere) durante la cerimonia per i Kennedy Center Honors, mettendo su uno spettacolo improvvisato con il ben più alto presidente Barack Obama, perché con Mad Mel in giro la gag è sempre dietro l’angolo.

Un premio che si è aggiunto alla sua già nutrita collezione, anche perché il Maestro rientra in quella ristrettissima cerchia di artisti, sedici in totale, che hanno completato un EGOT in carriera, l’acronimo che indica aver vinto Emmy, Grammy, Oscar e Tony Awards. Di questi ultimi in particolare, il Maestro avrà la casa piena, visto che negli anni in cui è stato lontano dal cinema, si è impegnato a trasformare il suo primo film in un musical, “The Producers” è stato replicato una cosa come duemilacinquecento volte a Broadway, portandosi a casa dodici Tony Awards e salvando la carriera a Matthew Broderick, ruolo che ha ripreso anche nel film del 2005, che riportava la storia originale dove era nata, al cinema.

La lunga, lunghissima vita artistica di Mad Mel, che non si limita alla sua filmografia.

Insomma una carriera che non ha davvero più niente da dimostrare a nessuno, eppure alla sua verdissima età (classe 1926) il nostro, sul sui ideale taccuino, doveva avere ancora un titolo da depennare, un’ultima trovata anarchica per il genio di Brooklyn, per certi versi, l'ultima follia di Mel Brooks (ah-ah!) che trova nella piattaforma streaming di Hulu dei degni complici.

Ora, avete familiarità con la produzione Hulu? Si perché su questa Bara vi parlo spesso della loro roba, sarebbero esistete le trovate matte delle loro serie, senza che Mel Brooks non avesse spianato la strada per un certo tipo di umorismo, anche sul piccolo schermo, visto che il Maestro ha iniziato con la geniale “Get Smart” negli anni ’60? La risposta la conoscete già, ecco perché i tempi erano maturi per portare a compimento una “battuta finale” lasciata in sospeso per quarantadue anni.

«Come quarantadue anni? La guerra civile è durata meno, facciamo in tempo per quella del 2024!»

Intitolare il suo “History of the World, Part I” era una gag che puntava all’epica dei film storici in costume sullo stile di Cecil B. DeMille, che purtroppo è stata piallata dalla nostra distribuzione, infatti il “Parte I” è stato reintegrato solo per la versione “home video” del film, ma da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa è sempre stato La pazza storia del mondo. Bene, ora anche noi, possiamo iniziare a chiamarlo con il suo titolo per intero, perché mettendosi a capo di quella banda di scoppiati di Hulu, il Maestro Brooks ha fatto si che i pazzi abbiano conquistato il manicomio. Dal 6 marzo corrente anno è disponibile su Hulu, ovviamente e qui da noi su Disney+, la sua ultima fatica ovvero “La pazza storia del mondo, Parte II”, perché ormai dovrebbero saperlo anche i sassi che è la piattaforma della casa del topo che detiene i diritti per il catalogo Hulu. Anche se su “Infernet” molti non lo sanno e si esibiscono ancora in reazioni scomposte (e francamente imbarazzanti) quando leggono di roba tipo Mel Brooks su Disney+, anzi Maestro, sarebbe materiale per almeno una delle sue gag tutto questo.

Otto episodi, da circa 30 minuti l’uno, in cui Mel Brooks eredita da Orson Welles il ruolo di narratore, comparendo all’inizio del primo episodio (ma non solo) per mettere in chiaro le sue richieste nei confronti di Hulu: niente ripetizioni, reboot o remake del primo capitolo ma soprattutto, in questa serie Brooks deve apparire identico a come lo abbiamo visto nel 1981, quindi… Così!

Il Maestro ha fatto un po' di palestra nel frattempo.

La struttura di “History of the world, Part II” ha due o tre sotto trame principali come la guerra civile, oppure la storia della deputata Shirley Chisholm, prima donna nera nel congresso degli Stati Uniti e poi un tema caro a Brooks, la rivoluzione russa, un modo per ritornare alle atmosfere del suo Il mistero delle dodici sedie. Queste tre trame principali si snodano lungo gli otto episodi, inframezzate da parecchie gag, frutto del fuoco di fila di idee sfornate dalla banda di autori capitanati da Mel Brooks, una squadra che si merita un paragrafo dedicato.

Nobili russi, Brooks non può proprio farne a meno.

In mezzo al mucchio selvaggio di sceneggiatori e comici, trovate nomi come quello di Kevin Salter, già accreditato tra gli autori dello spettacolo “Mel Brooks Live at the Geffen” (2015), ma soprattutto una serie di comici americani, più famosi da quella parte della grande pozzanghera nota come oceano Atlantico che da questa, tutti magneticamente attratti dal genio di Brooks, di cui sono un po’ tutti figli e figlie spirituali, visto che come lui interpretano più ruoli nel corso di questi otto episodi. Ad esempio Wanda Sykes da volto e voce alla senatrice Shirley Chisholm, trasformata in una sitcom in stile “I Jefferson” in cui il principale nemico di Shirley è il presidente Richard Nixon e il suo compare Henry Kissinger, ha senso no?

Allo stesso modo, Ike Barinholtz ricopre molti ruoli (esilarante la sua pubblicità per il tonico che ti mantiene in forma, sponsorizzata in bianco e nero dell’atletico presidente Teddy Roosevelt), in particolar modo quello di un avvinazzato Ulysses S. Grant, impegnato a portare avanti una missione segreta negli Stati Confederati, occasione perfetta per Brooks per sfottere le abitudini tra Nord e Sud.

Allievi del Maestro, calamitati alla sua corte (o alla sua mensa, fate voi)

Anche se tra tutti gli autori, quello che spicca è sicuramente Nick Kroll, lo conoscete come creatore di Big Mouth e non ditemi se non è uno di quelli che da Brooks e dalla sua anarchia non ha pescato a piene mani. Infatti questa “History of the world, Part II” sembra una festa di Natale, con Mel Brooks nei panni dell’albero e tutti i comici che gli stanno addosso come gli addobbi e chiedo scusa al Maestro, perché la sua religione non prevede i festeggiamenti natalizi.

Ora, parliamo della parte più controversa di questo post e di conseguenza della serie, per quanto mi riguarda La pazza storia del mondo è un titolo di culto che mi ha regalato tante risate e almeno una frase che ripeto ad ogni occasione utile («Bello essere Re!»), ma non è il mio film di Mel Brooks preferito, proprio perché è più un’infilata di gag, alcune geniali altre meno, per altro forse il suo lavoro che punta di più sulle battute pruriginose, questione di mio gusto personale eh? Quindi del tutto soggettivo.

Finalmente un Gesù storicamente corretto, dopo quello dell'altro Mad Mel.

Da un certo punto di vista “La pazza storia del mondo, Parte II” è proprio quello che mi aspettavo, con la differenza che quel divario tra gag riuscite e molto divertenti, misto ad altre il più delle volte pruriginose e basta, in questo secondo capitolo aumenta, si allarga a dismisura, quindi potreste trovare – sempre in base alla vostra idea di umorismo, quindi molto di pancia – momenti divertenti alternati ad altri che vi faranno se va bene, fare spallucce.

Ad esempio nel primo episodio ho trovato ben più divertente “La rivoluzione russa” dell’inizio di “La guerra civile”, anche solo per la presenza di Danny DeVito nei panni dello Zar prossimo ad essere deposto, che sostiene che il losco e viscido Rasputin è comunque il suo “Putin” preferito (frecciatina-frecciatina), mentre ho trovato addirittura geniale il fatto che gli svariati tentativi di uccidere Rasputin, qui vengano raccontati con lo stile di un episodio di “Jackass”. Infatti è proprio Johnny Knoxville sotto la barba finta del personaggio, che si ritrova sul piccolo schermo con i vecchi compari di masochistiche gesta di quel programma. Ci voleva il Maestro Brooks per riunirli in TV!

«Io sono Rasputin e bentornati a Jackass» 

Ho trovato geniale lo sketch dedicato a William Shakespeare, che cavalca alla grande le teoria per cui questo, fosse solo il nome di facciata, dietro alla quale si nascondesse una squadra di scrittori, un caso di “Ghost writers” (che oggi chiameremmo "Farsi pagare in invisibilità") nella storia della letteratura, che Brooks trasforma in una gag molto divertente, anche se guardatemi, cioè voi non mi vedete, ma guardatemi lo stesso perché avete davanti a voi un uomo che ha finalmente visto (dopo quarantadue anni) l’ormai mitica “Hitler on ice”, annunciata nel prossimamente del primo film, qui diventa la spassosa gag che conclude il primo episodio di questa serie.

Se era scarso come pittore, non avete idea di quanto lo sia come pattinatore.

Kublai Khan riesce a diventare anche lui una gag ricorrente, in una serie che fa del non-sense un’arma, una trovata comica apparentemente casuale, inserita come finta pubblicità (come il sito internet per scoprire se anche tu sei discendente del grande Khan) ritorna in modo estemporaneo più avanti, un tipo di comicità a flusso di coscienza che può farvi ridere tantissimo, se amate le battute anche a scoppio ritardato, oppure risultate un po’ troppo psichedelica, visto che alcune trovate spesso scadono sulla lunga distanza. Ad esempio ho adorato l’inizio della gag su Alexander Graham Bell, inventore (secondo gli americani) del telefono, ma anche vittima del primo scherzo telefonico della storia, peccato che una gag che inizia alla grande, la butti sul volgarotto e basta per arrivare a conclusione. Insomma alti e bassi normali quando hai tanti sceneggiatori che lavorano in squadra in questo fuoco di fila di trovate.

Ad esempio lo sbarco in Normandia dei soldati americani, in versione Mel Brooks mi ha fatto morire dal ridere, così come il terzo episodio, con la storia di Gesù, raccontata nello stile di una serie HBO e di conseguenza nero, anche se a ben guardare, potrebbe essere la prima scelta di casting azzeccata della storia, ci voleva l’anarchia del Maestro Brooks per farla, prendendo in giro il “politicamente corretto alla grappa” in una maniera molto ma molto intelligente.

Noè che non ha ben capito le regole d'ingaggio (o forse si)

Nel terzo episodio ho trovato esilarante lo sketch su Noè (interpretato da Seth Rogen) che dovrebbe radunare una coppia di animali per ogni specie, ma trova troppo carini i cagnolini di piccola taglia e quindi cede alla sua tentazione con risultati esilaranti.

Così come sono andato giù di testa per lo spot pubblicitario sui corsi di psicologia organizzati da Sigmund Freud, che qui ha il volto di uno che a Brooks deve moltissimo, ovvero Taika Waititi e qui veniamo al punto chiave: dopo tutti questi anni di attesa, questo secondo capitolo è assorto a mito, così come il suo creatore Mel Brooks, che magneticamente attrae tutti i comici in circolazione cresciuti nella sua leggenda, nutrendosi e imparando dal suo lavoro, tutti accorsi in massa alla sua porta per non perdere l’occasione di lavorare con il loro Maestro, appellativo che se non si è meritato Melvin James Kaminsky da Brooklyn, non so proprio chi potrebbe ambirlo nel suo ruolo, oggi come oggi.

Dicevamo a proposito di allievi alla corte del Maestro?

Quindi godetevi questa folle corsa, che prevede Jack Black che anche qui trova il modo di cantare una canzone, per altro malinconica nei panni di Stalin, per un’operazione che riesce ad essere troppo scema e troppo colta allo stesso tempo, se siete appassionati di storia, amerete il modo in cui Brooks ha amabilmente scherzato con tutti questi personaggi storici, pescando dalla borsa dei trucchi del grande comico. L’unica discriminante resta una riuscita delle trovate non sempre costante, ad esempio fa morire dal ridere vedere la principessa Anastasia in fuga, aggiornare i suoi followers sullo stato della rivoluzione Russa, dal suo canale (in bianco e nero) di tutorial di trucco, un po’ meno Galileo sperimentare con la gravità, atteggiandosi da influencer di TicciTocci.

Jack Black trova sempre un modo per cantare un po'.

Forse un po’ meno episodi e una scrematura delle tante gag avrebbe migliorato l’andamento, che qui in base alla riuscita delle trovate, risulta molto ondivago, però per uno come me, che trova molto divertenti le battute riprese dopo tanto tempo o protratte a lungo, fino a diventare esilaranti, devo dire che ho avuto pane ebraico per i miei denti. Vale la pena passare attraverso trovate brillanti ma annacquate (come la pubblicità sullo smaltimento delle statue abbattute dei vecchi tiranni e schiavisti del passato), anche solo per godersi la storia di Gesù, del tradimento di Giuda (frutto di in equivoco con gli “sbirri” romani), per arrivare a godersi “Le sessioni della Bibbia”, con JC e i suoi, ritratti come i Beatles nel documentario di Peter Jackson. Insomma, questa serie riesce ad essere allo stesso tempo troppo stupida e troppo intelligente, in entrambi i casi un gran complimento. Difficilissimo consigliarla a chiunque, forse anche per questo Disney+ non la sta minimamente pubblicizzando malgrado il nome di Mel Brooks a fare da padrino, però che alla sua verdissima età, il Maestro sia ancora qui a scherzare su tutti i tick della nostra società, è davvero qualcosa che scalda il cuore.

La storia di Gesù, raccontata nel corso di otto puntate, viene rivista dal consiglio di Nicea è cosa diventa? Un’occasione per sbirciare nelle sale riunioni di Hollywood, dove avvengono le sezioni “creative”, aprire il dizionario alla voce: marketing. Si usa la storia per sfottere il presente e l’industria dell’intrattenimento, quindi è normale che Maria Maddalena nel film su Gesù, sia anche un’esperta di computer e che JC sia bianco e palestratissimo, dotato di super poteri alla Iron Man, per un finale che sfotte apertamente i film di super eroi.

Jesus Christ Super Star Hero. 

Ma occhio perché di battute a lenta cottura, il Maestro è beh, Maestro. Quindi anche questa nuova, pazza storia del mondo termina con un appuntamento rimandato alla prossima stagione, dove viene annunciata “La grande gara di pasticceria fascista” oppure l’ormai leggendarie “Ebrei nello spazio”, insomma classe 1926 e ancora quella voglia di scherzare su tutto e tutti di chi dice sempre la verità, come solo folli, comici e geni possono fare, Mel Brooks è un degno rappresentante di tutte e tre le categorie.

Quello che dovremmo imparare dal Maestro, prima del suo straordinario cinema è proprio questo, ci riflettevo leggendo la sua autobiografia (edita da noi da la nave di Teseo), un libro che è stato, insieme all’annuncio della serie Hulu, la spallata definitiva di cui avevo bisogno per iniziare questa rubrica a cui tenevo molto. Se ci pensate la storia personale di Mel Brooks è quella di un sopravvissuto, uno che facendo sfoggia di modestia, quando si racconta, si descrive come fortunato di aver avuto più giorni buoni che cattivi nella sua lunghissima carriera. Ma parliamo comunque di un uomo che ha dovuto dire addio al suo grande amico Carl Reiner, al suo compare Gene Wilder e all’amore della sua vita, la grande Anne Bancroft e invece di impazzire dal dolore, sprofondando nell’auto commiserazione di chi comunque lo sa benissimo di avere la parte migliore della sua vita alle spalle, ha tenuto affilata l’arma più potente del mondo, quella della risata. Da uno così possiamo tutti quanti solo imparare, quindi grazie Maestro per questa “battuta finale” che finale non è, ma soprattutto per averci dato tutto quel Mel, sta a noi adesso non sprecarlo.

«Cassidy ho un'ultima lezione fondamentale per te, ricorda sempre: AH TU, AH TU! ZIGIRIBIRI’ BAMBU’ AH TU!»

8 commenti:

  1. Infatti. Niente promozione. Ne ero all'oscuro, ma meno male che c'è il nostro amichevole Cassidy di quartiere che ci pensa 😊

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    1. Sono in missione per conto di Mad Mel, il mio solito servizio di pubblica utilità per il Maestro ;-) Cheers

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  2. Cassidy, ho dovuto smettere di leggere verso la metà perchè travolta, come nell'incipit di Kung Fu Panda, dalla "troppa miticità" di quello che ho letto... Se ne riparla dopo la visione!

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    1. Ho fatto il mio allora, al resto ci pensa Mel, buona visione ;-) Cheers!

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  3. Grazie infinite per tutto questo bel Mel.


    Di questo film ho solo paura che verrà usato come nozione di fatti storici ricostruita sullo schermo per gli zombies cognitivi..

    Esagerazione? Diversi sketch del primo mi sono stati spacciati come "cose accadute davvero in quell'occasione storica che mi rivendo come ghiotto aneddoto all'aperitivo"

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    1. Grazie a te, sei stati preziosissimo... Bro-fist! Temo che i tuttologi da aperitivo avranno altro materiale, a suo modo Mel li ha presi tutti per i fondelli e nemmeno se ne sono accorti ;-) Cheers

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  4. Ovviamente, la farò mia quanto prima (NON si può sprecare una seconda parte attesa da più di quarant'anni) ;-)

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