Quest’anno compie i suoi primi trent’anni un film di
Clint Eastwood che ho sempre tenuto in altissima considerazione, non potevo
proprio perdermi questo compleanno. Ma perché non doppio? Il 31 maggio si festeggia anche il regista, che di
candeline invece, ne spegne un po’ più del suo film, giusto un paio eh?
Me la gioco subito la storiella? Si non perdiamo tempo,
il presente è adesso: la prima volta che vidi “Un mondo perfetto” pensai che
era fatta. Ok, Clint arrivava dal trionfo anche agli Oscar del suo
Gli Spietati, il film che ancora oggi, per quei pochi con un po’ di memoria,
viene giustamente considerato IL grande film da regista di Eastwood, ma che
comunque arrivava dopo tanti anni e tanti titoli dietro la macchina da presa. Eppure
per quanto mi riguarda “A perfect world” fa ancora un passo in più in direzione
del grande pubblico, perché pur avendo nel suo DNA tutti gli stilemi classici
del film Western, non lo è come “The Unforgiven”, proprio per questo aveva
tutto per arrivare anche a quella fetta di pubblico che allora come oggi, il
Rock ‘n’ Roll di tutti i generi cinematografici, ovvero il Western, ancora lo
guarda stringendo gli occhi, alla Clint Eastwood insomma.
Infatti il pubblico rispose molto bene, al netto di un
budget di trenta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti
defunti, il film ne incassò oltre centotrenta dello stesso conio, ma ancora
oggi vive sospeso in un limbo che sta tra il bel film e il titolo “minore”, per
via di un fatto molto semplice, venne completamente ignorato alla notte degli
Oscar. Ma siccome qui alla Bara consideriamo spesso i premi cinematografici dei
ciapapuer – come dicono in Texas – assegniamo a questo film per meriti
manifesti l’accesso al club dei Classidy!

Pensare che questo film Clint non lo voleva nemmeno
dirigere, dopo lo sforzo nei panni di
William Munny e aver corso dietro
alla limousine del presidente per Wolfgang Petersen in “Nel centro del mirino”
(1993… Tranquilli, ha già una Bara pronta anche questo, storia vera), Eastwood
voleva tirare un po’ il fiato e prendersi come da sua abitudine una pausa
dalla recitazione, ma quando gli capitò per le mani il copione di “A perfect world”
capì che la vacanza era rimandata.
L’esordio come sceneggiatore del futuro regista
John Lee Hancock era semplicemente troppo buono per lasciarselo scappare, era
già così tanto Eastwoodiano per cui il nostro, non avrebbe dovuto esserlo
nemmeno troppo, inoltre il copione faceva gola a molti e anche piuttosto
talentuosi, ad esempio Spielberg era interessato a dirigerlo ma nel 1993, decisamente
troppo indaffarato per imbarcarsi
anche in questa impresa. Ironicamente nel
cast però compare Laura Dern in un bel ruolo, appena sopravvissuta ai
lucertoloni preistorici, qui già pronta a scontrarsi con i dinosauri texani nell’anno
1963.
 |
«Ehi, Alan Clint se volevi spaventarlo, meglio puntargli addosso una pistola!» (quasi-cit.) |
Per il ruolo del protagonista, lo sfaccettato e
carismatico Robert "Butch" Haynes, Eastwoood capisce che ci vuole qualcuno con
la stessa dose di magnetismo nel sangue, quindi io ve lo dico, esiste un
universo parallelo in cui “A perfect world” è un film diretto da Spielberg con
Denzel Washington come protagonista, che però dovette rinunciare perché già
impegnato con “Il rapporto Pelican” (1993, che ho rivisto ma chissà se avrò
tempo per scriverne), però noi viviamo nella realtà in cui questo gran film è
stato diretto da Clint e interpretato dal divo, anzi, dal DIVO degli anni ’90,
ovvero Kevin Costner, giusto per portare un altro po’ di DNA da film Western nella pellicola.
Serve ribadire di quanto peso specifico avesse il Kev,
fresco fresco del titolo spacca botteghini “Guardia del corpo” (1992)? Direi
proprio di no, ci tengo invece a sottolineare quanto tra tutte le grandi prove
di Costner come attore, per me quella sfoggiata in “Un mondo perfetto” è tra le sue migliori in assoluto, non so se per via dell’aderenza tra i suoi trascorsi da
faccia da schiaffi e strappa mutande cinematografico, tutte caratteristiche che
ben si adattano anche al suo Butch Haynes, oppure per il fatto di aver avuto
Eastwood sul set a costringerlo a tirare fuori il meglio. Già perché il Kev sarà anche stato IL DIVO degli anni ’90, ma su un set di Eastwood, si fa
come dice Clint.
 |
Film ambientati ad Halloween, va bene citare sempre Giovanni Carpentiere, ma ricordatevi di Clint ogni tanto. |
Uno degli aneddoti comprovati più succoso, resta quella
volta in cui Costner, seccato per la piega che la giornata di lavoro stava
prendendo, chiamò lo stop e uscì sbuffando dal set. Eastwood monolitico come al
solito, continuò a girare le scene in programma per quel giorno, usando al
posto di Costner la sua controfigura, Mark Thomason. Quando il Kev tornò sul
set, convinto di trovare TUTTI in sua venerazione in attesa del grande ritorno,
giravano invece indaffaratissimi e nessuno lo cagò di pezza, tranne uno,
Eastwood.
Il regista prese da parte il suo attore e – immagino – tirandogli
un orecchio gli disse una cosa del tipo: «Se te ne vai ancora, prendo questo
ragazzo e gli faccio girare per intero la tua parte, primi piani compresi. Non
sono venuto fin qui per cazzeggiare, ci siamo capiti?». Da allora rose e fiori
sul set, perché tu potrai anche essere IL DIVO, ma lui resta LA LEGGENDA e nel
West la leggenda vince sempre, come da lezione fordiana.
 |
Potete essere fighi, ma non sarete mai fighi come questi due signori qui. |
Lezione fordiana che, passando da Don Siegel, il nostro
ha ormai fatto sua, se non proprio ereditata, perché vuoi per via dell’ambientazione
texana nell’anno 1963, nel mese di ottobre (perché questo è il film di
Halloween che NESSUNO cita mai), ma “A perfect world” ha nel suo DNA tracce
abbondanti di Western. Provate ad immaginarlo con i cavalli al posto delle auto
e avrebbe potuto funzionare allo stesso modo, ma ambientarlo un mese prima del
giorno in cui gli Stati Uniti d’America hanno perso per sempre la loro
verginità è significativo.
 |
Il tramonto del sogno americano e chi poteva raccontarlo se non il vecchio Clint? |
“Un mondo perfetto” è un film che chiede al pubblico e ai
suoi protagonisti di godersi il momento, perché il destino del Paese e di Butch
sono già segnati, il primo vedrà morire il suo presidente in diretta tv, ucciso
a Dallas il 22 novembre del 1963, il secondo finirà tutto sommato sereno, sotto
un albero, con una maschera di Casper il fantasmino al suo fianco e dei dollari
svolazzanti nel prato, la scena iniziale di un film circolare che ci ricorda
che il futuro è drammaticamente segnato, quindi ai personaggi e a Butch in
particolare, resta solo il presente.
«Non sono un brav’uomo, non sono neanche il peggiore. Sono
una razza a parte», queste sono le parole con cui si descrive Butch, galeotto
in fuga dalla prigione di Huntsville sì, ma con un suo codice morale, a volte
tutto suo ma riconducibile a quell’etica e a quel “fattore umano” che nei film
da regista di Clint Eastwood è sempre un elemento chiave, nella storia e nella
valutazione dell’opera. Basta guardare la differenza di approccio tra Butch e
il suo compare, quando sono costretti a prendere in ostaggio il piccolo Phillip
(T.J. Lowther), il primo è calmissimo anche quando chiede al bimbo di
raccogliere la pistola da terra, l’altro spara in aria nemmeno fosse una versione
psicotica di Yosemite Sam.
 |
Vorrei fare lo stesso con chi su “infernet” dimostra di non conoscere la differenza tra parere soggettivo e oggettivo. |
Nel cinema di Eastwood le persone si giudicano come
bisognerebbe fare nella vita, non sulla base dell’appartenenza politica o della
classe sociale, ma di come si comportano quando conta. A parità di evasione e
fuga con ostaggio, la bontà d’animo di Butch va di pari passo con la bontà
della sceneggiatura scritta da John Lee Hancock, che con uno scambio di battute,
mette in chiaro la differenza tra minaccia («Tra due minuti ti rompo il naso,
questa è una minaccia) e un fatto (SBAM! Pugno in faccia setto nasale andato «E
questo è un fatto»), ma anche nel modo in cui a parità di reati accumulati i
due criminali in fuga si comportano, uno cerca di infilare le mani nelle
mutande del ragazzino, l’altro insegue il suo non tanto gradito compare tra i
filari di grano e dopo un colpo di pistola, esce solo. E questo è un fatto,
così come il fatto che io trovi dannatamente significativa quella scena, che
mette in chiaro cosa può fare Butch e cosa non vuole fare, poi non so se sia in
qualche modo un rimando ai campi di grano di “L'uomo dei sogni” (1989),
probabilmente no, ma far uscire Kevin Costner dai filari in quel modo lo trovo
comunque un cortocircuito di immagini riuscitissimo.
 |
Lui "L'uomo dei sogni" non lo ha visto, ma non vedrà nemmeno la fine di questo film. |
Per certi versi “Un mondo perfetto” riesce ad essere un
film statico, nel suo essere dinamico, perché di base è un viaggio sulle strade
del Texas, anzi, più che altro sarebbe un inseguimento a voler essere precisi,
ma la regia di Eastwood tende così tanto al classico, da essere perfetta per un
film che chiede ai suoi personaggi e a noi spettatori di goderci il momento, il
presente.
Il rapporto che si crea tra Butch e il piccolo Phillip,
ribattezzato in amicizia Buzz è privo di qualunque sottotesto omoerotico,
quello con le mani lunghe lo abbiamo già comodamente lasciato tra i filari di
grano, quindi il film diventa una storia – americana fino al midollo – di due
ragazzini che stando alle parole d Butch, in quanto americani hanno il diritto
di festeggiare Halloweem, mangiare zucchero filato e andare sulle montagne
russe, solo che uno dei due ragazzini è fatto a forma di Kevin Costner. Infatti
Butch non tratta mai Buzz come un bimbo, ma sempre come un suo pari, è abbastanza
chiaro che attraverso il ragazzino anche il protagonista si stia godendo
qualcosa di quello che la vita gli ha tolto.
 |
«Cassidy parla di noi, fai il disinvolto» |
Ecco quindi che l’incontro con la famiglia di colore,
diventa un momento chiave per far riaffiorare il passato di Butch e il suo
rapporto con un padre violento, oppure la “vestizione” di Phillip, che entra
nel negozio in mutande e pigiama ed esce (sgommando!), rinato Buzz, con tanto di
costume e maschera da Casper il fantasmino, per un film statico, classico come
la scelta sempre azzeccata degli angoli di inquadratura più adatti da parte di
Eastwood, che però vive di accelerazioni improvvise e coinvolgente, perché “Un
mondo perfetto” sa godersi il presente come solo chi sa di non avere più futuro
può fare.
La scena chiave? Un’altra tappa obbligata nella cresciuta
di un ragazzo, la prima volta che ti ritrovi a guidare un’automobile (l’ho già
detto che questo è un film americano fino al midollo vero?), per Butch l’auto
con cui sono in fuga è molto di più, una macchina del tempo del ventesimo
secolo, il cui il fuggitivo dal cuore d’ore è il comandante e Buzz il
navigatore, la strada davanti è il futuro, quella lasciata alla spalle il
passato. Un viaggio nel tempo nel Texas del 1963 in cui ci si gode gli ultimi istanti
di innocenza di un Paese intero, che a novembre dello stesso anno, ha già un
appuntamento con la Storia programmato, in agguato da un palazzo di una biblioteca di Dallas: «Questo è il presente Philip, goditelo finché dura.»
 |
«Strade? Dove stiamo andando non c'è bisogno di strade» |
L’errore con “Un mondo perfetto” sta nel etichettarlo
come un “road movie” ben fatto ma minore nella filmografia di Eastwood, oppure
perdersi a descrivere ogni scena, che meriterebbe perché sono una meglio
dell’altra anche a livello di coinvolgimento emotivo, quando invece si tratta di un film
che ha già tutto per essere apprezzato così com’è, con il suo DNA da Western
senza esserlo e un bimbo come barometro morale, elemento che fa sempre presa
sul pubblico e in questo caso, riesce a non tediarlo come succede con fin
troppi film con bimbi di mezzo.
Che l’America di quell’ottobre 1963 raccontata da
Eastwood fosse in equilibrio tra i bei tempi andati e un futuro in cui sarebbe
tutto cambiato, traspare anche da Red Garnett, lo sceriffo sulle piste di Butch
che è il ruolo che Clint si ritaglia nel film, anche se è abbastanza chiaro che
una ventina d’anni prima, il viaggetto in auto nei panni di Butch lo avrebbe
intrapreso lui stesso, solo che ai suoi tempi più che Buzz travestito da
Casper, gli era toccato
Clyde l’orango a cui insegnare a fare il dito
medio ai motociclisti.
 |
L'altra espressione di Clint in azione. |
Red Garnett è un dinosauro, non un ottuso ma sicuramente
uno vecchia maniera, che davanti ai metodi di caccia ai criminali di Sally
Gerber (Laura Dern nei panni del ruolo che vent’anni prima sarebbe toccato a
Sondra Locke) scuote il cappello a tesa larga, fa spallucce e pensa che bastino
ancora antenne attente e un barile di caffè. Sally è il futuro, visto che senza
mai usare questa parola, porta nell’indagine gli albori delle prime tecniche
da “profiler” per la criminologia. Tra i due rispetto ma storie tese, eppure in
questa storia in cui tutti i personaggi si riflettono negli altri, per trovare
qualcosa di loro stessi, anche Red è uno dai valori ben saldi, magari non
capirà queste moderne tecniche di indagine – pur riconoscendo in Sally una
fatta della sua stessa pasta – ma risulta essere il tipico personaggio
Eastwoodiano, non tanto per il cappello, quando per la capacità di cui parlavo
lassù, quella di valutare le persone non in base alla posizione, ai trascorsi o
al ceto sociale, ma per come si comportano.
 |
The Kevalorian (this is the way) |
Quindi il federale stronzo dal grilletto fin troppo
facile («Mi hanno sparato due volte oggi») va preso giustamente a pugni in
faccia, mentre Butch va assecondano, anche nella sua strampalata lista di
richieste alla madre di Buzz, tipo permettere al bambino di continuare a
festeggiare Halloween, per un film che senza bisogno di spiegoni caramellosi e
verbosi, parla di preservare la speranza e il futuro, anche quando il tuo è già
segnato, come il finale circolare che riprende l’inizio mette molto bene in
chiaro. La tradizione della regia di Eastwood invece è l’inquadratura ad
allontanarsi, mentre partono i titoli di coda, un suo marchio di fabbrica,
basta dire che concludeva tutti i film della saga di
Dirty Harry.
Una nota di colore? Se vogliamo anche una delle mie caSSate? Mi piace pensare che il lascito di "Un mondo perfetto" sia andato oltre i non premi vinti, e che in qualche modo si sia sedimentato nella cultura popolare, un piccolo esempio di questa mia bizzarra teoria? Due anni dopo, quando Hollywood si è mossa con impiego di mezzi, soldi e Christine Ricci per sfornare un film sul celebre fantasmino, ovvero "Casper" (1995), chi è stato chiamato a fare una breve apparizione? Tra i tanti famosi nella scena dello specchio, anche il nostro Clint Eastwood (storia vera).
 |
Li riconoscete tutti? Uno sicuramente. |
A trent’anni dalla sua uscita, sono ancora convinto che
sia stata solo l’assenza di premi ad aver relegato “Un mondo perfetto” in un
limbo, che poi è un non-luogo che si addice molto bene ad un film sospeso nel
tempo, che chiede al pubblico di viaggiare nel tempo si, ma godendosi il
momento. In occasione del suo compleanno posso dire che per me, resta il titolo
dell’Ok è fatta per Eastwood, quello che lo ha reso il Grande Vecchio del
cinema americano, l’ultimo rimasto a portare avanti una gloriosa tradizione di
cinema che ancora oggi è tutta sulle sue spalle, visto che oggi Clint compie
gli anni ma non accenna minimamente e mollare la sua buona abitudine di
dirigere bei film.
Il mio errore è stato forse essermi goduto troppo il
momento, dopo anni passati ad ammirare il lavoro di regista di Eastwood,
pensavo che questo film nel 1993, per lui avrebbe rappresentato un punto di
arrivo, in realtà i capolavori come “Un mondo perfetto” nella sua filmografia
sono continuati ad arrivare, ne parleremo perché quest'anno con il numero tre
come ultima cifra, mi offre più di un’occasione per celebrare l’idea di cinema
di una leggenda vivente. Però oggi rallentiamo, oggi ci godiamo il viaggetto a
dorso di Bara e questo doppio compleanno, quindi auguri “Un mondo perfetto” ma
soprattutto, auguri Clint!
potente, bellissimo,metaforico. dopo GLI SPIETATI CLINT ci regala questa perla meravigliosa,continuando il suo discorso su un'AMERICA che ha perso i suoi valori, e non e' un caso che ci troviamo in texas a tre settima circa dalla visita di un certo JFK. Classido con la C maiuscola
RispondiEliminaAvevo il doppio compleanno, la scelta è stata facilissima quest’anno. Non avrà vinto premi, ma non venite a dirmi che non è uno dei migliori di Eastwood ;-) Cheers
EliminaSplendida analisi, ricordi bellissimi.. e anche se non amo particolarmente il Clint regista qui si supera decisamente..e poi il richiamo ad un altro piccolo film perfetto che adorerò sempre: "L'uomo dei sogni".. tante lacrime..
RispondiEliminaHanno lavorato insieme solo per questo film, ma resta un titolo decisamente all’altezza della fama di due nomi grossi come quello di Costner e di Eastwood, grazie capo ;-) Cheers!
EliminaRicordo che all'epoca la campagna pubblicitaria era quella delle grandi occasioni, interrompevano la messa in diretta per mandare clip del film! .-D
RispondiEliminaMi è piaciuto ma non ricordo come mai non mi abbia fatto impazzire, dovrei rivederlo perché ne ho ricordi troppo vaghi.
Jamie Foxx racconta che durante le riprese di "Collateral" (2004) c'è stato un piccolo incidente con l'auto e tutti l'hanno scansato per preoccuparsi se Tom Cruise si fosse fatto male, così Jamie ha capito il proprio "vero peso" a Hollywood. Dieci anni prima Kevin Costner ha capito il suo, spiegatogli da Clint ^_^
Il KEV di solito ai tempi, garantiva questo tipo di visibilità, al resto, ci pensa Clint anche Costner lo aveva capito bene in puro stile Eastwood ;-) Cheers!
EliminaSi può dire che in questo caso Clint abbia ricoperto un doppio ruolo: quello di eccellente regista e, allo stesso tempo, di ridimensionatore dell'eccesso di autostima da parte della star di turno (avrei voluto proprio esserci, quando ha chiarito a Kevin quale fosse la sua reale importanza sul set) ;-)
EliminaPurtroppo anche l'Academy ha cercato di averlo, qui, un ruolo ridimensionante... nei confronti del film, lasciato totalmente a secco di Oscar. Una "svista" che però non ha minimamente ingannato il pubblico, visti i suoi meritatissimi incassi ;-)
Altro che svista, per fortuna qui alla Bara ci interessano i film e non i premi assegnati ;-) Cheers
EliminaRitengo la prima metà degli anni '90 il periodo migliore di Clint Eastwood, anche più del periodo Mistic River + Million Dollar Baby
RispondiEliminaVeniva comunque da un decennio, gli anni '80, nei quali tolti 3/4 buoni titoli, aveva diretto ed interpretato magari non film scarsi, ma sicuramente poco ispirati, quando non proprio ripetitivi. Che sia riuscito a sfornare in sequenza the Unforgiven, questo ed i Ponti di Madison County è la dimostrazione non solo del suo enorme talento, ma anche della sua capacità di cambiare prospettiva e stile narrativo
A suo modo, lo ritengo il più grande personaggio del cinema statunitense della storia
Aggiungo solo Amen, non ho altro da direi in merito, visto che sono completamente d'accordo ;-) Cheers
EliminaAggiungo anche questo è stato l'ultimo grande film interpretato da Koster, Dio solo sa come abbia fatto a ridursi ad un vero cesso, dopo aver preso parte a capolavori come l'Uomo dei Sogni e Balla coi Lupi
RispondiEliminaAspetta un attimo, non dimentichiamoci di "Hatfields & McCoys", "Open Range" e ogni volta che compare in "Yellowstone". Ogni volta che torna il Western nella sua filmografia, il KEV, torna nel suo ambienta naturale e spicca ;-) Cheers
EliminaDopo tante parti da "buono", Clint ci consegna un Costner leggermente diverso, più borderline, con il cuore dal lato giusto, però che parte con l'accezione di un personaggio negativo, per diventare, poi, mano a mano che il film procede, una sorta di tenerone...
RispondiEliminaRisulta, a differenza di altre pellicole, difficile identificarsi con Butch ma non si può fare a meno di simpatizzare con lui, soprattutto quando funge da padre "putativo" al piccolo Buzz. Il rapporto alla pari che stabilisce con il bambino è la cosa più vera e profonda che mi ha lasciato questo film, inutile dire che si sviluppa un rapporto d'affetto al quale la Sindrome di Stoccolma fa un baffo...
Peccato che la fine tragica sia già anticipata, però rimane lo stesso un film da vedere e apprezzare per le tematiche non banali che veicola, a dispetto di una (finta) linearità... Buon Christina Ricci!
In realtà lo trovo proprio rappresentativo del pensiero di Eastwood il suo personaggio qui, ti giudico non per come parli, ti vesti a volte nemmeno per cosa dici, ma per cosa fai, gran lezione di vita secondo me. Secondo me il film è ottimo perché non prova poi a mettere Butch nel ruolo di padre, ruolo che lui decisamente non vuole, in realtà sono due ragazzini, solo che uno ha la patente (e la pistola). Buon Christina Ricci per l’occasione vestita da Clint Eastwood, perché il contrario mi farebbe un po’ strano ;-) Cheers!
EliminaMa infatti trovo che l'etica di Clint valga tantissimo per degli sportivi come noi. Nel senso che come ti comporti e agisci sul campo vale più di tante parole (ne ho avuto la riprova ieri sera durante un'amichevole) e inoltre ti dà lo stesso imprinting su come affrontare la vita.
EliminaSì, effettivamente Butch è più regazzino che padre putativo, poi diciamo che anche la componente di aver avuto un "cattivo" padre lo porta a distanziarsi il più possibile dal suo parente e quindi a dare a Buzz ciò che lui avrebbe voluto ma non ha mai avuto.
Christina Ricci con sigaro e vestita da Clint sarebbe tanta roba!
Però Clint si è già vestito da Mercoledì Addams in Una calibro 20 per lo specialista!! Buon giobia
Clint Christina Ricci tantissima roba, però Eastwood Addams non so, mi sto quasi abituando all'idea :-P Cheers
Eliminaottima analisi del film, per altro era stato lo stesso Red a mandare in prigione Butch da ragazzo. poco prima di morire infatti Butch lo riconosce "ci siamo già visti amico?", e qui il personaggio di Eastwood, un dinosauro da vecchia scuola, capisce di aver fatto un errore clamoroso a rinchiuderlo invece di dargli una possibilità quand'era ragazzo. una perfetta metafora dell'America che nel 1963 capisce che non esistono solo zone bianche o nere, ma anche zone grigie nella vita. persone con una propria moralità come Butch ma non per questo malvagie. «Non sono un brav’uomo, non sono neanche il peggiore. Sono una razza a parte»
RispondiEliminaEsattamente sono proprio quelle sfaccettature che mi fanno apprezzare così tanto questo film, grazie mille ;-) Cheers!
Elimina