mercoledì 31 maggio 2023

Un mondo perfetto (1993): la macchina del tempo del ventesimo secolo


Quest’anno compie i suoi primi trent’anni un film di Clint Eastwood che ho sempre tenuto in altissima considerazione, non potevo proprio perdermi questo compleanno. Ma perché non doppio? Il 31 maggio si festeggia anche il regista, che di candeline invece, ne spegne un po’ più del suo film, giusto un paio eh?

Me la gioco subito la storiella? Si non perdiamo tempo, il presente è adesso: la prima volta che vidi “Un mondo perfetto” pensai che era fatta. Ok, Clint arrivava dal trionfo anche agli Oscar del suo Gli Spietati, il film che ancora oggi, per quei pochi con un po’ di memoria, viene giustamente considerato IL grande film da regista di Eastwood, ma che comunque arrivava dopo tanti anni e tanti titoli dietro la macchina da presa. Eppure per quanto mi riguarda “A perfect world” fa ancora un passo in più in direzione del grande pubblico, perché pur avendo nel suo DNA tutti gli stilemi classici del film Western, non lo è come “The Unforgiven”, proprio per questo aveva tutto per arrivare anche a quella fetta di pubblico che allora come oggi, il Rock ‘n’ Roll di tutti i generi cinematografici, ovvero il Western, ancora lo guarda stringendo gli occhi, alla Clint Eastwood insomma.
 
Infatti il pubblico rispose molto bene, al netto di un budget di trenta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, il film ne incassò oltre centotrenta dello stesso conio, ma ancora oggi vive sospeso in un limbo che sta tra il bel film e il titolo “minore”, per via di un fatto molto semplice, venne completamente ignorato alla notte degli Oscar. Ma siccome qui alla Bara consideriamo spesso i premi cinematografici dei ciapapuer – come dicono in Texas – assegniamo a questo film per meriti manifesti l’accesso al club dei Classidy!


 
Pensare che questo film Clint non lo voleva nemmeno dirigere, dopo lo sforzo nei panni di William Munny e aver corso dietro alla limousine del presidente per Wolfgang Petersen in “Nel centro del mirino” (1993… Tranquilli, ha già una Bara pronta anche questo, storia vera), Eastwood voleva tirare un po’ il fiato e prendersi come da sua abitudine una pausa dalla recitazione, ma quando gli capitò per le mani il copione di “A perfect world” capì che la vacanza era rimandata.
 
L’esordio come sceneggiatore del futuro regista John Lee Hancock era semplicemente troppo buono per lasciarselo scappare, era già così tanto Eastwoodiano per cui il nostro, non avrebbe dovuto esserlo nemmeno troppo, inoltre il copione faceva gola a molti e anche piuttosto talentuosi, ad esempio Spielberg era interessato a dirigerlo ma nel 1993, decisamente troppo indaffarato per imbarcarsi anche in questa impresa. Ironicamente nel cast però compare Laura Dern in un bel ruolo, appena sopravvissuta ai lucertoloni preistorici, qui già pronta a scontrarsi con i dinosauri texani nell’anno 1963.

«Ehi, Alan Clint se volevi spaventarlo, meglio puntargli addosso una pistola!» (quasi-cit.)
 
Per il ruolo del protagonista, lo sfaccettato e carismatico Robert "Butch" Haynes, Eastwoood capisce che ci vuole qualcuno con la stessa dose di magnetismo nel sangue, quindi io ve lo dico, esiste un universo parallelo in cui “A perfect world” è un film diretto da Spielberg con Denzel Washington come protagonista, che però dovette rinunciare perché già impegnato con “Il rapporto Pelican” (1993, che ho rivisto ma chissà se avrò tempo per scriverne), però noi viviamo nella realtà in cui questo gran film è stato diretto da Clint e interpretato dal divo, anzi, dal DIVO degli anni ’90, ovvero Kevin Costner, giusto per portare un altro po’ di DNA da film Western nella pellicola.
 
Serve ribadire di quanto peso specifico avesse il Kev, fresco fresco del titolo spacca botteghini “Guardia del corpo” (1992)? Direi proprio di no, ci tengo invece a sottolineare quanto tra tutte le grandi prove di Costner come attore, per me quella sfoggiata in “Un mondo perfetto” è tra le sue migliori in assoluto, non so se per via dell’aderenza tra i suoi trascorsi da faccia da schiaffi e strappa mutande cinematografico, tutte caratteristiche che ben si adattano anche al suo Butch Haynes, oppure per il fatto di aver avuto Eastwood sul set a costringerlo a tirare fuori il meglio. Già perché il Kev sarà anche stato IL DIVO degli anni ’90, ma su un set di Eastwood, si fa come dice Clint.

Film ambientati ad Halloween, va bene citare sempre Giovanni Carpentiere, ma ricordatevi di Clint ogni tanto.
 
Uno degli aneddoti comprovati più succoso, resta quella volta in cui Costner, seccato per la piega che la giornata di lavoro stava prendendo, chiamò lo stop e uscì sbuffando dal set. Eastwood monolitico come al solito, continuò a girare le scene in programma per quel giorno, usando al posto di Costner la sua controfigura, Mark Thomason. Quando il Kev tornò sul set, convinto di trovare TUTTI in sua venerazione in attesa del grande ritorno, giravano invece indaffaratissimi e nessuno lo cagò di pezza, tranne uno, Eastwood.
 
Il regista prese da parte il suo attore e – immagino – tirandogli un orecchio gli disse una cosa del tipo: «Se te ne vai ancora, prendo questo ragazzo e gli faccio girare per intero la tua parte, primi piani compresi. Non sono venuto fin qui per cazzeggiare, ci siamo capiti?». Da allora rose e fiori sul set, perché tu potrai anche essere IL DIVO, ma lui resta LA LEGGENDA e nel West la leggenda vince sempre, come da lezione fordiana.

Potete essere fighi, ma non sarete mai fighi come questi due signori qui.
 
Lezione fordiana che, passando da Don Siegel, il nostro ha ormai fatto sua, se non proprio ereditata, perché vuoi per via dell’ambientazione texana nell’anno 1963, nel mese di ottobre (perché questo è il film di Halloween che NESSUNO cita mai), ma “A perfect world” ha nel suo DNA tracce abbondanti di Western. Provate ad immaginarlo con i cavalli al posto delle auto e avrebbe potuto funzionare allo stesso modo, ma ambientarlo un mese prima del giorno in cui gli Stati Uniti d’America hanno perso per sempre la loro verginità è significativo.

Il tramonto del sogno americano e chi poteva raccontarlo se non il vecchio Clint?
 
“Un mondo perfetto” è un film che chiede al pubblico e ai suoi protagonisti di godersi il momento, perché il destino del Paese e di Butch sono già segnati, il primo vedrà morire il suo presidente in diretta tv, ucciso a Dallas il 22 novembre del 1963, il secondo finirà tutto sommato sereno, sotto un albero, con una maschera di Casper il fantasmino al suo fianco e dei dollari svolazzanti nel prato, la scena iniziale di un film circolare che ci ricorda che il futuro è drammaticamente segnato, quindi ai personaggi e a Butch in particolare, resta solo il presente.
 
«Non sono un brav’uomo, non sono neanche il peggiore. Sono una razza a parte», queste sono le parole con cui si descrive Butch, galeotto in fuga dalla prigione di Huntsville sì, ma con un suo codice morale, a volte tutto suo ma riconducibile a quell’etica e a quel “fattore umano” che nei film da regista di Clint Eastwood è sempre un elemento chiave, nella storia e nella valutazione dell’opera. Basta guardare la differenza di approccio tra Butch e il suo compare, quando sono costretti a prendere in ostaggio il piccolo Phillip (T.J. Lowther), il primo è calmissimo anche quando chiede al bimbo di raccogliere la pistola da terra, l’altro spara in aria nemmeno fosse una versione psicotica di Yosemite Sam.

Vorrei fare lo stesso con chi su “infernet” dimostra di non conoscere la differenza tra parere soggettivo e oggettivo.
 
Nel cinema di Eastwood le persone si giudicano come bisognerebbe fare nella vita, non sulla base dell’appartenenza politica o della classe sociale, ma di come si comportano quando conta. A parità di evasione e fuga con ostaggio, la bontà d’animo di Butch va di pari passo con la bontà della sceneggiatura scritta da John Lee Hancock, che con uno scambio di battute, mette in chiaro la differenza tra minaccia («Tra due minuti ti rompo il naso, questa è una minaccia) e un fatto (SBAM! Pugno in faccia setto nasale andato «E questo è un fatto»), ma anche nel modo in cui a parità di reati accumulati i due criminali in fuga si comportano, uno cerca di infilare le mani nelle mutande del ragazzino, l’altro insegue il suo non tanto gradito compare tra i filari di grano e dopo un colpo di pistola, esce solo. E questo è un fatto, così come il fatto che io trovi dannatamente significativa quella scena, che mette in chiaro cosa può fare Butch e cosa non vuole fare, poi non so se sia in qualche modo un rimando ai campi di grano di “L'uomo dei sogni” (1989), probabilmente no, ma far uscire Kevin Costner dai filari in quel modo lo trovo comunque un cortocircuito di immagini riuscitissimo.

Lui "L'uomo dei sogni" non lo ha visto, ma non vedrà nemmeno la fine di questo film.
 
Per certi versi “Un mondo perfetto” riesce ad essere un film statico, nel suo essere dinamico, perché di base è un viaggio sulle strade del Texas, anzi, più che altro sarebbe un inseguimento a voler essere precisi, ma la regia di Eastwood tende così tanto al classico, da essere perfetta per un film che chiede ai suoi personaggi e a noi spettatori di goderci il momento, il presente.
 
Il rapporto che si crea tra Butch e il piccolo Phillip, ribattezzato in amicizia Buzz è privo di qualunque sottotesto omoerotico, quello con le mani lunghe lo abbiamo già comodamente lasciato tra i filari di grano, quindi il film diventa una storia – americana fino al midollo – di due ragazzini che stando alle parole d Butch, in quanto americani hanno il diritto di festeggiare Halloweem, mangiare zucchero filato e andare sulle montagne russe, solo che uno dei due ragazzini è fatto a forma di Kevin Costner. Infatti Butch non tratta mai Buzz come un bimbo, ma sempre come un suo pari, è abbastanza chiaro che attraverso il ragazzino anche il protagonista si stia godendo qualcosa di quello che la vita gli ha tolto.

«Cassidy parla di noi, fai il disinvolto»
 
Ecco quindi che l’incontro con la famiglia di colore, diventa un momento chiave per far riaffiorare il passato di Butch e il suo rapporto con un padre violento, oppure la “vestizione” di Phillip, che entra nel negozio in mutande e pigiama ed esce (sgommando!), rinato Buzz, con tanto di costume e maschera da Casper il fantasmino, per un film statico, classico come la scelta sempre azzeccata degli angoli di inquadratura più adatti da parte di Eastwood, che però vive di accelerazioni improvvise e coinvolgente, perché “Un mondo perfetto” sa godersi il presente come solo chi sa di non avere più futuro può fare.
 
La scena chiave? Un’altra tappa obbligata nella cresciuta di un ragazzo, la prima volta che ti ritrovi a guidare un’automobile (l’ho già detto che questo è un film americano fino al midollo vero?), per Butch l’auto con cui sono in fuga è molto di più, una macchina del tempo del ventesimo secolo, il cui il fuggitivo dal cuore d’ore è il comandante e Buzz il navigatore, la strada davanti è il futuro, quella lasciata alla spalle il passato. Un viaggio nel tempo nel Texas del 1963 in cui ci si gode gli ultimi istanti di innocenza di un Paese intero, che a novembre dello stesso anno, ha già un appuntamento con la Storia programmato, in agguato da un palazzo di una biblioteca di Dallas: «Questo è il presente Philip, goditelo finché dura.»

«Strade? Dove stiamo andando non c'è bisogno di strade»
 
L’errore con “Un mondo perfetto” sta nel etichettarlo come un “road movie” ben fatto ma minore nella filmografia di Eastwood, oppure perdersi a descrivere ogni scena, che meriterebbe perché sono una meglio dell’altra anche a livello di coinvolgimento emotivo, quando invece si tratta di un film che ha già tutto per essere apprezzato così com’è, con il suo DNA da Western senza esserlo e un bimbo come barometro morale, elemento che fa sempre presa sul pubblico e in questo caso, riesce a non tediarlo come succede con fin troppi film con bimbi di mezzo.
 
Che l’America di quell’ottobre 1963 raccontata da Eastwood fosse in equilibrio tra i bei tempi andati e un futuro in cui sarebbe tutto cambiato, traspare anche da Red Garnett, lo sceriffo sulle piste di Butch che è il ruolo che Clint si ritaglia nel film, anche se è abbastanza chiaro che una ventina d’anni prima, il viaggetto in auto nei panni di Butch lo avrebbe intrapreso lui stesso, solo che ai suoi tempi più che Buzz travestito da Casper, gli era toccato Clyde l’orango a cui insegnare a fare il dito medio ai motociclisti.

L'altra espressione di Clint in azione.
 
Red Garnett è un dinosauro, non un ottuso ma sicuramente uno vecchia maniera, che davanti ai metodi di caccia ai criminali di Sally Gerber (Laura Dern nei panni del ruolo che vent’anni prima sarebbe toccato a Sondra Locke) scuote il cappello a tesa larga, fa spallucce e pensa che bastino ancora antenne attente e un barile di caffè. Sally è il futuro, visto che senza mai usare questa parola, porta nell’indagine gli albori delle prime tecniche da “profiler” per la criminologia. Tra i due rispetto ma storie tese, eppure in questa storia in cui tutti i personaggi si riflettono negli altri, per trovare qualcosa di loro stessi, anche Red è uno dai valori ben saldi, magari non capirà queste moderne tecniche di indagine – pur riconoscendo in Sally una fatta della sua stessa pasta – ma risulta essere il tipico personaggio Eastwoodiano, non tanto per il cappello, quando per la capacità di cui parlavo lassù, quella di valutare le persone non in base alla posizione, ai trascorsi o al ceto sociale, ma per come si comportano.

The Kevalorian (this is the way)
 
Quindi il federale stronzo dal grilletto fin troppo facile («Mi hanno sparato due volte oggi») va preso giustamente a pugni in faccia, mentre Butch va assecondano, anche nella sua strampalata lista di richieste alla madre di Buzz, tipo permettere al bambino di continuare a festeggiare Halloween, per un film che senza bisogno di spiegoni caramellosi e verbosi, parla di preservare la speranza e il futuro, anche quando il tuo è già segnato, come il finale circolare che riprende l’inizio mette molto bene in chiaro. La tradizione della regia di Eastwood invece è l’inquadratura ad allontanarsi, mentre partono i titoli di coda, un suo marchio di fabbrica, basta dire che concludeva tutti i film della saga di Dirty Harry.

Una nota di colore? Se vogliamo anche una delle mie caSSate? Mi piace pensare che il lascito di "Un mondo perfetto" sia andato oltre i non premi vinti, e che in qualche modo si sia sedimentato nella cultura popolare, un piccolo esempio di questa mia bizzarra teoria? Due anni dopo, quando Hollywood si è mossa con impiego di mezzi, soldi e Christine Ricci per sfornare un film sul celebre fantasmino, ovvero "Casper" (1995), chi è stato chiamato a fare una breve apparizione? Tra i tanti famosi nella scena dello specchio, anche il nostro Clint Eastwood (storia vera).

Li riconoscete tutti? Uno sicuramente.
 
A trent’anni dalla sua uscita, sono ancora convinto che sia stata solo l’assenza di premi ad aver relegato “Un mondo perfetto” in un limbo, che poi è un non-luogo che si addice molto bene ad un film sospeso nel tempo, che chiede al pubblico di viaggiare nel tempo si, ma godendosi il momento. In occasione del suo compleanno posso dire che per me, resta il titolo dell’Ok è fatta per Eastwood, quello che lo ha reso il Grande Vecchio del cinema americano, l’ultimo rimasto a portare avanti una gloriosa tradizione di cinema che ancora oggi è tutta sulle sue spalle, visto che oggi Clint compie gli anni ma non accenna minimamente e mollare la sua buona abitudine di dirigere bei film.
 
Il mio errore è stato forse essermi goduto troppo il momento, dopo anni passati ad ammirare il lavoro di regista di Eastwood, pensavo che questo film nel 1993, per lui avrebbe rappresentato un punto di arrivo, in realtà i capolavori come “Un mondo perfetto” nella sua filmografia sono continuati ad arrivare, ne parleremo perché quest'anno con il numero tre come ultima cifra, mi offre più di un’occasione per celebrare l’idea di cinema di una leggenda vivente. Però oggi rallentiamo, oggi ci godiamo il viaggetto a dorso di Bara e questo doppio compleanno, quindi auguri “Un mondo perfetto” ma soprattutto, auguri Clint!

18 commenti:

  1. potente, bellissimo,metaforico. dopo GLI SPIETATI CLINT ci regala questa perla meravigliosa,continuando il suo discorso su un'AMERICA che ha perso i suoi valori, e non e' un caso che ci troviamo in texas a tre settima circa dalla visita di un certo JFK. Classido con la C maiuscola

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    1. Avevo il doppio compleanno, la scelta è stata facilissima quest’anno. Non avrà vinto premi, ma non venite a dirmi che non è uno dei migliori di Eastwood ;-) Cheers

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  2. Splendida analisi, ricordi bellissimi.. e anche se non amo particolarmente il Clint regista qui si supera decisamente..e poi il richiamo ad un altro piccolo film perfetto che adorerò sempre: "L'uomo dei sogni".. tante lacrime..

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    1. Hanno lavorato insieme solo per questo film, ma resta un titolo decisamente all’altezza della fama di due nomi grossi come quello di Costner e di Eastwood, grazie capo ;-) Cheers!

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  3. Ricordo che all'epoca la campagna pubblicitaria era quella delle grandi occasioni, interrompevano la messa in diretta per mandare clip del film! .-D
    Mi è piaciuto ma non ricordo come mai non mi abbia fatto impazzire, dovrei rivederlo perché ne ho ricordi troppo vaghi.
    Jamie Foxx racconta che durante le riprese di "Collateral" (2004) c'è stato un piccolo incidente con l'auto e tutti l'hanno scansato per preoccuparsi se Tom Cruise si fosse fatto male, così Jamie ha capito il proprio "vero peso" a Hollywood. Dieci anni prima Kevin Costner ha capito il suo, spiegatogli da Clint ^_^

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    1. Il KEV di solito ai tempi, garantiva questo tipo di visibilità, al resto, ci pensa Clint anche Costner lo aveva capito bene in puro stile Eastwood ;-) Cheers!

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    2. Si può dire che in questo caso Clint abbia ricoperto un doppio ruolo: quello di eccellente regista e, allo stesso tempo, di ridimensionatore dell'eccesso di autostima da parte della star di turno (avrei voluto proprio esserci, quando ha chiarito a Kevin quale fosse la sua reale importanza sul set) ;-)
      Purtroppo anche l'Academy ha cercato di averlo, qui, un ruolo ridimensionante... nei confronti del film, lasciato totalmente a secco di Oscar. Una "svista" che però non ha minimamente ingannato il pubblico, visti i suoi meritatissimi incassi ;-)

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    3. Altro che svista, per fortuna qui alla Bara ci interessano i film e non i premi assegnati ;-) Cheers

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  4. Ritengo la prima metà degli anni '90 il periodo migliore di Clint Eastwood, anche più del periodo Mistic River + Million Dollar Baby

    Veniva comunque da un decennio, gli anni '80, nei quali tolti 3/4 buoni titoli, aveva diretto ed interpretato magari non film scarsi, ma sicuramente poco ispirati, quando non proprio ripetitivi. Che sia riuscito a sfornare in sequenza the Unforgiven, questo ed i Ponti di Madison County è la dimostrazione non solo del suo enorme talento, ma anche della sua capacità di cambiare prospettiva e stile narrativo

    A suo modo, lo ritengo il più grande personaggio del cinema statunitense della storia

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    1. Aggiungo solo Amen, non ho altro da direi in merito, visto che sono completamente d'accordo ;-) Cheers

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  5. Aggiungo anche questo è stato l'ultimo grande film interpretato da Koster, Dio solo sa come abbia fatto a ridursi ad un vero cesso, dopo aver preso parte a capolavori come l'Uomo dei Sogni e Balla coi Lupi

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    1. Aspetta un attimo, non dimentichiamoci di "Hatfields & McCoys", "Open Range" e ogni volta che compare in "Yellowstone". Ogni volta che torna il Western nella sua filmografia, il KEV, torna nel suo ambienta naturale e spicca ;-) Cheers

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  6. Dopo tante parti da "buono", Clint ci consegna un Costner leggermente diverso, più borderline, con il cuore dal lato giusto, però che parte con l'accezione di un personaggio negativo, per diventare, poi, mano a mano che il film procede, una sorta di tenerone...
    Risulta, a differenza di altre pellicole, difficile identificarsi con Butch ma non si può fare a meno di simpatizzare con lui, soprattutto quando funge da padre "putativo" al piccolo Buzz. Il rapporto alla pari che stabilisce con il bambino è la cosa più vera e profonda che mi ha lasciato questo film, inutile dire che si sviluppa un rapporto d'affetto al quale la Sindrome di Stoccolma fa un baffo...
    Peccato che la fine tragica sia già anticipata, però rimane lo stesso un film da vedere e apprezzare per le tematiche non banali che veicola, a dispetto di una (finta) linearità... Buon Christina Ricci!

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    1. In realtà lo trovo proprio rappresentativo del pensiero di Eastwood il suo personaggio qui, ti giudico non per come parli, ti vesti a volte nemmeno per cosa dici, ma per cosa fai, gran lezione di vita secondo me. Secondo me il film è ottimo perché non prova poi a mettere Butch nel ruolo di padre, ruolo che lui decisamente non vuole, in realtà sono due ragazzini, solo che uno ha la patente (e la pistola). Buon Christina Ricci per l’occasione vestita da Clint Eastwood, perché il contrario mi farebbe un po’ strano ;-) Cheers!

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    2. Ma infatti trovo che l'etica di Clint valga tantissimo per degli sportivi come noi. Nel senso che come ti comporti e agisci sul campo vale più di tante parole (ne ho avuto la riprova ieri sera durante un'amichevole) e inoltre ti dà lo stesso imprinting su come affrontare la vita.
      Sì, effettivamente Butch è più regazzino che padre putativo, poi diciamo che anche la componente di aver avuto un "cattivo" padre lo porta a distanziarsi il più possibile dal suo parente e quindi a dare a Buzz ciò che lui avrebbe voluto ma non ha mai avuto.
      Christina Ricci con sigaro e vestita da Clint sarebbe tanta roba!
      Però Clint si è già vestito da Mercoledì Addams in Una calibro 20 per lo specialista!! Buon giobia

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    3. Clint Christina Ricci tantissima roba, però Eastwood Addams non so, mi sto quasi abituando all'idea :-P Cheers

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  7. ottima analisi del film, per altro era stato lo stesso Red a mandare in prigione Butch da ragazzo. poco prima di morire infatti Butch lo riconosce "ci siamo già visti amico?", e qui il personaggio di Eastwood, un dinosauro da vecchia scuola, capisce di aver fatto un errore clamoroso a rinchiuderlo invece di dargli una possibilità quand'era ragazzo. una perfetta metafora dell'America che nel 1963 capisce che non esistono solo zone bianche o nere, ma anche zone grigie nella vita. persone con una propria moralità come Butch ma non per questo malvagie. «Non sono un brav’uomo, non sono neanche il peggiore. Sono una razza a parte»

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    1. Esattamente sono proprio quelle sfaccettature che mi fanno apprezzare così tanto questo film, grazie mille ;-) Cheers!

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