mercoledì 15 marzo 2023

The last of us - Stagione 1 (2023): in viaggio dai videogiochi al piccolo schermo

Mi conoscete, sono l’ultimo di noi a non giocare ai videogiochi. Tutto quello che conosco su “The Last of us” me lo ha raccontato, in tempi non sospetti e in modo appassionato Sergio, che tutti voi conoscete benissimo, perché è un terzo dei Tre Caballeros. L’uomo migliore a cui affidare il compito di portare su questa Bara l’adattamento HBO del videogioco. Quindi vi lascio nelle capaci mani di “The voice” Sergio, l’unico che può salvarvi da spore, muffe e funghi.

Chiedere al sottoscritto di essere obiettivo su "The last of us" è come chiedere a Ricky Martin di entrare nella villa di Hugh Hefner e fare strage di conigliette.

Ho scoperto il videogioco tardi rispetto al suo anno di uscita, ma l’ho giocato comunque parecchio e come molti sono rimasto conquistato dalla storia, dai personaggi e dal perfetto equilibrio tra intrattenimento, realismo e contenuto. Ancora oggi presso riviste di settore e siti specializzati "The last of us" è considerato un capolavoro dell’intrattenimento videoludico. Titolo che si è certamente meritato. Stimando così tanto il gioco è davvero difficile valutare la serie tv senza pensare al videogame, tanto più che tra gli autori della trasposizione c’è proprio lo stesso Neil Druckmann che ha partorito l’universo di "The last of us". Insomma, i presupposti per una grandissima serie c’erano tutti, soprattutto se pensiamo che dietro a questa produzione c’è la HBO, canale che negli anni ha sfornato diversa roba interessante. Per molti, il fatto che al timone ci sia lo stesso autore del gioco (insieme a Craig Mazin, già creatore del bellissimo Chernobyl) è una delle ragioni per cui questa serie sarebbe una delle migliori trasposizioni di un videogame mai viste finora. Facile essere d’accordo, soprattutto quando le riduzioni valide si contano sulle dita di una mano.

Zio Neil, qui ritratto mentre se la tira tantissimo.

Trama: nel 2003 scoppia una terribile pandemia causata dalla mutazione di un fungo (cordyceps). Chi viene infettato si trasforma in un “brutto coso” affamato di carne, soprattutto umana. Il contagio può avvenire inalando le spore prodotte dal fungo o venendo morsi da uno dei “brutti cosi” infetti. Nell’arco di pochissimo tempo la razza umana viene decimata, la civiltà crolla miseramente e si creano gruppi più o meno organizzati che lottano tra loro per accaparrarsi le poche risorse rimaste. 20 anni dopo l’inizio della pandemia, Joel Miller (un Pedro Pascal azzeccato per la parte), vivacchia gestendo traffici illeciti nella zona di quarantena di Boston, governata da una dittatura militare. L’occasione per andarsene insieme all’amata Tess (Anna Torv) si presenta quando le Luci, ribelli che lottano per ristabilire la democrazia, propongono a Joel di scortare fuori dalla zona di quarantena Ellie (Bella Ramsey), una ragazzina di 14 anni. L’obiettivo è consegnarla a un gruppo armato di Luci, che in seguito porteranno Ellie presso un avamposto a ovest. Ben presto Joel e Tess scoprono che l’interesse delle Luci nei confronti di Ellie è dovuto al fatto che la ragazza è immune al cordyceps. Sottoporla a esami medici avanzati potrebbe consentire alle Luci di sviluppare una cura per l’umanità.

Un clicker che ha appena messo un piede su un pezzo di Lego.

Quella di The last of us è una storia che ha attinto parecchio da altre opere (anche cinematografiche). Le influenze sono abbastanza evidenti: alcune caratteristiche “zombesche” degli infetti ricordano i film di George A. Romero, con cui Druckmann condivide anche la volontà di utilizzare un canovaccio di genere per riflettere sulla natura umana e criticare istituzioni e potere costituito. Joel - uomo burbero e individualista, che ha scelto di nascondere quella poca umanità che gli è rimasta sotto a strati di cinismo – sembra il lontano parente di tanti antieroi visti in innumerevoli film, dal Mel Gibson di Mad Max, al Clint Eastwood di Per un pugno di dollari, passando per tanti “duri dal cuore tenero-ma-anche-no” interpretati da Humphrey Bogart, ovviamente in forme e declinazioni diverse. Joel è il classico protagonista che non sorprenderebbe nemmeno ritrovare in un ipotetico film diretto da John Carpenter. C’è poi un’altra influenza che ho sempre ritenuto fondamentale: i film di Spielberg. Oltre all’azione violenta che si alterna a momenti sentimentali molto teneri, altri indizi rivelano la passione di Druckmann per il regista di Cincinnati. Non ultimo, il tipo di suspense che si crea nelle scene con gli infetti, una tensione che ricorda molto da vicino sequenze spielberghiane come quella dei velociraptor nella cucina in Jurassic Park o quella degli alieni nello scantinato presente ne "La guerra dei mondi". Se poi pensiamo che Druckmann è tra i creatori della serie di Uncharted, ovvero il prodotto più “alla Indiana Jones” a ovest di Indiana Jones, il cerchio si chiude. Lo stesso autore ha dichiarato apertamente che durante lo sviluppo della storia aveva in testa i fumetti di Frank Miller e due romanzi di Cormac McCarthy: "La strada" e "Non è un paese per vecchi", di cui aveva amato anche le versioni cinematografiche (buongustaio). Insomma, Neil Druckmann non ha mai avuto nemmeno la pretesa d’inventare nulla, ma ha sempre miscelato con molta sapienza ingredienti già preparati da altri.

No, non è Mazin che ha copiato da A quiet place, semmai è Krasinski che deve un paio di birre a Druckmann (gli ha rubato pure la barba)

Diciamolo chiaramente, "The last of us" è una bella serie, con diversi momenti tesi, esaltanti e commoventi. Ma visti i precedenti forse era lecito aspettarsi anche qualcosa di più. Partiamo proprio dai difetti: la messa in scena. Fin dalle origini il marchio di fabbrica di "The last of us" è sempre stato il realismo. Nel videogame la ricerca ossessiva della verosimiglianza e della credibilità permeavano tutto, dalle dinamiche di causa-effetto alle scenografie, dalle scelte dei personaggi all'azione. Nella serie è chiaro che questo obiettivo è rimasto invariato, ma i risultati sono spesso altalenanti. Guardando le ambientazioni a volte si ha l’impressione di “vedere il set”, di scorgere l’artificio. Il fatto che in "The last of us" la civiltà sia andata in malora e chi vive in questo mondo debba arrangiarsi alla bene meglio per imbastire pareti, cancelli e strutture varie giustifica in parte il fatto che molti artefatti sembrino improvvisati. Ma anche premettendo questo, la messa in scena non sembra del tutto convincente. Sarebbe facile dire che nel videogioco il lavoro fatto sulle scenografie era nettamente superiore (ma quanto tempo hanno avuto gli sviluppatori per realizzare quelle ambientazioni al computer? Quale budget? E la troupe della serie invece quanti e quali mezzi ha avuto a disposizione?). Limitiamoci a dire che forse alcune scenografie potevano bucare di più lo schermo.

Nella serie gli ambienti sono un po' meglio di così, ma non tanto meglio.

Discorso simile per la fotografia. Mentre sull'illuminazione degli interni c’è ben poco da recriminare, nelle scene diurne in esterno molte volte la luce è tanta da non rende giustizia all'atmosfera cupa e disperata di questa storia. L’uso quasi costante della telecamera a spalla poi non giova al risultato complessivo. Tutti problemi del resto talmente diffusi nelle produzioni contemporanee che ormai il pubblico sembra non accorgersene nemmeno più. Per dirla con Brian De Palma “ad oggi la narrazione visiva è volata fuori dalla finestra”. Forse le ragioni di una messa in scena non del tutto all'altezza sono da ricercare nel budget. Da un lato è vero che parliamo di una delle serie più costose di sempre, con una media di circa 11 milioni a puntata. Altrettanto vero che in un film hollywoodiano di livello medio alto, ogni ora di prodotto finito viene a costare almeno il doppio (spesso anche tre o quattro volte tanto). C’è anche da notare poi che altre serie meno costose sono riuscite a mascherare i limiti produttivi meglio di come abbiano fatto Mazin e soci.

Pasta del contadino Gennarino. L'amore per il tuo bohbòh (cit.)

Parliamo delle scene d’azione. Uno dei talenti che Druckmann ha sempre dimostrato è nell'uso sapiente dell’azione, spesso utilizzata per raccontare la storia e farci affezionare ai personaggi. Inutile lamentarsi del fatto che tante delle sparatorie del gioco non sono presenti nella trasposizione: videogiochi e serie tv hanno scopi e necessità diverse. Ma è comunque un peccato vedere come i momenti più concitati siano tutto sommato pochi e non sempre esaltanti. Soprattutto considerando che, al di là di tutti i discorsi che si possono fare sull'importanza dei personaggi e del ritratto commovente di un mondo che non esiste più, "The last of us" rimane pur sempre un horror d’azione. Di nuovo, la ragione è da cercare nei limiti di budget? Difficile dirlo. Va detto però che almeno un paio di sequenze di tensione funzionano benissimo: il primo incontro con i clicker nel museo e la sparatoria nei sobborghi di Kansas City appagano totalmente in termini di spettacolo. In particolare la scena nel museo restituisce in buona parte l’atmosfera che si respira nei momenti più spaventosi del videogame, soprattutto grazie a una regia che fa un bel salto di qualità. Il sonoro è usato in modo intelligente lasciando spazio ai versi degli infetti, al respiro dei protagonisti e ad un commento musicale quasi impercettibile. A differenza di quanto fatto nel corso della serie, la macchina da presa qui abbonda in dettagli: volti dei personaggi, piedi che si muovono cercando di fare meno rumore possibile. Se la cura nella gestione dei tempi e delle inquadrature fosse stata di questo livello anche nel resto della serie il risultato complessivo ne avrebbe sicuramente giovato.

Spiacenti, i soldi li abbiamo spesi tutti per questa scena (che infatti è fighissima)

Ma quindi la morale della favola è che il videogame è “bello e buono” e la serie è “brutta e cattiva”? Assolutamente no. Di alcuni pregi dello show ho già detto. Per il resto, la scrittura nel complesso è solida, anche quando compie delle modifiche rispetto al testo di partenza. Non ci sono forzature significative o errori clamorosi, fatto salvo qualche inciampo qua e là… Bill che ingaggia una sparatoria restando in mezzo a una strada priva di ripari è qualcosa che un personaggio così scafato non farebbe mai, l’idea degli infetti “collegati” tra loro tramite le radici è sensata, ma dopo essere stata introdotta nell'episodio 2 viene accantonata del tutto. A parte questi particolari comunque trascurabili, la scrittura rimane molto buona e in alcuni casi le modifiche allo script originale risultano addirittura più sensate (SPOILER: ad esempio nell’episodio 8, prima di abbandonare momentaneamente Joel, Ellie gli lascia un coltello per difendersi Fine SPOILER). Senza parlare della scena delle fragole nel famigerato episodio 3, non presente nel gioco, ma di sicuro impatto emotivo. A dimostrare che in testa all’operazione ci sono comunque un paio di artisti che il loro lavoro lo sanno fare piuttosto bene, ieri come oggi. Condisce il tutto l’ottima colonna sonora, che mescola alcuni dei migliori brani composti per il videogame da Gustavo Santaolalla a quelli di vari artisti, da Max Richter a Hank Williams, passando per Depeche Mode e Pearl Jam.

Al tramonto della specie umana, guardarsi indietro ripensando a tutto quello che è andato perso.

Per ultimo, gli attori. Lo confesso, nel ruolo di Joel volevo Nikolaj Coster-Waldau, perfetto per fisionomia ed età. La scelta di Pascal ha scandalizzato metà del fandom, ma nonostante la parziale delusione di non vedere quel mattacchione di Jamie Lannister nei panni di Joel, ero consapevole del talento dell’attore cileno e sono rimasto in attesa di vedere cosa ci avrebbe regalato. Parzialmente rimaneggiato da Mazin e Druckmann, il Joel Miller di Pedro Pascal rivela a tratti una sensibilità e fragilità superiori a quelle del personaggio originario. Di suo, l’attore adotta il piglio giusto e convince. Discorso simile per Bella Ramsey. Trovo sempre divertente come l’attesa di un nuovo film o una nuova serie provochi più dibattito (e polemiche… e pubblicità gratuita) di quanto ce ne sia una volta che il prodotto diventa pubblico. "The last of us" non ha fatto eccezione: prima dell’uscita per mesi e mesi metà del webbe era invaso da commenti del tipo “cHe BrUtTa La RmSy nn S0mIgL x NnT a ElLiE” seguiti dai canonici “nO boDiScIeImIng111!”, “6 tU ke 6 bUoNisT!11”, “bUoNisT l0 vAi A d1Re a TuA SoRlLa, n€Gr0!!1” e così via fino all’uscita della serie. Giuro, in quel periodo trovare sui social commenti che non riguardassero l’aspetto fisico di Bella Ramsey era diventato pressoché impossibile. Sì, viviamo in un mondo bellissimo. Un po’ ripetitivo, ma bellissimo (anche più di Bella Ramsey). Al pari del suo collega, l’attrice ha comunque dimostrato che se le capacità ci sono, la somiglianza fisica conta poco. Al massimo, a parità di talento, può essere un gradito elemento in più a favore della performance, una ciliegina su una torta che però deve essere buona di suo, altrimenti hai solo un’attrice che sembra una bella (Ramsey) ciliegina, ma che ti offre solo una grossa torta piena di pupù. Metafore culinarie a parte, Ramsey fa quello che deve fare: capisce il personaggio, assorbe la parlata e i modi strafottenti della sua controparte virtuale e porta sullo schermo una Ellie Williams credibile. Piccola postilla: lo stesso Druckmann ha sempre dichiarato che nella sua testa Ellie non doveva essere una bella strappona adolescente, ma piuttosto una ragazza dai tratti comuni. Quindi cari fan smemorini, statece.

«A chi hai detto brutta, scusa?»

Gabriel Luna peccato sia in scena poco, perché fin dal primo episodio si presenta come un Tommy inquietantemente ottimo, per presenza, modo di fare e perfino timbro vocale, a dispetto del cambio di etnia. Di Nick Offerman abbiamo in parte già detto: bravo lui, la somiglianza con il personaggio ci sarebbe anche, peccato che a tratti sia proprio la scrittura del ruolo a non essere impeccabile. Evito di parlare delle polemiche nate dopo l’episodio 3, perché meriterebbero una sfilza di riflessioni troppo lunghe e complesse. Mi limito a dire che il capitolo l’ho trovato buono e con un paio d’idee anche valide, peccato solo non aver visto Bill combattere insieme a Joel e Ellie in quella che è una delle parti più squisitamente cinematografiche del videogame, ma come si suol dire non si può fare una frittata di serie tv senza rompere qualche clicker. Insomma, il prodotto è valido, magari perfettibile, ma parliamo comunque di una buona serie. Resta da capire quanto potrebbe piacere a chi non conosce il gioco e a chi in vita sua ha visto 374.899 horror di fantascienza e magari è alla ricerca di qualcosa di totalmente nuovo. Un’occhiata la merita comunque, anche solo per poter dire che in quanto ad avvenenza Bella Ramsey is the new Adam Driver.

It's a hopeless situation, and I'm starting to believe (cit.)
(ovvero il parere estemporaneo non richiesto e rafforzativo di Cassidy)

Da profano assoluto, con ben zero minuti di gioco sul conta chilometri, avevo un solo dubbio riguardo ad un videogioco che pescando dal cinema e dai nomi giusti è arrivato a fare un giro completo, per tornare sul piccolo schermo sotto forma di “Survival Horror”: venendo a mancare la componente interattiva, mani sul joypad, sarebbe stata ancora una storia interessante o solo la copia di mille riassunti, come cantava quello?

«Mi fai quasi rimpiangere Grogu, almeno lui non parla a mitraglietta»

“The last of us” recupera molto dello spirito dei Camminamorti, però quelli originali a fumetti di Robert Kirkman (un altro che ha studiato i Maestri), guardandola è chiaro che alcune scene nel gioco fossero momenti importanti, che nel passaggio al piccolo schermo non potevano mancare, come la soggettiva alla guida durante il disastro, oppure la scena nel museo. Inevitabilmente viene sacrificato nel passaggio ad HBO un modo di narrare che mi piace, ovvero sviluppando la storia con l’azione, che è ben più naturale fare con un videogioco piuttosto che con una serie tv. Eppure Neil l’ubriaco alza il piede dall'acceleratore per nobili motivi, dubito fortemente che nel gioco ci fosse una missione dove devi innamorarti di un barbuto con la camicia di flanella a quadrettoni e passarci una vita insieme, eppure il terzo episodio (“Long, Long Time”) è il ponte tra i due mondi, perché approfondisce i personaggi del gioco, ma lo fa con una puntata anomala, che rallenta il ritmo come faceva l’episodio del russo nei Soprano, quindi sempre in zona HBO.

Detto questo, non guarderò mai più i funghi di Super Mario con gli stessi occhi, anche perché “The last of us” è ben più di un “The Mandalorian senza elmo” anche se “Papi Pedro” è il babysitter cazzuto ufficiale di tutti i prescelti dell’immaginario. Io invece ringrazio due volte Sergio (detto anche "Molotov"), perché non solo mi sono goduto doppiamente la serie grazie alla sua passione per il videogioco, ma è stato così gentile da scriverne, il vero Joel Miller della situazione.

22 commenti:

  1. Io ho giocato entrambi i giochi da cui è tratta, quindi spinto dalla curiosità ho iniziato a guardala. Niente da dire si vede che il lavoro di adattamento è molto buono, ma mi chiedo come si possa non annoiarsi avendo giocato le versioni playstation

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    1. Questo me lo dovete dire voi giocatori ;-) Cheers

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    2. Ah beh, guarda già solo per come è stato cambiato il tratto caratteriale di Ellie per me basta per cestinare il tutto. Cambio che però capisco in quanto, almeno nel primo gioco, segnal'inizio della disullusione del personaggio (tra l'altro uno dei picchi narrativi del gioco)

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    3. Quindi è un bene che ci sia stato un adattamento no? Cheers

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    4. E' bene, ma allo stesso tempo è accaduto a Ellie quelo che a Rorschach è accaduto nel film. Valuta tu se sia un bene o un male.

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  2. Complimenti per il post molto ben articolato e approfondito senza essere "di parte". Purtroppo per quanto mi riguarda proprio l'eccessiva aderenza alla realtà ricercata dal videogioco, che per pura botta di fortuna trovai scontatissimo nella versione super mega speciale per PS3, insieme a una storia eccessivamente cruda e pessimistica, mi hanno fatto desistere velocemente dal proseguire il videogioco e mi è toccata la stessa cosa con la serie TV... Forse sono stato troppo superficiale e anche sbrigativo nel bollare le incarnazioni su entrambi i media, però mi sento di dire che proprio la modalità di narrazione ha contribuito al mio allontanamento.
    Sicuramente avrei dovuto dare una chance in più, soprattutto al videogioco, però c'è qualcosa che proprio non mi fa piacere le vicende di Joel e Ellie. In ogni caso ho apprezzato molto lo sforzo che hanno profuso per rendere l'adattamento il più fedele possibile e il successo in termini di pubblico mi sembra abbia ripagato in pieno l'impegno, tra l'altro con una seconda serie già annunciata, se non ho letto male. Discorso body shaming: purtroppo è una croce della società in cui viviamo, per quanto cerchiamo di non prestare caso alle critiche sull'aspetto fisico di un personaggio, alla fine siamo bombardati quotidianamente da messaggi (sbagliati) che premiano determinati canoni estetici a discapito di altri valori e caratteristiche che dovrebbero in realtà risaltare di più, come la presenza scenica, il carisma, l'espressività, la mimica, ecc. se parliamo di attori, ovviamente... Quindi ben venga un'apertura verso chi è più "normale" ma riesce comunque a emozionare e fornire una prova di spessore, che trascende dall'aderenza a canoni più tradizionali.
    Per concludere, mi piacerebbe, rimanendo in tema adattamenti da videogiochi, una bella serie o almeno un film su Dead Space!! Ciao

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  3. Non so proprio cosa dire su questa serie TV, il videogioco me lo ricordavo più movimentato con molti più "brutti cosi" da far fuori ma capisco che in una serie di 9 puntate non può si puntare solo sullo sparare ai mostri anche se in questa serie fanno più brutto gli esseri umani che i "brutti cosi".

    Sto scoprendo ora che l'episodio 3 per molti è qualcosa di fantastico e per altri (come ad esempio per me) una episodio che è completamente scollegato dal videogioco, anche se la storia d'amore è bella e ben fatta.

    Ma da questo punto mi parte la polemica, ma è necessario essere sempre nel "politicamente corretto" e nel tirare in mezzo sempre le così dette "minoranze"?
    la figlia di Joel nel gioco è bianca mentre nella serie no, la storia d'amore dell'episodio 3 è completamente disconnessa dalla storia del videogioco, l'orientamento sessuale di Ellie (se non sbaglio) lo si scopre nella seconda parte del gioco o in qualche estensione mentre qui esce quasi subito...ecco mi sembrano della forzatura , tutto qui.

    A parte questo mi aspettavo di più, forse è una serie più adatta per chi non ha visto 3000 film horror in vita sua.

    Se sono andato troppo oltre con il commento cancellalo pure!


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    1. Il discorso sarebbe lungo e complesso, inoltre si va oltre la serie in oggetto. Devo dire che qui ho trovato dei personaggi, e non dei "Ferma posto" caratterizzati esclusivamente dal loro essere la ragazza di colore, l'omosessuale e via dicendo. Da profano del gioco ho avuto la sensazione che Neil l'ubriaco avesse davvero a cuore questi personaggi, minoranze ma non per l'obbligo, come in una "The White Lotus" qualunque. Cheers!

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    2. lo so che il discorso è lungo e complesso e forse internet non è nemmeno il luogo adatto, per questo ho chiuso il mio commento con un se vuoi cancellalo pure poichè non vorrei magari venisse frainteso.
      Non conosco la serie "The White Lotus" ma intuisco tu dove voglia arrivare.
      Sui personaggi non si può dire nulla piaciuti un sacco tutti. Appena ho visto Pedro Pascal me lo sono immaginato più come un Javier Peña che come un Joel Miller perchè l'ho sempre associato a quella parte ma mi è piaciuto un sacco, così come Ellie.
      Sarà bello vedere come gestiranno la seconda stagione visto che è molto ma molto differente dalla prima!

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    3. Figurati, magari chi fa polemica lo facesse sempre in maniera così posata ;-) Cheers

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  4. Ecco, io probabilmente sono l'esatto opposto della normalità: si dice che internet sia pieno di giudizi negativi, perché è più frequente e comune esternare il proprio parere negativo (dal commento pacato alla sguaiata sbraitata) che non un giudizio positivo.
    A me invece viene da scrivere solo per cose per le quali ritengo meritevole dedicarci del tempo.

    Quindi eccomi qua (e a breve dovrò fare un salto nel post su andor).

    Rappresento il caso di spettatore-videogiocatore, avendo giocato entrambi i capitoli, completandoli al 100% (quindi avendo sperimentato tutti i dialoghi e testi opzionali: elementi essenziali con i quali vengono portate zvanti lore e relazioni tra personaggi) ed il primo finito anche a difficoltà realismo.

    Premessa i videogiochi mi sono piaciuti entrambi e a quanto leggo sulle polemiche per vella ramsey le polemiche sono una costante, dato che in particolare il secondo capitolo è stato oggetto di feroci critiche mosse dall'inconsistenza di intelletto... ma ne riparleremo se faranno una seconda stagione della serie.

    Tornando alla ramsay, in realtà anche fisicamente è perfetta perché la somiglianza con ashley johnson (doppiatrice di elie nei vg e scelta come interprete della madre di elie nella serie, in una scena aggiuntiva) è incredibile!

    Proprio la presenza dei doppiatori originali in altri ruoli l'ho trovato ulteriore punto di apprezzamento: anche Troy Baker (uno dei migliori e più doppiatori di videogiochi in lingua inglese, insieme a Nolan North, il quale restando in ambito Druckmann/Naughty Dog è la voce di nathan drake in uncharted) ha il suo spazio come il braccio destro dell'episodio 8.

    In generale la serie mi è piaciuta tanto quanto i vg, sebbene in maniera e per motivi diversi.
    Non mi sono mancate le scene di lotta o combattimento: è un altro medium ed è giusto che non provi a ricalcare pedissequamente ciò che funziona interattivamente ma potrebbe risultare noioso se solo visto.
    In loro vece sono stati aggiunti altri pezzi altrettanto se non più significativi: già solo nel primo episodio e nei primi minuti l'intervento in un talk show degli anni 70 di un esperto che profetizza quanto avverrà nel 2003... potrebbe sembrare un momento spiegone per togliersi subito il dente, invece è la scena che detta il mood per l'intera serie.
    Io ero rimasto conquistato già da quei primi 5 minuti!

    Nathan

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    1. Grazie per il tuo punto di vista, a me l'inizio è parso un po' spiegone, però con l'attore di Spartacus hanno conquistato la mia attenzione ;-) Preferirò sempre l'approccio, storia portata avanti con l'azione, ma tutto sommato la serie funziona anche compendio, percorrendo un'altra strada. Cheers!

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  5. Metti le mani avanti. Non l'ho visto e non ne sento necessariamente il bisogno.
    In realtà non l'ho nemmeno giocato ma ho assistito a tutta la storia giocata da mia moglie. Da quel che ho capito leggiucchiando qua e là mi par di capire che in generale è fedele, forse troppo, ma decisamente più ammorbidito e per certi versi meno coraggioso (tipo la storia della coppia omosessuale nei terzo episodio), più di facile consumo, finale a parte che è fedelissimo.
    Per il resto come detto nella rece The Last of Us non vuole inventare niente e qui c'è il mio disappunto, che ricade anche sul videogioco. Per stessa ammissione dei creatori del gioco TLoU saccheggia in primis The Road e The Walking Dead (e di conseguenza quanto c'è stato prima sugli zombie), per il pubblico sembra di trovarsi di fronte al sagro graal. È indubbiamente un bel gioco ma va ridimensionato, é un capolavoro sul serio o perché il pubblico generalista non conosce altro e ama salire sul carro dei vincitori?
    E onestamente anche come videogame, come gameplay intendo, non ci ho visto niente che non fosse un amalgama di cose già viste prima, un buon frullato di Resident Evil, di qualsiasi gioco stealth di ultima generazione e un pizzico di Uncharted. Di sicuro dalla sua ha il suo essere molto cinematografico già in partenza, che però mi fa domandare per quale motivo dovrei guardare una serie uguale al 90% ma senza il divertimento del gioco.

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    1. Da quello che ho capito, uno dei pregi del gioco è proprio il suo essere già molto cinematografico, che poi è una delle caratteristiche che sento sempre evocare davanti ai videogiochi realizzati bene. Forse la serie punta più a chi è digiuno di horror (le fonti del buon Neil), di sicuro fa molto parlare, questa ad esempio è la serie del momento. Cheers!

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    2. Personalmente ritengo che la connotazione horror di the last of us (sia serie che vg) sia volutamente blanda se non proprio quasi inesistente.
      Nella misura in cui gli "zombie" in tlou non sono una paura di per sè, bensi solo in funzione della minaccia che rappresentano.

      Per intenderci, pur essendo entrambi classificati come genere "survival horror" tlou non è the forest:
      In quest'ultimo la paura e la sensazione di non sicurezza data da atmosfera e gameplay sono date dalla minaccia di per sè;
      Tlou racconta di un mondo in grado di convivere nel post disastro in maniere anche sane e civilizzate, ma soprattutto di un mondo capace di essere nuovamente stupefacente (basti pensare alle giraffe, oppure ai paesaggi aperti, ampi e tersi, privi di smog*), dove però l'essere umano non è più apicale nella piramide della sopravvivenza, tuttavia adattandosi e comportandosi di conseguenza può trovare un suo spazio ed una sua sopravvivenza, proprio come fanno gli animali da preda in un mondo di predatori.

      L'orrore in tlou ha si una componente grafica, ma principalmente punta ad arrivare a quel finale e a quell'ultimo scambio che si chiude con un taglio:
      Una bugia detta in maniera non troppo convincente;
      Una bugia a stento accettata, e solo per "convenienza" del dubbio che tale non sia.
      Dietro di tutto una decisione forte, cruda e spietata, come raramente se ne vedono prendere dai protagonisti delle storie solitamente abbastanza manichee americane... eppure una decisione così realistica e verosimile.


      * in questo infatti non trovo la fotografia degli esterni un errore (come riportato in recensione), bensi un punto di forza perché tlou non racconta un mondo cupo di per sè, nè crepuscolare

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  6. Non l'ho ancora vista, ma la storia finisce o deve uscire una seconda stagione?
    Ho giocato il primo Last of Us (il secondo mi piacerebbe ma di comprarmi apposta una playstation 4 ne faccio volentieri a meno) e l'ho amato, mi ha solo deluso un po' il finale. Facciamo così, metto un avviso SPOILER:
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    Il gioco è fortemente "story driven", raccontare la storia viene prima dell'aspetto videoludico. In questo senso, è accettabile che il finale sia "fisso". Allo stesso tempo, però, avrei apprezzato di più alla fine la possibilità di scegliere se salvare o no la ragazza, una caratteristica puramente videoludica che avrebbe portato a due finali diversi. D'altronde abbiamo vissuto e sofferto con 'sti due per tanto tempo, abbiamo avuto modo di affezzionarci a lei, mi sembrava quasi automatico dare al giocatore l'onere di questa scelta pesantissima, una di quelle cose che ti fanno capire che tipo di persona sei. E invece sceglie il gioco per te, sono rimasto un po' deluso.
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    1. Posso confermarti che ci sarà una seconda stagione, spero non ne facciano infinite, per mantere la qualità. Cheers!

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  7. Come tutte le cose che generano tonnellate di discussioni, anticipazioni, recensioni del trailer, dell'intro della puntata, della puntata, della prima metà di stagione, delle scarpe del protagonista, eccetera, l'ho accuratamente evitato in quella fase.

    Ho appena iniziato a recuperarla, e non avendo giocato la versione ludica (dannate esclusive Play Station!), potrò godermela senza paragoni, sperando che non vadano a stiracchiarla con infinite stagioni sequel.

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    1. Non ho mai giocato, ma la serie si segue perfettamente, spero anche io che decidano di chiuderla, ok alla base non ci sono i mille mila numeri del fumetto di Twd, quindi ci spero. Cheers!

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    2. Ciao, quinto, credo di poterti rassicurare, perché se avessero voluto allungare (non ancora "stiracchiare") il materiale avrebbero fatto ben più di 9 puntate per gestire l'intero arco narrativo del primo gioco: la storia in altri lidi sarebbe potuta tranquillamente essere raccontata con 2 stagioni da 9 episodi ciascuna... fortunatamente hanno scelto la strada sincopata però!

      Nathan

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  8. Temevo spoiler da parte di chi al videogioco ha giocato visto come nell'internet pullulano i "non avete ancora visto niente, aspettate che..." momento in cui smetto di leggere e chiudo gli occhi.
    Non avendo mai giocato nemmeno io, mi sono divertita a capire come poteva essere sviluppato il videogioco, quante parti di "pausa" (si chiameranno così gli spiegoni/recitati?) ci fossero e quanta azione sia stata sacrificata.
    In ogni caso, mi sono goduta questo viaggio apprezzando le storie che vengono raccontate per come sono raccontate, con tatto e sapienza del mezzo. Ogni episodio può essere un capitolo a sé di un'avventura più grande che passa sopra anche alle prime stagioni dei camminatori AMC.
    Resta una domanda: Pedro babysitter come lo si ingaggia?

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    1. Leggi pure tranquilla perché Sergio ha tenuto conto di chiunque, anche di chi non ha mai giocato come tu ed io. Per ora sembra davvero una versione migliorata dei Camminamorti, anzi per assurdo, per quanto io aminl'azione, mi sono goduto l'introspezione. Detto questo, credo che Pedro Poppi s sarà impegnato per un bel pezzo, magari al prossimo cambio di vento, in arrivo da Est si manifesterà volando, tanto i Mandaloriani hanno il jetpack in dotazione ;-) Cheers

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