Non ci sono troppi dubbi attorno al fatto che il film più famoso di Mike Hodges sia Flash Gordon, ma quello più canonicamente bello (perché comunque anche “Flash Gordon” è bellissimo) sarà per sempre “Carter”. Lo scorso dicembre il regista ci ha lasciati e da allora mi sono preso un impegno, portare questo film sulla Bara. Quindi mi abbottono il cappotto, ho un treno da prendere, oggi si parte alla volta di Newcastle.
La storia comincia quando il produttore Michael Klinger, forte del suo successo grazie ad un paio di film di Roman Polanski come “Repulsion” (1965) e “Cul-de-sac” (1966), riuscì a mettere le mani sui diritti di sfruttamento cinematografico del romanzo di Ted Lewis del 1969 intitolato “Jack's Return Home”, a sua volta ispirato alla vita reale di un noto personaggio della criminalità del nord est dell'Inghilterra.
In quel periodo le maglie dell’inflessibile censura inglese dei film si stavano un po’ allentando, non tanto eh? Un piccolo spazio di manovra dove Klinger poteva lavorare, reso possibile dal fatto che la vecchia Albione stava cambiando, il miracolo economico del secondo dopoguerra era ormai un’onda che si era infranta sugli scogli e sulle spiagge di sabbia resa nera dai detriti delle lavorazioni delle zone più operaie d’Inghilterra, lo spasso della “Swinging London” stava diventando un bel ricordo. Era cominciata la rincorsa, o la lenta caduta, fate voi, verso quel bel periodo governato dalla “Lady di ferro” Margaret Thatcher, all'orizzonte scioperi di minatori, la guerra delle Falkland, l’ascesa del Punk, ma prima della rabbia e del furore, l’Inghilterra doveva attraversare un lungo e grigio periodo di decadenza, una ciucca triste e solitaria aggrappati al bancone di un pub in attesa del sussidio di disoccupazione, la depressione e il mal di testa dopo la sbronza euforica di un buon periodo, che però ormai era finito.
Quando “Get Carter” venne affidato al regista esordiente Mike
Hodges dal produttore, il contesto sociale attorno al film era questo bel
quadretto desolante, che traspare nella pellicola, anzi per certi versi forse è
il vero motivo per cui resta un capolavoro unico, diventato un modello che ha
figliato, generato tanti figli bastardi ma che non è mai stato replicato per
davvero, forse perché ne mancavano le condizioni, sta di fatto che dal 1971, “Carter”
come è uscito qui da noi, ancora oggi è un Classido!
Klinger sapeva di aver pescato un diamante in mezzo a tanto squallore, infatti come nascono i diamanti? Sotto pressione. La stessa attorno alla produzione, l’altro produttore contattato da Klinger, ovvero Nat Cohen della Metro-Goldwyn-Mayer, spingeva per riempire il film di divi del cinema americano, iniziarono a volare i nomi di Telly Savalas e Joan Collins, ma il regista Mike Hodges mise le corna per terra e non fece un passo indietro: questa è una storia inglese e così deve restare.
La mediazione portò a due nomi, quello di Britt Ekland, svedese di nascita ma molto inglese di filmografia, sexy e famosissima, qui scivolò dentro i (pochi) panni di Anna, personaggio che si guadagno qualche minuto extra rispetto al copione originale, proprio per la popolarità dell’attrice (storia vera). L’altro nome? Quello chiave, quello di Michael Caine.
Per averlo erano tutti disposti a pagarlo un po’ di più,
risparmiando su altre fasi della produzione, lui era il nome che metteva tutti
d’accordo, regista e produttori, perché arrivava dal successo di “Ipcress“
(1965), “Alfie” (1966) e “Un colpo all’Italiana” (1969). Se Mike Hodges aveva
intuito come “Get Carter” avrebbe potuto cogliere al meglio il momento storico,
Michael Caine sapeva benissimo come incarnare il protagonista.
Anche se bisogna dirla tutta, Hodges aveva scritto l’adattamento
del romanzo con Ian Hendry in testa, nei panni di Carter, perché nemmeno ci
credeva che un nome grosso come quello di Caine si sarebbe mai avvicinato per
davvero ad un personaggio negativo come il protagonista del suo film. Il
regista fu il primo a stupirsi prima e poi a convincersi di avere per le mani l’attore
giusto, quando scoprì le motivazioni di Caine, molto interessato a dare un’altra
immagine degli inglesi al cinema, vi riporto la dichiarazione dell’attore: «Uno
dei motivi per cui volevo fare questo film erano i miei trascorsi. Nei film
inglesi, i gangster erano o stupidi o divertenti. Volevo dimostrare che non
sono né l'uno né l'altro. I gangster non sono stupidi, e di certo non sono
molto divertenti»
Caine si era molto identificato nel personaggio, perché cresciuto nello stesso tipo di ambiente operaio, ad un passo dalla criminalità per chi non riusciva ad arrivare a fine mese, per certi versi potremmo dire che gli ricordava da dove veniva, che direzione avrebbe potuto prendere la sua vita se avesse fatto scelte diverse, le sue parole mettono in chiaro la motivazione dell’attore, che traspare dalla sua prova: «Carter è il prodotto senza uscita del mio ambiente, della mia infanzia, lo conosco bene, è il fantasma di Michael Caine.»
Lapidario, risoluto, un Golem avvolto in abiti di alta sartoria maschile che da soli fanno metà del personaggio, che lascia Londra, dove lavora come Gangster alle dipendenze del boss mafioso Gerald Fletcher, per tornare in quello schifo di Newcastle dove è nato e cresciuto. In treno Jack Carter (ovviamente Michael Caine) legge un romanzo di Raymond Chandler, giusto per mettere in chiaro le fonti d’ispirazione del film e viaggia sulle note della leggendaria Get Carter Theme (Carter Takes a Train) composta da Roy Budd, uno dei tanti elementi usciti da questo film è diventati parte della cultura popolare. Ho visto film iniziare un attimino peggio di questo qui in vita mia eh?
Il fratello di Jack Carter sembra morto per incidente stradale, guida in stato di ebrezza, ma la faccenda puzza e non poco, infatti Carter smuovendo tutti i sassi di Newcastle farà uscire dalle tane tutte le vipere locali, il tutto in un'ambientazione scelta dal regista, proprio perché deprimente, decadente, in cui l’unico colore a spiccare (si fa per dire) e il blu notte del cappotto del protagonista, circondato da tutte le tonalità di grigio (tendente al nero, anzi al noir) possibili e immaginabili, un allegria che lèvati, ma levati proprio: strade in salita, case tutte uguali, microscopiche e con le mura in mattoni, che domani ospiteranno i balletti di Billy Elliot e che per i Monty Python, rappresenteranno il miracolo della vita (nel terzo mondo).
Carter seppellisce il fratello, vede la figlia (sua nipote) dare di matto al funerale, picchia un paio di sgherri e pur tenendo il profilo basso, già tutti sanno che è tornato a casa, il tutto raccontato con uno stile di regia che colpisce subito, quasi un taglio da documentario reso unico dal lavoro del direttore della fotografia Wolfgang Suschitzky, uno che arrivava dalla fotografia e che è responsabile dell’unicità di questo classi(d)o tanto quanto Hodges e Caine.
Carter ha una bella fidanzata a Londra, Anna (Britt Ekland), troppo lontana, quindi si toglie le voglie con l’affittacamere Edna (Rosemarie Dunham), stropicciata bellezza locale, che non allaccia nemmeno le scarpe a Britt Ekland, però “I modi definiscono l’uomo” (per citare un film che coinvolgeva anche Caine) e l’uomo Jack Carter non va per il sottile. Al secondo giro con Edna, quando gli piombano in casa degli sgherri, lui li mette in fuga nudo e con una doppietta (arma che è andata persa durante la produzione del film, storia vera), una scena che affidata a qualunque altro attore risulterebbe tragicomica, ma qui è solo una delle tante grondanti “figosità” britannica, anche perché viene da pensare che più che del fucile o del pipo di Carter, gli aggressori siano stati messi in fuga dallo sguardo di Michael Caine, furente, fiammeggiante, il fantasma di Caine che ha lasciato il posto a Jack Carter.
La trama prosegue in equilibro tra lo squallore dell’umanità locale e quello stile britannico arrogante nel suo essere così vergognosamente figo, una contrapposizione tra dentro e fuori, tra orrore e stile che è tutta riassunta nell'ultra cesellato protagonista. Può un’opera funzionare basandosi quasi esclusivamente sulla riuscita del suo personaggio principale? Certo, gli esempi nell’immaginario sarebbero tanti, “Get Carter” è uno di questi. Lo stile del protagonista sembra il suo “vaffanculo” urlato in faccia alla cittadina di merda che lui chiaramente odia, se fosse per lui la raderebbe al suolo per farci un parcheggio e invece di urlarlo, in maniera molto britannica, Michael Caine lo fa trasparire del linguaggio del corpo, sempre perennemente aggressivo e rabbioso, che pare tenuto a freno solo dai bottoni dell’impeccabile completo, dall'orologio d’oro che pare urlare «Io sono uscito da questa merda, io sono diventato qualcuno!», il tutto senza mai dire nemmeno una parola in merito, ma letteralmente vestendolo addosso al protagonista.
Caine è così fottutamente bravo che più l’orrore e lo squallore della cittadina lo avvolge, più lui resta in piedi a testa alta, come un monarca tra gli uomini, lo stiloso principe della criminalità londinese, con l’aria di chi nel paio di un paio di giri del suo costoso orologio si prenderà il trono e ringraziate di rivedermi in questo posto schifoso. Infatti non è chiaro come mai se la prenda così a cuore, la sotto trama da film di vendetta è chiara e presenta, ma sembra quasi che Carter sia tornato a vendicare il suo passato, per questo lo vediamo godersi ogni cadavere che lascia a terra, tutti uccisi in modi diretti, efficaci (molto inglesi) ma carichi di furia, anzi a dirla tutta è proprio per questo che il finale del film è così dannatamente iconico, perché urla il suo messaggio forte e chiaro.
Con il passare dei minuti Caine sembra l’agente Smith di Matrix, insofferente anche alla puzza degli umani che lo circondano, come se agisse più per vendicare la lesa maestà al suo regale status di criminale arrivato che per il fratello, che pare quasi un pretesto fino alla svolta, al filmino che è talmente un orrore, che le fiamme nel petto di Carter si traducono in occhi lucidi prima e poi, in una singola maschia lacrima a rigargli il viso, in un trasporto per cui capire dove finisce Caine e dove comincia Carter è impossibile.
Il finale è una legnata, non solo Carter ottiene la sua
vendetta, ma se la gusta proprio, quella spiaggia resa nera dai detriti delle
lavorazioni sembra un posto infernale, anzi diciamo pure che lo è, una catena
di montaggio per cadaveri dove chi entra non ne esce con le sue gambe, perché
Newcastle è così, come l’Inghilterra di quel periodo, grigia tendente al nero del noir,
fredda e senza speranza.
“Get Carter” è un oggetto strano che ha saputo dettare le coordinate di molto cinema criminale inglese, anche se nessuno ha saputo davvero replicarne la mistica, nemmeno lo stesso Caine quando è idealmente tornato in una versione più anziana del suo personaggio nel 2009 in “Harry Brown”. Questo film pesca da Melville e da Chandler senza imitarli, non ha uno straccio di romanticismo, quindi per questo è distanze dal noir francese ben più dei chilometri rappresentanti dallo stretto della manica, forse si avvicina un po’ al Polar, ma con uno sciovinismo inglese tutto suo, decadente, incazzato nero ma risultato imperturbabile, in modo molto britannico, “Get Carter” è un capolavoro e come tale, ha avuto tanti figli bastardi.
Un rifacimento americano di cui parleremo perché ci recita zio Stallone, quindi è già destinato a sbarcare su questa Bara, ma per certi versi, per il suo muovere la storia attorno ad un protagonista criminale ultra cesellato, forse sono i videogiochi ad aver pescato a piene mani da qui, basta dire che Geraldine Moffat che in “Carter” interpreta il personaggio di Glenda, la rossina che controvoglia fa un giro in auto con un protagonista impegnato a strapazzarla, è la madre di Sam e Dan Houser, fondatori della Rockstar Games.
Quindi anche “Grand Theft Auto” e “Max Payne” sono figli dell’onda che si è infranta contro le spiagge nere di Newcastle chiamata Carter. Ed ora che ho vendicato la memoria di Mike Hodges il mio lavoro qui è finito… BANG!
Inarrivabile manuale di figosità maschile, stile e cattiveria a secchiate.
RispondiEliminaL'unico,vero erede, per intensità,ispirazione e tematiche é stato Bronson con Hardy.(che ne é la trasposizione post Millennial)
Quando penso che Giasone Statham sono 30 anni che cerca di rifarne anche solo 5 minuti,di quel personaggio,ma lo pigliano solo per menate la gente...
Elimina“Non vedevamo più la nostra nazione come un faro di prosperità, di legge e ordine. Il nostro parlamento, la polizia, la stampa, tutto il dannato sistema si era scoperto a smaniare. Avevano tutti i loro nasi infilati nei soldi. Il cancro dell’ingordigia aveva raggiunto ogni organo della società britannica. Forse, dico forse, Get Carter potrebbe essere stato una fortuito presagio?
Mike Hodges
Vero, un po’ “arty” passami il termine ma ha proprio quello stile e quella cattiveria. Giasone lo dico sempre che ha la sfiga di essere nato fuori dal suo tempo, come Napoleone Wilson. Cheers!
EliminaAggiungo solo Mike Hodges, profeta. Cheers!
EliminaChe figo è Michael Caine, anche alla veneranda età di 90 anni (compiuti qualche giorno fa). Infatti non a caso era uno dei preferiti di mia nonna Bina... Il film mi manca, purtroppo, però lo metto in lista (come le altre decine di pellicole da te consigliate). Carina la didascalia con il "bignami" su come fare un massacro! Ciao
RispondiEliminaBuon recupero, mi farai sapere il tuo parere sul film ;-) Cheers
EliminaTra l'altro, se non ricordo male, nel rifacimento con Stallone è presente anche Michael Caine...
EliminaQuello con Sly non mi era per nulla dispiaciuto, attendo tuo post con impazienza!! Ciao
Ricordi bene e ne parleremo a breve ;-) Cheers
EliminaSai che non ero al corrente della scomparsa di Mike Hodges? Forse colpa di quel dicembre strapieno di decessi eclatanti, ma recupero qui da te l'occasione per mandargli un saluto nel modo più adeguato.
RispondiEliminaHail Mike! Hail!
É da dicembre che lo avevo promesso questo post, più in ritardo di un treno per Newcastle, ma alla fine il doveroso omaggio è arrivato. Cheers
EliminaAnno 2002, all'incirca, come Jerry Calà ero andato "a vivere da solo", e l'abbonamento SKY era scattato automatico: nella prima domenica con l'abbonamento attivo ho visto 6 film, in rapida successione, e fra questi c'era il remake di zio Sly, che onestamente mi è piaciuto. Ne ho ricordi vaghi ma l'ho visto con piacere. Poi però lo stesso SKY poco dopo mi tira fuori l'originale con Caine, e davvero la mascella casca come un cartone animato. Per fortuna ho visto prima Sly, altrimenti dal confronto temo non sarei uscito soddisfatto :-P
RispondiEliminaLa bomba che molli nel finale, con gli eredi spirituali di Carter, è da applauso: ogni volta che ho scarrozzato una ragazza in giro per Vice City, prendendo la gente a fucilate, stavo continuando una tradizione di famiglia e non lo sapevo :-D
Ordine giusto secondo me, e lo dice uno a cui comunque il film con zio Sly piace, ma questo che gli vuoi dire, titolo enorme che non potevo non avere sulla Bara. Visto che scoperta? Quando l'ho letto facendo le mie ricerche mi è diventato tutto chiaro ;-) Cheers
EliminaScusa Lucius-bro, toglimi una curiosità: anche tu avevi l'asse del water collegato al juke-box?
Eliminaahahah guarda, la tentazione c'era, mi ha fermato solo il fatto che lo stereo era troppo lontano dal bagno :-D
EliminaPerò ho portato avanti il mio primo (e unico) tentativo di home theater, facendo esperimenti audio-tecnici che il dottor Frankenstein si sarebbe commosso, tanta era l'ambizione folle: purtroppo i risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative, e più che al cinema mi sembrava di essere in una giungla di cavi che fra un po' sarebbero diventati parte del mio corpo come in un sogno di Cronenberg.
Ora che vivo esclusivamente in cuffia (aspettando che mi impiantino le cuffie direttamente nelle orecchie) mi fa effetto pensare che un tempo invece l'audio viaggiava nell'aria, quando invece oggi solo i coatti e i vicini di casa molesti (cioè tutti) usano le casse :-D
P.S.
Muoio di curiosità nel sapere cos'avevi scritto nel commento che hai cancellato ^_^
Guarda, caro Lucius-bro, avrei voluto aggiungere massima stima per il fatto che sei andato a vivere da solo (quasi) dieci anni prima di me, essendo praticamente coetanei... A dire avrei potuto farlo anch'io ma ero troppo bamboccione / mammone...
EliminaMi piacerebbe risultare così audace, ma in realtà non lo sono stato: a un certo punto i miei si sono voluti ritirare in provincia, e così io sono rimasto nella casa in cui sono nato, quasi al centro di Roma. Per ragioni a me ignote il prezzo dell'affitto era bassissimo, per il quartiere Alberone (cioè un carnaio assurdo di gente in case schifose ma servite benissimo dai mezzi e a un passo da tutto) quindi mi conveniva continuare a pagare io l'affitto, ma dopo due anni gli amministratori hanno iniziato a sparare cifre improponibili così sono emigrato in provincia etrusca, diventando Lucius Etruscus: ecco la mia storia di origini ^_^
EliminaQuindi non lo prenderei come un gesto "ardito", il paragone con Calà mi sa che non regge: anche perché lui cercava donne, io cercavo DVD :-D
Massima stima anche per la tua onestà, anche questo ci accomuna!! Non so perché ma dalla descrizione che fai mi viene in mente il film Nessuno mi può giudicare quando la Cortellesi si trasferisce in una casa fatiscente di un quartiere romano... Spero che tu sia stato più fortunato con i DVD che Calà con le donne (almeno nel film, nella vita, non me lo so spiegare nemmeno io, sarà stato simpatico, ha inanellato una serie di conquiste femminili notevoli)! In ogni caso in provincia si sta meglio, secondo me...
EliminaPer carità, non abitavo nei quartieri ritratti da quel film, diciamo una via di mezzo :-P
EliminaAbitavo a due passi dalla Metro A, sul cui percorso all'epoca c'erano diversi negozi che attentavano al mio portafogli, come per esempio DVD Planet, piccolo esercizio che ho saccheggiato a lungo. Se fossi rimasto a vivere lì oggi non riuscirei ad entrare in casa, tanto sarebbe piena di dischi!
Chiedo scusa al padrone di casa per l'OT ^_^
Noir magistrale con un Caine al solito straordinario. Una lezione di cinema secco e brutale che raggiunge l'apice del doppio finale, con un pugno due pugni allo stomaco uno più cattivo dell'altro.
RispondiEliminaImpeccabile e quel finale non si dimentica, ogni volta colpisce a tradimento. Cheers!
EliminaGrande, cattivo e brutalmente tesissimo noir "Get Carter", con un Michael Caine da antologia per quello che avrebbe davvero rischiato di essere un film autobiografico, se fosse "scivolato" in quel sottobosco criminale che già prosperava ampiamente nascondendosi sotto lo sfavillio della Swinging London (Reggie e Ronnie Kray o Charlie e Eddie Richardson, giusto per citare qualcuno fra i più famigerati)...
RispondiEliminaP.S. Nemmeno io sapevo della dipartita di Mike Hodges :-(
Notizia passata sottotraccia, anche per questo ci tenevo molto a questo post. Cheers!
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