venerdì 17 febbraio 2023

Mission to Mars (2000): fantasmi di De Palma da Marte


Suolo marziano in vista, questa Bara si prepara all’atterraggio sul pianeta rosso, controllo missione qui astronauta Cassidy, vi diamo il benvenuto al nuovo capitolo della rubrica… Life of Brian!

Ormai conoscete lo schema, un titolo sicuro, su commissione a patto di potersi esprimere come artista (anche battagliando con la produzione, se necessario) e poi un titolo più personale, meglio se un thriller. Questo è il doppio andamento che ha tenuto banco nella porzione centrale della filmografia di Brian De Palma, pronto ad una nuova “Mission”, questa volta non “Impossibile”, ma su Marte, anche se l’assonanza di titoli non è la vera ragione per cui il regista del New Jersey ha deciso di dirigere questo film.
 
La verità è che la Touchstone Pictures ci aveva investito due lire su questo film, cioè due lire, diciamo pure cento milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti. Perché “Mission to Mars” è stato uno di quei casi, non rari nella storia di Hollywood, per cui una casa di produzione annuncia un film e le sue concorrenti si mettono a correre per sfruttare l’idea, gli esempi sarebbero tanti, Tombstone vs. “Wyatt Earp” (1994), Armageddon contro "Deep Impact" (1998), volendo mettiamoci anche “Alexander” (2004) di Oliver Stone, contro quello poi mai realizzato da Baz Luhrmann. Succede, succede molto spesso e qui il concorrente era Pianeta Rosso, prodotto dalla Warner Brothers uscito a novembre del 2000, sei mesi dopo il film di… Gore Verbinski. No aspetta, come Gore Verbinski? Non è mica una rubrica sulla mia ex nemesi questa.

Verbinski?! Non possiamo avere Guzzanti?

Già, perché Verbinski era ancora in quella fase della carriera in cui io, non troppo amichevolmente, lo avevo ribattezzato il non-regista, visto che dirigeva solo progetti che sarebbero usciti comunque, con lui o senza di lui, proprio come “Mission to Mars”, abbandonato da Verbinski per andare a dirigere una roba moscia con la Roberts sbagliata (non Eric, il Roberts giusto) e sostituito in corsa da... Beh, chiunque direi, se alla Touchstone hanno pensato che quello giusto per un film di fantascienza, fosse un esperto di thriller come De Palma, dovevano essere proprio disperati.

Anche De Palma si unisce al club dei registi americani con il berretto mentre dirigono.
 
Perché Brian da Newark abbia accettato di dirigerei il suo primo (e mi sento di aggiungere, anche unico) film di fantascienza in carriera? Forse per lo stesso principio per cui ai tempi accettò qualcosa di completamente diverso da quello che i critici si aspettavano da lui, buttandosi su un film di gangster come Scarface, per non restare etichettato. Ma anche perché, parliamoci chiaro, era un lavoro, immagino pagato bene, che rispettava la sua strategia, solo che qualcosa questa volta nello schema, fa saltare il banco.
 
Questo film andai a vederlo al cinema, spazio, Marte, cast di primo livello e poi De Palma, di cui i miei amici non conoscevano nemmeno un titolo, però li ho rassicurati io, questo sa il fatto suo. Che poi è la verità, però mannaggia a me! Anche perché “Mission to Mars” è uno di quei film, con la non proprio virtuosa capacità di scapparmi dai neuroni, chissà che magari scrivendone, io riesca a fissarmi il ricordo della sua trama in testa una volta per tutte, perché di quella sera al cinema mi ricordavo solo la bella sequenza con protagonista Tim Robbins e poi vaghi spezzoni di un finale che, ancora oggi, faccio fatica ad associare al cinema di De Palma.

La faccia di Robbins quando si ricorda di essere stato diretto da De Palma si, ma in un film di fantascienza.

Anche perché il film è stato scritto da Jim e John Thomas, due che dopo Predator e Predator 2 non ne hanno mai più azzeccata mezza, infatti il copione è stato poi rimaneggiato da Graham Yost, uno che si era fatto un nome grazie ai film d’azione, quindi questo conferma che in missione verso il pianeta rosso, per battere sul tempo... Beh, Pianeta Rosso, la Touchstone aveva imbarcato una serie di professionisti, ma nessuno poi così esperto di fantascienza che, a ben guardare, sembra anche lo spunto di partenza di “Mission to Mars”.
 
Brian De Palma, uno che per dirigere male, deve avere una banda di danesi che lo percuotono sui maroni usando dei bastoni nodosi e anche così di fare completamente pietà proprio non è capace, figuriamoci se non ci mette personalità anche in un lavoro da cento milioni, su commissione, uscendo dalla panchina per sostituire uno che nel 2000 era un non-regista. Infatti, “Mission to Mars” come Le due sorelle, comincia con una finta di corpo fatta allo spettatore, una scena che fa sembrare tutt’altro, in questo caso sembra di stare guardando un decollo verso il pianeta Rosso, invece è un piccolo razzo che vien sparato in aria, durante una festa (molto americana) in cortile, con birra in lattina, amici e barbeque.

Il cast in collegamento con la Bara Volante.
 
Si festeggia l’imminente partenza del gruppo di astronauti capitanati da Tim Robbins che qui sfoggia un ciondolo di Flash Gordon e si chiama Woody, anche se forse Buzz sarebbe stato più indicato. Con lui la moglie Connie Nielsen, il compare Don Cheadle, manca solo l’unico che era già stato diretto da De Palma in precedenza, il preferito di uno dei miei cani, Gary Sinise. Lasciato a Terra a gestire il lutto subìto, ovvero la perdita di sua moglie.
 
Stacco, tredici mesi dopo la missione di Woody è prossima ad atterrare su Marte, facendo gli auguri di buon compleanno a Sinise rimasto a casa, con 20 minuti di differita perché il segnale copra la distanza Marte-Terra, appena atterrata, però, la missione viene vaporizzata da alcuni… Graboidi? La sabbia marziana prende la forma di vermoni giganti e la CGI mostra tutti, ma dico proprio tutti i giorni trascorsi in questi ventitre anni dall’uscita del film.

«Sarà uno dei vermi di Dune?», «Speriamo non sia il culo del verme di Dune!»

Bisogna tirare su al volo una seconda missione di soccorso, ovviamente a capitanarla è Gary Sinise, insieme ad una banda di astronauti radunati dal direttore del casting pescando nomi come Jerry “Il mio amico Ultraman” O'Connell, anche perché dopo la tempesta, sul suolo marziano è spuntata una gigantesca montagna a forma di volto umano su cui bisogna indagare. A mio avviso, ci è andata bene non fosse un dito medio, però si sa che gli Americani le antifone non le capiscono.

Non guardava con tale schifo nemmeno Forrest Gump.
 
Per un regista che ha fatto del post moderno una cifra stilistica, capace di rielaborare alla sua maniera gli spunti offerti da altri film, per De Palma, “Mission to Mars” diventa l’occasione per dirigere il suo “Uomini sulla Luna” (1950), il film di Irving Piche a cui il regista dichiara di essersi ispirato, anche se è impossibile non pensare a titoli come “2001 - Odissea nello spazio” (1968) e a parecchio Spielberg, d’altra parte nel gruppetto di regista della New Hollywood, quello in rapporti migliori con De Palma è proprio quello che ha diretto Incontri ravvicinati del terzo tipo, quindi viene un po’ da pensare che il nostro Brian abbia passato che troppo tempo con Spielberg.
 
Anche perché la parte migliore di “Mission to Mars”, oltre a quella dove gli effetti speciali hanno retto decisamente meglio la prova del tempo, resta il secondo atto del film, la porzione dove De Palma rielabora a suo modo Kubrick e, guarda caso, si ritrova a dirigere una scena di suspence, questa volta nello spazio profondo.

Come Tom Cruise, ma senza corde di sicurezza.

Sarebbe un gioco al massacro cercare tracce di De Palma dove non ci sono, paragonare la riuscita scena del balletto a gravità zero, alle altre scene di ballo tra personaggi Depalmiani mi sembra una forzatura, trovo molto più sensato, invece, sottolineare come l’unica scena che ricordo, dalla visione in sala del film nell’anno 2000 (la corsa della morte) sia anche la migliore, la macchina l’astronave del capo ha un buco nella gomma (e noi l'aggiusteremo con il chewing gum) e che perde ossigeno, diventa l’occasione per De Palma per orchestrare una bella scena di tensione, in cui Tim Robbins diventa il protagonista e ogni volta, mi colpisce il modo “scientifico” in cui il suo personaggio affronta la situazione e si rassegna al destino, fa due conti al volo, capisce che la sua vita sarebbe la perdita minore rispetto al sacrificare nave ed equipaggio e dopo essersi calcolato le percentuali a suo sfavore di essere recuperato, fluttua nello spazio verso il destino, quasi in pace come un matematico davanti ad un'equazione risolta, per quanto drammaticamente contro i suoi interessi. Un momento di tensione e dramma diretto alla grande da De Palma che, per certi versi, ha anticipato altri svolazzamenti spaziali, come George Clooney che va a vendere il caffè agli alieni, perdendosi in “Gravity” (2013).

«Andiam, andiam, andiamo a colonizzare» (quasi-cit.)
 
Come sapete, forse sbagliando, non lo so, non do troppo peso ai premi cinematografici, a nessuno, nemmeno ai famigerati “Razzies awards” che nel 2000 pensarono di nominare De Palma come peggior regista per “Mission to Mars”, salvo poi rinsavire e consegnare il premio a Roger Christian, per l’inguardabile “Battaglia per la Terra”, film che si meriterebbe un posto sulla Bara, anche solo per la sua folle produzione.

Dove “Mission to Mars” mostra il fianco è più avanti nel corso del film, quando la montagna (qui sì, molto Spielberghiana) comincia ad attirare l’attenzione degli astronauti, utilizzando segnali sonori, fin troppo simili come idea al celebre tema di John Williams, forse si sarebbe potuto utilizzare meglio il talento del Maestro Ennio Morricone, al suo terzo film come compositore per De Palma, che fa come al solito un lavoro ottimo ascoltato in cuffia, ma non così memorabile abbinato alle immagini dell’ultimo atto del film, quello decisamente sì, molto alla Spielberg.

Verso l'infinito e oltre!

La faccenda degli alieni creazionisti “spiegoni”, del 3% di differenza di materiale genetico tra noi umani e che ne so, le scimmie (anche se avrei girato molto meno), condito dalla grafica in stile “Super Quark” per illustrare la loro storia e i loro piani, non solo rende tutto un po’ troppo espositivo, didascalico e invecchiato male, non solo per il design delle creature, ma di nuovo per la CGI che sfoggia tutte le sue rughe. Ma a dirla tutta è anche piuttosto palloso, poco in linea con il cinismo Depalmiano, qui si vede che il film per il regista del New Jersey è su commissione, una cosa è utilizzare il suo tocco post-moderno per rielaborare alla sua maniera (nel limite del possibile, visti i vincoli dell’operazione) alcuni classici della fantascienza, ben altro paio di maniche De Palma ottimista, speranzoso nel guardare le stelle.

Diretto da Brian De Palma. Eh lo so, fa strano.

Tutta roba che addosso a Spielberg calza a pennello, dove persino James Cameron ha dimostrato di essere a suo agio (anche se nel suo caso guardando l’abisso, alla faccia di Nietzsche), cavolo! Persino John Carpenter ne è uscito molto meglio affrontando un tema del genere.
 
Il problema non è, quale di questi registi sia più bravo, piuttosto è chi sia più adatto a dirigere che cosa. De Palma che fa un film di fantascienza suona strano, più o meno come quando nel 1983 ne diresse uno di gangster, la differenza di risultato è abissale questo è chiaro, ma bisogna considerare anche la produzione alle spalle, i nomi coinvolti e sì, anche le motivazioni del regista, che per De Palma, va detto, non stavano proprio alle stelle.

Non stavano alle stelle, stavano su Mart... Ok la smetto!
 
Nei vari libri e interviste su De Palma che ho consumato per prepararmi a questa rubrica, “Mission to Mars” non trova quasi mai spazio (ah-ah), il che la dice lunga su quanto il suo regista lo tenga in considerazione. Il nostro Brian da Newark è uno che raramente parla bene perfino dei suoi film oggettivamente più riusciti, non ha parole buone per i suoi classi(d)i figuriamoci per questo. Eppure, nel fondamentale documentario “De Palma” (2015) di Noah Baumbach e Jake Paltrow, il regista del New Jersey schietto e sincero archivia questo film, costato cento milioni di dollari, capace di incassarne centoundici in totale, come quello che è: sto rispettando il budget e il piano di lavorazione? Sì. Mi sto divertendo? È quello che voglio fare per il resto della mia carriera? Proprio no.
 
L’unica soluzione per De Palma è continuare il suo schema, tornando al thriller, ma questa volta lontano da Hollywood, ormai un sistema che all’inizio degli anni 2000 stava iniziando a fare a meno degli autori, con tutte le conseguenze del caso. Dopo aver piantato la sua bandiera su Marte, per De Palma la prossima terra di conquista è l’Europa, per la precisione il tappeto rosso di Cannes, ma di questo parleremo tra sette giorni, sempre qui, con il prossimo capitolo della rubrica, fino ad allora, non dimenticatevi la rubrica Marziana di Lucius, per altri esempi di film dedicati al pianeta rosso.

26 commenti:

  1. e vabbe' dai, lo vidi alla sua uscita,subito perdonato , uno scivolone, anche ENNIO, una delle sue peggiori colonne sonore. un saluto

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    1. Secondo me non è affatto una brutta colonna sonora, forse è poco adatta, si porta dietro le aspettative del cognome Morricone e dei precedenti dati dalla coppia (Gli intoccabili), però l’ho ascoltata per intero in cuffia, merita. Non ha abbastanza enfasi, ma forse De Palma poco a suo agio su questo set, non è riuscito a renderla memorabile, ci sta, stava facendo un compitino (anche controvoglia). Cheers!

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  2. È pur vero che il miglior film sulla colonizzazione di Barsoom in assoluto l'abbiamo sfornato noi anni dopo (e se ci sono disaccordi in merito MENEFREGOH!).
    È palese che proprio grazie alla Mars Mania all'epoca si videro tipo 5 o 6 pellicole di major che parlavano della stessa cosa ed é complicato distinguerle tra loro..(possibile ne ricordi uno persino con Val Kilmer?)

    Eppure é quello che poi ho ritrovato scoppiazzato di piú, nell'impostazione narrativa,in certe inquadrature e sequenze, nel trattamento dei personaggi, in tutta la "wave" di ritorno allo spazio di qualche annetto fa.
    Anzi, siccome ci son tre o quattro film , qui dentro, hanno poi girato lungometraggi basati ognuno su di un suo pezzo, se ci pensi...

    Considerazioni che non lo salvano dall'essere uno spreco di supertalenti svogliato e incasinatissimo in ogni singolo comparto ed anche quello dove io e Brian ci siam definitivamente litigati.

    [Grazie infinite ancora per l'ospitata di ieri, é stato un grande divertimento e privilegio! :D...peccato che C.V.D. ;))]

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    1. Ma prendi solo l'episodio ""Where the Buggalo Roam" di Futurama, sarà uscito almeno due anni dopo e aveva la stessa trama se non con le variazioni dovute al caso. Ebbene sono riusciti piu loro nel descrivere efficacemente un'avventura su Marte in poco più di venti minuti che "Red Planet" e "Mission to Mars" messi assieme.

      La verità è che questo tipo di storie avevano un peso stagionato a livello di scrittura e produzione, in pratica erano alla ricerca di un qualcosa che creasse un dopo qualitativo. Forse, dico forse, le avventure su Marte si sono riprese con "The Martian" di Ridley Scott & Drew Goddard.


      Ovviamente non cito Verhoeven, abissale il divario ancora oggi, per questo tipo di ambientazione e storia. Si certo, abbiamo avuto pure la sagra del rifacimento (nel 2013) da parte di Len Wiseman, ma in quel caso ricordo solo la Beckinsale.

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    2. Ricordi bene, era “Pianeta Rosso”, ho messo il link al pezzo di Lucius che lo ha trattato in dettaglio ;-) Vero anche che molti hanno pescato dell’esperienza Marziana di De Palma, che comunque in ciabatte e senza voglia di sbattersi, resta sempre uno che insegna cinema, malgrado una storia trita e ritrita.
      Grazie a te, un vero spasso. In realtà non sono arrivati tanti commenti, ma come visualizzazioni il post è andato oltre le mie aspettative, ci sta trattandosi di un cult degli anni ’90 rivolto a chi è affetto da “The disease” ;-) Cheers!

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    3. "The Martian" dello Scott sbagliato, "Gravity", ci sono un sacco che balzano alla mente rivedendo "Mission to Mars" e sono quasi usciti tutti dopo il 2000. Peccato per la svolta finale alla Spielberg minore, che addosso a De Palma non calca proprio a pennello, anzi. Cheers!

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  3. Tra questo e "Pianera Rosso" è una bella sfida (li ho tutti e due in DVD, presi da mio papà tanto tempo fa) diciamo pur che nel loro modo di essere interessanti sono svogliati e stagionati nel proporre un'avventura spaziale accattivante. Cioè, "Futurama" di Groening ha fatto di meglio in una puntata con un copia/incolla dei loro copioni che loro in due film sommati insieme.

    Meno male che nella prima decade del 2000 abbiamo avuto grandi progetti come "Sunshine" della prekiata ditta Boyle & Garland, senza scordarsi di "Moon" di Duncan Jones. Sul finire si sono migliorati, ma l'inizio è stato zoppicante.

    Carpenter nel fare un videogioco di trama è stato almeno dieci anni avanti, intanto dagli spalti gli gridano dietro "film minore" ma in realtà era più una summa che una sottrazione del suo cinema. Tirando le somme, su Marte il film migliore porta il suo nome a inizio 2000.

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    1. Dico sempre che "Futurama" non viene celebrata mai abbastanza per il suo autentico genio, ma dico anche lo stesso del film Marziano di Carpenter, criticato da quelli che sugli occhi hanno il prosciutto, avercene di film "minori" come quello dico io, ma sono destinato a restare inascoltato ;-) Cheers

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  4. Scusa Cass, lungi da me fare il precisino della fungia, ma forse intendevi Armageddon invece di Indipendence Day, nei versus! Per il resto finisco di leggere il post e poi ti dico meglio, ho delle opinioni contrastanti su questa pellicola. Ciao

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    1. Sto correndo troppo in questi giorni, ho corretto grazie ;-) Cheers

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    2. Tra l'altro oggi è un giorno importante, MJ fa cifra tonda!!
      Mannaggia come passa in fretta il tempo...

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    3. 60 li aveva già fatti al Boston Garden ;-) Cheers

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  5. Guarda, esattamente come succede a te, sono sicuro di aver visto questo film, ma non ne ricordo nemmeno un fotogramma! Ricordo meglio l'"avversario" Pianeta Rosso.

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    1. Un film che tende a scappare dalla memoria, spero di averlo "salvato" ora, avendone scritto. Cheers!

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  6. Mi sa che non l'ho mai visto dall'inizio, che leggendo dell'incidente e dei vermi di sabbia in CG non mi sovviene nulla di nulla. O forse l'ho visto e l'ho dimenticato 😛 La scena della dipartita di Woody credo sia quella che ricordiamo (giustamente) tutti, poi: male gli alieni, bene la partenza verso l'infinito e oltre del personaggio di Sinise.
    Il mio grosso problema con questo film è il trucco degli occhi di Gary Sinise. Mi piacerebbe tanto sapere di chi è stata l'idea di passargli la matita all'interno della palpebra inferiore, come si usava negli anni '90...dalla prima volta che ho visto il film non riesco a fare a meno di notarlo ogni volta (pensando poi a quanto era fastidioso quel tipo di trucco) e poi non riesco a pensare ad altro 😛

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    1. Non so che ha questo film, ma fugge dai neuroni. In effetti allora andava forte, qualcosa che non è sopravvissuto (per fortuna) alla prova del tempo, visto che la trama è ambientata nel 2020, magari il trucco agli occhi di Sinise fosse stato il nostro più grosso problema! ;-) Cheers

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  7. Il problema di questo film è l'ambientazione marziana: effettivamente fino a quando non arrivano sul pianeta non è male, sicuramente realizzato molto bene, almeno dal punto di vista visivo, e anche la storia, sacrificio di Tim Robbins compreso, è funzionale. Poi arrivano sul pianeta e iniziano le magagne. Sicuramente il finale spiegone con l'alieno-Piero Angela, fa cadere un pò le braccia... Comunque non mi viene da bocciarlo completamente, sarà che ho sempre avuto una passione per i film ambientati su Marte...

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    1. Nemmeno io lo boccio, ma è chiaro che se già le commedia di De Palma non sono tra i suoi film che preferisco, figuriamoci quando si cimenta con la fantascienza. Cheers!

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  8. Quando ho letto il titolo ho pensato: "ah sì, questo l'ho visto"..poi leggendo la recensione mi sono reso conto che ho visto "Pianeta rosso" con Val Kilmer ma non questo :D

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  9. film stupendo, l'ho adorato dall'inizio alla fine :*

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    1. Ha influenzato parecchi titoli usciti dopo il 2000. Cheers!

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  10. Un De Palma su commissione e si vede sotto diversi aspetti, direi. Ma lo stesso io non riesco a volergli male, visto quella che molto probabilmente è stata la sua fonte d'ispirazione primaria (e con l'autore di quest'ultima, tra l'altro, penso abbia familiarità lo stesso Spielberg, come del resto ti avevo accennato nel post su "E.T."): conoscendo l'atteggiamento di Brian nei confronti dei suoi film è ovvio che difficilmente da lui sarebbero mai potute provenire delle delucidazioni a riguardo, ma per quei due furboni di Jim e John Thomas la questione è diversa e, anche se non ne hanno mai parlato, faccio molta fatica a immaginarmeli all'oscuro dell'esistenza di certe fonti (leggi in particolare le ultime tre righe del post)... ;-)
    https://www.labottegadelbarbieri.org/jeff-hawke-mediatore-di-conflitti-spaziali/

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    1. Grazie mille per il link ;-) Si bisogna dire che De Palma per atteggiamento e indole, non è tenero con i suoi capolavori, figuriamoci con un titolo di cui non conserva un buon ricordo lavorativo, però è molto spesso più auto critico del necessario. Cheers!

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  11. Arrivo tardi ma ringrazio delle varie citazioni ^_^
    All'epoca ero contentissimo di questa "corsa su Marte" (c'era anche un terzo film ma mi scordo sempre il titolo, comunque roba di serie Z), nel '97 avevo seguito con molta attenzione la missione Pathfinder quindi era un periodo che portavo quel pianeta nel cuore, ma al cinema sono andato a vedere "Pianeta rosso", e ho fatto bene! Sia perché l'ho amato in ogni fotogramma, sia perché poi di lì a poco su Tele+ ho visto "Mission to Mars" e la delusione misto noia è stata potente. Mentre "Red Planet" attingeva a quel tipo di fantascienza vecchia scuola che io ho sempre amato e che è sempre stata minoritaria al cinema (cioè persone normali di fronte a problemi fuori dal normale) "Mission to Mars" era piattume classico che si rifaceva al "già visto" in tutte le sue salse. Il pippone alieno è la bastonata finale sul capocollo.
    Mi spiace per Brian, che si è ritrovato senza pareti a cui appiattirsi mentre il cetriolo volava, ma la sceneggiatura è devastante, soprattutto se deve vedersela con quel gioiellino di concorrente. Mettiamola così: "Mission to Mas" è un delicato piatto pregiato cotto male, "Red Planet" è pizza e mortazza che gli dài giù finché non è finito :-P

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    1. Decisamente a fuoco la metafora e poi non potevo non citare la tua rubrica marziana ;-) Cheers!

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