lunedì 6 febbraio 2023

Gli spiriti dell'isola (2023): l'isola è silente adesso (ma i fantasmi infestano ancora le onde)


Lo sapete che non corro dietro alla stagione dei premi cinematografici, anzi a dirla tutta sono anche abbastanza scapestrato quando si tratta di nuovi titoli in uscita, diciamo che mi piacciono più i film che tutta la loro attesa o le chiacchiere da bar sui premi.

Mettiamola così però, se qualcuno mette dosi abbondanti di Irlanda nel suo film è facile che mi abbia già idealmente venduto un biglietto, facciamo due visto che ho rotto talmente tanto le balle alla Wing-woman con “In Bruges” (2008), che quando le ho detto che il regista e i due protagonisti si erano ritrovati per un nuovo film, ha alzato gli occhi al cielo. Ma appena le ho detto «Però è tutto ambientato in Irlanda», solo a quel punto si è convinta (storia vera).

«Questo rumore, sono le Banshee che urlano?», «No è Cassidy che si sta gettando di corsa sul nostro film»

Dopo il successo del suo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, il regista di origini irlandesi Martin McDonagh torna a casa, per una storia che sembra fatta dal sarto per ricordarmi la mia distanza da tutta questa fregola da premio attorno ai film. “Gli spiriti dell'isola” (sul titolo italiano ci torniamo più avanti) è stato venduto come una commedia, beh si certo, nel film di McDonagh ci sono momenti in cui si ride, di un umorismo grottesco se non proprio nerissimo, ma equipararlo all’ultima friccicarella stronzat… ehm commediola con Jennifer Lopez, mi sembra un discreto salto dello squalo.

Il gran parlare di film PRIMA della loro uscita, spesso lo trovo dannoso e basta, immaginatevi lo spettatore medio che va in sala aspettandosi un’allegra commedia irlandese, spinto magari dalla notizia della gragnuola di Golden Globe vinti dal film, dalle ottime recensioni raccolte all’ultimo festival di Venezia e da quelle venticinque o ventisei nomination ai prossimi Oscar appioppate al film. Sarà che la mia fiducia nell’umanità sta spesso sotto i tacchi, ma difficile che tutto questo possa essere buona pubblicità, anche perché la sensazione che ho avuto, è che il film di McDonagh sia in lizza per molti premi, in mancanza di categorie più adatte tipo: «Miglior paesaggio Irlandese che basta inquadrarlo per bucare lo schermo», «Miglior asino non protagonista» oppure «Miglior film che vi farà venire voglia di una Stout».

Voglio un prequel sulla vita di Jenny l'asinella, subito!

Oh badate bene, non mi frega un accidente di premi e nomination, però i quattro attori umani del cast (e quello equino) sono tutti bravissimi, la fotografia è eccezionale (brillante la trovata della luce a forma di croce cattolica, sul volto del prete confessore), però “Gli spiriti dell'isola” conferma la mia idea per cui i film vadano valutati per quello che sono, non per tutto il chiacchiericcio da bar Pub che li precede o li segue.

Anche perché con il mio bizzarro umorismo (date un’occhiata al nome nel blog per conferma), ho sempre dei problemi con i film etichettati come commedia, per fortuna l’ultima fatica di McDonagh ha diversi strati di lettura, spalmati sui 114 minuti di una trama molto semplice, che riesce tra le altre cose, a parlare in modo intelligente della stupidità umana, ma prima di tutto, affrontiamo la questione del titolo italiano.

Ho avuto la fortuna di beccare una sala dove vedere “The Banshees of Inisherin” in lingua originale, in modo da potermi godere il cast libero di non trattenere il proprio naturale accento, un trionfo di “Fecken” al posto del più canonico (alle nostre orecchie) “Fuckin”. Come italiani non abbiamo molta dimestichezza con le Banshee, anche perché non esiste nel nostro folklore qualcosa di equivalente a questa sorta di streghe urlanti, che fischiano come il vento che in linea di massima, in Irlanda non manca mai e che si manifestano a qualcuno per annunciargli la sua prossima dipartita. Inoltre l’isola di Inisherin è un’invenzione cinematografica, che nel film sfoggia i paesaggi bellissimi delle contee di Galway e di Mayo, se non ci siete mai stati, vi assicuro che prima di morire, meritano una visitina.

«Un altro giro?», «Non bevo con te sopracciglione, sei noioso»

Per questo il titolo migliore sarebbe stato “Le Banshee di Inisherin” oppure risparmiare tempo lasciandolo in originale, anche perché “Gli spiriti dell'isola” è un titolo abbastanza moscio per un film che invece ha parecchi strati di lettura. Ad esempio, potrebbe essere una Banshee la spettrale signora McCornick, con il suo scialle nero, anche se sarebbe una rappresentazione un po’ didascalica e un’analisi frettolosa del film.

“The Banshees of Inisherin” parte da uno spunto semplice, quasi una commedia della minaccia, in stile Pinteriano (o Pinteresque) anche se non è interamente ambientato in interni, ma per fortuna sfoggia i bellissimi paesaggi irlandesi. Tutto inizia dal molto piccolo, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile del 1923, con le esplosioni della guerra civile irlandese in lontananza, sull’isoletta di Inisherin tutto procede quasi come al solito, tranne per il fatto che il vecchio violinista Colm Doherty (Brendan Gleeson), non ha più voglia di passare le giornate a sentire l’amico allevatore Pádraic Súilleabháin (Colin Farrell), sbronzo al Pub a parlare e questo per gli irlandesi, una nazione basata sulla buona chiacchiera, è un affronto. Sul serio, da quelle parti non puoi andare al bancone e ordinare una pinta, devi come minimo metterti a chiacchierare dieci minuti con il barista (storia vera).

«Sai fare anche qualcosa di più allegro? Tipo boh, gli U2?»

Forse il difetto vero di “The Banshees of Inisherin” è il suo essere uno di quei film, dove per raccontare la sinossi, devi descrivere la prima mezz’ora della trama, ma è davvero l’unica critica che posso muovergli, perché Pádraic non si capacita che il suo amico non voglia più parlargli. Ancora più assurda la spiegazione, Colm avverte il tempo che scorre via e vorrebbe usarlo per fare qualcosa di più creativo che chiacchiere da ubriachi, come ad esempio comporre una melodia al violino, qualcosa che resti anche dopo la sua dipartita, quindi nasce uno scontro tra la vita reale e le ambizioni artistiche, che portano all’incomunicabilità totale tra le persone.

Anche perché Colm manifesta la ferrea intenzione di non parlare più con Pádraic, tanto da minacciare di tagliarsi via un dito (fondamentale per un violinista) se l’allevatore gli rivolgerà ancora la parola. Con la trama qui mi fermo, il bello di “The Banshees of Inisherin” sta anche nel vedere come Martin McDonagh faccia rotolare il sassolino già per la discesa, per assistere a come questo si trasformi in una valanga per i protagonisti, la loro grottesca faida ha effetto su tutti, dall’adorata Jenny, l’asina di Pádraic, passando per l’altrettanto amata sorella dell’uomo, Siobhán, interpretata dall’ottima Kerry Condon. Se guardavate Better Call Saul di sicuro vi ricorderete di lei.

«Ah ecco dove ti avevo già vista, sei la miglia di Mike!»

Le Banshee e il loro coro greco irlandese di morte, primo strato di lettura. Una riuscita commedia della minaccia, che fa ridere e tiene in tensione grazie al talento degli attori e alla maestria nell’orchestrare il tutto da parte di McDonagh, secondo strato di lettura. Il terzo, quello che mi ha colpito più di tutti è il modo in cui “The Banshees of Inisherin” riesca ad essere un’allegoria della storia dell’Irlanda: per certi versi il violinista Colm rappresenta la vecchia Irlanda, quella con aspirazioni, nel suo caso rappresentate dalla sua volontà di fare arte. Un personaggio che non ha nessuna paura ad adottare gesti rivoluzionari e autolesionistici come tagliarsi via le dita, un tipo di approccio che difficilmente non può non far pensare agli attentanti interni alla nazione dell’IRA.

Pádraic invece è l’Irlanda più giovane, quella del governo provvisorio che ha acquistato abbastanza indipendenza da ritenersi soddisfatto della sua semplice vita e proprio non riesce a capire gli strambi desideri “alti” dell’amico. Posizioni inconciliabili che generano guerre civili, come quella sullo sfondo, lontana dall’isola di Inisherin, ma combattuta in una sua piccola versione locale. Non è un caso se in maniera molto circolare, il film si concluda con una riflessione sulle esplosioni in lontananza («Sono sicuro che ricominceranno presto vero? Certe cose non terminano mai.»)

Tutti i peggiori conflitti sono cominciati così, per motivazioni spesso da niente.

Il restare immobili, in un muro contro muro di posizioni inconciliabili porta ad una grottesca faida che lascia sul campo vittime, qualcuno non arriva alla fine del film, morendo di morti rese ancora più grottesche dalla situazione, altri invece, quelli più sensibili, nei casi migliori non possono fare altro che scappare, lasciando la natìa Irlanda come in un pezzo dei Pogues.

Quattro attori in croce per un altro film davvero riuscito per McDonagh, bisogna dire che Barry Keoghan nei panni di Dominic riesce con niente a delineare un personaggio più sfaccettato del solito “scemo del villaggio”, così come Kerry Condon che con la sua Siobhán incarna l’unica voce che si alza in cerca di una mediazione, destinata a restare inascoltata. Già il cappello davanti a Brendan Gleeson e Colin Farrell, passivo aggressivi come i rispettivi ruoli richiedono, con la stessa chimica sfoggiata in “In Bruges”, ma su fronti apposti.

La frettolosa etichetta “commedia” e le tante nomination non so se possano essere un bene o un male per un film così, forse serviranno solo a creare aspettative nel grande pubblico, difficili da sostenere. Poco importa l’ho davvero apprezzato, se pensate possa essere nelle vostre corde, altamente consigliato, se siete appassionati di Irlanda e della travagliata storia di quell'isola, un titolo imperdibile. L’unico vero difetto è che ti lascia con una voglia di birra che lèvati, ma lèvati proprio. Dove la trovo una “Fecken” Beamish come si deve da queste parti?

The island it is silent now
But the ghosts still haunt the waves
And the torch lights up a famished man
Who fortune could not save.

24 commenti:

  1. Non ho visto i film precedenti di Martin al cinema (my bad), ma questo è già prenotato. Sia quel che sia.

    Comunque è il regista europeo più similare ai Coen che abbiamo adesso, tanto di cappello per aver raggiunto una solidità artistica così personale. Ma con "quei cazzo di cigni" in In Bruges sono diventato subito fan del suo stile.

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    1. Buona visione, se riesci a trovare un cinema che lo proietta in lingua originale, sarebbe il massimo per un film così. Vero, “In Bruges” mi era piaciuto molto, “7 psicopatici” un pochino meno ma alla fine si guardava anche quello senza problemi ;-) Cheers

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  2. Mi sa che nel weekend l'abbiamo visto un po' tutti sto film dal trailer mendace che te lo spaccia per commedia invece è di un' amarezza che solo lui sa quanto.
    Ne ho appena parlato anch'io come tanti altri che scrivono sui blog.
    Comunque un film che ti incolla allo schermo per com'è grottesco e surreale.
    È le banshees, ricordiamo che sono anche legate a Siouxsie eh😜

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    1. Oppure agli X-Men :-P Meno male, in un fine settimana dove è uscita parecchia roba, per fortuna un film così ha attirato tanti. Cheers

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  3. Ho visto trailer che lo lanciano tipo "Natale in Irlanda", il cinepanettone campione di risate che deluderà parecchio chiunque ci caschi :-D
    Comunque Colin Farrell continua la sua consuetudine di "capelli brutti". Anni fa in un'intervista ha detto fra le dieci peggiori acconciature nel cinema almeno tre sono le sue, ora direi che ambisce anche alla quarta :-P

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    1. Come non voler bene ad un Uomo deciso a combattere NICO FUCKIN GABBIA sul suo stesso campo di gioco <3 ??

      EROE

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    2. Va detto che i film che escono dai film festival sono un oggetto a parte, dopo una settimana di titoli pallosissimi, il primo in grado di fare una minima gag, viene accolto come l’ultimo di Mel Brooks, quindi sempre prendere con le pinze i film “divertenti” che escono dai film festival ;-) Cheers

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    3. Secondo me lo fa apposta, per distrarre dai sopracciglioni. Cheers!

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  4. Io discendo dai Carliel di Cork e c'ho pure dei cugini di 16° ben radicati ancora da quelle parti. Uno dei primi volumi che hanno costituito le fondamenta della mia attuale biblioteca di etnografia,mitopoiesi comparata e folklore arcaico é la raccolta delle fiabe irlandesi di W.B.Yeats. Roddy Doyle e i Joice + popolari li rileggo come fumetti....Ho passato mezza giornata a discutere con Graziano Messina di I.R.A. e il fallito colpo di stato Einaudi,una volta (lo dico perché se questo film lo prendi intero e lo giri uguale a Carloforte non si accorge nessuno della differenza).
    Aperitivo prediletto dall'età di 15 anni: Gunnes+Jameson ogniqualvolta possibile.
    Detto questo per onestà intellettuale, questo film (OVVIAMENTE tragico,disperato,tristissimo come ogni riflessione che possa uscire da un irlandese) é la summa di tutto quello che di artificioso e fintamente profondo c'é nel cinema di questo regista gigione, gira cartoline,furbetto e vuoto.
    Io che amo Bruges ho odiato In Bruges proprio perché se gli togli quell'elemento é una cagatina di filmetto GuyRichiano recitato da uno in stato completamente confusionale e l'altro in pilota automatico.
    Qui siamo al suo massimo storico di insipienza (e dire che ha fatto "3 cialtronate ad ebbing ecc..." che era il suo bigino sui Cohen) e pure a quello di efficienza della sua Agenzia di Marketing. Copia solo Autori di successo, ci mette l'ambientazione ricercata sui trend chic ,ma lo riempie di vuoto e recitazione derivativa.

    Ti dico solo che a 3/4, al limite della sopportazione per le vuotaggini ben fotografate ,sono corso a mettermi su Un Uomo Tranquillo chiedendo perdono piangendo a Johnny Ford.
    {{ Le Banshee hanno in realtà qualche attinenza anche nel nostro folklore italico MA essendo le nostre peculiarità pagane estremamente regionali, renderlo percepibile ad una realtà nazionale vieppiú ignorante come bestia asinina anche sulle proprie tradizioni di 20 fa, era impresa vieppiú impossibile}}

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    1. Da Cork una volta sono stato solo di passaggio, la seconda invece l’ho visitata, molto bella. In effetti ci sarebbero ha ragione, ma avrebbe reso il titolo italiano fin troppo colto, meglio zappare tutto con un generico “L’isola degli spiriti”, che dopo la pubblicità da commedia, magari tiriamo dentro anche due fanatici dell’horror. Una volta guardavo il film di John Ford con la stessa gioia con cui buttavo giù Guinness e Jameson, ma dopo il saluto di George “Amore” Romero non riesco più (storia vera). Una volta dovrei buttarmi, mi è sempre piaciuto molto quel film, sai la storia di quando si cade da cavallo no? Cheers

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    2. Bravissimo, esattamente la metafora consona.
      Da 4 film suoi sono stato attratto: facce, location,taglio,argomento...e da tutti e 4 son stato morso,o scalciato o disarcionato. Su di un paio ho anche riprovato a salire ma piuttosto vado in bicicletta.
      Pure la faccia c'ha in discount: é Sting brutto! ><

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    3. In pratica è Sting se fosse stato segnato davento e clima Irlandese, condito dalla vita da pub. Oh, I'm an alien, I'm a legal alien, I'm an Irishman in New York. Cheers!

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  5. Uh! Ma io non sapevo fosse un film così irlandese! Ok, non posso perdermelo, magari rivedo casa mia (ho vissuto due anni a Galway e uno a Dublino...)... Lo svantaggio di evitare i trailer come la peste, ma il vantaggio di frequentare i blog giusti! :--D

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    1. Ho dei dubbi che tu veda casa tua... A meno che tu non abbia vissuto su quell'isola...

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    2. Sono qui per questo ;-) Cheers

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    3. L'isola non esiste, ma è stata "interpretata" dalle contee di Galway e di Mayo. Più che altro dubito che SamSimon vivesse in una casa stile 1923, però tutto potrebbe essere, ho dormito in posti pazzeschi in Irlanda ;-) Cheers

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    4. No no, vivevo in una normale villetta anni 90. 43 Churchfields, Salthill, Galway. Me lo ricordo ancora, anche se son passati 11 anni da quando andai via! :--)

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    5. Non credo troverai proprio quella via, ma penso che il film ti piacerà ;-) Cheers

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  6. In effetti il Golden Globe vinto come "miglior commedia" è alquanto surreale, però va detto che i film di McDonagh sono abbastanza inclassificabili... concordo comunque con te: va visto assolutamente in versione originale! Anche perchè il doppiaggio italiano stravolge letteralmente il film: nella v.o. lo slang e l'intonazione dei personaggi lo fanno apparire indubbiamente sarcastico all'inizio per poi via via scivolare verso il dramma, un cambio di passo che è essenziale ai fini della comprensione. Nella versione italiana invece tutto è appiattito e monocorde, questa differenza (per me sostanziale) non si avverte affatto.

    p.s. ma quanto è tenera (e brava) Kerry Condon? Me ne sono innamorato perdutamente... <3

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    1. Forse gli amici del Globo erano in vena di umorismo oppure si sono adattati, in mancanza della categoria “Miglior commedia nera” ;-) Vero, essenziale perché va di pari passo con l’arco narrativo del personaggio. Kerry Condon è bravissima, poi qui rappresenta la voce della ragione, quindi ci si aggrappa al suo personaggio ancora di più. Cheers!

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  7. Talmente commedia che, dopo la prima vana speranza di vedere i due riappacificarsi, ho passato l'intera durata del film in ansia neanche stessi guardando un horror. In ansia e disperazione, unita alla voglia di prendere a ceffoni entrambi i contendenti. Mano male che almeno UNA furba sull'isola c'è (se non vogliamo contare la Banshee in persona, e spero di invecchiare malvagiamente come lei).

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    1. Infatti Kerry Condon è il personaggio a cui ci si aggrappa, quella che capace che davanti alla stupidità irremovibile, non ci sono troppe alternative. Cheers!

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  8. Aspettavo la tua su quest'Isola, che mi ha conquistato facile.
    Entrare senza sapere niente mi ha aiutato, definirla commedia scricchiola, anche se l'umorismo nero c'è e di risate a denti strette in sala ne ho fatte.
    Giù il cappello a tutti, in particolare a Martin che non sbaglia un colpo, la sua scrittura incisiva vorrei, dialoghi da incorniciare!

    Ora, dove si adotta un mini-asino?

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    1. Se lo scopri scrivi, che l'argomento è caldo ;-) Ormai cerco di sapere sempre meno dei film prima di vedere e il più possibile dopo averli visti e magari apprezzati, come questo. Cheers!

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