lunedì 23 gennaio 2023

Tulsa King - Stagione 1 (2023): il ritorno del Re (sul piccolo schermo)


Quando Francis Ford Coppola vacillava all'idea di gettarsi nell'impresa di trasformare Il Padrino in una trilogia, qualcuno ai tempi provò a farsi avanti. Rifiutato dopo un provino per il ruolo di Sonny, il volontario aveva idee tutte sue su come portare avanti la saga, ne abbiamo parlato, quel signore si chiamava Sylvester Stallone (storia vera), uno che in linea di massima, sarebbe finito dentro un completo da gangster italo americano poco dopo.

Ci pensavo ai tempi in cui la saga dei Mercenari sembrava marciare sui binari giusti, se zio Sly e tutte le vecchie glorie, mettessero da parte per un momento (l’enorme) orgoglio, quello che solo chi è stato IL divo degli anni ’80 potrebbe avere, il piccolo schermo sarebbe pronto ad accoglierli tutti a braccia aperte. Considerando che le ultime sortite al cinema del nostro sono state ben poca cosa, per essere servo in paradiso, tanto vale essere il Re nell’inferno dorato delle moderne serie tv. Per diventare il Re di Tulsa, Stallone si è scelto i migliori nomi su piazza.

Taylor Sheridan, che con la sua Yellowstone macina ascolti da capogiro e spin-off uno via l’altro negli Stati Uniti. La leggenda vuole che l’attore passato con successo alla regia e soprattutto alla sceneggiatura, abbia buttato giù il soggetto di “Tulsa King” in meno di una giornata, non stento a crederlo perché per nostra fortuna, questa è una serie dal ritmo bello spedito, ma ci torneremo tra poco.

«Bella Tulsa ma non ci vivrei. Anzi, forse si»

Produttore? Un nome grosso, Terence Winter quello de I Soprano e del mai abbastanza ricordato “Boardwalk empire”, una volta di queste dovrò decidermi a scriverne. Insomma zio Sly ha scelto di dormire tra due guanciali, ma come si sposa l’amore per il West di Sheridan con la lunga tradizione dei Gangster del piccolo schermo di Winter? Così, con “Tulsa King”, che sa mescolare Est e Ovest (o meglio West) fin dalla riuscita sigla della serie che qui da noi in uno strambo paese a forma di scarpa, trovate su Paramount+, così lo sapete.

La storia sembra il perfetto punto di equilibrio tra Sheridan e Winter e per altro, riesce a sposarsi perfettamente con le vecchie voglie da Gangster di zio Sly. Per certi versi il suo Dwight "il generale" Manfredi è “Snaps” Provolone indurito, ingrigito, un ruolo perfetto per uno nato a New York, quartiere di Hell’s Kitchen, che finalmente non ha più bisogno di tingersi i capelli o doversi coprire i tatuaggi, anzi, ne sfoggia anche qualcuno aggiuntivo, perché come per Titus Welliver in “Bosh” (altra serie di cui un giorno mi deciderò a trattare) sono parte del personaggio e dell’attore che li interpreta.

«Hai una faccia nota, ti ho già visto da qualche parte?», «Forse la cinema, ho fatto. qualcosina»

Manfredi è sempre stato fedele, non ha mai spifferato nemmeno durante i venticinque anni che ha passato dietro le sbarre, per quella fedeltà alla famiglia ha perso il rapporto con la sua, tanto che la figlia Tina (Tatiana Zappardino) non la sente da diciotto anni e i suoi nipoti, non li ha mai visti.

In cambio di tale fedeltà di ferro, l’uomo chiamato dai genitori come il presidente e generale, cosa ha ottenuto? Un esilio, invece di Sant’Elena però Tulsa, Oklahoma, gli Stati Uniti più profondi, quelli della “Bible belt” dove se il vecchio ronzino bianco di nome Pilot, gironzola da solo nel centro della città, regalando apparizioni animali quasi Felliniane, nessuno si stupisce perché tanto è da sempre terra di Cowboy.

Stallone & Stallone (perdonatemi, non ho potuto resistere)

All’arrivo all'aeroporto, solo un tassista spiantato affascinato dalla vita da “gangster”, il giovane Tyson (Jay Will), subito promosso ad autista privato, perché Dwight è qui per portare un po’ di Grande Mela a questi vaccari, anche se come potete intuire, i suoi piani a lungo termine sono riassunti nel titolo della serie.

Per la prima volta Sylvester Stallone accetta un ruolo da protagonista sul piccolo schermo e il risultato ve lo dico subito è meno della somma delle sue parte, o meglio, meno della somma delle aspettative che i nomi coinvolti potrebbero aver generato. “Tulsa King” non ha il passo di Yellowstone e non è destinato a fare la storia come I Soprano, il suo parente più prossimo a ben guardare è l’altra costola dei Soprano, ovvero Lilyhammer: togli la Norvegia metti l’Oklahoma, togli Little Steven Van Zandt metti zio Sly e il gioco è fatto.

La fibbia della cintura con la testa di Raptor sarà il mio prossimo regalo di Natale.

I momenti comici generati in automatico, quando un vecchio Gangster si lancia nella sua versione di “Scappo dalla città - La vita, l'amore e le vacche” (1991) ci sono e nemmeno pochi. Dwight mette subito le mani sul dispensario locale offrendo protezione al ricco giro d’erba (non per cavalli) della zona, da lì non si ferma più. Si mangia bene in questo locale, quasi quasi me lo compro e via, tutto per rendere onore al titolo della serie.

“Tulsa King” ha momenti leggeri e comici riusciti, ma rende ovviamente onore anche ai trascorsi da duro di zio Sly, che ci carica la serie sulle spalle e se ancora foste tra quelli che hanno qualche pregiudizio sul suo talento di attore, potrebbe essere l’occasione buona per rivederli. Chiaro che Stallone abbia un numero di ruoli limitato, ma parliamo di un attore in grado di dosare bene carisma e intensità, qui recita davvero con tutto quello che ha, persino le rughe e i ritocchini (di chi era IL divo degli anni ’80) sono gli strumenti che utilizza per delineare Dwight "il generale" Manfredi, che è a tutti gli effetti un Gangster, su questo non ci piove, ma uno come lo potrebbe interpretare Stallone, con una sua etica, con il senso dell’onore che negli anni, abbiamo ritrovato nei suoi personaggi simbolo. Ironico e dolente, pieno di sensi di colpa e orgoglio per via di un quarto della sua vita sprecata dietro alle sbarre, ma anche con la volontà di risolvere, passare ad altro. Se Rocky ha sempre avuto solo cuore e pugni e Rambo la sua capacità di fare la guerra, Manfredi ha i suoi metodi da Gangster e il carisma di uno che si carica nove puntate sulle spalle e trascina la serie oltre la linea di meta, non ci riesci se non sai recitare, fatevene una ragione detrattori storici.

Nespresso what else? (e Clooney... MUTO!)

Quello che rende “Tulsa King” un’ottima serie oltre alla prova di Stallone è proprio il suo ritmo, a differenza della maggior parte delle serie contemporanee, qui non si perde tempo in inutili chiacchiericci allunga brodo, Manfredi ha già perso troppo tempo al “gabbio” e i suoi metodi sono spicci come il ritmo della serie. Anche i personaggi di contorno hanno tutti il loro spazio senza mai trasformare le puntate nel trionfo della chiacchiera inutile, tanto che ad esclusione dei primi episodi introduttivi, la serie si attesta su puntata da 35 minuti l’una, tempo ideale dove puoi raccontare tutto senza annoiare nessuno, enorme punto a favore della serie.

Gli avversari si distinguono tra il nemico della prima stagione e quello che lo sarà sulla lunga distanza, iniziamo dal primo, l’irlandese Caolan Waltrip (Ritchie Coster) che sembra il capo dei SAMCRO se questi fossero stati assassini senza cuore, o meglio lo erano, ma in quanto protagonisti della loro serie (di cui dovrei decidermi a scri… vabbè basta) noi spettatori tendevamo a notarlo meno. Mentre se vi può sembrare strano trovare Domenick Lombardozzi (direttamente da The Wire) con i capelli, sappiate che il suo Don Charles "Chickie" Invernizzi è l’equivalente moderno dei vecchi criminali come Dwight, che completa il suo arco narrativo mentre zio Sly si prende Tulsa. Alla fine della prima stagione sembrerà un giovane Kingpin il che ha perfettamente senso, visto che Stallone è nato nel quartiere di Hell’s Kitchen. Scusate questa piccola deriva da lettore di fumetti.

Fa strano vederlo con i capelli, lo so.

Forse gli avversari sembrano spazzati via con un po’ troppa velocità, ma almeno uno dei due tornerà a dare filo da torcere al protagonista, nel caso di riconferma della serie. Di sicuro il ritmo spedito di “Tulsa King” ci regala momenti d’azione, in cui zio Sly è perfettamente credibile quanto manda qualcuno al tappeto con un sinistro (vecchia abitudine) e si lancia in sparatorie, una in particolare sulle note di un pezzo piuttosto famose di Phil Collins (arrgh! Il maledetto) che sembra messo lì per strizzare volutamente l’occhio e l’orecchio ad una certa serie del piccolo schermo piuttosto famosa.

Insomma “Tulsa King” non è affatto un corpo estraneo alla filmografia di Stallone, forse non si è ancora impossessato di tutto come l’Autore ("A" rigorosamente maiuscola) dentro di lui tende da sempre a fare, ma è sicuramente una prova notevole da parte sua: a fuoco, dedito a storia e personaggi. Vi va bene che Paramount+ centellini le puntate una a settimana, perché grazie all’ottimo ritmo, queata è la classica serie che potreste fumarvi in due o tre serate sul divano, per poi passare il tempo come me, a consumarsi in attesa della riconferma della prossima stagione.

It's good to be the King (cit.)

Ci ha messo un bel po’ zio Sly a decidersi, ma ora che il Re è sbarcato sul piccolo schermo, finalmente lo ha fatto nel modo migliore possibile, meglio tardi che mai. All Hail to the King, baby!

18 commenti:

  1. Dubito che la vedrò ma sono contento che Sly stia conoscendo una seconda gioventù sul piccolo schermo. Visto che ora è sbarcato su Paramount, lo voglio in una comparsata sull'Enterprise ^_^

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    1. Al momento pare che solo James Gunn riesca a strappare cameo nerd al nostro, però in pigiama Trekkie io quasi me lo vedo, anche se per attitudine strapperebbe il comando a Pike, creando un buco nella continuità della serie ;-) Cheers

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    2. Beh, nel fumetto "Un difficile negoziato" si era già calato nei panni del cardassiano Teljan (un omaggio fatto dagli autori a Sly) però, visto che con Pike la cosa non ci azzeccherebbe molto dal punto di vista cronologico, io lo vedrei bene come un Klingon sul tipo del Generale Martok (giusto per rimanere in tema di generali) ;-)
      E intanto metto in lista pure "Tulsa King"...

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    3. Anche io ho pensato ad un Klingon, anche solo per il timbro di voce. Cheers

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  2. Possono togliere il
    3 pezzi gessato ad un italoamericano, ma non il suo orgoglio da picciotto.
    Avendo sempre avuto un debole per l'ingiustamente sbeffeggiato gioiellino di Landis, speravo di poter rivedere Silvio in queste vesti prestigiose.
    Mi confermi che sono uscite tutte? Le cose che ho letto fin'ora non erano entusiaste soprattutto dei comprimari e della scrittura in generale,ma erano palesemente basate sulle prime 3 puntate.La speranza é che non sia il solito pilota stiracchiato a fotocopia.
    Boardwalk la stavamo recuperando proprio poco tempo fa,ma ci siam sgonfiati in breve causa totale virata sulla soap già a metà prima stagione nonostante confezione e facce però veramente gagliarde.Unica pecca la Pazza Veg che la volevo morta alla seconda puntata. I Soprano invece porlacarítaddedios non li reggevo.
    Siccome Silvio lo sanno tutti che é intelligente ma pigraccio, buttare via un bel concept e finire a Samaritans é un attimo.

    Spero non sia come Peacemaker: tutto acchittato intorno al protagonista impallissima,ma col resto di troupe e cast impegnato a trasmetterci disagi e fastidi di doverci lavorare insieme,o anche solo l'invidia.

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    1. Molti storcevano il naso, Rocky/Rambo in versione gangster? Giammai! Ecco, guardatela tutta la filmografia di Sly magari, senza saltare il gioiellino di Landis, poi ne riparliamo.

      Non è come “Peacemaker” malgrado sia Sly-centrica. Qui i comprimari sono pochi e stanno al loro posto, la sensazione è che siano tutti contenti di apparire accanto ad un nome enorme come quello di Stallone, insomma, niente Gunn che cerca di caratterizzare personaggi di contorno che hanno poco da dire, quando siamo tutti qui per il titolare.

      Su Paramount+ ha appena superato il sesto episodio, gli ultimi due dovrebbero arrivare a febbraio. Però confermo, in giro per l’internet si sono già spacciati recensioni sulla stagione intera, dopo aver visto (se va bene) i tre o quattro episodi mostrati in anteprima alla stampa. Io invece, che restavo fuori anche alla feste della medie, ho scritto di tutta la serie per davvero, perché odio lasciare i lavori a metà ;-)

      Pazza Veg anche fin troppo esagerata, ma stava nella serie per motivi “epidermici” (nel senso di pelle nuda mostrata) che per la HBO contano molto. “Boardwalk” paga il fatto di aver perso attori in corso d’opera, con stagioni anche altalenanti, ma gli apici, erano proprio alti alti per Nucky Thompson ;-) Cheers

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    2. Noi che abbiamo visto una Zia Sexy May in fiore andar sotto bevendo dal Vajont nel confronto con Ornella Muti già quasi nonna, l'abbiamo sempre guardata con sufficienza,diciamocelo ;)

      Attenderò febbraio e vedremo se regge tutte e nove.Ho avuto Slow Horses a coccolarmi e nel frattempo stò adocchiandone altre minori sfuggitemi,tra cui una distopica stramba con protagonista un comandante di sommergibile americano che fa il Marko Ramjus ma "avrei sempre voluto vedere le Hawahi".. Giuro che ora manco ricordo piú come s'intitola.

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    3. Dovesse tornarti in mente spara il titolo, che pare roba nella mie corde. Cheers!

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    4. "Last Resort" 13 episodi vagamente battelstargalattici,cosí lessi in sinossi, per caso..Sempre per quel discorso dell'altro giorno su derivati e derivati di Tom Clancy.

      ..dimenticavo di dirti che nel mio personalissimo palinsesto televisivo il tempo NON ESISTE quindi magari é roba stravecchia.Ma io ho il vantaggio di stare scollegato per tempi lunghissimi e non me ne cruccio.

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    5. Segno e vado ad approfondire, grazie per la dritta ;-) Cheers

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    6. Ohi ma magari se decidi di guardarla avvertimi che parto anche io in contemporanea.

      Il passaggio é stato : The Wire->Baltimora->Homicide LOTS -> André Braugher
      Che avevo appena trovato in questa Serie Sommergibile come protagonista

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    7. Dovessi iniziarla sicuro, ti scrivo. Devo solo capire come sono messo con le serie in questi giorni. Cheers!

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  3. Zio Sly è un grande. Per quanto la sua stella si sia un pò offuscata negli ultimi tempi, il carisma che traspare da ogni sua ruga e da ogni capello (posticcio) non può essere lontanamente eguagliato dagli attori moderni (la bravura sì, ci sono tanti attori bravi e anche più poliedrici). Forse proprio Titus Welliver è uno di quelli attori che ovviamente non può essere paragonato a Sly perché ha una carriera molto diversa, però può essere un buon punto di riferimento per il nostro per come si è approcciato al personaggio di Harry Bosch, mettendoci molto del suo (a proposito: ho letto qualcosa della sua vita privata e devo ammettere che ha avuto delle sfighe significative).
    Diciamo che per chi lo considera un mito (quelli della nostra generazione) il passaggio al piccolo schermo non è visto come qualcosa degno di biasimo ma è invece la "naturale" prosecuzione di una carriera che per nostra fortuna non accenna a fermarsi, nonostante si avvicini ai 77 anni (!). Poi lo sappiamo che a differenza dei colleghi italiani, gli americani sono molto meno schizzinosi a tale riguardo...
    In ogni caso non vedo l'ora di vederla.
    Ciao

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    1. Anche perché ora la televisione non è più il cimitero degli elefanti per gli attori, anzi ci sono nomi che prosperano grazie alle serie tv, e in qualche caso arrivano anche al cinema. Se non altro zio Sly ha imposto le sue condizioni, per ora non si è ancora preso la serie, ma come inizio è valido ;-) Cheers

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  4. Pensavo appunto anch'io che fosse un Lylhammer in versione Sly, cioè con più Americanaggine (il tizio che da solo ribalta tutto quanto), ma con zio Sly ha il suo perché. Anzi, paradossalmente lo trovo meglio nei panni del gangster che in quelli dell'eroe. Se invece di lui mi avessero messo zio Schwarzy, ad esempio, probabilmente lo avrei trovato troppo forzato.

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    1. No Arnold non ha proprio i trascorsi, di passaporto e cinematografici per un ruolo così. Sly invece è proprio nel suo, una bella vetrina anche per quelli che si ostinano a considerarlo un attore di poco conto, che tanto non cambieranno idea, ma sono loro a perderci, non noi e di certo non Sly ;-) Cheers

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  5. Quelli che considerano Stallone un attorucolo tutto muscoli dovrebbero davvero rivedere le proprie competenze (se lavorano nell'ambito della critica). Perché o gli manca qualche pezzo (grosso) di capacità di analisi o eccedono in cattiva fede. In Tulsa King basterebbe il monologo per il fratello morente per zittire chiunque. Immenso. Sempre. Onore e gloria a Re Sylvester!

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    1. Credo che sia cattiva fede o pregiudizi sull'attore, in ogni caso letali. Quella scena e ci metterei anche l'altro monologo in ospedale, dopo la rivelazione interna alla sua famiglia, lì ho alzato le mani, King Sly. Cheers!

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