Non vorrei che passasse come il mio modo di parafrasare una battuta famosa di Benigni, però sapete qual è il problema più grave dell’Indonesia? Il traffico.
Immaginatevi i problemi di mobilità della città più
trafficata dove vi siete ritrovati imbottigliati con l’auto, ecco, a confronto
di Jakarta l’esaurimento nervoso che vi è venuto al volante quella volta, loro lo
chiamano mercoledì e nemmeno nell'ora di punta.
Un mio amico una volta, ha avuto la pensata di visitare Jakarta e i luoghi da essa raggiungibili su gomma nel modo più economico possibile, ovvero affittando un motorino, solo dopo ha capito come mai costava così poco, perché si sono modi meno truculenti per morire. Basta dire che sull'equivalente locale della tangenziale fuori da Jakarta è stato superato a destra. Vabbè, so cosa state pensando, tutto qui? Prima o poi quello che ti sorpassa a destra in un tratto di strada che non lo consente lo abbiamo beccato tutti, sì ma il mio amico è stato superato a destra sulla tangenziale da un carello elevatore lanciato a tutta forza, per di più con le pale sollevate ad altezza uomo (storia vera). Iko Uwais, prima di sfondare nel cinema, per guadagnarsi da vivere a Jakarta, faceva le consegne con il furgone. Quando Gareth Evans gli ha chiesto se voleva sfidare la morte insieme alla banda di aspiranti suicidi che per comodità chiameremo cast, per lui sarà stato l’equivalente di un comodo lavoro alla scrivania, dopo anni passati a scavare in miniera.
Su come il gallese Gareth Evans sia sbarcato in Indonesia, ve ne ha già parlato Quinto Moro nel primo capitolo della “Trilogia del Silat”, tutto è cominciato con la volontà di girare un documentario sull’arte marziale più amata dagli indonesiani e sulla sua strada il nostro, ha trovato uno dei maggiori artisti della specialità ovvero Iko Uwais. Ma Merantau era il riscaldamento, messa insieme la sua squadra di ninja senza alcuna paura della Nera Signora, Evans era pronto ad alzare la posta in gioco.
Il piano prevedeva di fare un film su una banda di ex teppisti usciti di prigione, ovviamente con Iko Uwais e Yayan Ruhian come colonne portanti, il primo trailer di “Berandal” cominciò anche a girare in rete, ma il progetto si rivelò troppo ambizioso (e costoso). Un anno e mezzo dopo un po’ a sorpresa, Evans annuncia “Serbuan Maut”, “The Raid” per il resto del mondo e il pianeta, esplode.
Seguitemi che questo è un passaggio un po’ complesso: lo avete visto tutti il secondo film su Dredd no? Uscito un anno dopo “The Raid” è lo stesso film. No, non ho detto ha la stessa trama, intendo proprio che è lo stesso film, sulla questione ha già detto tutto Lucius con il suo pezzo sulle pagine del Zinefilo, che vi invito caldamente a leggere. In estrema sintesi è andata più o meno così: nell'ottobre del 2010, Alex Garland deposita una sceneggiatura intitolata “Peach Trees”, come il nome dei palazzi alveare di Mega City One in cui la storia è ambientata, dopodiché tra lavorazione e post produzione, il film verrà presentato in anteprima al Comi-Con di San Diego solo nell'estate del 2012. In un punto imprecisato del continuum tempo spazio, il gallese Evans sente parlare del soggetto dell’inglese Garland, si tratta proprio di quello di cui ha bisogno per contenere i costi di produzioni e si porta l’idea laggiù in Indonesia, dove vince grazie all’esecuzione, perché non conta chi ha avuto prima l’idea, ma chi la esegue meglio: Galles 5, Inghilterra 0, tengo valido il punteggio del rugby prima della trasformazione, che per restare in tema, avviene grazie ad un calcio.
I primi vent’anni del 2000, per essere le terre desolate di un cinema morente, sono stati benedetti da due apparizioni tipo miraggi nel deserto, tutti ricorderemo la prima volta che abbiamo visto Mad Max - Fury Road e ancora prima, dove eravamo quando abbiamo scoperto “The Raid”. Io ero al cinema, per la precisione alla 29esima edizione del Torino Film Festival, quando ancora dava per davvero spazio e visibilità ai film di genere, ottima abitudine che pare essere andata purtroppo persa. Nella sezione Midnight Madness pescai questo titolo d’azione di cui non sapevo un accidente, che era più o meno quello che conoscevo del cinema Indonesiano, penso che ricorderò per sempre quella serata in sala come una delle più travolgenti della mia vita di cinefilo, anche perché il film venne presentato come merita di essere visto, in lingua originale (anche perché il doppiaggio è pessimo, ma lascio la parola agli esperti di Doppiaggi Italioti) e soprattutto senza la colonna sonora definitiva, quella che potete sentire nel Blu-Ray del film composta, con echi volutamente Carpenteriani, da Mike Shinoda dei Linkin Park.
Uscito dalla sala ero così frastornato da non aver
realizzato per davvero quello che avevo appena visto, ero sicuro di una cosa
però: quella che credevo essere la nuova Terra Santa dei film di menare, ovvero
la Thailandia di Tony Jaa era appena
stata sorpassata a destra dall’Indonesia. Su un carrello elevatore lanciato a
tutta forza e con le pale sollevate, incuranti della morte.
Può un film diventare un Classido un minuto dopo i titoli di
coda? Si e quel film non può che essere “The Raid”, classico istantaneo del
menare, nuovo messia delle botte e in generale, uno di quei film spudoratamente
di genere in grado di mettere tutti d’accordo e di concludere di colpo ogni
discussione. Al pari del film di George Miller, quando citi “The Raid” in una discussione di cinema le chiacchiere
si riducono automaticamente a zero. Tanto che chiunque, anche chi non ha mai
apprezzato (o anche solo speso tempo a guardare) i film di menare, con un po’
di puzzetta sotto il naso ha iniziato a citare come esempio virtuoso, ma si sa
che in alcuni Paesi del mondo (sicuramente in uno a forma di scarpa) lo sport
nazionale è il salto sul carro del vincitore, proprio come in Indonesia è il Pencak
Silat.
Se Merantau era un dramma con le botte, per stessa ammissione di Gareth Evans, “The Raid” è più simile ad un horror. Anche perché è stato concepito, oltre che per essere una seconda e ancora più esplosiva vetrina per il Silat, con coreografie più aggressive e toni più violenti, quasi da commedia nera. Anche se nel suo DNA il capolavoro di Gareth Evans dimostra di avere preso qualcosa da tutti i film giusti.
La trama è semplice, non esiste. Anzi se esiste è un pretesto, la scintilla che dà inizio all’esplosione: Rama (Iko Uwais) si sveglia, prega e fa le trazioni. Bacia la moglie incinta e poi addominali. Scalda le nocche a colpi di pugni contro il sacco e saluta il padre, con la promessa di riportare suo fratello Andi (Donny Alamsyah) a casa. Poi sale sul furgone con gli altri diciannove poliziotti della squadra d’assalto guidata dal sergente Jaka (Joe Taslim) e qui la parte romanticona del film finisce, inizia l’azione. Per dirla come la locandina Australiana di “The Raid”: un minuto di romanticismo, cento di carneficina.
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Per questa e non solo, un saluto ai Calci. |
L’obbiettivo è uccidere il signore del crimine Tama Riyadi (Ray Sahetapy), barricato nel suo palazzo al centro di un quartiere che è il suo regno, 50% la brutta fama delle Vele di Scampia e 50% grattacielo della Nakatomi da scalare. Joe Taslim spiega tutto questo in un dialogo sul retro del camion che conduce la SWAT al palazzo, poi Gareth Evans introduce al meglio il suo cattivo: Tama, spara a sangue freddo alla nuca ad alcuni poveretti inadempienti in fila in ginocchio del suo ufficio, l’ultimo dei quali si salva perché la pistola finisce le pallottole. Tama gliela appoggia sulla spalla, apre un cassetto pieno di proiettili con cui potrebbe tranquillamente ricaricarla e finire l’opera, ma preferisce prendere il martello per farlo. Questo è il cattivo del film, ma a ben guardare anche il manifesto programmatico di Gareth Evans, infatti arriva nei primi cinque minuti di film, quelli che storicamente ne definiscono tutto l’andamento.
“The Raid” è straordinario sotto tutti i punti di vista, il perfetto film action perché porta avanti la trama proprio così, a colpi d’azione. A tutti gli effetti per 100 minuti Evans dirige un assedio in movimento, che guarda in parti uguali a John Carpenter e a Walter Hill. Basta dire che se la scena del frigo-bomba sembra l'equivalente del monitor del computer carico di C4 di John McClane, il buco nel pavimento aperto a colpi d’ascia per passare da un piano all’altro, arriva dritto da 1997 - Fuga da New York, ma con il dinamismo di una regia agile quanto le mosse di Pencak Silat, con la macchina da presa che si infila nel buco seguendo a ruota Iko Uwais, solo una delle cento invenzioni brillanti della regia del gallese.
Ma le radici di “The Raid” sprofondano nel terriccio del cinema d’azione, di quello più nobile per altro. Il Maestro Bruce Lee aveva un grande sogno, una storia su più livelli di una pagoda, su ognuno di essi un avversario sempre più forte da dover sconfiggere, purtroppo è stato chiamato ad assorgere allo stato di leggenda prima del tempo. Senza paura di passare per blasfemo, posso dire che “The Raid” probabilmente sarebbe piaciuto anche al Maestro Lee, perché fa sua la lezione di Game of Death e la applica alla perfezione con Iko Uwais come protagonista.
“The Raid” è in totale controllo di tempo e spazio, tenendo conto di tutti gli elementi, dal numero di pallottole sparate fino a chi è stato menato e in che punto esatto del palazzo le ha prese. Dopo trenta minuti di film (e di irruzione) la SWAT ormai non ha più proiettili e tocca arrangiarsi a mani nude o tuttalpiù, con un frigo convertito a bomba, perfetto per spalmare gli sgherri di Tama sulle pareti. Gareth Evans non spreca nemmeno un minuto del suo film, lo fa con il totale controllo di ogni elemento che lo compone, per darvi un’idea di quanto il gallese abbia l’assoluto dominio di tempi e spazi, vi cito uno dei miei passaggi preferiti, ovvero quanto Iko Uwais lascia a terra una serie di sgherri, che non si curano di attaccarlo uno alla volta, ma tutti insieme, con coreografie di combattimento incredibilmente articolate. Quando per esigenze narrative Iko Iko deve tornare indietro, i malcapitati ancora pesti e piedi di lividi sono ancora lì, qualcuno nel mondo dei sogni altri nello stesso punto dove il nostro Rama li ha lasciati, a colpi di mazzate.
Se questo non fosse abbastanza per fare di “The Raid” il miglior film di arti marziali delle ultime due decadi, mettete in conto come la narrazione non rallenti mai nemmeno quando sembra farlo. Un’altra delle mie scene preferite è la sortita nell'appartamento dell’inquilino occhialuto, dimostrazione che nel palazzo non sono proprio tutti criminali. In teoria sarebbe un momento “defaticante” che serve ai protagonisti a cercare rifugio, di fatto offre un approfondimento sugli abitanti del palazzo e la scena dei colpi di machete attraverso la parete, ennesimo momento che ti lascia aggrappato ai braccioli della poltrona. Anche perché ad ogni pugno seguono dei denti sporchi di sangue, ad ogni faccia sbattuta contro un muro, una crepa su di esso, l'azione è sempre chiarissima così come le sue violente conseguenze.
“The Raid” non ha una scena o un solo momento fuori posto, il sorriso alla finestra dell’inquilino occhialuto quando vede Rama nel cortile, pesto ma trionfante va mano nella mano come il flashback nel mezzo del laboratorio di droga, in cui Iko Uwais per darsi motivazioni pensa alla moglie incinta, senza pause o righe di dialogo ad appesantire una trama che si muove agilissima come Yayan Ruhian. Sì, tra poco parleremo anche di Mad Dog, portate pazienza.
Ad ogni piano Iko Uwais deve affrontare un avversario sempre più folle e pericoloso, il risultato è una serie di prodezze dietro l’altra, per alcune è davvero impossibile non credere che qualcuno degli stunt, del tutto incurante delle regole sindacali, delle leggi della fisica e della concreta possibilità di morire, non ci abbia davvero lasciato le penne. La prima volta che ho visto il tizio lanciato di schiena sulla balaustra ho avuto male io ai reni per lui per una settimana, ancora non ci credo che quella scena sia stata realizzata montando insieme tre inquadrature diverse, un uso sapiente dei materassi e rimediando solo una brutta botta alla nuca per il cascatore. Secondo me Evans mente nelle interviste e il tipo è morto, più guardo la scena e più me ne convinco.
Ma “The Raid” ha davvero di tutto dentro, le scene di combattimento sulla breve distanza sono talmente veloci che quando finisci di guardarle, sei tu spettatore ad avere il fiatone, figuriamoci doverle girare per davvero. Una delle mie preferite è lo scontro con la banda del Machete nel corridoio, a tutti gli effetti delle Baseball Furies in versione 2.0, come diventerà ancora più chiaro nel seguito del film (a breve su queste Bare) con il Machete che viene usato al posto del Karambit, il coltello da combattimento ufficiale del Pencak Silat, destinato anche lui a tornare nel secondo capitolo.
Ma se Tama è un Boss finale di incredibile cattiveria, il suo braccio destro Mad Dog (nome scelto in omaggio ad “Hard Boiled” di John Woo, tanto per ribadire quanto Evans sia uno di noi) è il più pericoloso bastardo mai visto. In questo film classico e moderno in parti uguali, Yayan Ruhian è un Al Leong 2.0, infatti tocca a lui uno dei pochi dialoghi del film, quello che serve a ribadire il manifesto programmatico di Evans: le pistole per Mad Dog tolgono l’eccitazione, molto meglio utilizzare i pugni, che in linea di massima lui utilizza alla grande.
La “redenzione” aggiunta in corsa come inutile sottotitolo
italiano al film, si consuma in un Triello finale, che non è più quello
Leoniano perché va in scena a colpi di Silat. I due fratelli contro Mad Dog
sono l’apice emotivo di un film che procede a colpi d’azione, uno spettacolo
visivo estremamente coinvolgente che è il punto più alto di questa scalata al
palazzo, infatti il conto aperto con Tama arriva subito dopo il Triello tra Iko
Uwais e Donny Alamsya contro Yayan Ruhian, perché serve a concludere i giochi, tutto
con il minimo sindacale di dialoghi. Tanto basta lo sguardo tra fratelli prima
di separarsi e poi dopo quel combattimento, non bisogna aggiungere altro, anche
il Maestro Bruce Lee sarebbe stato orgoglioso di vedere come Gareth Evans ha
imparato la sua lezione.
Dal 2011 “The Raid” è universalmente riconosciuto come un classico del cinema, un modello da seguire, perché Gareth Evans, Iko Uwais, Yayan Ruhian e tutta la banda di ninja senza paura di morire hanno fissato l’asticella parecchio in alto a colpi di Pencak Silat. Tra sette giorni qui, su questa Bara, completiamo l’opera con l’ultimo capitolo della trilogia, non provate a mancare o vi sguinzaglierò dietro Mad Dog.
Che film incredibile! Ricordo come se fosse ieri la prima volta che lo vidi, recuperato aumma aumma perché pensavo che tutte le lodi sperticate lette in giro (sui Calci) fosse un cicinin esagerate. Va da se che mi si spettinarono i capelli e uscii così fomentato e sudato che mi misi a fare flessioni e a prendere a pugni un muro. Da là a ordinarlo in dvd fu un attimo!
RispondiElimina(comunque il tipo sulla balaustra è morto... Evans può raccontarci tutte le storielle che vuole ma nessuno mi convincerà mai del contrario!)
Sul canale TuTubo di Scott Adkins trovi una sua serie di interviste al gotha del CeFamoMoltoMale sul luogo di lavoro.
EliminaDovresti trovarvi modo di cambiare idea ;)
Ci ricorderemo tutti dove eravamo quando abbiamo visto per la prima volta indonesiani morire in nome dell'arte (di menare). Cheers
EliminaFavorismo il link ;-) Cheers!
EliminaNon gli si può che riconoscere QUANTO e DOVE abbia fissato l'asticella dello spettacolo adrenalinico per tutti coloro che abbiano cercato di girare film d'azione da lí in poi.
RispondiEliminaL'unico problema é proprio l'intensità ; ci ho provato piú volte ma verso metà mi si stacca l'incredulità e faccio fatica per lui. Ben coreografato e girato,assolutamente ,ma é piú dalle parti di Bollywood e Marvel che di Bruce Lee ed epigoni.
È un "fine a se stesso" troppo marcato,che non capisco come non possa stomacare tanto quanto altri criticatissimi autori in altri generi, dall'horror all'esistenzialista.
Sarò strano io,lo so: ma essendo esattamente un videogioco,guardandolo sento continuamente la mancanza dell'indicatoredi di stamina e salute del protagonista, non so se riesco a spiegarmi...cioé.tutto il resto é perfetto,ma Iko esattamente,in 12h e80 piani vissuti pericolosamente non beve e non magna manco nà barretta proteica?
Si, sei strano tu ;-) Cheers
EliminaPpò esse..
EliminaPoi però uno vede il seguito...e il resto di quel che ha fatto dopocoi soldi.
Comincio a guardarlo come il Nolan delle mani 'an fazza.
Però tutto quello che ha intorno professionalmente e artisticamente é oro.
Quali soldi? Un film per Netflix e una serie tv a Londra che non sta guardando nessuno (tranne io e altri quattro), magari gli dessero i soldi su cui può contare Nolan per le sue Nolanate ;-) Cheers
Elimina"piú dalle parti di Bollywood e Marvel che di Bruce Lee ed epigoni"
Eliminadopo questa bestemmia andrò ad accenderti un cero, con miccia corta.
Cass: parlavo Cmq di "+ soldi di prima". E infatti si arriva a Gangs of London che ha tutti i difetti di cui sopra.
EliminaE per rispondere anche al Moro dico appunto che se appena appena lo levi dalla sequenza violenta si fa malissimo su tutti i lati.
Suvvia, per portare a casa una caszo di storia qualcosa in piú serve.
Se non latitano direttamente le connessioni tra una rissa e l'altra,di solito regna la totale difformità di fisica e biologia intrinseca al film tra protagonista e resto degli stuntattori.
Come Nolan infatti,che se la tira tantissimo col realismo fino a farti saltare all'occhio le vaccate fatte per pura pulsione spettacolare e inverosimile.
Ultima cosa poi vi mollo: sembrate scordare che il soggetto originario prevedeva Judge DREDD come protagonista,in un emisfero boreale americano distopico e con tutti in fattaza,psichedelia & steroidi.
EliminaSe mi fai in piano sequenza delirante e ipercineticamente realistico la stessa roba MA NEL SUBCONTINENTE INDIANO, con un umano vero di 1.70 forse per 60 kg mangiato,
a una certa comunque sei costretto ad entrare nel magico regno della totale fantasia.
E un po' stride.
Io sto facendo il bravo da stamattina ore 8.09, lasciandoti la possibilità di far scorrere il tuo commento farcito di "Marvel" e "Videogioco" sotto il tappeto, fischiettando e facendo finta di nulla, ma tu non pago tiri fuori anche Nolan, cosa devo fare io da buon padrone di casa eddaì :-D Cheers
EliminaCome se li avessi usati in accezione denigratoria o polemica..
EliminaIo ho argomentato all'uopo.
Te preferisci far l'offeso?
Son sorpreso.
Desolato.Davvero.
Se non hai cambiato parere negli ultimi anni, sei lo stesso che non ama (correggimi se sbaglio) Mad Max Fury Road, quindi io, che l'ultima volta che mi sono offeso era il 1994 (un martedì), posso giusto applaudire la tua coerenza e lo dico senza ironia. L'action moderno, bulimico al netto di trame minimali non è nelle tue corde, ci sta. Capisco i paragoni argomentati che hai fatto, ma sia l'MCU (che nello stesso anno di "The Raid" usciva con le sue peggiori scene d'azione di sempre) o Nolan, che al massimo lui vorrebbe essere Evans (non il contrario), sono paragoni che mi fanno capire cosa pensi del film e cosa non ti piace, ma facilmente smontabili secondo me. "The Raid" è un "high concept" (perdonami l'anglicismo) come il film di Miller, all'interno della filmografia di Evans resta un caso unico, forse solo l'ultimo atto del suo seguito può essere paragonabile, infatti è la porzione più esaltante di Berandal, ma di quello parleremo settimana prossima, che ho il post in rampa di lancio. Cheers!
EliminaFilm che è davvero una lunga e adrenalinica tirata, come scrivi giustamente l'unico momento di pausa è l'inizio "famigliare" che però anche in questo caso fila veloce come un treno...
RispondiEliminaL'ho scoperto per caso, su consiglio di un amico appassionato di arti marziali, in lingua originale e con i sottotitoli in inglese, ma non è che ci fosse molto da sottotitolare, essendo quasi una lunga coreografia (bellissima, tra l'altro) con pochissimi momenti di stacco...
Effettivamente ha fissato un nuovo standard per i film action e anche una nuova fisicità per gli eroi...
Non più forzuti iperpompati (e lenti) ma "piccoletti" velocissimi come proiettili con anche una buona dose di materia grigia quando occorre spazzare via le ordate più numerose... Ovviamente Iko Uwais è diventato subito mito per me, cresciuto a pane e arti marziali!
Ho visto anche Merantau (diventato per me "Merendau" da cui la pubblicità, dagli un pò di Merendau ai tuoi bambini!), però, forse per contrapposizione a questo film, l'ho trovato troppo stori-centrico, per quanto non manchino le scazzottate.
Comunque capolavoro assoluto. Ciao
Tutto ha fatto un salto di qualità enorme da "Merantau" ma più di tutti Iko-Iko, che qui è fenomenale. Cheers
EliminaIn una chiacchierata con Scott Adkins (uno che di menare se ne intende), Evans ha raccontato della principale fonte di ispirazione per The Raid, ovvero il video musicale "Born free" di M.I.A. (2010).
RispondiEliminaI primi 3 minuti del video sono praticamente la parte iniziale del film. Da lì ha preso l'idea dell'irruzione e di seguito la struttura del film, visto che il progetto originale era troppo ampio (ed è stato riadattato con The Raid 2)
Qui la chiacchierata Adkins Evans:
The Art of Action - Gareth Evans - Episode 5
https://www.youtube.com/watch?v=HLxB-lwN33Q&t=2779s&ab_channel=ScottAdkins
Qui il video:
M.I.A. - Born Free
https://www.youtube.com/watch?v=IeMvUlxXyz8&ab_channel=MIAVEVO
Infatti il video di "Born free" è stato diretto da Romain Gavras, regista dell'ottimo "Athena" film che voglio portare su questa Bara, in un modo o nell'altro, prima della fine dell'anno, visto che nel suo DNA ha tracce abbondanti di "The Raid". Cheers!
EliminaEra il natale del 2012 quando l'ho visto, in rozza copia sottotitolata - passeranno sei anni prima che la Sound Mirror lo porti in DVD italiano, che ovviamente campeggia nella mia collezione - e da quel momento è stato solo amore. Avevo da poco messo il cinema thailandese al primo posto nella classifica marziale, ma d'un tratto doveva vedersela con gli indonesiani, ed era una gran bella sfida.
RispondiEliminaAll'epoca ero su facebook e l'ho immediatamente consigliato a tutti, ovviamente ignorato: se non lo trasmette la TV o SKY un film non esiste. (Non c'erano ancora le piattaforme.) Sono contento che anni dopo sia stato comunque scoperto da tanti, fino ad arrivare persino ad una distribuzione italiana, l'onore più grande :-P
Oggi vale il tuo stesso discorso, ma con Netflix di mezzo. Onore a quel Torino Film Festival illuminato, che non faceva le sfilate sui tappeti rossi ma le rassegna giuste e portava questi film anche qui da noi, sembrano passati mille anni. Cheers!
EliminaA proposito di natale, 2-3 anni fa l'ho imposto al cenone, storia vera.
EliminaMi piace, io ne farei una tradizione, in coppia con Trappola di cristallo ;-) Cheers
EliminaMADONNA che film. Una cavalcata indiavolata e continua, con combattimenti incredibili. Mentre lo guardi ti viene il fiatone e senti il dolore dei pugni (e delle schiene rotte). Incredibile.
RispondiEliminaDavvero un titolo fondamentale, devo ringraziare il tuo quasi omonimo che mi ha convinto a portarlo finalmente sulla Bara ;-) Cheers
EliminaChe dire oltre a quello che hai già sapientemente scritto a riguardo... ecco, in un gioiello come "The Raid" c'è talmente tanta di quella azione e marzialità che già basterebbe il trailer a farti sentire indolenzito ;-)
RispondiEliminaUn film per gente bella allenata ;-) Cheers
EliminaSono rimasto l'ultimo a non averlo visto... :--(
RispondiEliminaPenso che lo apprezzerai, usando sarà ;-) Cheers
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