Ci sono storie e personaggi destinati a tornare in eterno, come il burattino creato da Collodi di cui ammettiamolo, sentivamo il bisogno di un altro adattamento?
Dopo la miniserie degli anni ’70 di Comencini con Nino Manfredi
o in epoca più recente, il sottovalutato “Pinocchio” del 2019 di Matteo
Garrone, con ottimi elementi da horror e un Benigni che ha almeno avuto la
possibilità di far dimenticare la sua caramellosa versione. Per non parlare
della fallimentare versione di Robert Zemeckis, che non faceva che sembrare
ancora migliore l’originale Disneiano del 1940, che tanti registi ha ispirato, tra cui Terry Gilliam.
Guillermo del Toro che tanti titoli annuncia e non tutti
vedono poi la luce, che rifà Pinocchio è una di quella associazioni
regista/soggetto talmente ovvie da risultare banali e pericolose, perché sono
quelle che poi generano le Mercoledì
di questo mondo e che mi portano anche ad una brevissima (giuro!) riflessione
introduttiva: peccato che Guillermo del Toro e Mike Mignola non siano più in
buoni rapporti come un tempo.
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Il laboratorio di Geppetto del Toro, dove le dimensioni contano. |
Entrambi hanno sempre dichiarato di avere in “Pinocchio” di Collodi e in “Frankenstein” di Mary Shelley le loro storie preferite, alla base delle rispettive produzioni e non a caso con Hellboy perfettamente nel mezzo per entrambi. Purtroppo il documentario su Mignola Drawing Monsters, che ho potuto vedere all'ultimo ToHorror ha confermato che tra quei due – per motivi che conoscono solo loro – resta la stima ma l’amicizia è andata. Mi sarebbe piaciuto vederli collaborare, ma forse meglio così, visto che stanno lavorando entrambi alla loro versione del burattino, quella di del Toro, prodotta da Netflix.
Uscito nelle sale americane per una manciata di giorni e poi
distribuito la scorsa settimana sulla nota piattaforma dalla “N” rossa, “Guillermo
del Toro's Pinocchio” potrebbe essere a mani basse uno dei film migliori della
produzione Netflix, oltre ad una vera sorpresa. Coltivavo della curiosità nei
confronti di questo progetto, ma considerando gli ultimi lavori del regista
messicano, tanto belli esteticamente quanto poverelli a livello di trama, non
ci contavo più di tanto. La collaborazione con Mignola è andata, ma quella con Mark
Gustafson ha fatto un sacco bene al regista premio Oscar.
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«Che naso buffo che hai babbo, non è nemmeno allungabile!», «Maremma maiala quando mi sono deciso a scolpirti!» |
L'animazione a passo uno per del Toro era una scelta naturale, in linea con il suo cinema amante dei trucchi vecchia scuola, ha trovato in Mark Gustafson l’alleato perfetto, infatti da un punto di vista estetico “Pinocchio” sfoggia della stop motion al massimo livello possibile, cinema fatto a mano con la cura con cui veniva realizzato da Ray Harryhausen. Questo film merita di essere visto già solo per l'estetica, che da sempre è una delle armi segrete di del Toro, potrei fare tanti esempi, ne farò solo uno: Pinocchio in quanto burattino intagliato nel legno, non cambia mai espressione, le venature del legno del suo viso restano sempre le stesse, l’unica parte davvero animata del viso è la bocca, che cambia forma senza modificare le venatura, ma compare come se qualcuno gli avesse dato una scalpellata a forma di sorriso o di smorfia, a seconda dei sentimenti del personaggio, gran trovata davvero.
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Così, pronti via, l'inizio del film non prende prigionieri. |
Ma è la trama, scritta da Guillermo del Toro insieme a Patrick McHale la vera marcia in più del film, il prologo del film alza subito la posta in gioco, per una volta ci viene mostrato per davvero Carlo, il primo figlio di Geppetto, ucciso durante un bombardamento durante la grande guerra, la cui morte fa sprofondare il falegname (doppiato dal mitico David Bradley, di nuovo al lavoro con del Toro dopo "The Strain") nella depressione fino a decidere di trasformarsi in una sorta di dottor Frankenstein, che a colpi di martello e scalpello, in una notte buia, tempestosa e alticcia, decide di rimediare al torto del destino, giusto per ribadire quanto le storie preferite di Guillermone (e Mignola) abbiano tratti in comune.
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L'idea di fare del corpo di Pinocchio la casa della sua coscienza, il grillo Sebastian, è solo una delle tante azzeccate dal film. |
Problema: qui entra in gioco quella che io chiamo “Sindrome di Hello Spank”, il secondo arrivato, entrato nella vita dei personaggi dopo il primo genito perfetto e venuto a mancare anzitempo, che si rivela un disastro ma alla fine, conquisterà i cuori di tutti. In questo caso non è Spank ma Pinocchio, ciocco di legno animato dalla versione Deltoriana della Fata Turchina, che qui è rappresentata dalla Vita, non a caso blu come sua sorella Morte e tutti i personaggi magici del film, dal grillo Sebastian (un Ewan McGregor azzecatissimo) fino ai conigli doppiati da Tim Blake Nelson, che sono già i miei nuovi portatori della bara preferiti.
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«Ma non si era detto volante questa bara! Mannaggia a Cassidy!» |
Il “Pinocchio” di del Toro è tutto basato sulla contrapposizione tra vita e morte, dove una dà valore all'altra e viceversa. La pigna perfetta raccolta da Carlo, diventa il simbolo dell’arco narrativo di Pinocchio, anche lui fatto di legno, in un racconto che rielabora in modo molto riuscito e personale, le svolte principali della trama scritta da Collodi e i suoi personaggi chiave.
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«Io sono il gatto e anche la volte, sono in società da solo, di me ti puoi fidar» (quasi-cit.) |
Ecco quindi che il cosmopolita e diabolico Conte Volpe (doppiato da Christoph Waltz) diventa un incrocio tra la volpe e Mangiafuoco, oltre a rappresentare le sirene del mondo dello spettacolo con tutte le sue minacce, mentre per mia somma gioia il gatto è stato sostituito da… una SIMMIA! Un regalo di del Toro allo scimmiologo in me, visto che Spazzatura è un personaggio molto riuscito e per altro doppiato da Cate Blanchett, esperta di apparizioni bizzarre nei film, che dopo La fiera delle illusioni voleva a tutti i costi una parte nel Pinocchio di del Toro ha accettato l’ultima rimasta, quella della scimmia (storia vera).
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Metti una SIMMIA in un film e mi farai contento. |
Di solito per semplicità come si definisce il concetto di autore? A dirla male, uno che racconta sempre la stessa tipologia di storia, a voler essere più romantici (e precisi) si può parlare tranquillamente di continuità tematica, visto che “Pinocchio” per Guillermone completa idealmente una trilogia di film, composta da “La spina del diavolo” (2001) e “Il labirinto del fauno” (2006), in cui giovani protagonisti passano dall'infanzia all'età adulta, crescendo senza non poche difficoltà sotto un regime fascista.
L’idea di ambientare il suo Pinocchio nell'Italia fascista è
in linea con la filmografia di del Toro, con la sua poetica e anche con la sua
posizione politica, che da sempre preferisce gli emarginati e i diversi. Su
questo non gli si può criticare proprio nulla, anche se sono abbastanza certo
che qualche polemica arriverà, specialmente da una certa parte della nostra
politica che mettiamola così, se qualcosa diventa virale in rete (tipo il
Pinocchio di del Toro), prima o poi ci si butta dentro a pesce per aizzare il
popolino.
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«Sono un noto burattino, che non dice mai la verità» (cit.) |
L’ambientazione per del Toro non è solo un modo per fare qualcosa di sinistra (cit.) ma è un modo filologicamente corretto di rendere omaggio al senso stesso della fiaba di Collodi, ribaltandola. Per lo scrittore italiano “Pinocchio” era anche un modo per convincere i bambini a rigare dritto ascoltando i loro genitori, tema figlio del suo tempo? Forse, ma in cambio Collodi regalava la promessa di un lieto fine, una ricompensa per i più piccoli in grado di comportarsi bene. Anche per questo la versione di Zemeckis era fallimentare, perché non ha saputo minimamente adattare questo messaggio al 2022, se non forse nel modo peggiore in assoluto. Esattamente il lavoro opposto fatto da Guillermone, che scegliendo questa ambientazione, non ha fatto altro che ribaltare tutto con una mossa di Judo.
In un regime che impone l’obbedienza come valore assoluto –
Infatti con gran prova di ricostruzione storica, ogni ambientazione del film
sfoggia il motto “credere, obbedire, combattere” su tutte le pareti – la disobbedienza
di Pinocchio è l’unica risposta possibile, non solo perché la più sensata e
umana, ma anche la più coerente, visto che il burattino dice e pensa quelle
cose che i bambini, da sempre senza filtro, non si tengono per loro e allo
stesso tempo, rende omaggio alla caratterizzazione che Collodi aveva dato del
noto burattino, ovvero una peste, testardissimo e in grado di portare lo
scompiglio nella vita di tutti, da Geppetto a scendere.
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Ribelle, energico, indomabile. Insomma, un bambino. |
Come in Tideland di Gilliam, i gesti e le parole di un bambino non sono mai filtrare dalle sovrastrutture dell’età adulta, quindi risultano delle stoccate alle istituzioni solo per noi ex piccoli. Quando Pinocchio si chiede perché nessuno gli voglia bene, ma tutti amino Gesù sul suo crocefisso, anche lui fatto di legno, potrebbe essere per qualcuno un sacrilegio e per altri, la più pura delle riflessioni da bambino, anche complicate da ribattere.
Anche se la parte migliore è proprio il modo in cui la vitalità
di Pinocchio si oppone al regime diventando irriverente e rivoluzionaria, in
un mondo popolato di burattini con la testa di legno e il braccino destro teso,
Pinocchio è irriverente e non riconosce l’autorità nemmeno del Podestà (con la
voce e la mascella di Ron Perlman), quando gli chiede chi tira i suoi fili con
la domanda «Chi ti comanda? bambino di legno», il nostro gli risponde
inviperito «E chi comanda voi!», dando tutto un altro senso al dialogo. Un
burattino di legno che crede di essere un bambino che dà del burattino ad uno
che crede di essere un vero patriota. Solo con questa del Toro si è fatto
perdonare gli ultimi scivoloni, ma non è finita.
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Un burattino senza cervello manovrato da un burattinaio, grazie Guillermo! |
Perché poi ci sono anche le canzoni nel film, la parte che temevo di più. Le musiche composte da Alexandre Desplat sono molto valide, si parte da pezzi composti non a caso usando strumenti in legno, per arrivare alle parodie delle canzoni fasciste, con momenti cantati che per fortuna sono tutti molto brevi, anzi la gag ricorrente che ho amato di più è stata quella della canzone che il grillo Sebastian non riesce mai a cantare, perché ogni volta succede una sfiga che interrompe il suo pezzo musicale. Il non fanatico di musical in me ha gradito molto.
“Pinocchio” è una bellissima rilettura del classico di Collodi,
che riesce con una gran leggerezza a piazzare una canzoncina irriverente in
cui il burattino dà della merda a Mussolini (doppiato da Tom Kenny), già solo
per questo il film dovrebbero vederlo tutti, se poi non fosse che è anche molto
bello, due ore che filano via come se fossero la metà, grazie ad un’estetica
impeccabile. Per non parlare del fatto che nella scena in cui Lucignolo viene spedito nel campo fascista per l'infanzia, del Toro ci ha piazzato anche un'azzeccata citazione Leoniana che mi ha trasformato nel meme di DiCaprio, quello che punta il dito verso lo schermo (storia vera).
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Giù la testa Pinocchio! |
Bisogna dire che in alcuni momenti Guillermone si cita addosso, come le ali della Morte, tutte ripiene di occhi come quella della nero angelo di Hellboy II, che qui non ha le movenze di Doug Jone ma la voce di Tilda Swinton. Ma ho gradito molto anche le divertenti (se come me siete carichi di umorismo nero) morti e resurrezioni di Pinocchio, che proprio nella contrapposizione tra vita e morte viene definito.
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50% Harryhausen, 50% autocitazione. 100% una bomba nella riuscita. |
Nella versione Deltoriana il paese dei balocchi diventa un campo per la gioventù fascista, dove se segui le loro direttive, al massimo diventi un somaro in camicia nera e dove il pescecane è un Kaiju, tutte trovate azzeccatisisme come la modifica del finale, che non è un calcio dato alla fiaba di Collodi come nella versione di Zemeckis, ma ancora più a fuoco visto che Pinocchio, convito fin dalla prima scena di essere un bambino vero, si definisce grazie al cambiamento che riesce ad ispirare negli altri, dal grillo alla scimmia Spazzatura, passando ovviamente per Geppetto. Vita e morte, perché le storie, anche la nostra, passano e se ne vanno, il lascito vero è il modo in cui si riesce ad ispirare e raggiungere le persone attorno a noi, non a caso il film inizia e finisce in modo circolare, con una pigna (di legno, come Pinocchio) a riassumere tutto questo per immagini.
Non ci speravo e non sentivo davvero il bisogno di un’altra versione di Pinocchio, ma a mani basse quella di Guillermo del Toro non è solo molto bella, ma anche uno dei suoi film più riusciti, di sicuro tra la produzione recente. Sono sempre ben felice di cambiare idea davanti a film così riusciti.
Ha riecheggi letterari magnifici, ci sono tre film non suoi frullati dentro con risultati ineguali. Creativamente svogliato e molto di mestiere
RispondiEliminaMA
purtroppo valido come raffescamento di un'opera immortale, cui ormai manca al pubblico la cultura per comprenderne i significati; da questo punto di vista, molto piú efficace di quello di Garrone.
Ecco: questo film fatto dal nostro Matteo in live Action ed il suo girato a passo 1 da Guillermo, invertendo semplicemente le sceneggiature, avrebbero soddisfatto Collodi.
R.I.P Maestro Badalamenti. :''(
Purtroppo manca, infatti temo che a molti sarà piaciuto anche quello di Zemeckis che era impresentabile. Lo penso anche io, Garrone ha dimostrato ancora una volta il fatto suo. Ho condiviso la (brutta) notizia ieri sera, ho sperato forte in una bufala, perché non trovavo riscontri, poi purtroppo sono arrivati, brutto colpo. Cheers
EliminaSempre per rimanere in tema di collasso gestionale del settore creativo a livello scrittura (che c'é ancora chi non crede a come funzionino le cose e pippa flautolenze autoprodotte)
Eliminahttps://blog.screenweek.it/2022/12/the-batman-chris-wozniak-causa-legale-plagio-warner-bros-dc-comics-matt-reeves-846415.php/
Che storia ridicola, vabbè la Distinta Concorrenza si conferma essere figlia della Warner in tutto, parliamo di quelli che ci hanno messo decenni per riconoscere un minimo di credito (ma con riserve) a Bill Finger, proprio riguardo a Bats. Cheers!
EliminaCapolavoro. Punto. ;)
RispondiEliminaOgni tanto si può dire, senza passare per quei cinefili per cui tutto è la "C-Word", non quella, l'altra "C-Word" ;-) Cheers
EliminaMe l'hai venduto. Almeno uno ogni 10 film promessi da Del Toro vede la luce...
RispondiEliminaSi e per fortuna gli è uscito anche bene. Cheers!
EliminaBellissimo, commovente, profondo, divertente e anche sinistro e un pò spaventoso, almeno per un bimbo di 7 anni che l'ha visto con me. Sicuramente Guillermo non fa sconti a nessuno, a partire dal crudissimo inizio, però ha sicuramente il cuore al posto giusto, chiedere a Sebastian a conferma e anche la povera Spazzatura è resa con una certa grazia bonobiana che ispira una naturale simpatia, nonostante gli inizi...
RispondiEliminaPoi non credo di aver mai trovato un Grillo Parlante che non fosse insopportabile e invece qui è davvero un personaggio azzeccato e con qualcosa in più.
Cosa mi stupisce è l'accuratezza storica e anche geografica che è sicuramente un valore aggiunto, almeno per noi spettatori del Belpaese. Ciao
Questo dicembre pare essersi tenuto i film migliori, meglio per noi spettatori ;-) Cheers
EliminaE' una vita che aspetto (e spero assai) di vedere Guillermo riprendere in mano il progetto de "Le montagne della follia" ma, nel frattempo, penso che il suo "Pinocchio" possa egregiamente aiutarmi ad ingannare l'attesa (io me le figuro già le critiche idiote di una certa parte politica che accuserà del Toro di essere "divisivo", un po' come Bella Ciao e il 25 aprile) ;-)
RispondiEliminaNon credo che sia un caso che sul suo profilo Instagram sia spuntata una scena con CGI di prova di "Le montagne della follia", il nostro sta ancora cercando finanziatori, potrebbe trovarli qui da noi visto che siamo profondati nella follia Lovecraftiana, ma questo è un altro discorso ;-) Cheers
EliminaSemplicemente magnifico, ho adorato tutte le incarnazioni dei personaggi, da Lucignolo alla Fata passando per il grillo, ogni variazione rispetto alla storia che conosciamo bene è perfettamente funzionale al messaggio che vuole trasmettere l'autore. Uno dei film migliori di Del Toro, e giustamente anche Watchmojo lo considera il migliore film d'animazione dell'anno.
RispondiEliminaSecondo me a Collodi sarebbe piaciuto tanto.
Non conosco la valutazione di Watchmojo e purtroppo non possiamo interpellare Collodi, però davvero un ottimo film, forse siamo stati buoni, questo dicembre non è niente male come titoli ;-) Cheers
EliminaHo zero voglia di rivedere un altro pinocchio, però se guarderò questo sappi che è solo per il tuo post!
RispondiEliminaSono pronto a prendermi il rischio ;-) Cheers
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