martedì 27 settembre 2022

T2/Trainspotting 2 (2017): scegliete la noia

Quinto Moro è ricascato nella dipendenza e vi racconta il sequel di un cult degli anni ’90. Ieri sceglievate la vita, oggi guardate dove vi ha portato la vostra scelta. Bentornati in fila per il vostro cine-metadone giornaliero.

Avete visto la locandina qui sopra? Quelle facce un po’ così? Della serie chi ce l’ha fatto fare? Però aspettate a darlo per morto. Ve lo dico subito: non è di quei sequel fatti per battere cassa e giocare sull'effetto nostalgia, ma per parlare di quei personaggi vent'anni più vecchi e ad un pubblico vent'anni più vecchio. Ma a scanso di equivoci, se il primo Trainspotting non l’avete mai visto, andate a recuperarlo o saltate pure il sequel. Perché sì, T2 ha qualcosa da dire, ma al pubblico di prima visione darà molto meno.

E va bene che si parla di vecchi tossici sbandati, ma cosa si sono fatti quando hanno scelto di chiamarlo “T2”? T2 ce n’è uno solo e diciamolo, nessuno sentiva il bisogno di un sequel. Ok, il “Trainspotting” romanzo aveva un sequel che si intitolava “Porno”, ma non c’azzecca nulla con questo film.

L’impressione all'uscita era di un diffuso disinteresse. Al botteghino incassò una scrollata di spalle, costato 10 volte tanto il primo film, ripagò i costi di produzione e poco più. Certo, nel frattempo Ewan McGregor era diventato Obi-Wan Kenobi, Danny Boyle un regista da Oscar grazie a un film su “Chi vuol esser milionario” in salsa bollywoodiana, e abbiamo capito il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco (cit.) Ma T2 non ci prova nemmeno ad applicare la regola aurea dei sequel: “uguale al primo, ma di più”. Si muove su tutt'altri binari. Ed è grazie al cambio di prospettiva e di ritmo che riesce a non deragliare, e ad avere una ragione di esistere.

Che avete da guardare? Mai visto un sequel senza ragione di esistere?

Di norma i sequel a decenni di distanza sono operazioni infami, per battere cassa, inventarsi nuove saghe o cavalcare l’onda lunga della peggiore nostalgia, con strizzate d’occhio da congiuntivite e copiature del vecchio successo da imitare e riproporre.

“La musica sta cambiando. Le droghe stanno cambiando” diceva Renton nei ’90. Adesso la musica è di nuovo cambiata e pure le droghe. Boyle, che sarà pure inglese ma non è scemo, non ci ha pensato minimamente ad imitare il Trainspotting del ’96, anche se due o tre scene a montaggio schizoide ce le ha messe, ma lui è fatto così. La tecnica è la solita, la fotografia patinata dai colori accesi – con qualche scena quasi psichedelica – qualche trovata scema il giusto, un po’ di ruffianeria. Danny Boyle insomma. E Danny richiama nella mischia tutti, ma proprio tutti i membri della vecchia banda, che rispondono puntualmente all'appello, protagonisti e comparse. Il nome più importante però è John Hodge alla sceneggiatura, quello che se aveva fatto un mezzo miracolo a dare uno script coerente al primo film, si guarda allo specchio, si vede vent'anni più vecchio e trova l’unico modo possibile di scrivere una storia interessante.

M-mi stai dicendo che hai sc-scritto questa roba per affrontare l-la crisi di m-me-mezza età? È f-forte sai. Possiamo intitolarla “40 anni tossico?”

Ewan McGregor, diventato un nome da cartellone, si è lasciato convincere proprio dalla sceneggiatura di Hodge, che aveva ancora qualcosa da dire sui vecchi personaggi. Renton è forse il più anonimo del sequel perché serve ad innescare gli eventi, il suo ritorno a casa offre uno sguardo nuovo sui vecchi amici e nemici. Johnny Lee Miller è un Sick Boy in piena forma, stronzo al solito, che si mostra per il perdente che è senza più toni di superiorità. Robert Carlyle, pur ingrigito e ingrassato, è un Begbie ancora cazzuto e spaventoso, trasformato in vero e proprio villain che dà una raddrizzata al finale.


Non poteva mancare il cameo di Irvine Welsh, spacciatore di supposte all’oppio nel primo film e ricettatore nel secondo. La sorpresa è Ewen Bremner più Spud che mai, a mani basse il personaggio più malinconico di questo sequel, e vien da pensare che gran film sarebbe stato uno spin-off incentrato sul buon vecchio Spud, e ‘fanculo quegli altri. Spud è rimasto invischiato nella dipendenza, è il più fuori posto in un mondo che l’ha superato senza mettere la freccia e l’ha travolto. È quello che non riuscendo ad andare avanti tiene le fila di un passato atroce e confuso.

Se in questo film non vi viene voglia di abbracciare il vecchio Spud siete delle brutte persone.

A fare un nuovo film su una banda di vecchi tossici, non si poteva parlare delle stesse cose. Della droga non gliene frega più un cazzo a nessuno, non perché sia sparita, ma perché non è più un’incognita sconosciuta. La presa di coscienza verso le droghe pesanti (l’eroina su tutte) è stata infine assorbita, l’argomento spedito oltre i radar delle pubblicità progresso. Il pubblico degli anni ’90 è stato l’ultimo direttamente interessato all'argomento, almeno su vasta scala.

T2 funziona nel continuare a raccontare la storia della provincia scozzese (e non solo), mostrandoci un mondo che sembra cambiato, ma non lo è affatto, anche perché a viverlo ci sono i soliti sfigati di sempre, un po’ meno tossici ma ugualmente disadattati. Tutto è un po’ più lento e noioso perché a invecchiare si diventa più lenti e noiosi, e se i grandi vuoti e le grandi sofferenze della gioventù colpiscono in un modo, quelle di quarantenni e cinquantenni che idealizzano la gioventù, anche quando era uno schifoso guazzabuglio di risse e buchi, si va tristemente sul patetico.

Se Trainspotting iniziava con l’iconica fuga di Renton e i suoi amici dagli sbirri, ora che Renton ha scelto la vita la sua corsa è su un tapis roulant, finché un infarto non lo riporta indietro, nel tempo e nello spazio, a Edimburgo, da quelli che ha lasciato indietro.

Boyle butta lì i suoi montaggi musicali e momenti grotteschi, ma sembra più che altro una posa per richiamare il passato e ricordare a se stesso (e a noi) che questo è un sequel. Se vent’anni fa John Hodge riusciva a trasformare i racconti sconnessi di Welsh in una sceneggiatura coerente, qui ci prende per mano in un viaggio nel tempo che amplia le relazioni tra i personaggi. La sceneggiatura si distacca dal vero sequel (il romanzo “Porno”) per attingere nuovamente da Trainspotting (sia libro che film), e dare sin troppa coerenza alla vita di Renton e compagni.


“Immagini altri 20 anni a mangiare questa merda?”, “Speriamo di morire prima cazzo”

T2 rende più giustizia a un certo punto di vista sul mondo e sulla tossicità: non è più quello che ti spari in vena che ti fa marcire, ma quello che ti circonda quando non ti fai. Peccato che l’unico modo per apprezzare l’idea sia rendersi conto d’essere 20 anni più vecchi. E infatti non c’è più la scoperta di nulla, nella storia così come nella confezione del film. Pure la colonna sonora, accettabile, brilla solo nei remix dei vecchi brani. Gli schemi si ripetono, le relazioni tra i personaggi sono quasi le stesse che in passato.

Tutte le storie e gli intrecci tra i personaggi sono fiacchi, stanchi, affogati in uno squallore reso molto più ordinario e banale dal passare del tempo, dalla maturità degli interpreti. Il che è tanto garanzia di noia e bruttezza quanto di sincerità, a seconda di come ti prende il racconto. Ci sono Spud e i suoi demoni, Renton e Sick Boy protagonisti di una bromance con tanto di bella straniera pronta a dividerli, fallimenti, ex mogli e figli fuori campo. Persino Begbie aggiunge la sua insospettabile dose di fragilità e disagio. Scappato di prigione si ritrova mezzo impotente e con un figlio bravo ragazzo che è il suo opposto.


I tempi sono cambiati. Pure i cessi sono cambiati: una volta luoghi di speranza, ora da resa dei conti.

T2 è un film stanco e a tratti banale, ovvio, ripetitivo. Ma sempre in modo sincero. Non è frizzante o anarchico come il film del ’96. Non pretende di esserlo. Non vuole esserlo. È una resa. Perché quel finale, con un Renton che ha fatto un giro su se stesso e si ritrova al punto di partenza, è una presa di coscienza della fine di ogni speranza, di ogni brivido di gioventù. La resa ai luoghi da cui volevi scappare, ma a cui sei rimasto legato, che sono parte di te e ti tengono imprigionato. Con le loro storie e le loro miserie. Coi ricordi da gioventù e infanzia bruciata che sono lì ad ogni angolo di strada, e come Renton li rivedi ogni volta che passi per quella strada di periferia dove hai bruciato i tuoi anni migliori.

Cazzo se è un film di merda, a buttarti in faccia come il tempo può passare senza cambiare nulla, stendendo un velo pietoso sul passato e sul futuro.

P.S. la Bara Volante declina ogni responsabilità per attacchi depressivi e istinti suicidi conseguenti alla visione di questo film o lettura di questo post. Scegliete voi cosa leggere e cosa vedere. Scegliete la vita. Poi sono cazzi vostri.

18 commenti:

  1. Ho scelto di vederlo quando è uscito sto cazzo di film. Ed ho pensato che mi era piaciuto anche se non mi aveva tirato quel cazzo di pugno nello stomaco che avevo sentito con il primo

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    1. Esatto, ha qualcosa da dire, ma non colpisce duro.

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    2. Non l'ho vidi all'uscita, ne ho approfittato per recuperare quando Quinto Moro mi ha detto che era tornato in Scozia (o in Sardegna?), un seguito che tiene conto delle conseguenze, bene. Poi però si perde cercando di replicare gli schemi, quindi male? Più o meno visto l'aurea malinconica dei protagonisti, insomma alla fine me lo sono abbastanza gustato ed ero preso dalla storia, certo che non è come la botta del primo, ma bisogna dire che non voleva nemmeno esserlo, per fortuna altrimenti sarebbe risultato ridicolo. Cheers

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    3. Ecco, Quinto Moro ha centrato il punto ;-) Cheers

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  2. Diciamo che non mi è mai interessato quanto il libro (Porno), è una di quelle mosse prive di sensoin stile Hollywood. Leggendo T2 poi, ti viene in mente ben altro seguito, sinceramente mi è sembrata una di quelle cene tra coetanei che ho sempre evitato come la peste.

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    1. "mi è sembrata una di quelle cene tra coetanei che ho sempre evitato come la peste" esatto, le rimpatriate terribili su cui Carlo Verdone è riuscito a dire tutto. Però Trainspotting 2 qualcosa da dire ce l'ha, e raccontare il tempo che passa non è affatto un male se lo si fa in modo intelligente.

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  3. Non ha una grande forza questo film, concordo, e forse è anche una cosa voluta per riflettere il fatto che 20 anni dopo quei protagonisti lì non avevano più nulla di dirompente, però dopo averlo visto al cinema ricordo solamente la scena nel club con annesso furto delle carte di credito, temo sia poco. Continuerò sicuramente ad apprezzare di più il vero T2, quello di Jim!

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    1. Quinto Moro lo ha messo nero su Bara, esiste un solo T2 ;-) Cheers

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    2. io la scena delle carte di credito l'avevo rimosse (insieme a molte altre), mentre mi sono rimaste molte scene con Begbie e Spud.

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    3. La scena delle carte di credito mi è piaciuta, specialmente come se le procurano. Mentre ogni volta che Spud entra in scena la trama migliora, talmente azzeccato che gli si perdona anche la svolta metà narrativa, che sul personaggio di Spud ha senso. Cheers

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    4. più che un sequel con tutta la banda, uno spin-off su Spud poteva essere tanta roba, magari un film piccolo, intimo, senza tanta pubblicità nè tante aspettative ma col cuore dal lato giusto

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    5. Sarebbe stato il massimo, ma non avrebbe attratto molto pubblico. Cheers

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  4. Era una vita che speravo di vedere Boyle dirigere un film su "Il Lercio", altro romanzo di Welsh che ho gradito, e invece...sia da uno che dall'altro sono arrivati due seguiti di "Trainspotting".
    Entrambi non richiesti, a dirla tutta.
    "Porno" l'ho letto, e se sulla carta l'idea di vedere che combinava l'allegra combriccola dopo che Rents se la dava a gambe poteva apparire stuzzicante, la resa effettiva...beh, lo fu un po' meno.
    Anche perche' la storia in mano a loro tre si trascina un po' al punto che mi si deve virare su Rents quando non sa che pesci pigliare.
    E in effetti a rimettere Mark in pista riguadagnare punti, peccato che poi si chiude piu' o meno a fotocopia del primo.
    Percio' non e' che avessi tutta questa gran voglia di vedere il film, specie dopo aver scoperto che lo avrebbe ambientato in tempo reale. E cioe' a vent'anni di distanza in tempo anagrafico.
    Non l'ho visto per principio. Gia' con quel T2 in locandina, per un fanatico di Terminator come me, era gia' odio.
    E poi, giusto per fare il raffronto con un film che tu stesso hai messo a paragone e che pure a me e' piaciuto tanto...
    Sinceramente, tu vorresti vedere davvero un "Radiofreccia - 20 anni dopo"?
    Io no.
    Piu' che film sono spaccati generazionali, che proprio grazie alla loro unicita' devono rimanere a meraviglioso quanto terribile monito.
    Mah, diciamo che mi voglio fidare ma resto perplesso.
    Lo vedro'. Ma non so quando.

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    1. Capisco il discorso, ma c'è una differenza su un "Radiofreccia - 20 anni dopo".
      Radiofreccia si concludeva con la fine di Freccia, e il film iniziava e finiva già con il "20 anni dopo", era il racconto di un ricordo.
      Trainspotting era la realtà caotica di un gruppo di tossici, T2 riprende quei personaggi, ci dice dove sono ora, ma ci dice anche qualcosa in più sul loro passato.
      Era un sequel necessario? Decisamente no.
      E' un sequel incapace di dire qualcosa? Di nuovo, no.

      Il mio punto di vista sul tempo che passa nei film è viziato dalla triolgia "Before" di Linklater, in cui se hai personaggi interessanti a cui vuoi bene, continuare a raccontarli tot anni dopo non è un crimine.
      Il problema è che siamo prevenuti - perchè scottati, stanchi, delusi - dalle troppe operazioni becere di Hollywood con sequel infiniti e non necessari, ma restiamo sensibili al fascino di una vecchia storia che continua, e se tagliassimo fuori saghe e sequel, il mondo del cinema sarebbe molto diverso.

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  5. Sarà che sono già io un pò triste e malinconico di mio (scrivo così per per non dire la verità, ovvero che sono vecchio, lento e noioso), però come l'amico Redferne, avendo apprezzato il primo film, soprattutto per come ci faceva entrare nel mondo dei tossici che erano nostri coetanei e che forse non capivamo abbastanza, o forse avevamo paura di comprendere per il timore di trovarci molto più simili a loro di quanto credevamo, ho volutamente deciso di non vedere questo T2, proprio perché mi spaventava il fatto di rivedermi come i protagonisti: più vecchio, più stanco e incaxxato, un pò come Thomas Highway, ma senza il suo sarcasmo e la sua prestanza e anche sempre meno inserito nel contesto di una società che è andata avanti ma ha perso anche tanti punti di riferimento, come se fossi sfocato rispetto al quadro generale...
    Discorso a parte per Ewan McGregor che non invecchia mai...
    Comunque chapeau a Quinto Moro per come hai presentato la pellicola, anche senza averla vista mi hai fatto fare un trip che mi ha emozionato.

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    1. "mi spaventava il fatto di rivedermi come i protagonisti: più vecchio, più stanco e incaxxato"
      ecco un dettaglio a cui non avevo pensato: se penso alla gente che invecchia, penso al diventare più aspri, cosa che alla banda di Rents e compagni non succede, è una malinconia onesta, anche perchè non hanno avuto una giovinezza da idealizzare come epoca di sogni ma di buchi, traumi e lutti. A parte Begbie ovviamente, eternamente incazzato, ma perchè lui è così.

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  6. Uscii dal cinema con un senso di sporco addosso pur avendo visto una roba pulita... 😅

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    1. Gli ossimori applicati alla vita da cinefili. Cheers

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