Non volete scegliere? L’abbiamo scelto per voi questo trip, l’overdose
giornaliera di parole e cinema. Vi lascio al vostro pusher di fiducia. La
vostra Madre Superiora, il vostro Quinto Moro.
Scegliete
la Bibbia. Ma anche no.
C’era questo prete dico. Non era proprio un prete. Stava
in borghese, in incognito o come si dice. Un professore ecco, delle superiori. Teneva
gli occhialini da nazista, anche se non sembrava tanto vecchio né cattivo, non
come un nazista. Anzi, un pezzo di pane. Di quello morbido, da farci i toast.
Certe uscite non te le aspetti da un cristocattolico in borghese che a una
classe di quindicenni dice: “mi raccomando ragazzi, non dite ai vostri genitori
che vi faccio vedere Trainspotting.” Storia vera.
Ve lo devo dire. Ho sempre avuto un gran bel culo.
Dico sul serio. Vi mando una foto se non ci credete, o ve la pubblico in fondo
al post. Perché ci vuole un gran bel culo a beccare per tutta l’infanzia e
adolescenza un branco di adulti che smettono d’essere cristocattolici
bacchettoni al momento giusto: quando si parla di cinema. Non è che me li
sparassi in vena di nascosto, erano loro a prepararmi la dose, giuro. A tutte
le età. Questi gatti ammansiti con la croce al collo e i santini appesi
dappertutto, non erano proprio permissivi, neanche per il cazzo dico. Ma coi
film era diverso. E questo prete mancato qui è l’ultimo della lista: un cristocattolico
stitico autentico che ci fece vedere Trainspotting, a noi quindicenni, quel
randagio. Un cinefilo incallito. Storia vera cazzo. Ora di religione
significava film. Questo cristocattolico magari non tirava di boxe come
Padre Karras, però la garra era quella, se al verbo stampato sulla Bibbia preferiva sermoni
stampati in vhs. Così mi sono fatto discepolo della parabola Trainspotting, la
mia preferita cazzo, anche perché il vecchio non voleva menarcela con la morale
sulle droghe. Per lui tanto bastava il film. Forse perché c’era nato in quella
generazione fottuta dall’ero. Amen e alleluia cazzo.
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Il mio prof. vestiva uguale a Begbie. E non per il colletto alla V for Vangelo. Il suo guardaroba rispecchiava Begbie in ogni scena del film. Storia vera. |
Scegliete
la Scozia. Se proprio volete.
C’è stato Sean Connery giusto? Uno scozzese coi
fiocchi, dico io. Ha pure vinto l’Oscar ma questo non significa un cazzo, dice
Sick Boy. Sick Boy è un tossico fissato con Sean Connery, ed è il miglior amico
di Mark Renton, ma solo nel libro, perché nel film Sick Boy è un vero stronzo. Chi
cazzo è Renton? Il tossico protagonista, ma solo nel film. Perché sì, rota
anarchica e mezzo dislessica di film viene da un libro parecchio incasinato, ma
ci guadagnate sul velluto a guardare prima il film.
Sick Boy non è che sia proprio fedele allo spirito
originale. Non è la personalità, è che Johnny Lee Miller che lo interpreta è
inglese. Insomma, se un inglese può passare per scozzese, datelo a lui l’Oscar
di Sean Connery cazzo. Ma con Renton ci è andata di culo, perché Renton lo fa
uno scozzese vero. Perciò non potevano fare i migliori amici cazzo, e infatti le
scene dove sembrano un cuore e una canna ZAC!
segate in sala montaggio. Meglio così dico io. ‘Fanculo alle scene di troppo e
alle versioni estese. Qui si va dritti a 90, che non è la posizione ma il
minutaggio. Si lavora di sottrazione per tenere il ritmo. Alleluia e amen
cazzo.
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Dose pronta sotto il tacco e carisma da 007 per far fuori ogni perbenismo antidroga. |
Sick Boy è un ossigenato del cazzo in fissa per
Sean Connery, che Dio l’abbia in gloria, ma Sean ha speso metà carriera a
fingersi un inglese al servizio di Sua Maestà. La cosa peggiore di Sean?
L’avete visto
Highlander? E’ la storia di questo scozzese
cazzuto, Connor MacLeod, ma lo fanno interpretare a un francese. E il suo
mentore Sean-leggenda-vivente-Connery, scozzese fino al midollo, fa il ruolo del
fottuto spagnolo!
Voglio dire, che cazzo deve fare un povero scozzese
per avere un po’ di sano orgoglio in questo stronzo mondo del cinema? Non
venitemi a dire William “Braveheart” Wallace. Il nostro eroe nazionale a chi lo
lasciamo? Agli americani. E poi si sa che agli americani piacciono di più gli
irlandesi, o gli italiani perfino! Nemmeno questo sono riusciti a fare gli
scozzesi, neanche arrivare terzi alla colonizzazione del Nuovo Mondo. Sono
rimasti al palo, a farsi di ero e guardare i treni.
A questo punto tanto vale guardare in faccia la
realtà. Altro che grande orgoglio scozzese. Quando mai ci cagano dal resto del
mondo civilizzato? Per ‘sto romanzo che non è un romanzo ma un cacatoio di
storie di perdenti, stronzi, patetici, violenti e drogati. Perché Trainspotting
è un successone. Ok cazzo. Va bene anche così. Ma quando leggi il nome
dell’autore ti cascano le palle: Irvine Welsh. Sul serio cazzo? Irvine “il
Gallese”. Quando poi fanno il film a chi lo fanno dirigere? A Danny
stramaledettoinglese Boyle. Che di faccia poi, sembra un crucco.
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Tenny Poyle esipisce sgvardo cattifo pronto a sparare a qvesti drocaten, jawohl Mein Fuhrer! (in realtà Danny è un pacioccone, ma resta pur sempre un inglese) |
Scegliete
una patria. Sceglietela meglio.
Va a finire che è una merda essere scozzesi, parola
di Mark Renton. Renton, ecco l’eroe che ci meritiamo. Lo ruggisce forte al
cielo delle Highlands quanto è merda essere scozzesi, e c’è da credergli se a
interpretarlo c’è uno scozzese doc – alleluia cazzo – Ewan McGregor.
Il monologo di Renton che sputa sull’identità
nazionale è un dritto e rovescio alla Andy Murray, la sveglia per non stare a raccontarsela
che il tuo appartenere a questo o quel buco di culo del mondo sia chissà quale
meraviglia, ma devi essere onesto nel riconoscerlo per quel che è. E per quanto
ficcarti un ago in vena o strafarti di questo o quello non risolva uno
stracazzo di niente, beh, è meno ipocrita che raccontarsi d’essere speciali per
essere parte di un insignificante gruppo sociale cui appartieni solo per una
bandiera piantata su per il culo, giusto perché sei nato qui o lì.
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Le Highlands. L’alcol. La droga. La depressione. Gli amici stronzi. Bella la Scozia, ma non ci vivrei. |
Scegliete
il romanzo, critici da pipa e monocolo del cazzo.
Si, si, lo so che leggere è bello e salutare. Sono
fantastici, i libri, perché ci puoi menare gli stronzi che è una bellezza. Al
massimo stropicci qualche pagina, e se restano macchie di sangue vai di acqua
ossigenata e candeggina. Il sangue sbiadisce ma l’inchiostro di stampa resta.
Trainspotting-libro è un romanzo-che-non-è-un-romanzo,
un’accozzaglia di situazioni buttate una addosso all’altra, così come i
personaggi che a volte non capisci di chi cazzo stai leggendo. Ma il film non si
perde per le viuzze secondarie, ti ruggisce dritto in faccia con la sua fiata
alcolica, ti prende per le palle e strizza forte. Non ti sei ancora ripreso che
corri alla scena dopo, ingoiato nel vortice di eventi. Parti con “Lust for
life” di Iggy Pop, e giù col monologo storico, su come si sceglie la vita giorno
per giorno per tirare a campare. Ti punta il dito sul naso, questo film, te lo
schiaccia forte come a un clown del cazzo. E ti ride in faccia, ti scherza e ti
scopa senza preservativo. È il film che ti si fa, come un anarchico viaggio
lisergico che sputa e ride in faccia alla società conformista, poi ti sbatte in
faccia neonati morti e bravi ragazzi con ascessi al cervello. Fai giusto in
tempo a renderti conto delle goccioline umide che ti sei ritrovato in faccia,
gli sputazzi perché ‘sto film rideva in faccia proprio a te. Ma già si sta
correndo al finale, brillante e ipocrisiaco. È qui il film si mostra per quel
che è: costruito nel suo essere anarchico, un racconto bizzarro ma coerente che
arriva quasi a negare se stesso, nel trionfo di chi vuol scegliere la vita.
Perché Renton alla fine fa la sua scelta.
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“Se non stai un po’ zitto te la pianto nel cuore. Hai visto Pulp Fiction?” (Cit.) |
Scegliete
un eroe. Scegliete una maschera.
Caro Mark Renton. Alla fine hanno scelto proprio
te. Quasi il più sfigato del gruppo a far da protagonista. Ma è sempre così nei
romanzi di formazione, o come cazzo li chiamano gli intellettuali con la pipa e
gli occhiali (e la sciarpa, usano la sciarpa quelli, per darsi un tono del
cazzo). Insomma, non è che il fottuto libro girasse tutt’intorno a questo Renton
come nel film, ma va bene così cazzo. Abbiamo un tossico eroe al centro della
storia, ma meglio di Sick Boy, o di Begbie, o di Spud. Ok, forse Spud meritava
qualcosa di più, ma chi gli sta dietro a quello. E come cazzo parla poi. Renton
invece, oh, lui è perfetto per fare il narratore protagonista. Non è così
stronzo. Sbaglia, soffre, scopa, ride, strilla. È come noi. Bucato come una
gruviera, ma a posto cazzo.
Renton è lo sfigato scozzese di provincia che va al
centro della storia, perché questa Scozia è la provincia della provincia del mondo,
ed ogni provinciale o diseredato figlio di periferia può dirsi un po’ scozzese
e un po’ intossicato. Mark “Rent-boy” Renton è il ragazzo in affitto per tutte
le stagioni, per tutte angosce dei diseredati, la coscienza in affitto dei debosciati,
dei falliti, di tutti gli intossicati del mondo. Intossicati per la merda
sparata in vena, ingoiata via bocca o ascoltata via orecchie, o dalla cancrena
dei lividi incassati ogni giorno. Il “trainspotter” per eccellenza, coi trenini
sulla carta da parati nella sua cameretta del cazzo (un tocco di classe, quando
la scenografia fa il suo cazzo di dovere).
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Un fottìo di treni e nessuno che possa portarti lontano da quello che sei. |
Scegliete
una cricca. Scegliete gli amici.
Quella di Trainspotting non è solo la cricca di
Renton, Spud e Sick Boy, è pure quella di Danny, Ewan e John. Boyle, McGregor e
Hodge. S’erano già fatti dei trip in giro, piccoli omicidi tra amici. Un po’ ad
ammazzare un po’ a rubare, solite cose. Ma per completare la banda mancava il
vecchio Christopher Eccleston. Danny gli fa tipo “Chris ci torni a lavorare con
me?” e Chris gli risponde tipo “
non in questo secolo”.
Ma io vi dico che è stata fortuna, che il futuro
Dottor-Chi-Cazzo-6 aveva
troppo lavoro, l’attorone di stirpe, per tornare in sella con quegli sfigati. Eccleston
era un dritto, l’aveva capito il vecchio Boyle, fissato a merda con la
sterlina. No dico, un altro film con degli amici pronti a scannarsi per una
borsa di contante? Al vecchio Boyle gli hanno fatto mancare la paghetta da
piccolo, da piccoli omicidi a piccole overdose tra amici, passando per
“Millions” e “Millionaire”, c’ha il feticismo per le reginette stampate su
fogli di carta verde. Meglio uscire dal giro, avrà pensato il vecchio Chris,
prima di finire a fare softporn con letti coperti di sterline che neanche
Mario Bava.
Insomma, finisce che Boyle ripiega su uno scozzese
vero. E cazzo se era vero, il nuovo-monumento-nazionale-scozzese Robert
“Begbie” Carlyle. Carlyle ci si è messo sulla mappa geografica con questo ruolo
cazzo, urlando forte a tutto il fottuto mondo del cinema:
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“Io sono io, e tu chi cazzo sei?” |
Scegliete
Begbie. E poi son cazzi vostri.
Se Begbie era solo un cazzone stronzo nel
romanzo-che-non-è-un-romanzo, qui è… beh, è Begbie cazzo. È un metro e settanta
di cazzo duro che ringhia, beve e mena su schermo. Ha dato a tutti una lezione
di Scozia vera cazzo, parlando il vero scozzese cazzo. Quei fighetti della
produzione hanno dovuto ridoppiare le sezioni con Begbie perché parlava troppo
scozzese. Storia vera. Questo è Franco Carlyle Begbie, prendere o lasciare. Troppo
scozzese? Certo, te lo rifaccio il tuo sporco ridoppiaggio per quei pallemosce
butta-thé-ammare stellestrisce del cazzo. E te lo ridoppio peggio, chiaro? Slang
Made in Scotland, e se non capisci un cazzo fattelo doppiare il tuo sporco
film. Solo così puoi capirci qualche cazzo. E bacia le mie nobili palle
scozzesi, dice Begbie.
Begbie è violento compagnia e tutti lo considerano
uno stronzo ma hey, è un tuo amico, e non puoi farci niente. L’amicizia non è un’orgia
di unicorni e orsacchiotti che si vogliono bene e s’aiutano. Manco per il
cazzo. Far parte di una compagnia è la sopportazione gli uni degli altri, lo
stare insieme nonostante tutto, anche quando sai che chi chiami amico ha torto
marcio, perché pesta qualcuno senza senso. Oppure perché si buca, e per farlo
ruba e fotte chiunque può. O ruba e fotte anche senza la scusa dell’ero. Oggi fotti
qualcuno, domani qualcuno ti fotte. Capita. Sei cresciuto qui, in mezzo a
questo schifo. Che vuoi fare? È così che va. Un po’ te lo meriti, un po’ no, ma
è così che va cazzo. Spud lo beccano, Renton se la cava. È così che va in
questi sobborghi scozzesi fatti di famiglie-bene cattoliche scandalizzate per
il figlio scoppiato. Le giornate passano così tra una rota a una lite, tra una partita
di calcio e una rissa da bar, una scopata e un buco in vena.
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Quando ti dicono che sei un bravo ragazzo, e ti senti sprofondare. |
Scegliere
gli amici. Sceglietevi un ruolo.
Scegliete un protagonista: Ewan McGregor è lo
scozzese che ce l’ha fatta. Scegliete un cattivo. Il menù offre Begbie il
violento, o Sick Boy il cinico egocentrico. Spud è il contorno, monumento al
disagio, il cervello bruciato dalla roba da far tenerezza. Scegliete una
vittima. Allerta spoiler: è Tommy il bravo ragazzo che deve finir male, che un
povero stronzo va sacrificato sull’altare della cattiva scelta della droga. Ma niente
moralismi, anzi la si faccia così com’è, sporca e subdola: perché cos’è essere
tossici, se non la caduta nell’oblio, nel disinteresse per tutto ciò che non è
la roba, il distacco da tutto e tutti, compreso il gattino che ti caga per casa
e ti infetta con le sue malattie? Magari ti cacavi sotto per l’HIV eh? E non
pensavi al gatto che ti cacava per casa.
Sembra di stare al supermercato. Maxi offerta Gusti-Disagio.
Tanti gusti di stronzo diversi, sottoprodotti da provincia, cacati fuori da un
racconto antiromantico sull'amicizia fatta di risse, sostegni temporanei,
abbandoni, tradimenti. Un branco di underdog, di anti-Beatles che si muovono in
un mondo di mitologie perse, cambiando formazione come cambiano le stagioni,
quando qualcuno muore o viene inghiottito e divorato dalla depressione o
dall'alcol. Come le rock-band, ma senza le folle strepitanti e milioni di
dischi venduti. E senza nessuno che si ricorderà di te. Perché se non sei Iggy
Pop, non gliene frega un cazzo a nessuno di cosa ti spari in vena.
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Dilemmi di provincia: Passerà mai il treno? Diventerò qualcuno? Se il treno passasse ora, almeno mi vedrebbero al notiziario. |
Scegliere
la vita.
‘Ste storie di tossici e disadattati hanno sempre
esercitato
fascino su di me, un sottogenere di cinema,
dimenticato come quelli che sono morti o finiti ingabbiati nell’ispirarlo. A
vedere – o leggere – Trainspotting non ci sono cazzi. È un trip. Ma se il
romanzo-che-non-è-un-romanzo sembra una supposta d’oppio che ti sale lenta, il
film è un tiro di coca a buon mercato che ti manda su di giri, ti esalta,
deprime e poi rilassa nell'ineluttabilità della vita che hai scelto. O che ti
ha scelto, qualunque cazzo di cosa voglia dire. Ti viene voglia di farti un
altro giro, di rivederlo. Sotto con un’altra dose. L’incipit ti folgora e
prende a sberle con quel “scegli la vita”, scegli questo e quello. Da come
scegli di campare scegli pure come morire. Pensare che quel monologo doveva
arrivare a metà film, ma col cazzo che avrebbe avuto lo stesso effetto. Allora
meglio spararselo subito per mettere le cose in chiaro, sulle note di Iggy Pop,
che ci butta nel tour di deliri e musiche che viaggiano su schermo, con questi
falliti scozzesi di due generazioni: personaggi degli anni ’80 – nel libro – ancora
vivi e presenti nei ’90. Prima di morire o sopravvivere e svanire tra una
scelta di vita e l’altra. Prima di diventare ex tossici padri di famiglia,
arrivisti assicuratori e venditori d’auto usate. Cosa credete, che tutti i
tossici di allora siano morti e sepolti? I sopravvissuti si sono scelti la
vita. Essi vivono – o sopravvivono – tra noi. Sono diventati i nostri vicini di
casa e parenti. I nostri padri, i nostri zii, i nostri fratelli. Per qualcuno
più giovane, addirittura i nonni.
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Un goccio alla salute delle tossiche anime perdute. |
Alcuni ci sono morti, a fare il Trainspotting, aspettando
il loro treno, guardando i vagoni passare e portar via gli altri, i loro amici
e compagni. Alcuni sono rimasti a guardare come se non ci fosse nient’altro da
guardare, come uno spettacolo che era l’unico possibile, sognando dove sarebbe
andato quel treno. A portarli via da una parte o dall'altra, senza sapere da
che lato fosse la strada giusta, se in fondo al buco dell’ultima pera o alla
redenzione dopo l’ultima rota, lasciata indietro nella speranza che fosse per
sempre. A dividersi tra chi andava al cimitero e chi andava a scegliersi la
vita. A scegliere un altro brano di Iggy Pop o di Bowie da ascoltare, magari un
libro da leggere e un film da guardare. A ripetersi in silenzio, come ignari
del sussurro sottopelle, di rigar dritto lontano dai guai, in attesa del giorno
in cui morirai.
 |
A scanso di equivoci, sia chiaro che La Bara Volante non incoraggia in nessun modo il consumo di pere. Men che mai per curare il male di vivere. |
Grazie a
Quinto Moro per averci portati tutti in Scozia, vi ricordo qualcuno dei suoi lavori, che potete trovare comodamente
QUI.
Capolavoro sia il film che il post
RispondiEliminaQuinto in versione Irvine Welsh spacca ;-) Cheers
Eliminadi sicuro è il capolavoro di Boyle, per me resta il suo film più ispirato e iconico
EliminaChe botta 'sto film! Al contrario di Qunto Moro non mi fanno impazzire le storie di tossici e disadattati (e infatti "Radiofreccia" fu una delusione per me) ma questo è sopra tutto. Grazie di averne parlato (e di averne parlato così 😀). "Dottor-Chi-Cazzo-6" le batte tutte, e a proposito visto che è stato nominato: a quanto una bella recensione di "Piccoli omicidi tra amici", che ho ancora la vhs (storia vera)?
RispondiEliminaA me all'ora di religione toccò "L'attimo fuggente"... bei tempi....
D'ora in poi sarà per sempre Dottor-Chi-Cazzo-6, ora scriverà alla BBC per chiedere di cambiare ufficialmente il titolo ;-) Cheers
EliminaTrainspotting riempì parecchie ore di religione, impiegammo tipo 2 mesi a vederlo tutto perchè il prof. mostrava il film a più classi quindi non si ricordava mai a che punto era con questa o quella classe. La cosa bizzarra è che vederlo così a spezzoni aveva un effetto molto straniante ma affiscinava comunque.
Eliminap.s. potrebbe nascere uno spin-off Doctor-Who-Da-F*ck
Se esistesse la controparte yankee, avrebbe sicuramente quel titolo ;-) Cheers
EliminaNon solo io dissi ai miei genitori che volevo vedere Trainspotting, ma fu addirittura mio padre ad accompagnarmi al cinema. Ero in terza superiore, e ricordo che mi venne la ridarella quando vidi le scene del "peggior cesso di Scozia" e del "problemuccio" di Spud la mattina dopo la discoteca, mentre tutto il resto mi lasciò silente e apatico (a parte la scena dell'astinenza di Renton...Nemmeno Welsh l'aveva immaginata meglio). Ero giovane e stupido.
RispondiEliminaPoche settimane dopo presi il CD del soundtrack (una perla da decuplo disco di platino) essenzialmente per potermi ascoltare in loop Born Slippy degli Underworld e snobbare il resto. MTV la metteva in heavy rotation all'epoca e io, lo ripeto, ero giovane e stupido.
Rividi Trainspotting molti anni dopo, quando ormai il suo ricordo era un puntino nei retrovisori della mia memoria, e nella mia testolina da adulto mai cresciuto mi dissi "Ma che cosa mi sono perso? come ho fatto a non capire?". All'epoca poi, stavo leggendo A scanner darkly di Dick e mi venne naturale fare un parallelo tra Renton e Arctor. Nel suo rappresentare situazioni tanto grottesche quanto tragiche, Trainspotting (tanto il film quanto il romanzo) era fondamentalmente uguale, ma senza tute dissimulanti e polizia sotto copertura.
E' ironico il fatto che questi esponenti di una "beat generation" moderna siano stati interpretati da delle quasi-supertars, gente che per destino doveva "scegliere la vita" (e uno di loro ha scelto gli Jedi) ma assolutamente credibili ad interpretare gente che poteva essere benissimo i miei vicini di casa o i miei amici. Già...Renton, parafrasando Philip Dick direbbe oggi di questi suoi amici: "questi i compagni che ho avuto, i migliori, rimarranno in me e il nemico non sarà perdonato. Il nemico fu il loro sbaglio nel gioco della vita. Fateli giocare ancora, in qualche altro modo e lasciate che siano felici"
I miei complimenti al Signor Moro. Avanti fortza pàris.
- Matt Giger da Facebook
La scena dell'astinenza è una delle più inquietanti mai viste, è una di quelle in cui il mezzo cinema può davvero fare la differenza rispetto allo scritto. Poi è questione di talento visivo e di quanto sei disposto a spingere. Lì Boyle ha davvero spinto al massimo e McGregor dà i brividi.
EliminaScanner Darkly lo lessi molti anni dopo, anche dopo il film di Linklater. La cosa che più li accomuna forse è il racconto della bizzarra quotidianità dei personaggi che vivono in questo stato di alterazione perenne. Nel romanzo di Dick però c'è un tasso di malinconia molto più esasperante, almeno io l'ho percepito così, perchè lo stile di Welsh a tratti "disinnesca" il dramma, per quanto sappia essere immersivo.
E' vero...E se non sbaglio anche quella scena era accompagnata da un'altra traccia degli Underworld (di cui però non ricordo il nome) altrettanto inquietante.
EliminaIn effetti penso che il paragone che ho fatto con Dick sia un po' ardito (parliamo di due generi completamente agli antipodi), ma la sensazione che ho avuto leggendo i due libri è la stessa che hai descritto: il romanzo di Welsh è molto più improntato al "verismo" puro che alla mera narrazione, e per me che ero abituato a generi più "d'evasione" lo trovai - a livello di stilistica e tematica - parecchio duro da mandar giù.
- Matt Giger da Facebook
Mi intrometto solo perché ho letto colonna sonora, aggiungo solo: restate su queste Bare ;-) Cheers
EliminaAggiungo pure che all'epoca, a causa della sua interpretazione, credevo fermamente che McGregor fosse tossico marcio.
RispondiEliminaSpaventoso, secco come un chiodo. Cheers
EliminaMcGregor si fece spiegare da dei veri tossici come si "cucinava" la dose prima iniettarla, e decise di tagliarsi i capelli (come nel film) per avere un aspetto più trasandato. Un grande.
EliminaPuò un film parlare di un argomento tristemente noto ma di cui chi è nato come me negli anni '70 ne ha sentito parlare tanto senza capire nulla?
RispondiEliminaSe alla regia c'è un grande come Boyle e ci sono attori dello spessore di McGregor e Carlyle, allora direi proprio di sì.
Fortunatamente non mi sono mai avvicinato a quella brutta roba che circolava tanto in quegli anni, però, un pò per insegnamenti materni, un pò per le storie di ragazzi che conoscevo e si sono rovinati, diciamo che uno pensa di conoscere l"argomento, fino a quando vede una pellicola di questo tipo e improvvisamente capisci di non saperne nulla e anche che forse sei stato semplicemente fortunato a non fare la fine di uno di quei ragazzi.
Grande post del Quinto e grande film, andrebbe veramente proiettato nelle scuole per dare consapevolezza di come eravamo, ora con le droghe sintetiche e le Terrazze Sentimento però direi che tutto è molto diverso....
Hai scelto la vita, bravo. Noi qui invece abbiamo scelto Quinto Moro, l'uomo giusto al momento giusto ;-) Cheers
EliminaMah, non so se ho scelto la vita, sicuramente ho scelto la Bara e con essa, tutti i suoi occupanti!
EliminaQui sopra è pieno di Begbie e Spud ;-) Cheers
EliminaBeh, quando si dice "andrebbe proiettato nelle scuole", io l'ho scoperto proprio così.
EliminaIl tema droghe ha perso molto con la fine degli anni '90, scomparse dai radar, tranne quando se ne parla a cazzo di carlino ragionando su proibizionismi vari, raramente in modo serio.
Poi c'è un curioso paradosso: mentre le storie di gangster, grandi boss e spacciatori si vendono sempre benissimo, quelle dei tossici assai meno.
La dipendenza da droghe pesanti è tema da cortocircuito: non gliene frega a nessuno perchè parla di una minoranza. Solo che si tratta di minoranze trasversali ad etnie e gusti sessuali. Trainspotting, con questo ritratto impietoso di provincia scozzese è molto bravo nell'avvicinare il tema al pubblico.
Che poi a ben pensarci, nella vita è più facile incappare in un tossico che in un grosso gangster, in generale credo che negli anni '90 si sperimentale di più con sostanze non proprio legali, ma la consapevolezza era anche maggiore sul tema. Cheers
Elimina
RispondiEliminaDue piccole premesse su Welsh.
In primis, é forse l'unico.
A fare cosa?
A riuscire a descrivere LA MERDA.
In tutte le sue forme e declinazioni, e nelle sua quintessenza più pura.
E non solo come materia organica anfibia composta da polifosfati organici.
Ma anche quella degli ambienti degradati e squallidi, di grigiume quotidiano, dell'assenza di scopo e dell'insopprimibile voglia di far male. Agli altri e a sé stessi.
Lui e i suoi ragazzi terribili di Leith. Talmente ben riusciti da aver dato vita ad un autentico universo espanso. Al punto che spesso li vedremo tornare in altri racconti, in altri romanzi, in altri spezzoni.
Anche solo come semplici quanto tragiche comparse.
C'é poco da aggiungere. Uno dei miei film della vita. Beccato, visto e consumato al momento giusto. E con le consequenzialità giusta.
Perché il film é stupendo, ma il libro lo considero mille volte meglio.
Se hai visto il film.
Concordo in pieno. Se non avete letto il romanzo, fatelo solo dopo aver visto il film.
Così sovrapporrete ai personaggi i volti degli attori. E vi renderete conto della scelta di casting semplicemente perfetta, con interpreti azzeccatissimi.
Vedrete scorrere sulle pagine le musiche e i brani di una colonna sonora da urlo.
E vi immaginerete le scene con una regia perfetta degna di un Boyle che qui é al top della forma.
Non ci é mai più arrivato a simili livelli, il nostro Danny. Nemmeno con “28 Giorni Dopo”, che pur mi é piaciuto un sacco.
Il film di Resident Evil che avremmo tutti voluto vedere, anche se nella seconda parte mi é sempre scaduto un po'.
Non é nemmeno colpa sua, eh.
E' che tanto talento certe volte diventa una maledizione. Specie se parti a razzo.
Tra “Piccoli Omicidi” e questo ha sganciato due bombe atomiche uan più potente dell'altra, paragonabili alla potenza di mille soli.
Cosa puoi fare, meglio di così' e' impossibile.
E' impossibile, quel che ha cercato di fare dopo. E cioé di superarsi.
E' impossibile. Non dopo due film così. Non dopo questo.
Il paragone con “Radiofreccia” ci sta tutto, anche se il film del Liga viene dopo.
Là il problema della dipendenza viene affrontato mediante uno del gruppo, che con la sua morte diventa il cardine che tiene legati i sopravvissuti. Anche ormai cresciuti, e sempre più distanti. Sempre più lontani.
Ma lo si affronta con l'amara consapevolezza di aver a che fare con una realtà aliena ed ignota, dove a chi ne sta e saggiamente ne resta fuori rimane difficile comprendere fino in fondo i motivi o le scelte che spingono una persona a spararsi la prima pera e dare così inizio al suo cammino verso la lunga e dura strada del tossicomane.
Per saggezza o per paura, magari Perché vorrebbe provare ma poi vede cosa accade a chi é già finito nel tunnel.
Ci voleva un film come questo. Per sbatterci nell'inferno delle pere, se pur con una certa dose di ironia.
EliminaCi suggerisce sghignazzandoci in faccia coi suoi denti marci che dovremmo farci tutti qualche anno di dipendenza da droghe belle pesanti, così forse solo allora inizieremmo a capire.
Che il tossico si fa perché gli piace un casino, innanzitutto. E non vede assolutamente la ragione per cui dovrebbe smettere.
Qui non c'é nessuna beata adolescenza allungata dove vivi col miraggio della grande città e del primo lavoro sullo sfondo, a cercare di goderti gli ultimi scampoli di spensieratezza prima di finire nel grande fiume della vita.
Qui il treno é già bello che passato. Continuano a passare, 'sti maledetti treni. E non cambia mai niente.
Non c'é lavoro, non ci sono obiettivi, non ci sono prospettive. E non c'é più nemmeno la campagna.
La periferia ha inghiottito e fatto un sol boccone di tutto.
Non c'é niente, per i tossici e gli spostati. Tranne di di rimediare abbastanza da potersi sparare un altro buco, sperando che non sia l'ultimo perché talmente pieno di schifo da farti lasciare le penne.
Perché é quello, ad ammazzarti, spesso. Non la droga in sé, ma quello con cui la tagliano.
Non ti rimane altro. Anche perché, parliamoci chiaro...chi non si buca, come sta messo?
Peggio di chi si fa, certe volte.
Ognuno ha la sua dipendenza. Dall'alcol, dalla violenza, o da una vita mediocre.
Chi é regolare (come Tommy. Anche se lui si fa di anfe, almeno nel libro), come minimo sta incasinato con le donne.
E allora questa é la gente che ha capito tutto? E che dovrebbe aiutarli?
Al diavolo. Piuttosto vado avanti a non capire niente, o con quel poco che capisco. Ma a modo mio, almeno.
Forse un giorno capirò qualcosa in più. Sperando di non crepare, nel frattempo.
Nella trasmigrazione da carta a pellicola l'opera non perde praticamente nulla.
Taglia, aggiusta, sposta, riduce e adatta come può. Come meglio può, e come meglio di così non si può.
Alcuni passaggi vengono dolorosamente sacrificati, ma é necessario perché come sempre in un libro ci sta davvero troppa roba.
Renton nel film lo trovo giusto un filo più stronzo. In fin dei conti la fine di Tommy e della sua storia con Lizzie é dovuta tutta alla sua bastardata con la videocassetta.
In entrambi i casi é lui a fornirgli la prima dose, ma almeno nel libro cerca di dissuaderlo fino all'ultimo.
Poi, che cavolo...in fin dei conti paga e la pelle é sua.
EliminaA Tommy spetta la fine squallida che nel libro viene riservata a Matty, che nel film non c'é.
Idem per un paio di personaggi femminili come June e Hazel, e il personaggio di Diane viene decisamente ridotto.
Stesso discorso per Swanney.
Non c'é Davie, ed é un peccato. Perché i suoi sono tra i capitoli migliori del libro. E se pensate che il generalissimo Franco Begbie sia un bastardo, sappiate che Al Venters é cento volte peggio.
Ma lui non faceva parte del quintetto base, era più un cane sciolto. E quindi ci sta. E il suo schifosissimo risveglio se lo appioppa Spud, che é perfettamente in linea col tipo di personaggio.
Spud é Spud, su questo non ci piove.
E Begbie...cazzo, E' BEGBIE. Fa paura.
Simon l'ho trovato anche lui un po' più stronzo che nel libro. Tra lui e Rents c'é uno strano rapporto.
Diciamo che Mark lo odia, perché é migliore di lui. E lo sa. Lo sanno entrambi.
Mark é lo sfigato del duo, Simon é quello figo. Che va forte con gli amici, con le ragazze, con le serate, con tutto.
E' il figo che lo sfigato decide di accollarsi, andandogli dietro a rimorchio nella speranza di beccarsi qualcosa della sua luce riflessa.
Ma chi sfrutta chi, in realtà?
Nel libro comunque sono più amici che nel film.
Il discorso finale cambia un po' tutto il senso, dandogli forse un'inaspettata svolta ottimistica.
Nel libro Rents scappa coi soldi. Sì, ma in direzione di Amsterdam, che per un ex – tossico equivale ad un accesso di droghe pressoché illimitato, specie se hai un mucchio di grana in tasca.
Se non fosse che ho visto il film prima giurerei che brucerà tutti i soldi come il povero coglione che é ed é sempre stato, per ritornarsene a Leith in brache di tela.
Nel film sembra finire bene, ma...sarà davvero così?
O é forse l'ennesimo slancio di entusiasmo di un perdente, destinato ad esaurirsi presto in un nulla di fatto come tante, troppe altre volte?
Certe cose e certe persone non cambiano mai.
E sono riflessioni fatte non tenendo conto del seguito, badate bene.
Capolavoro, comunque. Uno dei miei film della vita.
E stupenda recensione, Quinto.
E' stato un vero piacere leggerla, complimenti.
Quinto Moro si è superato ;-) Cheers
EliminaL'aspetto interessante, come in molti buoni film tratti da un buon libro, è come cambiano certi equilibri tra i personaggi. Per ragioni di minutaggio e semplificazione c'è da cambiare. La scelta di fare di Trainspotting un film "veloce" da 90 minuti a confronto di un romanzo denso e ricco di personaggi, è una scelta in parti uguali coraggiosa, ragionata e necessaria. Per me ha senso sacrificare tanto se riesci a colpire il pubblico. E pazienza se hai cambiato e tolto tanto.
EliminaUn'altra cosa che ho visto accadere più volte è la "fusione" di eventi che riguardano 2 personaggi o più, racchiusi in un solo personaggio (come nel caso di Tommy qui).
Serve a salvare certi ottimi spunti di un libro ed evitare la dispersione dovuta a troppe facce e troppi personaggi nel film.
Tornando al discorso sulle dipendenze e le droghe, pochi film hanno l'onestà di spiegare l'assuefazione col puro e semplice piacere che offre la roba a chi ne fa uso. Di contro, non trascura tutti gli aspetti sociali, famigliari e sociali che riguardano il buttarsi nella mischia tossica.
Per quanto io lo adori, un film come "Requiem for a dream" porta una visione molto più schematica e rigida della dipendenza, mentre "Trainspotting" e "Radiofreccia" riescono a segnare qualche punto in più, essendo spogli da pregiudizi sull'argomento.
Per ta ere del fatto che "Requiem for a dream" moralizza come a pochi altri film ho visto fare, ponendo il pubblico su un piedistallo sicuro e privilegiato per compatire o più semplicemente schifare i protagonisti, cosa che Boyle e Ligabue nei rispettivi film non fanno mai. Cheers
EliminaLa recensione sembra scritta durante la stesura della sceneggiatura del film, ci calza maledettamente bene per ritmo e toni!
RispondiEliminaFilm che detiene un mio record: è quello che ho visto più volte in un intervallo relativamente breve di tempo, 6 volte in non più di due anni.
Perché? Un mio amico ce l'aveva videocassetta e mi propose di vederlo, poi dato che eravamo entrambi nel giro dell'Azione Cattolica, propose di vederlo nel corso di un incontro parrocchiale inserito in un ciclo di dibattiti su vari problemi "classici" tra i quali ovviamente non mancava la droga. Visione avvenuta senza comunicarla al parroco, leggermente all'antica...
Il film fu poi replicato, con un canovaccio/pretesto simile in occasioni analoghe, tra visione con amici durante serate noiosette (o reduci da una visita alla videoteca che non aveva convinto su cosa noleggiare) e altre testimonianze cinematografiche del problema droga nei locali annessi di parrocchie limitrofe, stavolta coinvolgendo anche il parroco un attimo più moderno del nostro, e comunque preavvisato.
Stava per scattare la settima visione, nel parco del mio paesello, sul maxischermo sul quale proiettavano non ricordo se mondiali od olimpiadi, ma interruppero la proiezione a una certa scena non proprio adatta a un pubblico di famiglie...
Aneddoto: un ragazzo quasi coetaneo sostiene l'esistenza di una versione integrale di "Trainspotting" in cui, quando muore il bambino, i ragazzi ci giocano a pallone col corpicino, in casa. 😲
Vedi i casi della vita, a me l'ha fatto vedere il prof. di religione, voi al circolo parrocchiale. Fantastica la proiezione in piazza, peccato sia sfumata.
EliminaChe poi sono curioso, sarà stata la scena della scopata, e che hanno fatto, interrotto su quella? In tal caso puro genio, così tutti si ricorderanno solo quello del film.
p.s. l'aneddoto è una cattiveria inventata. Anche se non garantisco che gli attori non l'abbiano fatto col bambolotto del film.