venerdì 11 marzo 2022

Strade violente (1981): la copia lavoro (di lusso) di tutto il cinema Manniano

Dopo aver scaldato i muscoli con una bella corsa ora è il momento per questa rubrica di entrare nel vivo, benvenuti al nuovo capitolo di… Macho Mann!

Come abbiamo visto la scorsa settimana, La corsa di Jericho è nato come film per il piccolo schermo, solo il suo successo e la cura per il dettaglio di Michael Mann che lo aveva girato come tutti i crismi del film cinematografico (anche nel formato) hanno portato l’opera prima del regista di Chicago in sala, ma il suo secondo film è di fatto un secondo esordio, questa volta in tutto e per tutto pensato per quello che per Michele Uommo è sempre stato il suo punto di arrivo, ovvero il cinema.

“Thief”, da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa “tradotto” con il generico titolo di “Strade violente”, probabilmente perché la messa in scena proprio delle strade, deve aver colpito l’immaginario dei nostri distributori, parte dal libero adattamento del romanzo “Home invasion” del 1975, scritto da Frank Hoimer con lo pseudonimo di John Seybold, professione prima di darsi alla scrittura? Ladro nella città di Chicago, solo il primo dei tanti veri specialisti coinvolti da Mann per il suo film, ma andiamo per gradi.

Anche i titoli di testa hanno stile nei film di Mann.

Michele Uommo fa una scelta estremamente coerente, anche in prospettiva futuro con quello che sarà tutto il suo cinema, se per il regista di Chicago il grande schermo era la meta, di sicuro non aveva alcuna intenzione di sbagliare, proprio come uno degli eroi (e anti eroi) Manniani che popolano la sua arte, Michele Uommo è un professionista definito dal suo mestiere, uno mosso da totale dedizione alla sua opera, imponendosi una disciplina ferrea e una volontà di controllo assoluta, Mann decide di girare per le strade della sua città, scrivi di quello che conosci, no? Vale anche quando devi dirigere.

Ma oltre a decidere di giocare in casa, Mann sceglie una trama estremamente semplice, quasi un archetipo narrativo in modo da poter controllare davvero ogni fase della storia, per dirvi di quanto sia essenziale la trama di “Strade violente”, sappiate che potrei riassumerla anche io che sono nato senza il dono della sintesi: quanti film abbiamo visto con protagonista un criminale che dice «Questo è l’ultimo colpo, poi mi ritiro e vado a godermi una serena pensione»? Tanti vero? Per certi versi “Thief” è il film definitivo sull'argomento, anche se poi a ben guardarlo, utilizzando un’espressione pescando dal gergo cinematografico, non è altro che una prima seminale bozza, quasi una “Copia lavoro” di quello che Mann arriverà a fare in futuro, lo vedremo nel corso della rubrica, intanto eccovi un gustoso assaggio.

Michele Uommo spiega a James Caan la posa degli eroi della Bara.

Ma è proprio la maniacale cura per il dettaglio di Mann, unita alla sua volontà di controllo su tutte le fasi della produzione ad elevare “Thief” dal resto delle storie della stessa tipologia... Cosa vi dico sempre dei primi cinque minuti di un film? Ne determinano tutto l’andamento. Vale anche per “Strade violente” che inizia proprio tra le strade di Chicago in un trionfo di “Show, don’t tell” che è la base del cinema.

La pioggia, le strade illuminate solo dalle luci al neon, la musica ossessiva dei Tangerine Dream, il protagonista Frank (James Caan) in auto stretto nell’abitacolo e nei primissimi piani, mentre calmissimo si reca sul suo posto di lavoro, ovvero il rapinatore alle prese con una cassaforte che per chiunque sarebbe un rompicapo irrisolvibile, ma non per lui che da solo in scena ci dà dentro con trapani da cento chili, gli attrezzi del mestiere di Frank che James Caan ha dovuto imparare ad utilizzare, non solo perché in molti casi in scena era presente davvero solo lui (senza nemmeno una controfigura), ma perché se Peter Strauss ha dovuto correre settanta miglia alla settimana, allora Caan, divo o no, poteva imparare ad usare una lancia termica, anche questo è parte del metodo di lavoro di Mann, la tappa obbligata per tutti gli attori che finiranno a lavorare sotto la sua supervisione.

“Qualcuno potrebbe darmi una man… Ah no, sono da solo”

Malgrado la pioggia e i neon, non fate l’errore di paragonare questo film a Blade Runner, qui di fantascienza non ne troverete, ma nemmeno il noir alla base del film dello Scott sbagliato, a ben guardare, persino The Blues Brothers sembra un altro pianeta, malgrado anche qui ci sia un Belushi, James al suo primo film (dopo una particina in “Fury” di De Palma) nei panni del compare di Frank.

Per stessa ammissione di Michael Mann, l’ispirazione per il regista di Chicago arrivava ancora una volta dal Re della collina, il film più simile per approccio a “Strade violente” non può che essere Driver l'imprendibile. Se Walter Hill teneva ancora più in sospeso l’atmosfera, raccontando di personaggi definiti dal loro stile e dal loro mestiere, tanto da non avere nemmeno nei nomi, ma essere identificati solo dalla loro professione, Mann fa lo stesso immergendo, però, la storia in quella costante ricerca del realismo che ha sempre caratterizzato il cinema del regista di Chicago fin dagli esordi, infatti nessuno dei personaggi di “Thief” ha un cognome, sono tutti identificati solo per nome, il mandante dei colpi su commissione Leo (Robert Prosky), l’amico in carcere Okla (un intensissimo Willie Nelson, eroe del country con il vizio del cinema) oppure l’amata Jessie (Tuesday Weld).

Qualcuno qui è andato alla corte del Re della collina.

Nella traccia audio del regista disponibile sul DVD del film, Michael Mann commenta dicendo che la sua volontà precisa era quella di trasformare Chicago in un tunnel opprimente, una sorta di coperchio sulla bara di Frank, in cui tutte le superfici, anche le strade bagnate dalla pioggia, non dovevano far altro che riflettere la condizione di spaesamento e di oppressione di un personaggio che sarà pure uscito di prigione, ma idealmente è ancora chiuso dentro una gabbia. Ecco perché, malgrado Mann sia appassionato di Blues (è nato a Chicago no?) ha voluto a tutti i costi le musiche dei Tangerine Dream che con la loro musica elettronica non fanno che aumentare il senso di straniamento voluto da Mann per il suo protagonista, anzi, Mann aveva le idee talmente chiare su quello che desiderava sentire nel suo film che per lo scontro finale tra Frank e Leo, pretese un pezzo con un giro di chitarra come quello di “Comfortably Numb” tanto che il brano “Confrontation” è quasi un mezzo plagio di quello dei Pink Floyd (storia vera).

Bisogna sottolineare un dettaglio importante: “Strade violente” è un film che è stato prodotto da Jerry Bruckheimer, il produttore che con il tempo è diventato sinonimo dei film di un altro regista esteta (delle esplosioni) come Michael Bay, ma che ha iniziato la sua carriera con titoli ricercati come “American Gigolò (1980) di Paul Schrader, prima di ottenere il successo globale con “Flashdance” (1983) e Top Gun. Questo, misto ad una storia che è un archetipo narrativo, ha un po’ appiccicato addosso a Michael Mann una grossa etichetta che il regista di Chicago ha impiegato parecchio tempo per liberarsene, ovvero quella di essere un regista più propenso all'estetica che al contenuto, niente di più sbagliato.

Chi ha detto che solo gli Horror debbano avere luci, lucine e luci al neon?

Il cinema di Michael Mann è carico di pathos, anche di romanticismo, ma le emozioni sono sempre raccontate come si fa tra uomini, sono fuoco che brucia sotto la cenere, non plateali sviolinate da commedia romantica, ma solide e reali, gli eroi (e anti eroi) del cinema di Mann non parlano, ma agiscono non promettono, ma dimostrano, anche se Michele Uomo per caratterizzarli utilizza una cura dei personaggi che in un media visivo come il cinema, inevitabilmente passa attraverso la loro estetica.

Frank veste in modo pratico, ma con un orologio alla moda costoso in bella vista (perché il tempo è la sua ossessione), non è un tipo da cravatte, però ha sempre una giacca, molti critici al tempo scambiarono questo tipo di cura per la costruzione dei personaggi, in sfilate di moda uomo sul grande schermo, ma proprio il tempo ha dato ragione a Michael Mann: la sua maniacale cura per il dettaglio è parte del suo rigoroso metodo di lavoro.

Ogni fotogramma come un quadro, anche i lavori in corso.

Ecco perché James Caan recita senza utilizzare le consuete contrazioni, nel film non lo sentiamo mai utilizzare «I’m not», «I can’t» o «I won’t be», ma sempre «I am», «I am not», «There is», «There is not» come ha sottolineato Pier Maria Bocchi nel suo fondamentale “Michael Mann creatore di immagini” (edto da Minimum Fax nella nuova edizione, la prima era il Castoro), un testo sacro che mi sono letto con gran piacere prima di affrontare questa rubrica, Bocchi su Mann è un’istituzione.

"Se ti dico che ho fretta, vuol dire che ho fretta"

Frank non utilizza contrazioni perché è un tipo risoluto, non ha più tempo da perdere, in carcere ne ha perso fin troppo, ecco perché la scena della tavola calda a cena con Jessie è il momento chiave del film, una scena apparentemente statica (malgrado i tanti angoli di inquadratura) in cui Frank non solo conquista definitivamente la sua donna, ma ci fa patteggiare totalmente per lui. Grazie alle ricerche fatte sul campo da Mann per La corsa di Jericho, le parole di Frank risuonano come la cronaca di un uomo che è entrato in carcere a diciannove anni per una faccenda di quaranta miseri dollari rubati ed è uscito da uomo libero quando ne aveva compiuti trentuno. Se la corsa per Larry Murphy era la risposta alla vita carceraria, una nuova routine per non perdere il senno, Frank ha dovuto formare se stesso allo stesso modo, evitando di essere pestato o violentato, fino ad arrivare a mettere su una mentalità che è una corazza: Frank ha rischiato di morire così tante volte che è già mentalmente pronto a perdere tutto, come un Ronin, come farà anche De Niro, pronto a mollare tutto, affetti compresi, in trenta secondi quando senti puzza di sbirri.

Come il samurai solitario di Melville.

Quando Frank mostra a Jessie il suo collage fatto con ritagli di giornale, quello in cui ha vissuto una vita ideale nella sua mente, fuori dalle sbarre per compensare il tempo che ha perso o che non ha mai avuto, non solo conquista la donna di cui è innamorato, mettendo in chiaro il suo ruolo fondamentale nel disegno (letteralmente) della sua vita, ma mette in chiaro anche a noi spettatori tutta la sua filosofia di vita. Il cinema di Mann è pieno di personaggi che ad un certo punto pronunciano la frase «Io dentro non ci torno» (penso al gestore del Jazz Club in “Collateral”), Frank è il primo eroe Manniano a mostrarci cosa voglia dire una vita dietro le sbarre, uno che ha perso il tempo della sua vita mettendo in chiaro le sue motivazioni, ma anche quelle degli altri personaggi di Michael Mann che vedremo da qui fino alla fine della rubrica.

La scena chiave, il vero cuore del film è un dialogo, con il buio della notte come sfondo.

Il tempo è un altro elemento chiave del cinema di Mann. Frank ne ha perso tanto e ora ne ha ancora poco, l’altro passaggio fondamentale per comprendere il protagonista è l’incontro in cella con l’amico Okla che, malato di cuore, non vuole morire in una gabbia per essere umani, il non detto della loro amicizia non solo ti fa venire voglia di sapere di più del loro passato, ma è parte del metodo di lavoro di Mann che costruisce tutti i suoi personaggi fino al minimo dettaglio della loro storia trascorsa che magari su schermo non verrà mai raccontata, ma serve agli attori a calarsi nel ruolo e al regista a formare la sua opera. Stephen King di Martin Scorsese dice che gli altri scrivono racconti, lui romanzi sul grande schermo, io dico che la citazione di zio Stevie vale anche per Michael Mann.

“Fammi uscire, qui dentro cantano tutti da schifo”

“Strade violente” sarà l’esordio al cinema ufficiale del regista di Chicago, ma è anche un’opera prima già del tutto definita, nella poetica, nell’estetica, nelle tematiche, al suo primo film Mann aveva già chiarissimi gli elementi che sarebbero tornati con continuità nel suo cinema, infatti l’unica scena di “sollievo” a quel senso di oppressione fornito dalla città e dal tempo per Frank è l’acqua, può sembrare un’inutile scena di raccordo Frank sulle rive di uno dei laghi attorno alla “Windy City”, ma nel cinema di Mann nemmeno un fotogramma è selezionato a caso, per Michele Uommo il mare, l’acqua, sono sempre un elemento calmante, liberatorio e di serenità, per certi versi in “Thief” ci sono già le prove generali per il famoso “Blu Manniano” che diventerà una delle sue firme, per questo sostengo che “Strade violente” è una “copia lavoro” di gran lusso, anche per il cast.

Prove tecniche di “Blu Manniano”.

James Caan nel 1981 non era più la stella di prima grandezza di Hollywood che era stato un tempo, sconvolto dalla morte dell’amata sorella Barbara, Caan era sprofondato in una spirale di alcool e droga di cui un po’ abbiamo parlato su questa Bara, anche per questo Mann da lui ha tirato fuori una delle prove preferite anche dal vecchio James. Frank è risoluto e tosto come uno che è cresciuto nel Bronx (proprio come successo all’attore) e quel senso del tempo perduto mette personaggio ed interprete sulla stessa pagina, da qui la prova tesa e dolente di un James Caan in gran spolvero.

Ma se la cura del dettaglio per Mann è a tutti i livelli, dev'esserlo anche nella sua costante ricerca del realismo. Per le lunghe e dettagliate scene di rapina il regista ha tirato dentro come consulenti dei veri rapinatori di banche noti a Chicago, mentre per le parti dei poliziotti ha scelto tra dei veri agenti di polizia, quello che picchia James Caan durante l’interrogatorio lavorava in coppia con l’altro sbirro finito a recitare nel film Dennis Farina, uno che dopo questa esperienza, non solo è diventato uno degli attori feticcio di Mann, ma non ha mai più smesso di recitare (storia vera).

A proposito di facce note di esordienti, il barista William Petersen, che tornerà nel corso della rubrica.

Questo garantisce il realismo tanto ricercato da Mann su entrambe le sponde da sempre esplorate al cinema da Michael Mann, criminali e poliziotti, perennemente in lotta e in eterno confronto (a volte per scoprirsi più uguali di quello che si potrebbe pensare), ci sono già tutti gli elementi del cinema di Mann al suo esordio e non è un caso, ma totale dedizione al proprio metodo di lavoro.

Ecco perché le scene di rapina sono lunghe, curatissime e anche se infinite per minutaggio, ti lasciano aggrappato ai braccioli della poltrona, perché da spettatori conosciamo la posta in gioco, ma anche l’etica di Frank che il patto quasi Faustiano con Leo non lo accetta, è sopravvissuto tanti anni in carcere senza mai chinare la testa, non comincerà certo ora che non ha più tempo da perdere. Proprio questo scontro tra volontà genera il dramma di un film che riesce a fare “arte” pur avendo entrambi i piedi ben calati nel cinema di genere, in questo caso il poliziesco.

Da dove pensate che arrivi il Joker a testa in giù?

Cosa succede quando una forza inarrestabile (la voglia di vivere e non perdere mai più il suo tempo) di Frank incontra un oggetto inamovibile come l’organizzazione criminale di Leo? Uno scontro quasi da film Western (giusto per ribadire la natura “di genere” del cinema di Mann), in cui Frank fedele alla sua etica è pronto a liberarsi di tutto quello che ha guadagnato.

Michele Uommo dirige la resa dei conti con un dolly dal basso che arriva proprio dal cinema Western, la prima delle tante scene d’azione Manniane in cui a parlare è solo la musicona di sottofondo, le pallottole che volano e le immagini curatissime del regista (un altro tratto distintivo del suo cinema) in uno scontro a fuoco che termina con un’ideale cavalcata verso il tramonto del protagonista, nonostante vada verso l’orizzonte in piena notte, a testa alta e schiena dritta, anche se il futuro per lui è buio come la notte che lo inghiotte, in cui scompare.

Avere un'etica comporta dei rischi.

“Strade violente” è già la messa in scena dell’aggettivo Manniano che sarebbe diventato con il tempo un metro di paragone dell’eccellenza con cui tanti registi ancora oggi devono misurarsi, dentro ha già tutto della poetica e dell’estetica del suo regista, se per Frank il futuro era buio come la notte, per Michael Mann la direzione era chiarissima, anche per questa rubrica che la prossima settimana si scontrerà di faccia con un altro oggetto inamovibile della filmografia di Michael Mann, forse il suo lavoro più bizzarro, ci vediamo qui tra sette giorni, non mancate!

24 commenti:

  1. Ne ho sempre sentito parlare ma non mi è mai capitato di vederlo, grave pecca che per fortuna posso colmare col tuo ciclo manniano ^_^

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    1. Sono curioso del tuo parere, a memoria mia lo questo film non deve mai essere passato spesso in tv. Cheers!

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    2. Come fratello Lucius devo ammettere che non ho mai avuto occasione di vedere questa pellicola. Cerco di recuperarla e ti dico...
      Piccolo appunto personale: le (poche) donne che ho frequentato hanno sempre detto che non riuscivo a esprimere le emozioni e penso che questo fatto, oltre a essere un tratto caratteriale, sia stato molto influenzato da Mann e dal modo in cui si comportano le figure maschili che popolano i suoi film. Quel modo di fare, ma dovrei meglio dire di essere, che si esprime nei fatti e nei silenzi, più che in tante parole, dipende molto dai vari Sonny, ecc. Mi viene anche da pensare visto che ritornano in tanti episodi della serie tv ambientata a Miami, che molti dei suoi attori siano comparsi diverse volte in differenti medium, come Willie Nelson 👋

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    3. Non credo che il mio modo di fare sia influenzato dai film di Mann, so che mi ritrovo pienamente in quel modo di esprimere sentimenti con azioni e non a parole (storia vera). Cheers

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  2. Ma serve davvero commentare la manifesta bellezza di sto film? naaa. Cult totale, Mann ha già chiaro cosa e come vuole fare cinema, crea un suo stile e un suo mondo che già è autoriale e indimenticabile al primo lungometraggio, e con i titoli a venire raggiungerà le vette dei suoi capolavori più famosi.

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    1. Con il film della scorsa settimana abbiamo assistito alla genesi dell'eroe Manniano, qui alla genesi di tutto il resto, lo stile, la forma, le tematiche, una bomba ;-) Cheers

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  3. Che dire..."Strade Violente" è davvero il punto di partenza per chiunque voglia approcciare al cinema di Michael Mann. E' una pellicola, come tra l'latro hai scritto nella recensione, così ben realizzata e così stratificata che potrebbe essere per altri registi un punto di arrivo piuttosto alto della propria carriera. Per Mann è l'esordio e questo la dice lunga suelle qualità del cineasta. Formalmente privo di qualsiasi difetto, "Strade Violente" propone una scenggiatura scheletrica su cui muove le azioni di personaggi che hanno una scrittura dallo spessore invidiabile, senza contare che quando non parlano ma si limitano ad agire grazie al rigore della messa in scena, di un montaggio senza sbavature e delle musiche mai fuori posto, arrivano nella mente e nel cuore di chi guarda con la velocità e ferocia di fulmine a ciel sereno. Una cosa è vera e assolutamente certa, in questo "Strade Violente" c'è tutto il Mann del futuro, come pure tutta una fascinazione estetico/visiva che ha fatto scuola, ma che non ha mai trovato un equilibrio tra racconto e immagine come nel cinema di Mann.

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    1. Quando capita di vedere uno di quei film con il criminale di turno alle prese con la situazione da “ultimo colpo e poi smetto”, tante volte bisognerebbe già smettere di guardare il film, perché tanto Michael Mann aveva già detto tutto sull'argomento nel 1981, anzi poi non pago ci sarebbe anche tornato per fare ancora meglio, quindi davvero dopo Mann i film “ultimo colpo e poi smetto” non hanno quasi più senso di esistere. Cheers!

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  4. La cosa bella di Mann e' che tutto gli si puo' dire, tranne che non ha messo le cose in chiaro sin da subito.
    Se col precedente ha gia' presentato i punti cardine per quanto riguardava la strutturazione dei personaggi, qui completa l'opera anche dal punto di vista estetico e stilistico.
    E da qui non si discostera' piu' aggiungendo ben poco altro.
    E cosa ci si sarebbe da aggiungere, di grazia?
    C'e' gia' tutto quel che occorre.
    Una metropoli, vasta quanto oppressiva nello schiacciare il protagonista quanto i personaggi col suo corredo di tunnel, strade, palazzi.
    E poi il buio, l'umido, il freddo.
    Il bluastro e il nero ravvivato solo dalle luci al neon e dai fanali bianchi e rossi delle macchine in corsa.
    Una citta' sporca che pero' respira, "vive".
    Sul serio, c'e' gia' tutto.
    Filmone, gia' solo per questo.
    Poi c'e' Caan, che da "Rollerball" in poi e' uno dei miei attori preferito.
    Non mi ricordavo di James Belushi, pensa te. E dire che quando si parlava del fatto che mi faceva strano vederlo in un ruolo da duro come in "The Principal" (perche' in "Danko" comunque l'ironia non mancava), forse avrei dovuto tenere ben presente che non era la prima volta.
    Menzione d'onore per il grande Dennis Farina, che per Mann diventera' quasi un attore feticcio.
    Giusto per divagare...ma quanto era bello, "Crime Story"?
    "Gli intoccabili" con anni di anticipo, anche se il film di De Palma aveva comunque la sua celeberrima serie di riferimento.
    Tra l'altro ho scoperto solo dopo che era di Mann, anche se solo in veste di produttore.
    Ma la mano e' inconfondibile.

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    1. Ah, si'.
      Ci aggiungo pure le (bellissime) musiche martellanti quanto ossessive, al punto che pure il buon James aveva avuto rimostranze in proposito.
      Tra il connubio perfetto di suono e immagine Mann degli anni 80 aveva gia' capito tutto.
      E dire che di era solo all'inizio.

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    2. Togli pure il quasi e si, tratteremo anche un po' "Crime Story" ;-) Cheers

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    3. Mi pare che del commento audio del DVD del film James Caan dicesse qualcosa del genere sulle musiche. Ma ho visto il film con commento audio una volta sola. Cheers

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    4. Crime Story?
      Sul serio?
      E vai!!

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    5. Non credo farò un post dedicato ma avrà il suo ruolo nella rubrica. Cheers

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  5. Oh eccoci. Eccoci, cazzo. Sì!
    Non ero in ferie per "La corsa di Jericho", ero solo nascosto in un angolo a vergognarmi perchè da Manniano di ferro quale mi vanto di essere, quel film ancora mi manca! Ma è sempre bello non conoscere proprio TUTTO di un Autore e avere qualcosa in più da scoprire.

    "Strade violente" (mi associo sulla traduzione che non c'azzecca molto) è la cartina tornasole del cinema manniano a tutto tondo.
    Lo vidi conoscendo già gran parte del suo cinema, ed è proprio vero, questa è la base di tutto, quasi una dichiarazione di intenti per il resto della carriera. C'è il mestiere di un uomo come misura delle sue scelte, azioni e compromessi (vale per tutti gli uomini che racconta: il rapinatore, lo sbirro, il pugile, il giornalista, tutti!)
    Gli eroi (o anti-eroi) sempre ruvidi ma non per caricatura o vizio, nè per glorificazione del macho, ma per una naturale complessità (e a volte con fragilità nascoste insospettabili). I protagonisti manniani si muovono sempre in un mondo che va affrontato coi suoi lati oscuri ed imprevisti. Mann è realistico perchè rispetta la complessità e i limiti del mondo, e riduce i suoi personaggi e le loro scelte entro quei limiti.
    Poi c'è il rapporto con le donne, mai semplice nè semplificato, e nel suo cinema all'apparenza muscolare e maschile sono spesso un contrappeso, mai banali.

    Mi associo al discorso sulla "lentezza" di Thief, che poi è parte integrante della figaggine del film: essere lì a partecipare al furto minuto per minuto. Alla prima visione mi colpirono proprio le scene dei furti, il mestiere del ladro (seguito con la stessa dignità del mestiere dello sbirro).
    Certo "Thief" non è famoso e citato come "Heat", ma ha lasciato il suo segno, e penso che un film come "Drive" di Refn forse non l'avremmo mai visto senza questo.

    La miglior prova per un film è cosa ti lascia dopo che l'hai visto, se ci sono scambi di battute, inquadrature, o intere scene che ti restano, e due o tre le hai messe nelle didascalie: la lancia termica, il dialogo alla tavola calda (così la lite con la compagna più avanti). Ah, e poi lo scontro col boss che gli rinfaccia tutto quel che ha fatto per lui
    Sulla sparatoria finale che mi associo: è puro western. Anzi rilancio! In quanti western i grandi scontri avvengono di notte? Mai! Il western è sempre assolato, invece Mann, da vero animale notturno, ha girato il grande scontro nella sua adorata notte.


    Sulla smania per il dettaglio di Mann, io non so nemmeno fino a che punto sia mai stata perfezionismo da regista. E' stato un vero studioso del mondo criminale e poliziesco, affascinato da un lato e dall'altro, in contatto diretto con veri sbirri e rapinatori. Dai loro ricordi e testimonianze ha forgiato parte delle sue storie e del suo stile, le ha assorbite senza mettersi troppo da una parte o dall'altra. Ha raccontato personaggi sulle diverse parti della barricata, senza un approccio manicheo da buoni vs. cattivi, con un rifiuto totale per le soluzioni più facili e commerciali. Non mi vengono in mente altri registi che abbiano saputo fare la stessa cosa con una tale coerenza e passione.


    p.s. non mi aspettavo che ti mettessi a citare The Dark Knight. E non dire che citavi Bruce Lee, era una pura citazione a TDK quella sulle forze inarrestabili e inamovibili ;-)

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    1. Spero di riuscire a farti scoprire anche altri titoli nascosti, anche se la filmografia di Mann non è sconfinata, visto la sua cura per i dettagli è anche logico che sia così.

      “Thief” ha già dentro tutto il cinema Manniano che verrà, “Drive” di Refn arriva da qui e dal “Driver” di Walter Hill, infatti questo film e quello del Re della collina, sono almeno cugini, tanto di cappello poi a girare un duello Western di notte, sono davvero pochissimi i Western ad essersi giocati una sparatoria in notturna.

      Quella sulla forza inarrestabile e l’oggetto inamovibile l’avevo usata anche per il posto su Qualcuno volò sul nido del cuculo quindi reclamo la mia istruzione ricevuta dai film del Maestro Bruce Lee, ma TDK qui andava citato, perché trovo inaccettabile che Nolan faccia il Mann per qualche minuto e tutti siano pronti a modificare il testamento in suo favore, mentre Mann faccia Mann da sempre (e molto meglio trattandosi dell’originale) e venga ignorato o peggio, dato per scontato, solo perché non ha mai diretto un Bat-film. Cheers!

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  6. Grandissimo Michele Uommo, e grandissimo Cassidy per dedicargli un ciclo! Quello che ho visto di Mann mi è piaciuto quasi tutto, ma mi manca il suo esordio, purtroppo. Evidentemente, capisco che devo rimediare il prima possibile...

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    1. Grazie mille, fammi sapere la tua sul film, penso che ti piacerà ;-) Cheers

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  7. Ottima recensione, capo (e non avevo dubbi su questo) ;-)
    Sì, decisamente il Michael Mann che conosciamo è cominciato qui, in tutta la sua maniacale (nel miglior senso possibile) e realistica attenzione a personaggi, tempi, dettagli e coerenza fra estetica e contenuto. Una coerenza fraintesa per troppo tempo sia al cinema che in televisione e qui, ovviamente, parlo di un prodotto (visto che, appunto, ne fu produttore) come "Miami Vice", la cui voluta estetica patinata era perfettamente funzionale alle storie che la serie voleva raccontare (il vuoto e l'ambiguità morale celati dietro un lusso apparente, l'assai fumosa dicotomia buoni/cattivi e via dicendo)... Tornando a "Strade Violente", mi spiace che Caan abbia avuto da ridire sulle splendide musiche dei Tangerine Dream (custodisco ancora gelosamente il CD d'importazione con la colonna sonora), visto che c'è chi ha omaggiato la resa dei conti finale di Frank dimostrando quanto le musiche del gruppo si sposassero bene in ogni caso col personaggio ;-)
    https://www.youtube.com/watch?v=sOT6Ml9q5r4

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    1. Ti ringrazio molto e sono d'accordo con la tua analisi, bisogna dire che nel commento audio del film Caan aveva fatto una mezza battuta al regista, come a dirgli tu e i tuoi dannati Tangerine Dream, due balle così mi hai fatto, ma come lo si direbbe ad un amico, anche perché il risultato finale su schermo è magnifico ;-) Cheers

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  8. L'ho appena rivisto. E come la prima volta, quaranta anni fa, proprio di staccarmi dalla poltrona non c'è stato verso. È troppo intenso in tutto e in tutte le sue componenti e diverso, una novità anche ora. Ho appreso che "Ferrari" sarà in concorso a Venezia e che forse uscirà negli USA il.......25 Dicembre. Sembra che lo facciano apposta e comunque rispettiamolo sempre MIchael Mann.Non vedo in giro qualcuno come lui. Scusa per l'ora,ho ascoltato una puntata dei tre caballeros, e mi ci mando da solo a quel paese. Buona notte e grazie per le tue ,non soltanto, recensioni.

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    1. Ogni nuovo film di Mann è come Natale, solo che quest'anno forse sarà Natale davvero. Grazie a te! ;-) Cheers

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  9. Buongiorno Cassidy. Solo per segnalare che "The Thief" è disponibile con Prime. Allarghiamo la platea Manniana.

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    1. Buongiorno a te e ottima segnalazione, facilitiamo l'incontro tra Mann e il suo potenziale nuovo pubblico ;-) Cheers

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