venerdì 18 marzo 2022

La fortezza (1983): un’oscura e distorta favola sulla seconda guerra mondiale

Ci sono misteri che, forse, sono destinati a restare tali per sempre... Oggi, ad esempio, ne affrontiamo uno piuttosto grosso, l’oggetto più strambo e misterioso della rubrica… Macho Mann!

Chi ha costruito le piramidi? Sette per nove? Cosa rappresenta Stonehenge? Perché Michael Mann ha diretto “La fortezza”? Così... Su due piedi, i più grandi quesiti in stile Roberto Giacobbo dell’umanità sono più o meno questo, perché prendendo ad esempio un altro grande regista di Chicago come William Friedkin, anche lui ha firmato tanti polizieschi che hanno fatto la storia del cinema, ma dal grande pubblico sarà eternamente ricordato solo per un film, un horror.

Michael Mann con Hurricane Billy condivide la città di nascita, ma l’andamento della sua carriera è stato opposto: il nostro Michele Uommo non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani immergendole fino ai gomiti nel cinema di genere, anzi, potremmo dire che i generi li ha coperti quasi tutti come vedremo da qui alla fine della rubrica, ma non è certo una novità la sua scarsa attrazione verso il cinema Horror, dettata più che altro da limiti tematici, secondo il regista di Chicago questo genere non gli permetteva di sviluppare a pieno la sua poetica. Eppure, sulla carta “The Keep”, tratto dal romanzo di omonimo di F. Paul Wilson del 1981 poteva essere l’anomalia, nel senso positivo del termine, l’occasione per Mann di portare avanti le sue tematiche anche utilizzando un genere a lui meno congeniale, far fare un salto di qualità anche all’Horror per poi passare ad altro, sotto con il prossimo genere e storia da affrontare, purtroppo la storia produttiva del film ha voluto altro per il risultato finale.

Lasciate una speranza voi che entrate (su questo set)

Le riprese del film iniziarono nel settembre del 1982 e durarono tredici settimane, a cui vanno aggiunte altre nove settimane utilizzate da Mann per girare ulteriori scene necessarie ad assecondare la sua maniacale cura per il dettaglio per aggiungere i necessari effetti speciali, ma i problemi arrivarono quasi subito, abbandonata l’idea di girare in Romania, il set scelto da Mann fu una vecchia cava di ardesia a Glyn Rhonwy nel Galles del Nord, tra nebbia e pioggia perenne, insomma: il clima ideale per girare un film dell’orrore.

Uno degli elementi chiave per la riuscita del film era il mostro, l’entità trattenuta all’interno della fortezza del titolo, risvegliata dai soldati Nazisti arrivati in forza, questo enorme mostro che secondo le esigenze della storia avrebbe dovuto mutare forma, diventando sempre più potente ad ogni nuova evoluzione (in pratica un Pokemon) risponde al nome di Radu Molasar, per dar forma a questa creatura, Mann ha voluto il talento del fumettista e a sua volta regista francese Enki Bilal, se avete un cappello in testa questo è il momento di toglierlo in segno di rispetto.

Penso che se Michele Uommo potesse, farebbe sparire anche questa sua foto sul set.

Scartata l’idea di fare di Molasar un complesso robot, si è infine optato per una forma umanoide, ma nel frattempo Mann dovette mediare anche sul finale: lo scontro in grande stile tra la creatura e il suo guardiano Glaeken Trismegestus (l’attore Scott Glenn) faceva a cazzotti con l’idea della Paramount di mettere sul tavolo altri soldi per un film, che in fase di produzione era già andato oltre il budget stabilito, quindi Mann dovette accontentarsi di uno scontro finale più canonico rispetto ai suoi bellicosi piani originali... Ma quando piove grandina, tipico detto del Galles del Nord.

La post produzione va di male in peggio: il supervisore degli effetti visivi Wally Veevers a cui il film è dedicato viene e mancare e con lui se ne vanno anche molte delle idee originali per animare Molasar, in compenso, quando Michael Mann fornisce alla Paramount il montaggio definitivo del film, la casa di produzione si mette le mani tra i capelli, 210 minuti a loro detta sono un’enormità, quindi Michele Uommo è costretto a tagliare il suo film a 120 minuti, ma le prime proiezioni di prova sono disastrose e (come sempre come succede ad Hollywood) quando quelle vanno male dopo la casa di produzione ha carta bianca, “The Keep” viene mutilato con tagli barbarici per stare tutto comodamente dentro 90 minuti, durata ideale sulla carta, ma non per le ambizioni della storia e di Mann.

Possiamo criticare tutto, ma non lo stile della regia.

Per via di tutti questi guai, l’uscita del film viene posticipata da giugno a dicembre del 1983, questo non solo fa del film un mio coscritto, ma anche un flop al botteghino natalizio, una Waterloo tale che scatena un effetto domino: i Tangerine Dream alla seconda (e purtroppo ultima) collaborazione con il regista dopo Strade Violente, non pubblicheranno mai la loro notevole colonna sonora per via dei diritti e dell’ondata di recensioni negative dei critici (in un film con pochi dialoghi, la musica è diventata subito un bersaglio), mentre Mann ha quasi disconosciuto il film, distribuito in VHS e LaserDisc, in molti Paese tra cui uno strambo a forma di scarpa resta un inedito, quindi scordatevi il blu-ray. Il regista di Chicago da sempre attivissimo con nuovi montaggi dei suoi film per le edizioni in home video (a volte facendo anche scelte sciagurate, dettate da quella cura per il dettaglio sempre in azione) di “La fortezza” non vuole sentire parlare nemmeno per sbaglio, nell’ottavo episodio di “The Director's Chair”, dove Robert Rodriguez intervista tutti i suoi prediletti, non viene fatta menzione alcuna su “The Keep”, un silenzio assordante da parte del regista che, come sempre, anche nei suoi film dice più di mille parole.

La storia è ambientata nel 1941, tra i Carpazi in Romania, presso l’immaginaria cittadina di Passo Dinu, dove un convoglio di camion e mezzi Nazisti guidati dal capitano Klaus Woermann (Jürgen Prochnow), soldato che combatte per la svastica, ma con una manifesta disillusione nei confronti dei valori (valori? Vabbè, chiamiamoli così) che questa rappresenta, si ritrova al comando di una di quelle missioni che è facile intuire siano figlie delle manie del Führer, se nel pieno della Seconda Guerra Mondiale i Nazisti potevano permettersi di cercare l’Arca dell’Alleanza oppure di provare ad evocare demoni da dimensioni parallele, perché non un viaggetto alla fortezza di Passo Dinu?

"Nazisti... Io la odio questa gente. Quindi, potrete comprendere il mio travaglio interiore"

Quello che trovano è un monolite costruito al contrario, non per tenere gli invasori fuori, ma per impedire a qualcosa di uscire... Ora, parliamoci chiaro: Mann ha affrontato quasi tutti i generi, ma le sue storie sono state quasi tutti archetipi narrativi raccontati così bene sotto tutti i punti di vista, da farci dimenticare dettagli per cui Strade Violente non è altro che la solita trama del criminale che vuole fare un ultimo colpo prima di smettere, quindi anche “La Fortezza” alla fine è il solito Horror con qualcuno che evoca il male che andrebbe solo lasciato in pace, solo che a farlo qui sono i Nazisti, quindi se in un film i cattivi sono i Nazi, per me già parti con il passo giusto.

La scena in cui i soldati colti da avidità cercano di portarsi a casa le croci d’argento incastonate nelle pareti della fortezza mette subito in chiaro lo stile del film, Tangerine Dream in sottofondo, un utilizzo magistrale della fotografia (firmata da Alex Thomson) e nebbia, nebbia come se non ci fosse un domani, usata in modo artistico, utilizzata per mostrare l’avvento del male sì, ma nebbia senza tirar via la mano, come dove sono cresciuto io, come nella partita a Tennis di Fantozzi.

"Allora, ragioniere, che fa? Batti?", "Ma... Mi dà del tu?", "No, no! Dicevo: batti lei?" (cit.)

Una volta evocato il male, da qualche parte in Grecia, un tale con la faccia spigolosa di Scott Glenn che scopriremo chiamarsi Glaeken Trismegestus, si risveglia di colpo decidendo che piuttosto che stare sul bel mare blu greco (ricordatevelo, per Mann il mare e il blu sono sempre sinonimo di libertà e serenità per i suoi personaggi) è arrivato il momento di visitare la graziosa (si fa per dire) Passo Dinu, se volete spiegazioni aggiuntive del perché, il film non ve le fornirà, vi toccherà leggervi il buon romanzo originale, perché i tagli brutali subiti dal film questo ci forniscono.

Ad esempio, come risolvere il problema delle scritte in una lingua morta sulle mura della fortezza? Facile! Facciamo arrivare dal più vicino campo di concentramento il dottor Theodore Cuza (interpretato da un giovane Ian McKellen invecchiato per motivi di trama, quindi Ian McKellen ha il destino di essere eternamente anziano) che in cambio dei suoi servigi chiede di portare con sé fuori dal campo la figlia Eva (Alberta Watson, il cui personaggio cambia nome del passaggio da romanzo a grande schermo), come ci arrivano i due a Passo Dinu? Con il teletrasporto credo, perché l’effetto dei tagli di montaggio brutale ottiene anche questa “magia”, in “La fortezza” non ci sono dissolvenze o cambi di scena, i personaggi un attimo prima sono in un posto, quello dopo sono in un altro, con buona pace della credibilità di una storia in cui alla fine Molasar, ritratto prima come un banco di nebbia semovente e poi come una sorta di Gormito, un Exogino gigante a metà tra Abominio (uno degli avversari dell’Incredibile Hulk) e l’Apocalisse di Oscar Isaac, sembra l’elemento più sensato della storia.

Un Gormito se siete giovani, un Exogino se siete più della mia leva.

Sempre per effetto dei tagli eseguiti con un machete arrugginito, quando Glaeken arriva sul posto, il primo impulso che sente di dover assecondare è quello di accoppiarsi in maniera romantica, eh? Ma inutilmente enfatica con Eva che se da un punto di vista umano posso anche comprenderlo, da quello narrativo molto meno, ma purtroppo “The Keep” è tutto così: nebbia, stile da vendere, logica a tratti e storia incerta.

Eppure, questo enorme pasticcio resta comunque un disastro – con notevoli e comprensibili attenuanti – firmato da uno con talento da vendere, non me la sento di bocciare completamente “La fortezza”, anzi credo che sia un film che nel poco spazio di manovra disponibile tra un taglio sanguinoso di montaggio e l’altro, sia ancora un film in grado di affascinare e crescere di forza ad ogni visione, non credo di averlo visto più di tre o quattro volte, ma quell'atmosfera da horror classico resta suggestiva, anche se fuori tempo, visto che gli anni ’80 del cinema horror americano, sono stati quelli con più sangue, budella, trippe  mutilate e deformate, tutta roba che a Michele Uommo palesemente non interessa.

Gli occhi più blu blu blu blu blu blu blu blu blu blu di Paul Newman Scott Glenn (quasi-cit.)

Ora, io non ho una chiara idea di chi abbia costruito le piramidi, quello che so su Stonehenge l’ho letto in un fumetto di Asterix e se mi chiedete quanto fa sette per nove, ho bisogno di un momento per rifletterci su, ma posso provare a lanciarmi nell'interpretazione di “The Keep”, dovesse andare male spero almeno che Giacobbo si ricordi di me.

Non si sa perché Michael Mann abbia deciso di dirigere questo strano film che spicca nella sua filmografia come Woody Allen su un marciapiede di Harlem, universalmente riconosciuto come il suo lavoro più debole al netto del travaglio produttivo, più facile, invece, capire (destreggiandosi tra film e romanzo originale) come mai Macho Mann abbia scelto proprio questa storia. Un dettaglio è il viso dell’Exogino Molasar una volta raggiunto l’ultimo stadio della sua evoluzione, non è facile notarlo, ma il volto della creatura è stato ricalcato su quello estremamente caratteristico di Scott Glenn, per sottolineare come il buio (Molasar) e la luce (il guardiano del nome greco che mi fa venire voglia di Gyros), siano due facce della stessa medaglia.

Vista così sembra un po' la giostra degli Egizi di Gardaland, ma con la Paramount non si patteggia.

Se fosse stato concesso al regista di montare il film secondo il suo piano originale, sarebbe stato più chiaro riconoscere in Glaeken, un altro dei professionisti Manniani, la cui vita è scandita dalla loro etica, dal proprio lavoro e la propria missione, in questo caso una suicida visto che se parti per affrontare il male, difficilmente tornerai a casa, malgrado il finale lieto imposto dalla Paramount e odiato dal regista. Da qui l’enfatica scena con Eva assume tutto un altro significato, nel cinema di Mann è pieno di donne amatissime dai loro uomini, in grado di incarnare la felicità e la stabilità che per gli eroi (e antieroi) Manniani è eternamente ricercata, ma al tempo stesso negata.

Per calarsi completamente nel genere Horror, poi, Mann mette in chiaro quanto Molasar sia l’entità alla base del mito dei vampiri (siamo in Romania, no? Quindi Transilvania, ha senso), ma allo stesso tempo con il personaggio del dottore ebreo interpretato da Ian McKellen, Molsar sembra incarnare il mito del Golem, menzionato nella Cabala ebraica e appartenente anche al folclore medievale, da sempre protettore degli Ebrei e storicamente destinato a ribellarsi a chi proverà ad utilizzare il suo potere. Chiaro che se da una parte hai un Golem pronto a far fuori “Quelli con la divisa nera e i teschi” venuti a fare del male e dall'altra, un personaggio odioso come l’ufficiale delle SS, il maggiore Kaempffer interpretato da Gabriel Byrne, lo scontro tra bene e male diventi piuttosto palese.

Non importa che tu sia ebreo o uno sporco Nazista...

Anche perché i personaggi di Gabriel Byrne e di Jürgen Prochnow, pur combattente sotto gli stessi colori, rappresentano la totale fedeltà al partito Nazional socialista e lo scetticismo nei confronti del suo operato, perché come sempre nel cinema di Michael Mann, l’eroe e la sua nemesi sono specchio uno dell’altro, che siano poliziotti o criminali oppure in questo caso il bene e il male in lotta, rappresentanti da Nazisti ed Ebrei.

... Gli artefatti umani non posso fermare il male che arriva dall'interno.

I temi cari al cinema di Michael Mann sono in qualche modo riscontrabili anche in questa disgraziata produzione, da qualche parte dentro questa fortezza massacrata dai tagli e dalle imposizioni della produzione, ci sono ancora tutti i segni del cinema Manniano, per un film che in un mondo ideale, forse, sarebbe stato il contributo di un regista al genere Horror, prima di passare ad altro, perché non bisogna dimenticare questo, sono i cinefili (non per forza con la pipa e gli occhiali, ma se vi va di immaginarli così non sarò certo io ad impedirvelo) che amano esaltare il cinema “alto”, nascondendo sotto il tappeto quello che loro considerano “basso”, come l’horror, appunto, questo atteggiamento non è certo quello di Michael Mann che ha sempre portato al cinema di genere al suo massimo potenziale artistico.

Di sicuro, però, la sua delusione per il risultato e per le condizioni di lavoro non lo hanno mai più fatto tornare a lavorare con il genere Horror (a meno di non voler intendere horror anche “Manhunter” a breve su queste Bare) o di voler mai più sentir parlare di questo lavoro, ma mosso dalla stessa totale assenza di puzza sotto il naso che affligge più i cinefili che i registi che poi i film li fanno per davvero, dopo una delusione cinematografica così, dopo tutta la fatica fatta per arrivare a brillare sul grande schermo, quello che per Mann è sempre stato il punto di arrivo ultimo della sua produzione, il regista di Chicago ha fatto una scelta intelligente: perché non raggiungere anche 44 milioni di persone alla volta tutte insieme, con una produzione fatta alla mie condizioni, piuttosto che un disastro al cinema dettato da quelle altrui? Meglio essere il Re sul piccolo schermo e fare la storia per davvero.

Il trasloco verso il piccolo schermo e fortune (e un clima) migliori.

Tra sette giorni qui, ripescate dall’armadio quella giacca con le spalline larghe che non usate più dagli anni ’80, con il prossimo capitolo affrontiamo la storia della moda e del costume, prossima fermata per questa Bara: Miami.

32 commenti:

  1. Exogini... Dove vivevano gli Exogini? In una piramide! Tutto torna Capo, altro che Giacobbo.
    Detto questo, film che credo di non avere mai visto (almeno a memoria...) ma sul quale, come dici bene, si possono intravedere le tematiche care a Mann. E se uno riesce a imprimere il suo marchio in una disastroso produzione come questa, significa avere la stoffa.

    Ah, dimenticavo! La giostra degli egizi non esiste più. A settembre scorso sono andato a Gardaland e ci sono rimasto malissimo!

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    1. Un disastro, perché grazie (si fa per dire) al montaggio barbaro sembra che i personaggi abbiano tutti il teletrasporto di Star Trek ma resta comunque un film con gran fascino, decisamente diretto da uno che sa il fatto suo. Ora vado ad assimilare il colpo dopo la notizia sulla giostra degli Egizi, vado a soffrire dentro con sguardo da vero duro in posa da eroe Manniano tormentato. Cheers

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    2. https://d2ycltig8jwwee.cloudfront.net/features/879/fullwidth.41891d0b.jpg

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    3. Io così, uguale spiccicato proprio io. Cheers

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    4. "Qui non c'è il mare" cantavano gli Statuto, che non sono proprio i Tangerine Dream. Cheers

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  2. Normalmente direi che sono combattuto sul giudizio,ma in questo caso non ho dubbi,per me e' un deciso NO! Come spettatore mi sento tenuto a giudicare non le intenzioni originali e il film che sarebbe dovuto essere,ma devo valutare il film che ci e' stato dato,e per come si presenta e' terribile,l'unico motivo per qui non ci sputo sopra,e' perche' ci sono delle ottime soluzioni visive pienamente rintracciabili durante la visione,oltre ovviamente all'ottima soundtrack nolto evocativa! Purtroppo un film di oltre 3 ore ridotto a 90 minuti era impossibile che risultasse riuscito,personalmente e' un film di qui faccio volentieri a meno,e non penso che Michael Mann si offenderebbe per questo!

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    1. Michael Mann è il primo a non volerne sentir parlare, il rammarico è che avrebbe potuto dire la sua anche sul genere horror, se solo non ci fossero state influenze da parte della produzione. Cheers

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  3. "Manhunter" per me non e' un horror,lo associo al thriller,"Il Silenzio Degli Innocenti" e' decisamente una storia dell'orrore,marcio e repellente come pochi,il film di Mann lo trovo piu' elegante che sporco!

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    1. Anche secondo me, magari ha degli elementi horror, ma non come il film di Demme, quello si che è horror a tutti gli effetti. Cheers

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  4. I primi 10/20 minuti sfiorano il classico, stesse sensazioni dell'apertura dell'Aguirre di Herzog. Peccato dopo si disperda nel mero dark fantasy eroico.

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    1. Si, ma diciamo che si perde proprio, quel montaggio pieno di tagli selvaggi fa male al cuore. Cheers

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  5. >>> Facciamo arrivare dal più vicino campo di concentramento il dottor Theodore Cuza (interpretato da un giovane Ian McKellen invecchiato per motivi di trama)

    A-ah! Allora è un prequel dei film degli X-Men (McKellen/Magneto è stato in un campo di concentramento)!

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    1. Considerando poi che la creatura pare l’Apocalisse di Oscar Isaac, ci sono gli estremi per considerarlo canonico ;-) Cheers

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  6. Effettivamente "La Fortezza" che in Italia si trova forse ancora in DVD, ma quasi sicuramente in streaming (comunque con qualità video da DVD) è una vera spina nel fianco per qualsiasi manniano convinto. C'è un film sotto la scorza che poteva essere una bomba, ma che invece alla fine si rivela poca roba. Il punto più basso di una carriera vertiginosa. Ecco io ho sempre creduto che ci siano registi che in carriera hanno fatto troppi film, un esempio potrebbe essere Ridley Scott, che ha veramente diretto troppa roba, ha di certo realizzato dei capolavori, ma alternati anche a delle pellicole veramente trascurabili. Mann invece ha una carriera fatta di non molti film, ma tutti molto buoni, quando non ottimi, quando non capolavori, in cui si piazza questo "The Keep", una vera e propria macchia nera sul CV.

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    1. Mi hanno riferito dovrebbe uscire in DVD a fine mese, sarebbe l’esordio in questo formato in uno strambo Paese a forma di scarpa. In effetti balza all’occhio, la parte dolorosa è che il film risulta non pienamente riuscito non per colpa di Mann, ma per colpe che ricadono sulla produzione anche se il regista è sempre responsabile del prodotto finale, solo che in una filmografia fatta di alti o di altissimi come la sua, si nota ancora di più. Eppure dopo aver letto il libro si vedono le tematiche di Mann anche qui, o meglio si intravedono. Cheers!

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  7. Quando ho letto il titolo avevo pensato a La Fortezza con Lambert. Ma quanti film in Italia si intitolano così?

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    1. Penso sia uscito un "La fortezza" anche con Bruce Willis tipo, la scorsa settimana (storia vera), in ogni caso quello con Lambert... FATTO! ;-) Cheers

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  8. No! L'hanno levata?!
    Me la ricordavo anch'io, l'attrazione di Gardaland. Ed in particolare l'effetto ottico alla fine.
    Molto suggestivo.
    Mah, probabilmente e' l'anello debole della filmografia di Mann.
    Vuoi perche' non il Fanta - horror non e' propriamente il suo genere.
    Non so perche', vuoi per le fattezze ma io alla creatura ho sempre voluto dargli un'origine aliena (a proposito, col senno di poi non sembra Psycho - Goreman? Visto, tra l'altro. BELLISSIMISSIMO). Al massimo extra - dimensionale.
    Dopotutto gli esseri mitologici, gli Dei e i demoni adorati e temuti dalle civilta' di una volta potevano benissimo provenire da altri mondi.
    Tipo "Stargate".
    Si' forse tendo a ricordarlo meno (Mann per nulla) ma mi era piaciuto.
    Come "Dune" per Lynch. Puoi averlo pure disconosciuto, ma lo stile e' quello.
    E anche qui lo si riesce tranquillamente ad intravedere.
    E io lo stile di Mann lo adoro a prescindere.
    Interpreti giusti (Glenn e Prochnow su tutti) e concetti che mi piacciono da sempre.
    Come quello tanto caro a Spielberg che prevede i cari nazi venire puniti e distrutti da cio' che loro stessi hanno messo in moto.
    Perche' si sa, nella loro superbia si credono superiori persino ad entita' presenti sin da prima che arrivasse l'uomo, e che vedono i mortali come molti di noi vedono gli insetti o giu' di li'.
    E poi l'idea di un male antico quanto potentissimo e inarrestabile, contro cui non si puo' nulla.
    Impossibile da fermare, una volta attivato. Se non a prezzo di terribili sacrifici.
    Lo trovo, come dire...Carpenteriano?
    Se davvero Mann aveva preso spunto dal maestro John, per il suo tipo di horror (e penso fortemente di si', viste le caratteristiche. Poche spiegazioni, poco splatter, tutta atmosfera e tensione), direi che aveva capito alla perfezione.
    Un'occhiata la merita.

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    1. Si', ripensandoci ricorda quasi PG (ribadisco, BELLISSIMISSIMO) nel bizzarro quanto pericolosissimo rapporto che si crea tra il professore e il demone, con quest'ultimo che consente di farsi parzialmente controllare in quanto il vecchio e' l'unico in grado di rompere il sigillo e renderlo libero.
      Ma fanatico per fanatico...se le cose si mettono male devo forse aspettarmi di vedere ricomparire il Vij laggiu' nella steppa?
      Giusto per fare una battuta, che da ridere non c'e' nulla.
      E temo piu' le radiazioni e la crudelta' (e la stupidita', che spesso vanno a braccetto) dei miei simili che i mostri.

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    2. Saluto l'amico Redferne, ciao!, per unirmi al fatto che Scott Glenn sia a mio avviso l'attore giusto per Mann, insieme, ovviamente a DJ! Riescono a comunicare le emozioni con gli sguardi, non hanno bisogno di enfatizzare o calcare la recitazione. Per questo funzionano benissimo nei suoi film / telefilm.

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    3. La creatura somiglia un po’ a tante cose, secondo me gli Astron-6 hanno pensato a Mann per il loro PG ;-) Peccato, chissà quante scene con Glenn siano rimaste sul pavimento della sala di montaggio. Cheers

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  9. Ignoravo l'esistenza di questo film, e ora che citi la solita devastante distribuzione italiana capisco anche il perché, poi un giorno ci sono inciampato. Una decina d'anni fa mi sono appassionato ai "libri falsi" e ho cominciato a ravanare dappertutto, finché un giorno mi impatto in un romanzo moderno, addirittura anni Ottanta, dove dei nazisti in un'antica fortezza trovano una biblioteca piena di pseudobiblia, dal Necronomicon al De Vermis Mysteriis e via dicendo di gioco letterario, citando tutti i grandi titoli nati sulle rivistacce degli anni Trenta. Quando scopro che dal romanzo ne hanno tratto un film ballo sulla sedia: vai che ho beccato un ghiotto filmone con tanti bei libri falsi di cui catturare schermate: mi metto lì e cerco la scena della biblioteca... e purtroppo la schermata non arriverà mai.
    Non immaginavo il film fosse stato vittima di così pesanti tagli, e certo i poveri "libri falsi" saranno stati i primi a finire sotto la mannaia, ma non mi spiego la ritrosia della distribuzione italiana: questo film non ha niente di meno dei film simili che gli italiani giravano in contemporanea, tipo "E tu vivrai nell'Aldilà" (1981) con tanto di citazione del "Libro di Eibon" e scena finale molto simile a quella fantozziana che qui citi. Forse proprio da noi questo film avrebbe potuto riscuotere quel successo negato in patria.
    Ora scrivo a Mann e gli chiedo se abbia conservato i negativi del girato con la biblioteca piena di pseudobiblia :-P

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    1. Il libro ho avuto modo di leggerlo qualche tempo fa, anche per capire meglio il film ed è davvero molto bello. I paragoni con il finale del film di Fulci tornano spesso, perché in effetti la landa desolata un po’ ricorda il finale di "E tu vivrai nell'Aldilà". Magari Mann avesse conservato qualcosa, magari! :-D Cheers

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  10. Meno male che ci sono i coraggiosi come te che guardano anche i film meno riusciti e risparmiano la fatica a noialtri! da (bravo o cattivo?) fan Manniano non l'ho mai visto... e sinceramente non ho tutta sta voglia di recuperarlo :P

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    1. Devi trovare un momento in cui hai voglia di mangiarti le mani per l'occasione rovinata, quindi capisco che uno non abbia proprio sempre voglia di farlo. Cheers

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  11. Adoro questa monografia su Mann, perchè non sono un completista, e mi fai scoprire film che non ho ancora visto, come nel caso di Jericho, oppure mi dai letture a cui non avevo pensato, come nel caso di questo. E direi che è impossibile decifrare questo film (altro che un banale linguaggio alieno!) se non studiando la sua genesi, come hai fatto tu. Da parte mia, sono stato colpito dalle atmosfere, quelle sì molto Manniane, mentre di trama e personaggi avevo afferrato poco o niente. Risotto così, sembra uno di quei film onirici di Marione Bava, tipo la maschera del demonio, dove alla fine, per dirla come Tim Burton, non sei sicuro di ciò che hai visto, e ti sembra di aver dormito e sognato il film.

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    1. Sono ben felice che sia di tuo gradimento, pur trattandosi di un film massacrato in fase di produzione ha un suo fascino, in effetti lo hai riassunto bene. Cheers

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  12. Mai titolo fu più adatto per questo film perché, se solo Mann avesse avuto la possibilità di vendicarsi alla pari dell'ingiusto trattamento subito, ogni copia esistente sarebbe stata rinchiusa a vita in una fortezza impenetrabile ;-) Ma così c'era il rischio di perdersi questa imperfetta (non certo per sua colpa, come sappiamo) gemma horror rinnegata dal suo stesso creatore, ed è un peccato che questo suo atteggiamento gli abbia impedito di rimettere mano a una storia dotata di un grande potenziale, con un imponente Radu Molasar a far da villain di tutto rispetto, dotato di caratteristiche vampiriche diverse dalla controparte letteraria (non più classico sangue ma energia vitale), per di più disegnato nientemeno che da Enki Bilal in persona: chissà quanto ne avrebbe guadagnato in ulteriore visibilità l'autore, se tutto fosse andato come doveva, e lo stesso dicasi per le suggestive musiche dei Tangerine Dream da qui in poi costretti a tenere nel cassetto la loro colonna sonora "fantasma"... l'unico a non esserla presa più di tanto dev'essere probabilmente stato il caratterista Michael Carter che, oltre a indossare lo scomodo make-up del terribile Molasar, era contemporaneamente impegnato su di un altro set in un ruolo per cui, forse, sarebbe stato ricordato un tantino di più e cioè quello dell'infido Bib Fortuna ne "Il ritorno dello Jedi" ;-)
    Per il resto, sprazzi del Mann che avrebbe potuto essere emergono comunque: vedi il realismo nel tratteggiare i personaggi affidati a interpreti del tutto all'altezza (vedi Prochnow e Byrne, entrambi in ruoli dal lato sbagliato della Storia, ma totalmente diversi quanto a concetti di onore e umanità) l'impossibilità di una distinzione netta tra bene e male incarnata appunto nel dualismo Trismegestus/Molasar, l'estetica inscindibile dal contenuto (luce, fotografia, effetti, ambientazione, inquadrature, tempi: ogni cosa riguardante la fortezza rende l'idea di un antichissimo Male trattenuto a stento, prima ancora di vederlo in azione nel suo progressivo prendere forma e solidità), sequenze memorabili come quella del notturno risveglio della creatura dopo aver indotto l'avido (e inconsapevole) fantaccino della Wermacht a togliere il sigillo rappresentato dalla croce, il ringiovanimento di Ian McKellen/Theodore Cuza dopo il ripugnante tocco della creatura ancora incompleta, a suggellare un patto di cui il dottore ancora non comprende la portata. O, ancora, il confronto finale fra un miserabile vigliacco come Kaempffer (con quell'inutile croce a mo' di sarcastico scherno nei confronti di chi si fregiava del motto "Gott mit uns") e l'entità che di lì a un istante lo consumerà come ha già fatto tutti gli altri suoi camerati...
    "Chi... chi sei? Da dove vieni?"
    "IO... PROVENGO... DA TE!"
    E adesso speriamo che finalmente esca, quel DVD!

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    1. Non avrei saputo riassumere meglio, comunque perdonami se ne approfitto del tuo bel commento per fare il riassunto, da quando ho iniziato la rubrica su Michael Mann sono successe le seguenti cose:
      -Si è sbloccatolo stallo produttivo sulla biopic su Enzo Ferrari su cui Mann lavora da anni, con l’entrata nel cast del più adatto Adam Guidatore.
      -È uscito il trailer di “Tokyo Vice”, serie su cui Mann anche qui, lavora da anni il cui pilota sarà diretto proprio da Michele Uommo.
      -Annunciata l’uscita italiana in DVD di “La fortezza”, probabilmente a fine mese, meglio tardi che mai e meglio di niente.
      Vi lascio trarre le vostre conclusioni ;-) Cheers

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    2. Le conclusioni? Ma è ovvio: le fortune di Michele Uommo sono ricominciate nell'esatto momento in cui la Bara Volante è partita con la rubrica dedicata (e lui a breve chiederà di essere ospite su queste pagine, che come ringraziamento mi sembra il minimo) ;-D

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    3. Sarebbe un onore, anche se faccio fatica a masticare il suo accentone di Chicago, farei volentieri lo sforzo ;-) Cheers

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