Quando sul finire degli anni ’60, William Friedkin era un giovane e promettente documentarista in cerca di primo impiego da regista ad Hollywood, gli arrivò una di quelle proposte di lavoro che non passano inosservate, occuparsi della seconda unità per “Gran Prix” (1966), insomma andare a fare l’assistente di uno dei suoi eroi cinematografici, quella leggenda di John Frankenheimer.
Meglio regnare all’inferno che essere schiavo in paradiso
no? Anche la filosofia di Friedkin che – un po’ controvoglia – finì a dirigere
un musicarello seguito da altri tre flop, prima di frantumarlo in due quel maledetto botteghino che finiva per non
premiarlo mai. Anzi, con Il braccio violento della legge, Hurricane Billy non è solo diventato uno dei nomi più
caldi della Hollywood dei primi anni ’70 ma il suo film ha portato a casa
cinque Oscar, trattandosi di un B-Movie poliziesco, spinto ai vertici
dell’autorialità Hollywoodiana, un seguito non poteva mancare, ma non diretto
da Friedkin, che a quel punto aveva già spiccato il volo. Ironia della sorte a
chi venne affidata la regia di “French Connection II”? Proprio a sua Maestà
John Frankenheimer, posso solo immaginare la soddisfazione di Hurricane Billy
quando venne a sapere la notizia.
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"Tu corri dritto in quella direzione Gene, chiaro?", "Certo Willi... John, certo John!" |
Sapete chi invece non era convinto dell’idea di girare un seguito? Proprio l’uomo sotto il cappello stile pork pie ovvero Gene Hackman, per lui quattro anni erano troppi nel cuore del pubblico per uscire con un seguito, la pista ormai era fredda anche se Il braccio violento della legge era già diventato un classico istantaneo. Eugenio ci mise un po’ a convincersi ma alla fine tornò nei panni di Jimmy “Papà” Doyle, questa volta alle prese con una trama del tutto immaginaria, a differenza del primo capitolo ispirato alle indagini dei detective Eddie Egan e Sonny Grosso, nessuno polizotto americano si è spinto fino a Marsiglia per cercare di inchiodare il trafficanti di droga dritti a casa loro, quindi per certi versi questo secondo capitolo è pensato per venire incontro ai desideri del pubblico, mi permettete il paragone ardito? Questo film sta al capostipite come Rocky II sta a Rocky.
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"Non sono convinto, ma il cappello mi sta ancora alla grande" |
"Rocky II" mette a dura prova le motivazioni dello stallone italiano che passa anche attraverso un momento di crisi personale, ma soprattutto è il film che dà al pubblico la vittoria che desiderava, quella sfumata nel primo capitolo. Più o meno quello che succede in “French Connection II”, un film bistrattato perché ammettiamolo, non ha fatto la storia come quello diretto da William Friedkin, ma ci mancherebbe altro! Dove ha osato Hurricane Billy sono arrivati in pochissimi, ma tutto sommato è ancora un film tostissimo, nobilitato da una prova incredibile di Gene Hackman.
La storia sceneggiata da Alexander Jacobs insieme a Robert e Laurie Dillon, trasferisce l’azione a Marsiglia, trovando subito il modo di far ripetere a “Papà” Doyle il suo tormentone su Poughkeepsie per poi apparentemente rilassarsi, come a volerci suggerire che per un tostissimo sbirro di strada di New York, fare il suo lavoro in una cittadina francese potrà essere solo una passeggiata, ecco non sarà proprio così.
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"Mi ascolti ispettore Clouseau, questo è french connection non french toast" |
Anche se all'inizio “Popeye” Doyle sembra in vacanza per davvero, lo vediamo fare gli occhi dolci alle bellezze locali e poi in una scena che trovo estremamente riuscita, finisce a bere da solo al bancone, o meglio a bere con il barista che lo guarda come se questo tizio dal cappello buffo, fosse l’uomo caduto da Marte, un modo brillante per sottolineare le problematiche linguistiche. Infatti spesso nel film ci sono frasi che suonano volutamente bizzarre, come succede nella realtà quando qualcuno, parlando una lingua straniera e mancando di un po’ di vocabolario, cerca di utilizzare dei sinonimi o delle parole equivalenti, insomma Marsiglia si rivelerà ostica per il nostro protagonista fin da subito, il tutto senza dimenticare quel realismo quasi da documentario, con cui William Friedkin aveva marchiato a fuoco il primo film.
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"Lasciatemi che questa volta lo prendo quel francese maledetto!" |
Dove “The French Connection” si giocava momenti d’azione che
hanno fatto la storia del cinema, il secondo capitolo diretto da Frankenheimer
per buona parte si arrocca attorno al talento cristallino del suo protagonista,
trattandosi del seguito di una storia di ossessione personale, questo secondo
film utilizza la droga per mettere ancora più in chiaro quel concetto.
Catturato dai criminali marsigliesi, “Popeye” Doyle viene
usato come puntaspilli sprofondato nel barato della dipendenza da eroina, se
siete sensibili alle scene di iniezioni e quasi due anni di telegiornali con
persone che si vaccinano non ve l’hanno fatta passare, sappiate che “Il braccio
violento della legge Nº 2” potrebbe mettervi a dura prova.
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Vi ricordate dell'adorabile vecchina di questo film? Come dimenticarla quella maledetta. |
Quando Doyle viene recuperato, con le braccia massacrate dai buchi, la scena che segue in ospedale è lunghissima, ma ancora di più lo sarà il martirio della disintossicazione, ed è qui che Gene Hackman si prende il film per non restituirlo mai più a nessuno.
Legato al letto il suo personaggio cerca di riprendersi, in preda ai morsi dell’astinenza, “Papà” Doyle diventa peggio dei tossici che inseguiva a piedi lungo le strade di New York e Hackman sfoggia una gamma recitativa talmente ampia da fare invidia ad attori meno talentuosi, prima chiede un panino perché ha fame e poi con una rabbia montante chiede del “cioccolato” americano, che è ovviamente un metaforico linguaggio di strada. La scena successiva? Anche meglio perché mentre “Papà” tocca il fondo, mettendosi a piangere parlando di Baseball, mentre Gene Hackman vola offrendo una prova incredibile, ora che il protagonista è al tappeto, può solo rialzarsi, le motivazioni per la rivincita ci sono tutte.
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Toccare il fondo, come solo un grande attore può fare (o recitare) |
Da qui in poi sale in cattedra John Frankenheimer che con la
sua regia rigorosa manda a segno una serie di scene riuscitissime, come la
disinfestazione dei “topi” nell’hotel a colpi di taniche di benzina, fino
all'inseguimento con sparatoria finale al porto, in cui viene fuori tutto il
mestiere di un grande Maestro come Frankenheimer, roba da rifarsi gli occhi
specialmente, per il montaggio.
Eppure malgrado tutto “Papà” Doyle è ancora fuori dai giochi, non solo in quanto americano a Marsiglia, ma dopo aver perso la fiducia di tutti ci vuole un momento emotivo forte che metta in chiaro le sue motivazioni e la sua ritrovata ossessione, non più per l’eroina ma per Alain Charnier, ancora una volta interpretato da Fernando Rey. Nella scena in albergo, in cui Doyle chiuso in albergo, getta via le bustine di droga per certi versi è un po’ come quando Dean “Borracho” Martin, versa il whiskey dal bicchiere alla bottiglia senza berlo in Un dollaro d’onore. A questo punto la tavola è apparecchiata per il gran finale, alla Rocky II ora possiamo dare al pubblico la vittoria che è mancata nel primo capitolo.
Per certi versi, tra i paragoni arditi che ho fatto, non ho
citato quello più azzardato, il fatto che sia stato messo in cantiere un “French
Connection II” con Gene Hackman come protagonista, toglie o per lo meno fa un
po’ di luce su alcune dell’ambiguità del finale del film di William Friedkin,
quello sparo nel buio che concludeva il primo capitolo, poteva essere rivolto alla
schiena del cattivo o perché no, alla tempia del protagonista, seconda opzione
che viene spazzata via dall’esistenza di questo seguito e visto che sono in
vena di paragoni cinematografici, sarebbe un po’ come la teoria su Deckard replicante, cancellata dall'esistenza stessa di Blade Runner 2049.
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"Piuttosto che guidare queste auto francesi lo inseguo a piedi!" |
Chiarito questo, il finale di “Il braccio violento della legge Nº 2” è una corsa a perdifiato, letteralmente visto che “Papà” Doyle finisce per inseguire Charnier, malgrado il fatto che nessuno avesse detto a Frankenheimer del ginocchio “ballerino”, causa precedenti acciacchi, di Gene Hackman a cui il regista continuava di chiedere di correre, corri più veloce Gene! Di più! (storia vera).
Proprio come il primo capitolo, dove Friedkin aveva
rischiato la vita per girare scene diventate memorabili, questo secondo film
ormai è fuori dal tempo, troppo crudo, troppo realistico anche in quel finale,
che guarda caso nei corsi e ricorsi storici - Giambattista Vico levati, ma
levati proprio - che lo hanno caratterizzato fin dalla scelta del suo regista,
ironicamente termina proprio come il film precedente, uno sparo e titoli di
coda. Provate ad immaginare se oggi, anno di grazia 2021, un film finisse così,
mi immagino tutti i sedicenti cinefili su “Infernet” giù a criticare: «Finale
frettoloso, bella la fotografia, due stelline su cinque».
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Fermati, o |
Come pronosticato dal buon vecchio Eugenio Mazzatore, “Il braccio violento della legge Nº 2” non frantumò i botteghini come il primo capitolo e non si portò a casa nessun Oscar, però non andò nemmeno così male, tanto che per anni si cercò il modo di far tornare Popeye Doyle in ogni modo possibile, la NBC provò a lanciare una serie televisiva in cui il personaggio era interpretato da Ed O'Neill, ma per dirla alla Tarantino il pilota diventò un bel niente e venne trasmesso nel 1986 come film per la televisione (storia vera).
L’altro tentativo di sfornare un “Il braccio violento della legge Nº 3” venne fatto tempo dopo, Popeye avrebbe dovuto vedersela con uno spietato terrorista, ma Gene Hackman non voleva più saperne nulla, quindi la trama venne modificata quel tanto che basta in modo da permettere a Sylvester Stallone di calarsi nel ruolo, il risultato finale divenne I falchi della notte, ma questa è un’altra storia.
A me piace un sacco. Dicendo che è come Rocky II hai spoilerato tutto, ma il paragone è azzeccato.
RispondiEliminaPoi questo film l'ho amato tempo prima di vederlo, prima di sapere della sua esistenza! L'idea di prendere lo sbirro e trasformarlo in un drogato per distruggerlo mentalmente e psicologicamente, quei furboni della Astorina l'avevano rubata per una storia di Diabolik, all'Ispettore Ginko veniva fatta la stessa cosa.
Tutta la parte con Gene Hackman ridotto a tossico è fantastica, mentre l'inseguimento finale resta una figata, stavolta a piedi, tra le barche, con resa dei conti all'ultimo minuto.
In effetti se si ha ben chiara la struttura di “Rocky II” per certi versi sì, l’ho fatto ;-) All’Astorina hanno buon gusto, nulla da dire! Cheers
EliminaSi riparte, dunque!
RispondiEliminaMi viene da sorridere perché é come se avessero detto al grande Hawks: "Vogliamo girare il sequel di DISTRETTO 13, ma Carpenter ha da fare. Che, ci vuol pensare lei?"
Azzeccatissimo il paragone con "Rocky II". In fin dei conti Sly ha voluto giocare sul sicuro, dando al pubblico quel che voleva.
Certo, non é una gemma rara come il precedente, e infatti in molti lo considerano uno degli episodi più scarsi. Ma per me resta un passo doveroso quanto obbligato.
E' un tassello fondamentale, che getta le basi per la filmografia futura. E non si poteva fare altrimenti.
Rocky doveva vincere.
Perché sì, bravo, hai dimostrato ciò che valevi. Ma hai perso. E in un attimo per la gente diventi quello che ha avuto la grande occasione, ma ha fallito.
Rocky e Apollo vorrebbero riaffrontarsi. Ma uno é rimasto semi - inabile, e l'altro capisce che rischia di giocarsi la carriera. Ma per amore o per forza, su quel dannato ring ce li costringono a ritornare.
La tentazione é troppo ghiotta, qui.
Papà Doyle é davvero troppo figo, bello e iconico per non farne l'eroe di una bella serie di film.
Ma c'é un ma.
Doyle non é Callaghan. Che era un duro, puro e integerrimo nonostante i metodi discutibili. Che però, almeno nei film, sono gli unici che ogni tanto funzionano.
Dopo quel che ha fatto al termine del primo episodio, per lui parteggiare sarebbe impossibile.
Io ho sempre pensato che avesse sparato a uno dei due colleghi stronzi incaricati di sorvegliare lui e il suo partner.
Sai com'é...piuttosto che far finire il bersaglio della tua ossessione in mano a un altro che se ne piglierebbe ogni merito, preferisci farlo fuggire e acciuffarlo in seguito.
Comprensibile, visto tutto lo sbattimento che si é sparato. E praticamente da solo. Ma é una logica da veri figli di buona donna, per non dire di peggio.
Qui si fa proprio come col secondo di Rocky. Si riparte da dove ci si era interrotti, fischiettando e facendo finta di nulla. Anche se il particolare su cui si sorvola é grosso come una casa, perché di fatto era quello a rendere Doyle lacerato, oscuro e ambiguo.
Seguito più convenzionale, senza dubbio. Ma con tutti gli ingredienti al posto giusto.
C'é il viaggio dell'eroe, che diventa crociato in terra straniera. Alle prese con un posto e una cultura totalmente diverse dalle sue, con i colleghi del posto che ovviamente lo isolano perché non gli garba che l'americano venga a ficcanasare nelle loro faccende.
Tutti, tranne uno. Che se da una parte non approva le sue maniere rudi e sbrigative, dall'altra capisce di aver trovato un pard con cui risolvere la faccenda delle droga, che come minimo gli sta sullo stomaco almeno quanto gli deve stare a Doyle.
Una formula che spesso ci ha regalato film memorabili (lì per lì penso a "Danko", oppure a "Black Rain". Che ribadisco...per me lo ha diretto IL TONY a quattro mani con suo fratello, non accreditato. Ridley non può aver fatto un film così).
Poi, come da copione, abbiamo la fase di crisi, la caduta (la parte dove Doyle viene drogato a forza, e finisce tossico), la riabilitazione e infine la risalita dove il protagonista si rimette in sesto prima della battaglia finale contro la sua storica nemesi.
Non so voi, ma io ho visto seguiti un filo giusto peggiori di questo.
Ad avercene.
Per certi versi l'esistenza stessa di questo film, toglie un po' di ambiguità al finale del film di Friedkin, ma per certi versi ne porta avanti i temi, specialmente l'ossessione del protagonista. Cheers
EliminaL'ossessione di Papà Doyle è il valore aggiunto. Dubito che un secondo capitolo basato su un altro caso sarebbe stato altrettanto efficacie. Doyle non molla, e per chi ha ben chiaro in mente il primo film è un valore aggiunto non da poco.
EliminaInfatti il terzo capitolo si è trasformato in un altro film, "I falchi della notte", la storia di Doyle doveva finire qui in questo modo. Cheers
EliminaQuesto non l'ho proprio mai visto, grazie alla Fox che lo tiene murato vivo nei suoi archivi segreti. Merita di essere visto anche solo perché nel giro di pochi giorni hai sfoggiato una seconda didascalia da premio Oscar: "fermati o papà spara" è un gioiello ^_^
RispondiEliminaTi ringrazio, il soprannome Italiano del personaggio era un assisti che non potevo proprio sprecare ;-) Cheers
EliminaMi hai fatto tornare in mente che mi piaceva piu' dell'originale quando lo vedevo da ragazzino, ovviamente perche' il finale aperto del capo di Friedkin era troppo spiazzante.
RispondiEliminaMa sono esistite davvero epoche in cui NON erano i bambini i padroni assoluti e totalizzanti del telecomando e si dovevano guardare quello che volevano vedere genitori, nonni e financo zii? Curioso comunque che io li vivessi come normali polizieschi, questo mi sa che lo associavo persino ai film esotici di Piedone. Mi immagino non solo un ragazzino di oggi, ma persino molti adulti di oggi, con l'imprinting matrix/transformer/marvel/nolan-iano, messi di fronte a questi film che si prendevano tutti i loro tempi, che facevano dell'anti-retorica il loro credo, e che divagavano, sconcertavano, graffiavano... va beh, mi sa che sono ufficialmente un anziano che brontola sui tempi moderni.
Basta dire che ancora oggi tanti credono che “Ghostbusters” (1984) fosse un film per bambini, solo perché lo guardavamo quando eravamo bambini, questo crea mostri come il recente “Legacy” ;-) Cheers
EliminaMah, noi vecchiacci che fummo bambini negli 80's & 90's avevamo un palinsesto tv diverso da quello odierno.
EliminaIn genera credo che sì, i bambini siano i padroni del telecomando, ma oggi c'è internet, youtube, Netflix, Tik Tok e la tv con 500 canali.
Il rapporto col cinema è diverso di epoca in epoca.
L'unica cosa in cui sperare è che un "rapporto col cinema" continui ad esistere a prescindere dalle generazioni e dai film stessi.
L'importante è non cadere nella tentazione del "eh, ai miei tempi i film..."
Ok, stiamo invecchiando, ma cerchiamo di non invecchiare male.
Bisogna esserne consapevoli, ma la penso come te, anche chi critica formati, piattaforme e saghe, forse dimentica che le nuove generazioni stanno scoprendo il cinema così. Cheers
EliminaE chi mai se la dimentica quella per niente adorabile vecchiaccia bastarda, che non ha nemmeno il tempo di comprarsene uno suo, di orologio? ;-)
RispondiEliminaEccezionale la "tossica" performance attoriale di Hackman, sia per quanto riguarda la discesa forzata nel buco (termine adeguato, visto quanti ne deve subire) nero dell'eroina che per la faticosa e dolorosa risalita... Lo spettacolare inseguimento finale poi, pur se a piedi e non più in auto, rimane da antologia a riprova di quanto Frankenheimer fosse l'unico a poter garantire la giusta continuità fra questo sequel e il lavoro di Hurricane Billy nell'originale ;-)
Sapevo di poterti contare tra gli estimatori ;-) Cheers
EliminaLa cosa VERAMENTE FIGA di questo film è quello che ci restituisce di Papà Doyle: che non molla mai! Friedkin usava quel memorabile inseguimento in macchina per dirci che Doyle non è un tipo che molla. Qui se possibile sale di livello: va a stanare il cattivo a casa sua, ne subisce d'ogni, ma non molla, si libera, e in mancanza di automobile rincorre a piedi. Si mantiene pure la diversità di mezzi nell'inseguimento: era folle inseguire un treno con un'auto nel traffico? Allora facciamogli inseguire una barca a piedi!
EliminaE' questa la grande figaggine del personaggio (e dei due film): uno sbirro che con tutti i suoi difetti va in fondo oltre i suoi stessi limiti. Perciò la dico grossa, sono e resterò sempre più legato a Papà Doyle che a Harry Callaghan.
Non avrei saputo dirla meglio di così ;-) Cheers
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