sabato 11 dicembre 2021

Teddy (2021): un lupo mannaro adolescente in Francia

Per il quarantennale di due classici della licantropia, questa Bara ha affrontati parecchi horror con lupi e lupacchiotti, quindi nel programma dell’ultimo ToHorror mi ha attirato subito questo film francese che affronta, in un modo tutto suo il tema della licantropia.

“Teddy” ci porta in un paesello della provincia francese in cui il massimo dell’attività è una sala bingo (la vida loca eh?), la storia è ovviamente quella del protagonista che dà il titolo al film, un ragazzo interpretato da Anthony Bajon che non è particolarmente bello, almeno non secondo gli standard a cui Hollywood ci ha abituati (ovvero modelli trentenni che interpretano dei ragazzini di quindici anni), a ben guardarlo non sembra brillare nemmeno molto per intelligenza e le sue magliette metallare, non fanno altro che sottolineare la sua distanza rispetto al resto del paesello che lo crede come minimo un satanista. Siete mai stati adolescenti vestiti di nero in provincia? Allora questo film non vi dirà niente di quello che già non avete vissuto, solo che lo farò nel modo meno Hollywoodiano possibile.

Già perché Teddy vive con una zia in stato quasi vegetativo e uno zio più strambo della media, certo gli vogliono bene ma non sono il massimo come figure di riferimento, quindi Teddy nella vita deve arrangiarsi, anche in amore quando perde la testa per Rebecca (Christine Gautier), che a ben guardarla nemmeno lei è proprio in linea con i canoni imposti dal cinema, ma come cantavano i Negrita, qui non è Hollywood.

Pensate, somigliano quasi a dei veri adolescenti, incredibile vero?

Rebecca avrà anche un problema di acne ma ha la bellezza del primo amore, in un film dove la naturalezza del racconto funziona per portare in scena un “coming of age”, un romanzo di formazione che prende volutamente le distanze da Hollywood, in cui l’adolescenza diventa metafora della licantropia, a ben guardare seguendo una vecchia tradizione ormai collaudata, che prevede ragazzi giovani trasformarsi in lupacchiotti, a cominciare dal classico “I Was a Teenage Werewolf” (1957) di Gene Fowler Jr. per arrivare fino a Voglia di vincere.

Ma se il film con Michael J. Fox utilizzava la licantropia per mettere su un bel METAFORONE sulle trasformazioni del corpo nell’adolescenza, quel simpatico periodo della vita in cui ti spuntano peli nei posti più impensabili, “Teddy” fa anche questo ma alza di una tacca il volume della radio. Infatti anche qui al protagonista spuntano peli ovunque, anche in quelle parti del corpo pensate per provocare un po’ di sano disgusto e repulsione nel pubblico, ma più che altro il lupo dentro Teddy è un gran modo per utilizzare l’elemento fantastico (e Horror) per parlare di solitudine adolescenziale e più in genarle, di diversità.

"Ma come faceva Michael J. Fox con tutti questi peli?"

La fine della scuola imminente, la sua tormentata storia con Rebecca e il pregiudizio attorno al protagonista non fanno che renderlo sempre più isolato dal mondo, le figure genitoriali sono di poco aiuto e i due gemelli registi Ludovic Boukherma e Zoran Boukherma (chissà se sul set facevano gli scherzi al loro cast sfruttando la loro somiglianza? Io lo avrei fatto, ma non ho un gemello) inquadrano bene la condizione di Teddy facendo di un budget ridicolmente basso una virtù.

Il film è in perenne equilibrio tra umorismo grottesco e abissi di malinconia, la trasformazione avviene in economia, due zampe pelose che sfondano gli anfibi e un primo piano stretto sugli occhi, ma il risultato è micidiale, quando la bestia dentro Teddy si scatena lo fa al buio, dopo aver fatto saltare la corrente nella sala Bingo (espediente perfetto per cavalcare i due spicci disponibili) il mostro a figura intera si vede poco, ma realizzato alla grande e dell’effetto della sua furia, vediamo più che altro i danni collaterali, i morti lasciati a terra, ed è qui che “Teddy” dimostra di saper far funzionare il suo METAFORONE: pur restando chilometri distante da Hollywood, quanta differenza c’è davvero tra la trasformazione di Teddy e i ragazzi che vanno armati a scuola per fare una strage? I mezzi scelti per la carneficina sono differenti, ma le solitudini incomprese che stanno all'origine del dramma sono le stesse. 

"Me te magno e non è tanto per dire!"

A ben guardare anche il finale del film è del tutto in linea con la tradizione dei film con i lupi mannari, quindi “Teddy” sa essere classico e contemporaneo in un modo piuttosto riuscito, non smuoverà di una virgola il panorama dei titoli con lupi mannari, ma apprezzo questi film che sanno usare lo scarso budget e le tematiche horror per parlare anche dei problemi del presente.

6 commenti:

  1. Mai sentito, infatti.
    Però come te apprezzo tantissimo chi fa di necessità virtù: pochi soldi? Li sfrutti bene, ci sono mille espedienti simpatici e geniali se non hai un grande budget.
    Mi fa piacere che questo sia così, oltre che per una trama comunque sagace.

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fa davvero bene il suo lavoro, sfruttando al meglio il budget minimo, i giovani attori e anche il tema di fondo ;-) Cheers

      Elimina
  2. Io sono nato e cresciuto nel cuore della Capitale, ma ti assicuro che girare con una maglietta di Bruce Lee e una shuriken appesa al collo non ti faceva diventare il più popolare della scuola: in un modo o nell'altro da adolescenti siamo stati tutti lupi mannari :-D
    Sono contento che il mito del "teenage werewolf" sia ancora vivo e capace di regalarci ancora emozioni: viva il ToHorror per queste chicche ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti capisco bene, so cosa vuol dire essere guardato come quello strambo, per questo il film mi ha colpito subito ;-) Cheers

      Elimina
  3. Risposte
    1. Al ToHorror l'ho visto con i sottotitoli, in attesa di distribuzione Itali... Campa cavallo, anzi campa licantropo. Cheers

      Elimina