Quanto è bello ottobre? Il clima migliora, il cibo migliora, Michael Myers torna a casa e quindi per far fronte all'abbondanza di horror del periodo torna anche il formato inventato da Quinto Moro, il Triello per parlarvi di tre film del 2021, uno buono, uno decente ed un altro decisamente brutto, il tutto mentre aspettiamo Halloween.
L’altro giorno mi interrogavo su quale fosse stato il primo horror visto in vita mia, non era la prima volta che mettevo alla prova la memoria, eppure non sono giunto ad una risposta soddisfacente e comprovata. Anche perché, devo essere sincero? Sono sempre stato un bambino attratto dal macabro e dalle storie strambe e fantastiche, questo è sicuro visto che ancora oggi sembro il cugino scappato di casa degli Addams.
Inoltre io non credo tanto alla storiella che tanti raccontano, spesso per darsi un tono, per cui ancora in fasce guardavano “Cannibal Holocaust” (1980) come oggi si guarda Peppa Pig, non ci credo a queste pose da macho che il più delle volte hanno generato fin troppi cinéfili nell'era dell'Internét di oggi. Credo invece che i film con cui sono cresciuto avessero le punte un po’ meno arrotondate di oggi, ma prima di essere scambiato per il solito Boomer che si lamenta di quanto si stava meglio quanto si stava peggio: spiego!
Penso che fosse più normale negli anni a cavallo tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90, ovvero in quel periodo in cui si è formato il mio (dis)gusto, imbattersi in titoli che trattassero i piccoli spettatori come tali e non come dei tuonati incapaci di distinguere il sopra dal sotto, quindi in La storia infinita arrivava il pugno sul naso della scena di Artax.
La mia reazione davanti a quel maledetto cavallo nella palude. |
Joe Dante ci insegnava che i mostri sono belli quando sono tenerini ma anche quando fanno paura, avere in tv costantemente film come Tremors ci ha aiutati ad amare quelle storie macabra o l’elemento spaventoso al loro interno. Quindi forse è per questo che non ricordo quale sia stato il mio primo horror, la mia è stata una progressione naturale dovuta ad una più che decente formazione.
Proprio per questo non amo sparare a zero sui prodotti orientati ai più piccoli, anche se si è visto negli ultimi mesi su “Infernet”, sarebbe carino chiedere a chi non ha amato Fear Street il titolo del loro primo horror, vogliamo scommettere che molti risponderebbero “Cannibal Holocaust”? Questa lunga premessa per arrivare al punto: Netflix scende ancora giù di un gradino nella scala della gioventù e dopo la trilogia per adolescenti di Fear Street, punta direttamente ai pre-adolescenti se non proprio bambini, il risultato finale è “Nightbooks - racconti di paura”, prodotto dalla Ghost house di Sam Raimi e diretto da David Yarovesky, uno che per certi versi ha fatto un po’ lo stesso percorso, visto che arrivava dagli ammazzamenti senza tirar via la mano di Brightburn.
Ora non fatevi idee strane, il fatto che compaia in un Triello dovrebbe darvi già degli indizi, eppure “Nightbooks” è un film che fa perfettamente il suo dovere parlando in maniera schietta al suo giovane pubblico, però questo non vuol dire che non lo faccia davvero bene e soprattutto, senza per forza avvolgere tutti i bordi affilati sotto quintali di pluriball, per un film la cui storia è ultra nota (per non dire già vista) ma la messa in scena trova il modo di farla funzionare al meglio.
Il target di riferimento del film, per loro funziona alla perfezione (ma anche un po' per noi) |
Alex Mosher (Winslow Fegley) è un ragazzino di New York con gli occhiali spessi e la fissa per l’horror, in camera ha tutti i poster giusti (divertitevi a riconoscerli tutti) e ama scrivere racconti del terrore, ma all’inizio del film un trauma che scopriremo solo seguendo la sua storia, lo porta a volersi disperatamente liberare dei suoi diari pieni di racconti, basta con queste robe da nerd del terrore è il momento di crescere e allinearsi, ma visto che stranezza chiama stranezza, il ragazzino viene rapito e portato nella più grande biblioteca di libri del terrore mai vista, un posto da sogno per un lettore dalla quale però non può uscire, anche se dividerà la sua permanenza con Yasmin detta Yaz (Lidya Jewett), una ragazzina in fissa con la scienza e una sphynx di nome Lenore, che per chi non lo sapesse sono quei gatti senza pelo che appena li guardi fanno ribrezzo e poi vorresti portatene a casa venti, lo dico io che nemmeno sono mai stato gattofilo, ma seguo due spassosi profili Instagram di gatti sphynx uno meglio dell’altro. (storia vera).
Anche se in troppe scene compare in CGI, comunque la migliore in campo. |
La carceriera di questo trio, all’erta e pieno di brio è la strega Natacha, una sorta di fata turchina con la ricrescita interpretata da Krysten Ritter. La strega pretende da Alex una storia ogni notte per tenerlo in vita, ma la storia deve essere accurata, le fonti vanno verificate (non si potrebbe sottoporre molti dei nostri giornalisti stipendiati alla stessa cura? No vero?) quindi capite che con queste premesse il film procede quasi da solo o meglio, David Yarovesky lo fa filare alla grande, trasformandolo quasi in un antologico in cui i racconti di Alex, vengono rappresentati con un titolo in bella mostra e una messa in scena volutamente posticcia, fotografia sparata in contrasto con i tanti (immancabili) neon della biblioteca, ma anche costumi e scenografie quasi da recita scolastica, come a voler sottolineare la natura immaginaria (e un po' infantile) delle storie raccontate da Alex.
Lo dico sempre che Loredana Bertè è più avanti di tutti. |
Parliamoci chiaro, la letteratura è piena di esempi di scrittori costretti a scrivere per salvarsi la vita, da “Le mille e una notte” a Stephen King gli esempi non mancano, la trama di “Nightbooks” aggiunge un elemento sorpresa riuscito e tra libri di “Dagon”, ragni pestiferi con la mania di abbracciare la faccia delle proprie vittime, citazioni musicali ai film giusti e una certa cura generale, David Yarovesky si conferma un regista versatile e di talento, ma la parte più riuscita del film sta nel messaggio: non è male inciampare in una storia che non solo ti racconta (ancora) che l’horror e il mondo dell’immaginario in generale, può salvarti la vita, ma che dice ai ragazzi che essere strambi non è un male, un po’ come se zio Tibia ti desse una pacca sulle spalle per dirti: «Continua così ragazzo» o per usare una frase del film, «Stay weird storyteller».
Ci vuole un discreto fegato e altrettanta sicurezza nei propri mezzi per intitolare una storia horror “Nessuno ne uscirà vivo”.
Caratteristiche che non mancano allo scrittore Adam Nevill, che nel 2014 con il suo romanzo “No one gets out alive” si è portato a casa diversi premi e l’attenzione di Hollywood e soprattutto del produttore David Bruckner, che infatti aveva già messo due soldini su Il rituale, liberamente ispirato ad uno dei romanzi di Nevill.
![]() |
Materiale per la mia teoria sulle scene in metro nei film. |
La storia è quella di Ambar (Cristina Rodlo) un’americana di origini messicane, rimasta senza documenti e costretta a barcamenarsi dopo la morte della madre. Cercando di racimolare soldi per pagare un documento falso, la protagonista finisce in una catapecchia di proprietà del losco Red (Marc Menchaca) gestita insieme al fratello, un energumeno di nome Becker (David Figlioli), qui Ambar troverà un tetto e un letto, ma anche svariate visioni di donne morte malamente, pronte a farle visita sotto forma di fantasmi. Cosa sappiamo delle storie di fantasmi? Che ogni trapassato incastrato nell’aldiquà ha un passato infelice da risolvere, tutto questo troverà una logica con i ritrovamenti archeologici di un celebre esploratore americano, che anni prima ha riportato alla luce una scatola misteriosa che inizia a tormentare gli incubi di Ambar.
![]() |
A proposito di classici: la scena della doccia! |
Il regista Santiago Menghini pare un po’ indeciso, non sa bene se fare una storia di fantasmi quasi alla J-Horror oppure se abbracciare il ritmo lento tipico della A24, sta di fatto che a me questo film ha ricordato fin troppo Amulet, solo a sessi invertiti per i protagonisti e decisamente meno sperimentale, sul serio, tra i due questo sembra quasi la versione "per tutti", anche se il finale di “Nessuno ne uscirà vivo” tiene comunque fede alla promessa fatta dal titolo.
![]() |
"Si ok, comunque voglio due mensilità in anticipo Cassidy" |
Mi dispiace di non aver letto il romanzo di Adam Nevill, conto di rimediare e breve visto che questo autore è sempre più spesso ospite della settima arte, ma la sensazione è che molte delle parti migliori siano rimase tra le pagine del libro, perse nell’adattamento. Badate bene non sono un fanatico della spiegazione a tutti i costi, mi piace che l’elemento maligno semplicemente si manifesti, lo trovo molto più spaventoso senza troppe introduzioni, eppure è chiaro che qualcosa di importante nell’adattamento sia andato perso, oppure Santiago Menghini non è stato in grado di premere i tasti giusti, perché ad una prima occhiata, la sua versione di “Nessuno ne uscirà vivo”, sembra uno di quegli horror da deviazione sbagliata, solo che la protagonista invece di finire nelle mani di una famiglia di cannibali, inciampa in una sfiga giù grande e antica in cui per altro, la tensione latita.
Ho apprezzato molto la scelta di Santiago Menghini di non affidarsi ai famigerati “salti paura” (anche noti come “Jump scare”), purtroppo a questa storia di fantasmi del passato manca un po’ di carattere ed è un peccato perché ho trovato molti punti in comune con Il rituale, quindi Nevill sicuramente ha dei temi ricorrenti ed è anche bravo a gestirli, purtroppo in questo adattamento, il film risulta estremamente curato e ben diretto, ma purtroppo nulla di davvero memorabile.
![]() |
"Non ho una presenza spettrale dietro di me vero? Ditemi di no" |
In ogni caso tra i tanti prodotti che verranno messi a disposizione sulle piattaforme di streaming, questo film targato Netflix temo che finirà per passare inosservato, ed è un peccato perché aveva il potenziale per essere un ottimo film, ma a questo punto sono più curioso di leggere il romanzo.
Altro giro, altra corsa, altro horror di ottobre su Netflix. Questa volta tocca a “C'è qualcuno in casa tua” titolo minaccioso che iniziava con buonissime premesse, ad esempio essere prodotto da James Wan e disturbato dalla popolare piattaforma di streaming, ma più che questo a convincere è il prologo iniziale, che in un horror di solito coincide con il primo morto del film.
Ora Ghostface si stampa la maschera da solo. |
Sta di fatto che un po’ brilli e molto scemi, i ragazzi della squadra di Football del liceo locale hanno pestato malamente un ragazzo ed ora il nostro bulletto sportivo si ritrova un ospite in casa: un losco figuro con felpa della squadra e una maschera realizzata con la stampante 3D, raffigurante il volto della sua stessa vittima. Qualche coltellata dopo, il Football perde una promessa ma noi forse abbiamo un horror, che per lo meno comincia bene. Ecco, ho detto comincia, ma nello sport e soprattutto nella vita, non frega a nessuno come cominci, verrai ricordato solo per come finisci. Se la prima scena mi ha fatto pensare ad una sorta di Euphoria in salsa Slasher, con del potenziale per essere un Terror Train ambientato a terra, il resto del film mi ha fatto ricredere nel modo peggiore possibile.
No, non sono i nuovi personaggi di Sex Education. |
La biondina che si esprime in pubblico alla perfezione, sfoggiando un rispetto per tutti i generi, gli orientamenti sessuali e religiosi di tutti, che però poi gestisce un Podcast razzista sul potere bianco è la seconda vittima. Devo essere onesto, fino a questo punto il film ancora tiene botta, ma quando i parametri dell’algoritmo cominciano a prendere il sopravvento, tutta la storia diventa urlata e insopportabile, oltre che molto scema, ho avuto l'impressione di assistere all'assassinibcon il modus operandi più idiota mai visto, non aggiungo altro per non rovinarvi l'eventuale (e sconsigliata) visione. Quindi diventa inevitabile che lo “strambo” che veste di nero, debba essere per forza il sospettato e i temi devono essere sottolineati dodici volte, come nella scena che a mio avviso è stata inserita nel film perché oh! A molti ragazze e ragazzi piace quella foglia verde a sette punte dall’odore buono, che ti fa fare tante risate se ne fumi in abbondanza, quindi perché non infilare nel film una scena a metà tra “American Beauty” (1999) e uno a caso di Seth Rogen, dopo i protagonisti finiscono a fumare da Bong improvvisati, ricavati dalla collezione di cimeli Nazisti del papà del biondo ricco (ma con i problemi) del film?
Sembra la citazione di un film di Benigni. |
Giusto che io abbia visto solo il brutto finora, anzi, oggi siamo anche in uscita contemporanea.
RispondiEliminaOnestamente non mi capacito di come faccia sempre 'sto regista a sbagliare ritmo dei film (sono una delle tre persone al mondo che guardando Creep s'è fatta due palle tante): l'inizio è scoppiettante, ansiogeno e molto interessante, poi il film s'affloscia come quando tiri fuori le torte dal forno e dici "uh, che bella!" invece è cruda e ti ritrovi con una voragine al centro ç_ç
Non sei l’unica, anche a me non ha mai fatto girare la testa, con la metafora culinaria hai reso perfettamente l’idea del film, solo che ora mi hai fatto venire fame, ci vediamo tra poco dalle tue parti, tempo di fare colazione ;-) Cheers
EliminaNon riuscirei mai a rispondere alla tua domanda aul primo horrir visto. Ma di sicuro da ragazzino al cinema mi terrorizzò "Gremlins", e da allora Joe Dante lo porto marchiato a fuoco nel cuore 😜
RispondiEliminaNon ho visto nessuno dei tre film e non so se mi capiterà, ma almeno grazie al Servizio Cassidy ora ne sono informato ^_^
Ci sarà un motivo se siamo stati separati alla nascita, il post è frutto della riflessione e siccome "Terminator" è tanto altro oltre ad uno Slasher, alla fine anche io identifico "Gremlins" come l'inizio di tutto, poteva andarci decisamente peggio ;-) Cheers
EliminaPrimo film visto l'esorcista visto in prima serata e in prima tv sarà stato il 1985 non dormìii tre giorni rividi l esorcista al cinema 20 anni dopo e lo.trovai brutto vecchio mal girato noioso ma soprattutto non faceva paura
RispondiEliminaTieni a freno gli ardori giovane Hobbit, avrai presto la tua battaglia (contro Pazuzu) ;-) Cheers
EliminaNon mi attira nessuno dei tre. Anche se Krysten Ritter strega cattiva mi tenta.
RispondiElimina"Sull'includere l'inclusività" per forza sfondi una porta aperta. Siamo sempre in equilibrio tra la buona fede dell'autore magari maldestro che ci tiene, e quelli che buttano lì questa o quella banalità per fare contento l'algoritmo.
Raccolgo la sfida sulla memoria: il mio primo horror "vero" potrebbe essere stato Creepshow 2, si e no a 8 anni, un'estate, primo e unico caso di horror visto con tutta la famiglia. Credo pure sia stato l'unico che ho guardato con le mani sulle guance strategicamente pronte a chiudersi sugli occhi.
"Cannibal Holocaust" l'ho visto da vecchio, in versione integrale e l'ho trovato abbastanza fastidioso.
Perché il film di Deodato è ancora tostissima. Tattica la posizioni mani sulle guance e "Creepshow 2" aveva dei numeri, almeno il segmento sulla zattera era davvero forte ;-) Anche io voglio credere alla buona fede, ma in questo caso vedo solo freddo calcolo. Cheers!
EliminaNon so se il fenomeno degli horror da/per ragazzini sia piu' interessante o inquietante. Temo possa fare il botto una roba alla "Mamma ho perso l'aereo", che infantilizzo' e rincretini' il cinema per ragazzi per tutti gli anni 90.
RispondiEliminaPrimo horror (con tanto di concessione dei genitori): "La macchina nera", mi inquieto' parecchio e ci feci pure un incubo quella notte, ma l'effetto ne usci' smorzato dato che ero a una festa coi cugini. La prima vera volta forse con un amico un pomeriggio d'estate: "La notte del demonio" di Jacques Tourneur, nelle scene piu' paurose scappavamo fuori di casa al sole. Per altro l'ho rivisto poco tempo fa, dopo decenni da quella volta, e l'ho ritrovato magnificamente inquietante.
Tourneur rifila ancora le pizze a tanti oggi, senza ombra di dubbio ;-) Non ti saprei dire sull'andamento, certo che se uscisse un horror per ragazzi, della portata e del successo del film di Columbus, per il genere tutto sarebbe un salto quantico. Cheers
EliminaSe il primo è almeno all'altezza di Piccoli Brividi (quello con Jack Black, per capirci) me l'hai venduto... Del secondo e terzo devo anche aver visto i trailer con tanto interesse da confondermeli: ero convintissima che la clandestina messicana andasse anche al Liceo, ma mi sa che ho sovrapposto le cose...
RispondiEliminaPrimo film horror dell'infanzia: praticamente nessuno, se non forse un mezzo "Sepolto vivo" di Corman visto di sghetto e con la febbre (altrimenti, niente TV in camera, quindi ciccia)
Per contro mia madre, che "gli horror sono diseducativi" ha l'empatia di un blocco di granito e una passione per i film a cui Telesette dava più di 3 pallini, quindi mi toccarono in sorte "Una moglie" o "Full metal jacket" ad età in cui non vuoi DAVVERO aver visto Full metal Jacket...
Direi che più o meno siamo dalle parti di Piccoli Brividi. Penso che “Full Metal Jacket” abbia tutto per traumatizzare, anche più di parecchi horror ;-) Cheers
EliminaIo ero im bimbo pauroso che fino a 14 anni non ha mai visto horror ( a parte quelli più soft tipo il cane infernale o Q il serpente alato ), mentre mio fratello, mio cugino e altra gente, a 9 anni si erano già visto l'Esorcista !
RispondiEliminaQuesto lo dicono loro però, magari per farsi "grossi" con te, diffida dico io, diffida ;-) Cheers
EliminaIl buono e il discreto sicuramente, ma l'ultimo come dice Erica si può anche evitare ;)
RispondiEliminaDue indizi tendono a fare una prova ;-) Cheers
EliminaEh, niente, mi sa che non posso pescare nemmeno da questo tris di novità non troppo convincenti. Quella che il paginone Netflix mi pubblicizza, poi, mi puzzava già di sòla. Me lo confermi.
RispondiEliminaPoca roba, spero arrivi qualcosa di più sostanzioso tra qui e il 31. Cheers!
Elimina