No, non avete sbagliato giorno e sì, abbiamo un altro compleanno da festeggiare per questa rubrica, benvenuti al nuovo capitolo di… Hurricane Billy!
A 32 anni, il futuro di William Friedkin ad Hollywood era in bilico, malgrado ciò da bravo figlio mantenne la promessa fatta alla madre, portandola con sé in una casa in affitto a Beverly Hills, il nostro Billy era quasi un Rick Dalton in quel periodo della sua vita. Facile capire il perché: tre film all’attivo da regista e tre flop in fila al botteghino, per fortuna il suo agente Tony Fantozzi credeva ancora nel suo potenziale.
Tra i pochi ad aver visto Quella notte inventarono lo spogliarello oppure Festa di Compleanno,
metteteci pure Mart Crowley e Dominick Dunne, il primo, in particolare, era
l’autore della provocatoria commedia “Festa per il compleanno del caro amico
Harold”, replicata sui palchi off-Broadway con un discreto successo. Crowley
sognava di portare questo suo lavoro così sentito e personale al cinema, per la
regia di Robert Moore che aveva già diretto lo spettacolo a teatro tante volte,
per la fortuna del nostro Billy, Gordon Stulberg, capo della Cinema Center
voleva qualcuno con più esperienza cinematografica e avendo già diretto un compleanno, Friedkin era il più indicato
anche perché a metterci una buona parola ci pensò lo stesso Harold Pinter,
state pur certi che se una leggenda del teatro come lui apre bocca, tutti lo
staranno ad ascoltare.
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Poi dicono che sono le donne a mettere in disordine l'armadietto del bagno eh? (stereotipi, brutta roba) |
Quindi ironia della sorte, William Friedkin era pronto a dirigere la seconda festa di compleanno della sua carriera, forte di tutto quello che aveva imparato alla corte di Pinter, Billy era pronto a calarsi in una realtà fatta di luci ed ombre, di uomini ai margini, un tema che sarebbe tornato spesso nel suo cinema e che trovava in “The Boys in the Band” (titolo originale dell’opera scritta da Mart Crowley) il soggetto perfetto per Friedkin, un’altra “commedia della minaccia” quasi in stile Pinter su un tema controverso, quelli che diventeranno i preferiti di Friedkin, perché l’opera teatrale è stata la prima a parlare di omosessualità in modo schietto e diretto.
Ci sono stati fior fiori di autori teatrali omosessuali, ma
Mart Crowley è stato il primo a scrivere un’opera sull’argomento che portasse
l’attenzione sulla comunità Gay di New York, composta da diverse tipologie di
omosessuali, dalla “checca isterica” (perdonatemi l’espressione, ma è la più
indicata per alcuni personaggi della storia) fino al represso, passando per il
monogamo per arrivare a quello più promiscuo. Una storia sofferta per Crowley,
scritta in un momento di forte depressione della sua vita e per questo afflitta
da una certa dose di pessimismo (in uno dei passaggi, viene detto che nessun omosessuale è mai davvero felice), dopo una prima serie di recensioni negative
e accuse relative ad aver messo in cattiva luce la comunità Gay, “The Boys in
the Band” venne riconosciuta come l’opera innovativa che era, senza, però,
arrivare mai ad essere portata in scena sui palchi di Broadway, insomma Billy
Friedkin aveva un’altra bella gatta da pelare per le mani, ma era prontissimo a
gettarsi nella mischia.
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Ci voleva Hurricane Billy a farmi sopportare un film dove i protagonisti di colpo, attaccano a ballare tra amici. |
Il nostro accettò di buon grado l’idea di confermare in blocco tutto il cast di attori che già interpretava i personaggi a teatro poi, però, chiese loro di dimenticare le abitudini e i meccanismi del palcoscenico, per approfondire ulteriormente i propri personaggi, portò a casa qualche malcontento, ma riuscì a far presa sugli attori, il diploma nei documentari e il Master alla scuola Pinter per Friedkin erano valsi qualcosa.
Quello che serviva a Friedkin era un direttore della
fotografia capace, il nostro fu ben felice di avere la possibilità di
collaborare con Adam Holender che aveva dato prova di talento con “Un uomo da
marciapiede” (1969), malgrado la trama di talento difficile, Friedkin era ben
felice di incontrarlo e di fare il sopralluogo su alcune delle location: un
edificio dell’Upper East Side di New York dove girare giusto un paio di scene, ti
piace Adam? Non so dove mettere le luci qui, non va bene. Una terrazza che a
Friedkin piaceva molto, come la trovi Adam? Troppa luce, ti conviene girare
questa scena in un set dove potrò gestire tutto meglio. Insomma, dopo un inizio
difficile, anche la fotografia del film venne risolta… Affidandola ad Arthur
Ornitz che sarebbe diventato famoso grazie a Il giustiziere della notte. Ciao ciao caro Holender, hai fatto i
conti con la testa dura nel vecchio Billy.
La trama di “Festa per il compleanno del caro amico Harold”
pensate un po’? Molta della festa di compleanno organizzata per il caro amico
Harold dai suoi amichetti di New York, una fiera rappresentanza delle varie
tipologie di omosessuali, benestanti e altolocati della Grande Mela.
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The boys are back in town (cit.) |
Si va dal gestore di un negozio di antiquariato con barboncino, fino a quello che nel tempo libero gioca a Basket (grande passione di Friedkin), come si autodefiniscono nel film: sei checche isteriche e una zia ansiosa pronti a festeggiare Harold (Leonard Frey) che, però, non arriva mai lasciandosi attendere come fanno le vere dive.
“The Boys in the Band” rientra nella categoria della
“commedia della minaccia”, perché una situazione leggera, quasi frivola, diventa
pian pianino sempre più ostica, le frecciatine diventano attacchi personali
sempre più violenti, in cui tutti i personaggi a turno svelano le loro
idiosincrasie, le loro paure e insicurezze. Perché ognuno di loro reagisce in
modo differente ad una vita in cui tanti, quasi tutti, attorno a te, saranno
pronti a giudicarti (male) per la tua stessa natura, quindi qualcuno va
volutamente sopra le righe per provocare o per carattere, altri, invece,
nascondono la loro vera natura, fingendosi eterosessuali in pubblico e
quando la polveriera, questo appartamento pieno di personalità in lotta (non
solo tra di loro), sembra sul punto di esplodere, finalmente arriva il
detonatore: Harold.
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... e alla fine arriva |
32 anni, Ebreo di origine, con il volto butterato e degli eccentrici occhiali dalle lenti rosse, Leonard Frey interpreta Harold come il più depresso capo pavone in circolazione, acido, carismatico e insopportabile in parti uguali, ci mancava giusto lui per portare il livello (già altino) della competizione verbale a livelli olimpici, infatti con la sua entrata in scena “The Boys in the Band” sale ulteriormente di livello.
Friedkin dirige alla perfezione un’altra tragedia da camera,
ancora una volta non si dimentica mai di fare del cinema, senza mai adagiarsi
su materiale teatrale così consolidato e valido, per certi versi potremmo dire
che pur restando ancora nel campo del cinema drammatico, il nostro Billy stia
già esplorando quell'orrore, chiuso tutto dentro una stanza, che diventerà
fondamentale nei suoi film successivi, infatti per essere un film così tanto
parlato (per ovvie ragioni), la tensione va in crescendo così come la
disperazione dei personaggi, ognuno diretto e interpretato alla perfezione da
un cast in stato di grazia.
L’apice, forse, si raggiunge con il crudele gioco a punti
della telefonata da fare a qualcuno che si ama per davvero, più minuti al
telefono stai e più ti “comprometti”, più puoi scalare la classifica. Una
goliardata che nasconde una cattiveria di fondo, alla faccia della solidarietà
tra membri di una stessa minoranza che diventa l’occasione per una confessione
singola di tutti i personaggi che dovranno fare i conti con tutte le scelte di
una vita.
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Se vi sembra tragico, aspettare di vedere la bolletta del telefono. |
“Festa per il compleanno del caro amico Harold” è un film molto bello, che non prende prigionieri, un ritratto realistico di una comunità e delle persone che la compongono, come nessuno aveva mai avuto il fegato di raccontare prima al cinema, lontano dai cliché sugli omosessuali, il film finì per rilanciare le stesse polemiche già affrontate a teatro. Qualcuno sosteneva che Friedkin avesse fatto fare due passi indietro al processo di integrazione della comunità omosessuale e alcuni picchetti davanti ai (pochi) film che proiettavano il film non hanno certo favorito gli incassi.
Mi concedete una riflessione? Oggi un regista eterosessuale
non potrebbe dirigerlo un film così, infatti “The Boys in the Band” è stato
rifatto da Netflix nel 2020, con la regia di Joe Mantello e Sheldon Cooper e l’altro Spock nel cast, anche se la
versione di Billy Friedkin resta ancora modernissima e anche ben più cattivella,
se volete sapere la mia.
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No, non è la puntata che vi siete persi di "The Big Bang Theory" è il film del 2020. |
“Festa per il compleanno del caro amico Harold” non incassa poi molto, al suo quarto film da regista William Friedkin ha mandato a segno quattro flop, a questo punto, chiunque altro con meno testardaggine e carattere avrebbe gettato la spugna, ma non il nostro Billy che da giocatore di Basket sa che si può ancora vincere finché restano minuti da giocare. A 32 anni Friedkin era un regista che aveva fallito quattro volte? No, era un autore che stava collezionando esperienza ed ora era pronto a smettere di inseguire la storia del cinema, anzi a farla, proprio con un inseguimento, ma di questo parleremo la prossima settimana, non osate mancare, io non vedo l’ora di gettarmi a capofitto nel prossimo post!
Lo sai come e quando ho recuperato sto film? Dopo aver visto "Perfetti sconosciuti" col gioco al massacro coi telefonini. Non mi ricordo dove lessi che era la versione aggiornata delle telefonate del film di Firedkin “Festa per il compleanno del caro amico Harold”. E il passo fu breve. Questo lavoro è un'analisi collettiva sui protagonisti che si mettono a nudo e si scoprono soli e infelici, molto più di quando sapevano e credevano. Il messaggio che vuole trasmettere è forte ma credo che quando uscì fu un bel cazzotto sullo stomaco. Sia per gli spettatori etero sia per quelli omo.
RispondiEliminaNon ho visto la nuova versione di Netflix... Merita?
Dimenticavo: ovviamente non ho potuto fare a meno di ridacchiare pensando a "Vacanze in Americia" quando Gerry Calà va a casa di Liverani Ermanno detto "Lo schiantatope"...
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=JXW1GmUwLNQ
Alla fine anche "Perfetti sconosciuti" è una “commedia della minaccia” e Friedkin è il padre nobile di questo stile, o almeno quello che lo ha portato al cinema meglio, infatti questo compleanno è importante tanto quanto l’altro nel peso specifico della sua filmografia.
EliminaConsidera che la versione del 2020 è tratta dallo stesso testo teatrale, quindi non ci sono enormi cambiamenti, l’Harold della versione di Hurricane Billy è molto più acido di Zacaria Quinto, però si lascia guardare al netto che come dirige in interni Friedkin lo fanno in pochi, ma in ogni caso è una buona versione. Cheers!
In effetti non ci avevo pensato, sarà stata una citazione al film di Friedkin? :-D Cheers
EliminaUltimo e ti lascio tranquillo: di la verità, sei stato tu a tappezzare Torino coi manifesti farlocchi di MJ?
EliminaIo con l'aiuto di qualcuno che ha visto il nuovo "Space Jam" ;-) Cheers
EliminaQuindi il prossimo film è quello nato da un suggerimento di Hawks...lo stavo aspettando.
RispondiEliminaProprio quello e il post inizierà proprio così (storia vera). Cheers!
EliminaAnche qui...buio completo.
RispondiEliminaDiciamo che per la tematica trattata mi tengo l'intervento per un futuro e forse ancora piu' controverso film di Friedkin, di cui si parlera' senz'altro.
Ci siamo, dunque.
Pure io non vedo l'ora.
Se ci pensi, molti dei titoli più importanti di Hurrican Billy sono drammi da camera, uno nel vero senso della parola, eppure il mio preferito è quello là fuori lungo le strade ;-) Cheers
EliminaQuesto film è un cult, l'ho visto l'anno scorso e mi colpì molto
RispondiEliminaDavvero, ancora molto al passo con i tempi oggi. Cheers!
EliminaPensa che negli anni '70s, una delle poche volte che "Festa di Compleanno per..." passò in televisione fu in prima serata sulla Rai (sul secondo canale, mi pare). Altri tempi...oggi non solo un regista eterossesuale non potrebbe girare un remake del film, sarebbe sommerso dalle polemiche, minimo lo accuserebbero di omofobia, ma nemmeno un network nazionale (non solo la Rai ma proprio tutte le emittenti) lo programmerebbero sulle reti maggiori, al massimo forse sui canali minori e a tardissima notte.
RispondiEliminaPeccato perchè è una gran bella storia.
Infatti la seconda versione (perché non si tratta di un remake) è uscito per Netflix e diretto da un regista omosessuale, ma sai qual è la cosa assurda? Che comunque Friedkin venne criticato lo stesso e per il suo successivo film con di mezzo il tema dell'omosessualità anche di più. Quindi forse le cose sono cambiate (lo sono) ma non poi così tanto, a me sembra che abbiano preso solo una forma differente. Cheers!
EliminaQuesta rubrica non fa prigionieri, sta portando alla luce tutte le mie manchevolezze nella filmografia di Friedkin, e ho davvero un sacco di roba da recuperare! Questo prima di tutti: ripasserò dopo la visione ;-)
RispondiEliminaHo capito perché quando qualcuno inizia a trattare la filmografia di Friedkin dedica un paragrafo ai suoi primi lavori e si butta subito sui titoli grossi, quelli che arriveranno da venerdì prossimo in poi, però sono oltre che titoli formativi, indispensabili a capire il successo dei prossimi film, ma anche molto belli, tipo questo, sono curioso del tuo parere. Cheers!
EliminaMi sono comprato direttamente il DVD su Amazon dopo aver letto la recensione insieme al DVD L'ultimo Buscadero.
RispondiEliminaDue ottimi acquisti, sono sicuro che ti piaceranno ;-) Cheers
EliminaGiuro che non avevo mai sentito nominare questo film prima di leggere la tua rubrica, e vedendolo capisco anche perché: non essendoci piume di struzzo e nessuno che si muova come ne "Il vizietto" è chiaro che in Italia una roba del genere non possa avere ospitalità.
RispondiEliminaUn film cattivissimo e spietato, da cui nessuno esce bene, né integro. Quel "gioco del telefono" l'ho trovato di una crudeltà senza pari, soprattutto all'epoca: per quanto oggi certe tematiche siano ancora scottanti, è indubbio che lo fossero milioni di volte in più all'epoca, quando ingenuamente si pensava che chi sposasse una donna fosse etero.
Un gioco al massacro che cresce piano ma è inesorabile, una visione tesissima che m'ha fatto discretamente male. Quindi ti ringrazio per l'ottimo consiglio.
Infine, ho rivalutato parecchio anche la peggiore delle mie feste di compleanno: mi è andata comunque di lusso, vista quella organizzata da Friedkin :-D
Mai e ripeto mai, farsi organizzare la festa di compleanno da Billy Friedkin ;-) Hai detto bene, persino la versione 2020 della stessa storia, tratta dallo stesso testo, secondo me non colpisce con la stessa forza di come fa Hurricane Billy qui, ormai maestro della “commedia della minaccia”, concetto perfettamente riassunto da questo film, che inizia leggerino e finisce a far male per davvero. Cheers!
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