In un arco di tempo abbastanza lungo, l'indice di sopravvivenza scende a zero diceva qualcuno, artisticamente parlando per Michael Cimino quell'arco di tempo è stato molto breve. In un attimo è passato dalla festa per l’oscar di “Il cacciatore” (1978), ad essere il regista del film che ha messo fine a tutto, ai fasti dei film Western al cinema, all'epoca della New Hollywood e anche alla United Artists.
Il discorso ovviamente è più articolato di come ci è stato tramandato, l’utopia della New Hollywood, un momento di quasi totale libertà creativa, che ha segnato buona parte degli anni ’70 e della produzione cinematografica americana di quel periodo, aveva già cominciato a mostrare le prime crepe. Lo avevano capito Peckinpah, Milius messo al bando, ma anche Coppola e Scorsese, quindi non stupitevi se ancora oggi quest’ultimo guarda con malcelato sospetto il cinema più popolare, perché il momento chiave è stato il 1975, Lo Squalo di Spielberg aveva mostrato una nuova via e le Guerre Stellari di Lucas l’avevano seguita.
L’era reaganiana era alle porte e il 1980 un bel numero tondo, perfetto per essere segnato sul calendario come la data per un nuovo inizio e poi, volete mettere la comodità di un capro espiatorio? Un nome contro cui puntare il dito evitando il lungo (ma comunque abbondantemente semplificato) spiegone che vi siete appena sorbiti? Quel nome è quello di Michael Cimino con il suo “I cancelli del cielo”.
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“Meglio mettersi comodi, penso che la premessa di Cassidy sarà lunga” |
Cimino ha sempre avuto l’etichetta di “enfant prodige”, una gavetta come sceneggiatore per mettere le mani ad un paio di classici, anche se nella sua testa Cimino già sognava un grande Western epico, ispirato ad un fatto realmente accaduto subito dopo la guerra civile americana, uno scontro tra coloni immigrati dall’Europa e alcuni allevatori locali, di cui Cimino aveva già pronta una bozza in stato avanzato di sceneggiatura intitolata “The Johnson County War”, ma la United Artists pronta a farlo esordire dietro alla macchina da presa, non se la sentiva di puntare subito così in alto, quindi gli affidò una cosa facile facile con Clint Eastwood, perché il vecchio Clint li ha tenuti a battesimo tutti. Il risultato? Quella meraviglia di “Una calibro 20 per lo specialista” (1974), anche se ho sempre preferito il titolo originale "Thunderbolt and Lightfoot". La conferma che Cimino era arrivato dove meritava di stare é il suo film successivo, “Il cacciatore” (1978) sarebbe stato per sempre ricordato come uno dei più scintillanti esempi di cinema della New Hollywood ad Ovest di “Apocalypse Now” (1979).
Oscar, successo, trionfo. La storia del cinema in questo
senso è chiara, appena un regista raggiunge l’apice, si butta anima e corpo sul
film della vita, quello che può consacrarlo per sempre oppure marchiarlo a vita
con la lettera scarlatta, nel caso di Cimino, barrate tranquillamente “B” perché “The
Johnson County War”, dopo essere lievitato ulteriormente di qualche altra
decina di pagine era diventato “I cancelli del cielo”, ed ora la United Artists,
con le casse gonfie dopo i successi di Qualcuno volò sul nido del cuculo e Rocky II,
non aveva più scuse.
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“Certo che è davvero lunga questa premessa eh?” |
Anche se i segnali erano stati abbastanza chiari, già sul set di “Il cacciatore”, Cimino aveva avuto da ridire sulla paternità della sceneggiatura e per via della sua estrema precisione nel girare, la Universal Pictures vide lievitare il numero di giorni del piano di lavorazione ma anche il budget, gonfiato fino a 15 milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti. Ma tutto sommato il gioco valeva la candela, perché “The Deer Hunter” oltre ai premi grossi, portò a casa quasi 50 milioni di fogli della stessa tipologia, diventando immediatamente un classico. La United Artists invece, con “I cancelli del cielo” scoprì di non avere la stessa fortuna della loro concorrenza e nemmeno le spalle così larghe, anche perché sul disastro produttivo del film, sono stati sprecati al tempo fiumi di inchiostro.
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In questo film anche farsi la barba diventa una forma d’arte. |
Il gruzzolo iniziale di soldi stanziato dalla United Artists per “Heaven's Gate” era di 7 milioni e mezzo, una cifra sensata contando che una buona fetta del cast non era venuta via per molto, malgrado fossero tutti nomi piuttosto grossi: Jeff Bridges aveva già recitato per Cimino in "Thunderbolt and Lightfoot", Christopher Walken arrivava dritto da "Il cacciatore", mentre per i due protagonisti affarone! Kris Kristofferson aveva appena finito di guidare il convoglio di Peckinpah (gran successo al botteghino) mentre John Hurt, era solo il protagonista della scena di pranzo più famosa (e stomachevole) della storia del cinema, insomma tutti nomi di prima qualità. La battaglia vera fu per il nome dell’attrice che avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Ella Watson, la protagonista femminile del film.
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"Penso che questo post sarà più lungo del film finito" |
La United Artists voleva Jane Fonda. No, Jane Fonda no! Deve recitare mica fare ginnastica! Allora prendiamo Diane Keaton. No, voglio Isabelle Huppert, risposta in coro dei produttori: «CHIIIII??». Isabelle Huppert, rossa francese disposta davvero a sporcarsi le mani anche nelle scene più toste, e nella sua carriera ne ha girate tante, anche per Verhoeven, dove guarda caso il suo personaggio si chiama quasi allo stesso modo ovvero Elle. Ma alla produzione la Huppert non piaceva perché non era una bellezza abbastanza americana e non parlava nemmeno troppo bene l’inglese, Cimino invece la voleva proprio per quello, perché Ella doveva rappresentare l’America che voleva raccontarci lui e per farlo, doveva prendere qualcuna arrivata dall’Europa come i primi coloni, perché evidentemente alla United Artists avevano momentaneamente dimenticato che gli americani, quelli veri, sono chiusi nella riserve.
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United States of Isabelle Huppert. |
Alla fine la spunta Cimino che da qui in poi non si guarda più indietro, alimentato dal sacro fuoco dell’arte, fa lievitare il budget a 13 milioni di dollarazzi, riuscendo nell’incredibile impresa di accumulate giorni di ritardo sulla tabella di marcia a partire già dalla prima settimana di riprese, pare che per un solo minuto di girato utilizzabile, era riuscito a spendere un milione di dollari. I tempi si allungarono all’infinito diventando paragonabili a quelli della conquista dell’America, per assecondare la sua maniacale cura per il dettaglio, Cimino era capace di tenere ferme centinaia di comparse solo per istruirle sui singoli movimenti da eseguire, far demolire e ricostruire (a volte più volte) interi set e costringere gli attori a ripetere dialoghi e battute per un numero infinito di ciak. Pare che il piano di lavorazione diventò così lungo e dilatato, da permettere a John Hurt di girare un altro film nelle pause, parliamo di “The Elephant Man” (1980) di David Lynch, questo per dire che Giovanni Ferito preferiva sottoporsi alle lunghissime sedute di trucco per sprofondare dentro i lineamenti deformi di John Merrick, piuttosto che ripetere ancora le battute scritte da Cimino.
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"Non sono un animale! Sono un essere umano, un attore" (quasi-cit.) |
Per via del piglio non proprio democratico utilizzato sul set, Michael Cimino si guadagna il non proprio simpaticissimo nomignolo di Ayatollah, appioppato da parte dei suoi collaboratori mentre la notizia di questa travagliata produzione comincia ad attirare l’attenzione della stampa. Cimino non la prende benissimo è impone di girare a porte chiuse, quello che succede alle soglie dei cancelli del cielo, resta qui almeno fino al 2 settembre del 1979, quando il giornalista dell’LA Times Les Gapay, che si era fatto assumere come comparsa, ha testimoniato e messo nero su bianco molto di quanto vi ho descritto qui sopra (storia vera).
Il film di Cimino aveva già tutte le penne (intinte nel
curaro) cinematografiche pronte a dargli addosso, per l’infelice scelta di
allontanare i giornalisti, inoltre con un budget faraonico ormai lievitato fino
all’insana cifra di 44 milioni di dollari, l’unico modo che "I cancelli del cielo" aveva per
convincere tutti, era di essere una capolavoro mai finito, cosa che di fatto è,
ma prima bisognava superare le colonne d’Ercole del montaggio, il vero
spartiacque per un film, perché se il set può anche permettersi di essere una
bagno di sangue è in sala di montaggio che un film prende forma e anche qui,
Cimino è andato leggermente sopra le righe.
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Bello eh? Però è tutta roba che costa un occhio della testa. |
«Eccolo il mio film terminato, 5 ore e 45 minuti». Credo che le urla dei dirigenti della United Artists si siano sentite fino in Cina. La casa di produzione impose i 219 minuti della versione originale, ma dopo le prime recensioni negative di critici inferociti che stroncavano il film, optarono per cercare almeno di guadagnare qualcosa al botteghino e con indiavolati colpi di machete, distribuirono la versione da 149 minuti, una tragedia a cui il pubblico, dopo tutta quella pubblicità negativa non era interessato, infatti il film incassò 3 miseri milioni di dollari (storia vera). La “director's cut” da 216 minuti osannata a Cannes, a quel punto suonava quasi come una beffa per Cimino.
Sarà pure vero che “Heaven's Gate” dura come le feste comandate e ha incassato risate e infamia al botteghino, ma vale ancora la pena trovare 219 (o 216) minuti per tornare nel 1870, con gli amici James Averill (Kris Kristofferson) e William Irvine (John Hurt) entrambi laureati ad Harvard, che dopo vent’anni si ritrovano nella piccola cittadina di Casper nella contea di Johnson in Wyoming, in cui le storie tra coloni e allevatori stanno cominciando a diventare tesissime. Si perché il potente e spietato Frank Canton (Sam Waterston) capo allevatore della Wyoming Stock Growers Association è pronto ad eliminare i coloni accusandolo, ingiustamente o meno, come ladri e sobillatori, per farlo si serve del talento di Nathan D. Champion (Christopher Walken) un vigilante per altro amico di Averill, che nonostante faccia un lavoro che richiede un discreto pelo sullo stomaco, è comunque un uomo con una certa dose di etica.
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Visto inquadrature appena meno ricercate in vita mia. |
Questa polveriera ha una sola zona franca, dove ogni diatriba deve restare fuori, mi riferisco alla sala da ballo dell’imprenditore John L. Bridges (il quasi omonimo Jeff Bridges), un tendone centrale per la vita della comunità ribattezzato i cancelli del cielo, qui non valgono le discussioni e gli scontri, sono concessi solo balli, armonia e violinisti sui pattini, in quella che è la scena più lunga, famosa, lunga, bella, articolata, lunga ed affascinante di tutto il film. Dura un’infinità (mi pare di avervelo detto), ma beccami gallina se non è tra quella manciata di scene che fareste vedere ad un Marziano sbarcato sulla Terra, per spiegargli cos'è questa cosetta chiamata settima arte.
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Buongiorno E.T. benvenuto sulla Terra, questo si chiama cinema e quello è un violino, hai altre domande? |
“I cancelli del cielo” ovviamente non è il seguito di “Il cacciatore”, ma idealmente è la sua continuazione tematica, la guerra del Vietnam era la guerra (di logoramento) che aveva corroso il famigerato “American way of life” partendo dai suoi giovani, che tornati da laggiù erano ormai irrimediabilmente danneggiati. “Heaven's Gate” invece punta alla giugulare, andando ancora più indietro nel corso della storia, Cimino punta a dimostrare quanto ci fosse di sbagliato nel sogno americano, partendo dalle sue fondamenta, con la precisa intenzione di smontarlo fin dalle sue origini.
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“Ogni tanto cerca di non pestarmi i piedi se ti riesce” |
Una nazione nata nel sangue e costruita da immigrati, per Cimino è un Paese violento e per buona parte razzista, il regista ci racconta la storia dal punto di vista di quelle mani che hanno costruito l’America, per citare un pezzo parte della colonna sonora di un film per certi versi analogo. “I cancelli del cielo” è stato davvero la fine per il Western classico, perché ha saputo assimilare il crepuscolo della frontiera che era già stato narrato da Peckinpah e John Ford, in un film che a volte sembra più un dramma in costume, rugginoso, polveroso e in grado di tirare fuori la sua anima da Western epico, nell'enormità di molte delle sue inquadrature ma soprattutto nel messaggio.
La narrazione di Cimino ci tramanda una storia di prevaricazione sociale del forte sul più debole, furti, colpi di fucile e stupri sono la colonna vertebrale di un Paese dove la libertà sarà anche per tutti, ma ha un costo alto, molto alto.
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Michael Cimino, arte su pellicola, 1980. |
Non ho la pretesa di spiegare cinema a nessuno, il cinema lo puoi ammirare oppure al massimo, puoi tentare di raccontarlo come provo (indegnamente) a fare io, ma è chiaro che il ritmo lento dei film, il più delle volte serva a scavare nelle emozioni dei personaggi, lasciando al pubblico il tempo per elaborare. Cimino da questo punto di vista giocava proprio in un’altra categoria, la violenza colpisce forte, gli scontri sono battaglie ingloriose e infinite e la scena di stupro (dolorosissima), rappresenta la morte del sogno Americano, letteralmente violentato sotto i nostri occhi impotenti, impersonato da una bellezza come Isabelle Huppert che rappresenta una intera nazione, alla faccia della United Artist che voleva chiunque altra in un ruolo così complesso e delicato.
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Non facciamoci mancare nemmeno una sparatoria, purché sia in grande stile. |
Forse è vero che “Heaven's Gate” non ha le interpretazioni dai tratti forti e marcati su cui poteva contare “The Deer Hunter”, ma qui avrebbero stonato proprio perché i personaggi nascono come degli sconfitti fin dal principio, anche se non ho proprio nulla da eccepire sulle prove dei singoli attori, Kris Kristofferson è dolente, Isabelle Huppert sensuale e piena di vita, anche se il migliore resta probabilmente Christopher Walken, alle prese con il personaggio più sfaccettato e complicato di tutti.
Dove davvero “I cancelli del cielo” dimostra tutta la sua
potenza è nella costruzione di immagini grandiose in grado di riempire lo schermo, bisogna scomodare Kubrick per trovare altra
geometrica e studiatissima bellezza, in inquadrature che sono letteralmente
delle opere d'arte. Si potrebbe scegliere fotogrammi a caso di questo film, stamparli
in alta definizione e appenderli sulle pareti di casa, perché si tratta davvero
di un quadro in movimento che contrappone la bellezza di un Paese e dei suoi
luoghi, alla miseria umana che lo popola. A casa Cassidy questo infinito film è
sempre stato tenuto in altissima considerazione, qualunque appassionato di
cinema non può restare indifferente davanti ad un’opera cinica ma piena
d’amore, maestosa ma disgraziata, insomma non può passare inosservato un
Classido.
Michael Cimino ha pagato per tutti, il suo film oltre ad aver fatto fallire la United Artists, viene ricordato come quello che ha condannato all’esilio dal grande schermo il Re di tutti i generi cinematografici, quello che periodicamente viene dato per morto ovvero il Western. Ma è stata un’estrema semplificazione, il botto più grosso e proprio per questo utilizzato come capro espiatorio, di un’era che stava già tramontando, quella della New Hollywood.
Dopo questo disastro di critica e pubblico, Cimino non è
stato più lo stesso, al suo fianco è rimasto solo un altro reietto della Mecca
del cinema Americano come Mickey Rourke, che per altro compare in un piccolo
ruolo anche in questo film. Sono arrivati altri grandi film per il regista, ma
nel frattempo qualcosa si era rotto, visto che Cimino è stato al centro di
attacchi personali, in una sorta di distruzione del suo personaggio, che lo ha
portato ad allontanarsi progressivamente da tutto, a partire dai giornalisti.
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"Non ti preoccupare Mike, presto sarà l'anno del dragone... occhiolino, occhiolino" |
Eppure “L'anno del dragone” (1985) o “Verso il sole” (1996) restano film bellissimi, esattamente come “I cancelli del cielo” che oggi viene giustamente considerato per quello che era già quarant'anni fa, ovvero un classico del cinema, ma solo oggi tutti sono pronti a riconoscerlo come tale. Perché Padre Tempo è il miglior critico cinematografico del mondo e Cimino, pur avendo pagato per tutti, ha messo su pellicola immagini di durezza e bellezza tali, da non poter essere messe in discussione, il regista si è davvero spinto fino ai cancelli del cielo, almeno di quello cinematografico.
Un regista che sa come vendere al pubblico la propria opera cinematografica e fondamentale e necessario,soprattutto quando ci hai investito cosi tanto tempo e denaro.Purtroppo non tutti i registi hanno la lungimiranza di capire l'aria che tira in un preciso momento per poter lanciare un film monumentale,essere in pratica degli ottimi venditori e promotori del proprio lavoro.Un ottimo venditore del proprio lavoro e James Cameron ad esempio,sempre stato in grado di riempire le sale.Talento e passione sono fondamentali per un regista specie se autore,purtroppo e necessario anche avere senso pratico,ma si sa che quando un cineasta ci mette il cuore tutto il resto va in secondo piano!
RispondiEliminaCimino non è mai stato probabilmente uno disposto a scendere a patti, non con l’arte di mezzo, il fatto che si sia chiuso a riccio dopo il disastro di questo grande film lo ha esposto ad ogni genere di attacchi. James Cameron all’inizio della carriera pensava il 90% da regista e il 10% da produttore (scuola Corman), ora ragione il 40% da regista e il 60% da produttore, ma è una stima ottimistica la mia. Cheers!
EliminaTitanic era un disastro annunciato,budget faraonico,tempi di riprese piu che sforati,un progetto voluto da Cameron e che forse solo lui ci credeva,ma come ho detto prima il mitico canadese amante della sci-fi,ha sempre avuto una naturale predisposizione al marketing.Dei registi della new hollywood solo Spielberg e rimasto un vincente sugli incassi ed il riscontro con il pubblico,tutti gli altri pur continuando a lavorare, dopo il 1980 hanno patito per avere un successo duraturo,e poi ci sono quelli che in tempi recenti si sono coperti abbastanza di ridicolo,come Scorsese contro i cinecomics dopo averne visti magari solo 2 in croce,ma nel frattempo produce un markettone come Joker!
RispondiEliminaScorsese che produce Joker è inesatto, si è diffusa questa voce ma in realtà zio Martino non è tra i produttori del film, certo è anche vero che alcune delle sparate di Scorsese personalmente non le trovo condivisibili, oppure solo in minima parte. In effetti i giornalisti sognavano e pregavano che Titanic diventasse un disastro ;-) Cheers
EliminaGrazie per la precisazione sul film Joker,che ho detestato con tutto me stesso,per tanti motivi che non voglio elencare.
Eliminatranne l'attore protagonista truccato da pagliaccio quel film ce l'ho troppo sul culo.
EliminaPer quanto riguarda invece Mickey Rourke,ho un rapporto conflittuale.Sicuramente un attore di talento,che pero grida a pieni polmoni contro hollywood per averlo abbandonato ,nonostante la sua carriera sia stata distrutta principalmente a causa di se stesso,rendendosi insopportabile sui set,oltre che inaffidabile ed autodistruttivo.
RispondiEliminaMickey Rourke è un deviante, gli si vuole bene (o lo si odia, dipende dai punti di vista) proprio per quello ;-) Cheers
EliminaConoscevo la brutta fama del film, affossatore di sogni e di case di produzione, ma molti anni fa l'ho voluto vedere lo stesso (la versione più corta di tutte, credo) e l'ho trovato meraviglioso, davvero un capolavoro. Ora lo dovrei recuperare, magari una versione più lunga e su un televisore più grande di quello minuscolo su cui l'ho visto la prima volta, ma me ne resta un ricordo stupendo, difficile credere che un simile capolavoro (o Classido) possa avere una tanto brutta fama. Grazie Cassidy, splendido articolo!
RispondiEliminaCimino aveva tutti gli occhi addosso e pochi estimatori, almeno dal punto di vista del suo atteggiamento, quindi quando è caduto in tanti erano pronti a farlo notare, solo che non ha fatto uno scivolone, ma una caduta rovinosa, il che è un peccato perché tanti altri suoi film successivi sono stati messi in ombra, ma anche solo “I cancelli del cielo” merita di essere visto e rivisto, certo tempo permettendo visto che dura come la conquista del West, quella vera, non il film ;-) Cheers!
EliminaCredo che le urla dei dirigenti della United Artists si siano sentite fino in Cina! Ahahaha!
RispondiEliminaQuesto è l'unico, dei pochi, film che ancora non ho visto di Cimino. Io ho la versione integrale lì nel cassetto, che aspetta ancora l'ispirazione, dopo quasi 12 anni.
Ma nonostante questo ogni volta che sento parlare di Cimino mi sale il Year of the Dragon, che è forse il mio Cimino preferito. Con quella pazza sceneggiatura elaborata assieme a Oliver Stone in qualche bar di Mew York da ebbri.
Non è inusuale che il primo montaggio, prima del lavoro di rifinitura sia anche magari di quattro ore, Ma Cimino non scherzava, quindi penso che i pavimenti degli uffici della UA fossero pieni di capelli di dirigenti ;-) “L’anno del dragone” è un’altra meraviglia tutta matta. Cheers!
EliminaNel documentario recente su Spielberg che ho visto,si menzionava come negli anni 80 per i registi sia diventato piu difficile gestire i film in piena autonomia,per il fatto che in quella decade il reparto marketing comincia a dire la sua sulle decisioni creative sul film in produzione,ovviamente con il benestare delle major finanziatrici,ragionieri non cinefili appassionati.I produttori cinefili sono merce rara,e l'induccesso dei Cancelli Del Cielo veniva indicato come tra i maggiori motivi di questo cambiamento nel mondo di hollywood.Il confronto distruttivo a volte temo sia inevitabile tra i registi che amano con tutto se stessi il cinema,e chi lo considera unicamente una fonte di guadagno. John McTiernan in una intervista,alla domanda che cosa fosse il cinema per lui,diede una risposta bellissima"il cinema e una religione".I produttori posdono dire la stessa cosa?
RispondiEliminaEra per caso il fondamentale “Spielberg” (2017) della HBO? In ogni caso chiediti perché McTiernan sia un altro finito fuori dal giro, ok la storiaccia con Rollerball ma è un altro che verrà rivalutato solo quando ci avrà lasciati. Cheers
EliminaMi pare fosse quello il documentario,l'unica cosa che mi lasciò perplesso era che lasciasse intendere che Spielberg avesse cominciato a fare film drammatici perchè contrariato da quello che la critica diceva di lui,che fosse un regista da blockbuster e non uno serio.Intendiamoci il film su Shindler che vince l'oscar per la migliore regia non mi torna,il film era molto professionale ma piuttosto minimale rispetto ai suoi standard registici,nello stesso anno"Jurassic Park" era un autentico spartiacque che ha cambiato per sempre la settima arte ed era assolutamente avveniristico,a mio parera l'oscar alla miglior regia spettava al film sui dinosauroni,non a quello sull'olocausto,la critica mantiene sempre ancora oggi un forte pregiudizio nei confronti del cinema di genere,privilegiando in questo caso il drammatico,Spielberg ovvio e sempre una garanzia ma secondo me il meglio del suo cinema esce fuori proprio con i film traboccanti di fantasia,basta vedere"Ready Player One",che per inciso Steven è forse l'unico che può permettersi di citare gli anni 80 in quanto li ha creati lui.Per quanto riguarda McTiernan direi che è stato parecchio sfortunato in generale oltre alle sue bizzarre magagne con la legge,dopo il flop di "Last Action Hero",una vera follia creativa troppo avanti per l'epoca,non si è più ripreso,si c'è stato "Die Hard 3" ma quello era un caso a parte, visto che contava sui fan della saga.I progetti troppo ambiziosi hanno sempre spaventato chi ci investe denaro,oltre a spaventare il pubblico anche,troppo anestetizzato dal solito noioso standard dele proposte cinematografiche,per poi rivalutarli come dici tu quando è troppo tardi.
RispondiEliminaMcTiernan avrà sempre l’asterisco, ha firmato dei capolavori, sì ma d’azione, come se girare film d’azione fosse più facile, a me non sembra, anzi mi sembra proprio il contrario ;-) Cheers
EliminaOra racconterò un storia. Vediamo dov'é che l'abbiamo già sentita...
RispondiEliminaUn regista arriva lanciato come un treno dopo un film che ha avuto un successo stratosferico, sia di pubblico che di critica.
Le major gli fanno ponti d'oro, e praticamente é libero di far tutto quel che vuole. Col risultato che il regista si mette finalmente all'opera sul film che sogna di fare da una vita, e che in teoria dovrebbe consacrarlo. Ma le cose non fanno come previsto, purtroppo.
Il film viene pure bene, eppure al botteghino é un fiasco clamoroso. Che manda a gambe all'aria la casa produttrice e tutte le quotazioni del regista, che da quel momento in poi non si riprenderà mai più del tutto.
E che verrà sempre guardato di traverso, qualunque cosa faccia.
Un esempio? Beh, "La Cosa" del maestro John su tutti. Ma il cinema ne é pieno, di esempi.
E Cimino ne é uno dei più eclatanti.
Se posso sollevare una critica, i suoi film li ho sempre trovati molto lenti. Ma come dici tu si tratta di una lentezza studiata ad arte, fatta per immedesimarci nei personaggi e nella loro quotidianità.
Anche "Il Cacciatore" é lento. Persino estenuante, in certi frangenti. Ma non stacchi comunque gli occhi dalla pellicola.
E' solo una questione di ritmo, tutto qui.
Anche "Blade Runner" é lento. E pure "Apocalypse Now". Ma ciò non toglie che siano dei capolavori, almeno per me. Anche se in certi punti sono una vera sofferenza, per chi li guarda.
Se non erro questo film, oltre ai brutali tagli in fase di post-produzione, qui sul suolo italico ha pure sofferto di tagli tutti nostrani dovuti alla censura. Mi pare che avessero cambiato pure il finale.
Se sbaglio correggetemi che é una vita e mezza che non lo vedo.
Un film che ha fatto davvero da spartiacque, in tutti i sensi.
Che oltre a chiudere un'epoca storica e umana ne ha chiuso anche una cinematografica.
A partire da qui, infatti, molte case di produzione hanno iniziato ad effettuare massicce e pesanti ingerenze sulle lavorazioni dei film, specie quelli ad altissimo budget. Al fine di evitare altri bagni di sangue come questo.
Un vero peccato, perché é equivalso a spiattellare a tutti in faccia il vero motivo per cui si fanno i film.
Che poi lo sanno tutti. Il profitto, ecco per quale motivo.
Ma finché non lo urli puoi riuscire a mantenere un minimo di illusione. O di sospensione dell'incredulità, ecco la parolina magica.
Oggi, tanto per cambiare, anche questo é stato ampiamente rivalutato. E nessuno si sognerebbe mai di definirlo niente di meno che un classi...do.
Ma si sa, quello che conta per chi lo produce é sbancare il botteghino nel primo week-end di programmazione. Rivalutarlo a posteriori non fa tornare nulla, nelle tasche di chi quel film lo ha fatto, e in cui ha creduto tanto. Ma soprattutto nel suo orgoglio ferito a morte.
Un regista ha la sua idea, e se gli si dà la possibilità dovrebbe essere lasciato libero di esprimerla. Giusta o sbagliata che sia.
Da lì in poi Cimino é diventato un invisibile. Hanno snobbato persino un gran film come "L' Anno del Dragone", con Rourke che già stava sparendo dai radar, e ormai era dei pochi che gli erano rimasti fedeli fino all'ultimo.
Eh, si. Mi ricordo che pure "Titanic" era partito maluccio. Poi si é ripreso alla grandissima, é stato nei cinema non so quanto tempo (c'é gente che lo si é rivisto decine di volte!) e ha dato vita alla Di Capriolo-mania.
Sono contento, eh. Perché adoro il buon vecchio Jimmy, anche se mi ha prodotto quella ciofeca dell'ultimo Terminator. E non avrei sopportato di vederlo suicidarsi.
No, perché sapete qual'é il suo motto?
"Il mio oggetto da cui non mi separo mai? Un piccolo rasoio tascabile. Mi ci taglierò la gola se il film viene brutto."
Meno male che "Titanic" non ha floppato, allora...
Con la differenza che “La Cosa” non ha sforato il budget ne ha avuto ritardi durante le riprese, eppure come “Blade Runner” ha segnato il proprio regista, anche se i due registi in questione hanno reagito in modo opposto. Non ti saprei dire, sai quante volte ho visto questo film? A me piace “Stalker” di Tarkovskij, quindi bisogna distinguere ritmo lento da quel “lento” in cui non accade nulla. Cheers!
EliminaBeh...da come la vedo io lento non significa per forza noioso.
EliminaO magari anche si, se il regista lo ritiene necessario.
Un film puo' essere anche fatto di pause e di silenzi, se occorrono.
Qui si narra un'epopea. E vi sono i momenti di quiete come quelli di frenesia.
Che i vecchi colossal non avevano queste fasi?
Direi che questo film ci rientra a pieno titolo, nella categoria.
Il problema e' un altro. E visto che lo si cita piu' sotto, mi ricordo che pure il buon Proyas si era espresso in merito.
Con un amaro sfogo, tra l'altro. Se pur con tutti i distinguo del caso.
Credo che certa critica e stampa specializzata sia tutto tranne che imparziale e obiettiva.
Per farla breve, se ti fai nemico la persona sbagliata, sei finito.
Finisci per stare sulle scatole solo perche' non sai come porti, nei loro confronti. O perche' piu' propriamente, non ti frega nulla di come porti.
Sembra quasi che certi addetti non tollerino la presenza di chi e' a loro inviso in un ambiente che ritengono di loro esclusivo uso e consumo.
Si fanno il fegato marcio a ogni loro successo, e godono dei loro fallimenti. E se gli va storta gli si lanciano addosso al grido LO DICEVO CHE NON VALEVA NULLA!!
No. Non e' l'atteggiamento da tenere quando si giudica il lavoro di qualcuno.
Ma alle volte il giudizio non lo danno neanche. Si limitano a riportare quella che e' la tendenza, l'opinione, il parere che tira.
Seguono l'onda.
Ho il tremendo sospetto che su questo film aleggiasse una sentenza gia' scritta.
Di condanna. E senza appello.
Ancora una cosa...
EliminaMeytiamola cpso': se le pause, i silenzi e i momenti di morta non mi fanno cambiare canale o uscire dal cinema, li ritengo indici di un lavoro ben fatto.
In caso contrario...allora puo' darsi che mi trovo davanti davvero ad un pessimo film.
Un regista a cui sono legatissimo che ha fatto una fine simile e Alex Proyas,che avava steso il tappeto rosso dopo il bellissimo film"Il Corvo".E dopo quel successo maledetto ottenne di poter fare il progetto della vita,uno dei film che piu mi hanno stregato in assoluto,per me uno dei film piu visionari dell'universo,l'immenso"Dark City",talmente superiore dal punto di vista creativo da lasciare sbigottiti,ed invece fu un flop assoluto,che da allora ha impedito a Proyas di portare a hollywood il suo cinema al 100%.I suoi progetti mancati come l'adattamento "Paradise Lost" tratto da Milton sono una ferita ancora aperta,considerati troppo costosi,bizzarri ed originali per la mecca del cinema USA.
RispondiEliminaCon la differenza che Cimino e Proyas partivano da gradini un po’ diversi, con tutti che ritengo “Dark City” un gran film. Cheers!
EliminaBellissimo pezzo, davvero complimenti, da una vita sento citare il film come simbolo del flop per eccellenza, quasi il paradigma di tutto ciò che possa andare male al cinema, ma non ho mai avuto modo di vederlo. O il coraggio per affrontarne la durata.
RispondiEliminaPensa che qualche mese fa RaiMovie l'ha presentato in alta definizione con la durata di 208 minuti (tolti gli spot pubblicitari): ce l'ho lì da parte, un giorno troverò il coraggio di affrontare l'opera. Già solo per gli attoroni che ci lavorano!
Ti ringrazio molto, ci sono film che sono storie brevi, altri che sono novelle, questo è un romanzo, anche abbastanza voluminoso, però vale la pena affrontarlo anche se bisogna mettersi con il giusto umore e ovviamente, il tempo! ;-) Cheers
EliminaOk, questa è la volta che lo recupero per davvero.
RispondiEliminaEsattamente come sopra, richiede tempo ma vale lo sforzo. Cheers!
EliminaNe parlavamo qualche tempo fa sotto... Non ricordo più nemmeno quale tuo post fosse! Comunque "I cancelli del cielo" è un fottuto capolavoro!
RispondiEliminaIo non sono nessuno e la mia opinione vale come il due di bastoni con la briscola a denari, ma questo film di Cimino ha tutto. Una storia epica, grandiosa, dei personaggi memorabili, una fotografia che... "Che te lo dico a fare!", delle scene che, come dici benissimo tu nel post, sono semplicemente da guardare a ammirare. Il tonfo (annunciato? Sperato? Inatteso? Programmato?) fu così sonoro che si sentì a chilometri di distanza ma guardandolo a mente fredda si capisce che... Non è capibile! O meglio, è comprensibile se metti insieme svariati pezzi del puzzle. Il budget sforato, i ritardi assurdi, le critiche (nemmeno troppo velate) all'America e a come è stata costruita, la fobia dei critici,... E in più, come goccia finale, la durata. Mettere uno spettatore medio davanti ad un film di quasi 4 ore con una lunghezza a tratti esasperante con dialoghi lunghi, silenzi, scene bellissime per carità, ma che durano uno sproposito, ancora silenzi e primi piani,... Significa avere gente che ronfa in sala. Quello fu, a mio avviso, il peggior difetto che affossò il film. O meglio che non gli fece spiccare il volo nemmeno col passaparola.
Solo a distanza di anni la gente ha aperto gli occhi e dopo averlo sbertucciato (probabilmente senza vederlo) ha deciso di dare una possibilità a "I cancelli" mangiandosi le mani per quello che hanno perso. Un capolavoro. E si prende a schiaffi da solo per aver bruciato uno come Cimino che se lasciato andare a briglia sciolta ci ha regalato due pellicole che personalmente metto lassù in cima: "Il Cacciatore" e "I Cancelli del Cielo".
P.S.: non riesco a beccare mai la versione estesa restaurata... Ogni tanto lo danno su Rai Movie (come dice Lucius) ma visto una volta per caso ad orario da vampiri, poi non sono più riuscito a incrociarlo. Sai se esiste una versione in DVD o BR? A me non pare ci sia, ma non vorrei sbagliarmi... Tu per recensirlo cosa hai visto? La classica che ogni tanto passa in tv?
Ho l'edizione che passa in TV (anche se ad uno degli ultimi passaggi hanno invertito un "rullo" mi pare su La7) anche perché l'edizione director's cut in BR da noi non esiste, ci facciamo sempre riconoscere. Cheers!
EliminaDove sta il confine,tra il proporre film ambiziosi in grado di istruire il pubblico e l'essere incapaci di ammettere la nature popolare del cinema? Trovare la perfetta via di mezzo che unisca arte ed intrattenimento ,perche molti autori commettono l'errore di confondere un film semplice con un film banale.Realizzare un film alla portata di tutti e che non li faccia sentire degli esclusi perche non abbastanza colti come persone,mantenendo comunque intatta l'intelligenza dell'opera, potendo far penetrare i suoi significati nella mente di chiunque.Molti autori a volte possono essere molto distanti da tutto questo e se mi si concede il termine anche arroganti nel loro ego smisurato.Questo ovviamente non nega affatto la grandezza di opere come quella di Cimino,ma penso che i registi mestieranti non legati a questi concetti siano fortunati in fondo,in quanto non dovranno patire quello che a passato Micheal.
RispondiEliminaL'argomento sarebbe lungo è complesso, ma fare cinema non è una scienza esatta, quindi a volte i film vivono anche dei momenti in cui sono usciti, per Cimino non era proprio quello giusto. Cheers
EliminaMettiamola così,quando degli spettatori cinefili altezzosi è un pò troppo pieni di sè,si chiedono del perchè molti autori non vengono finanziati,mentre ad esempio Michael Bay si,io direi che stanno facendo una domanda parecchio scema,di cui probabilmente conoscono già la risposta,Bay è un regista professionale e affidabile che non sfora il budget,odiato dalla critica e dai seguaci dei suoi detrattori,ma nonostante ciò di successo commerciale, cosa che gli attira contro molte antipatie,anche se registicamente e anch'esso a suo modo un autore riconoscibilissimo ,che può piacere o meno non cambia niente.Anche su questo concetto tornano sempre nella mia mente gli insegnamenti di James Cameron,il sommo canadese parla molto del rispetto nei confronti del pubblico pagante,il film realizzato deve essere approvato prima di tutto dal regista,ma non dovrebbe essere un prodotto fine a sè,un opera realizzata solamente per sè stesso.Quando si riesce ad essere dei grandissimi autori anche all'interno del sistema di hollywood,piegandolo a proprio favore,facendo credere al pubblico di vedere una film molto godibile che però gli sta dando molto,che appaga la mente e lo sguardo senza però annoiarlo,allora e li che viene fuori il genio della lampada."I Cancelli Del Cielo" è un grande film,ma purtoppo per il diletto di pochi,semplicemente la dura legge del cinema,una vera giungla insidiosa,a volte crudele ed ingiusta!
EliminaMichael Bay è l'unico che è riuscito a raggirare l'algoritmo di Netflix facendo il suo film, malgrado il modello piattino dei film nella "Grande N", ma poi le chiacchiere stanno a zero, il pubblico con la puzzetta sotto il naso al cinema non ci va, quindi i Cimino di questo mondo, li rimpiangono ma non li finanziano. Cheers
EliminaNon puoi farmi di queste cose, Cassidy. A me il genere western fa... ehm, ci siamo capiti. Ma c'è la Huppert! E per quest'unico motivo esigo la versione integrale da 219 minuti.
RispondiEliminaLo amerai, è una delle sue prove più, mi è concesso il termine pura sembra sembrare un fanatico più pazzoide di quello che sono. Penso che questo film, indipendentemente dal genere, potrebbe piacerti davvero molto. Cheers!
EliminaRitorno anche a commentare, oltre che a scrivere. Mi tocca ammettere che il cinema di Michael Cimino è una delle mie grandi lacune personali, tanto che non ho visto nessuno dei pochi film che ha girato, nemmeno il suo più conosciuto, "Il cacciatore". Prima o poi devo trovare l'occasione per recuperarlo, anche se con questo film, appartenente ad uno dei generi che più rifiuto, magari non è il caso di incominciare.
RispondiEliminaBentornato Bro, un piacere rileggerti ;-) Ti piacerà, ci vuole del tempo ma è un regista che ha molto da insegnare a noi appassionati. Cheers!
Elimina... anche il crepuscolo di una casa di produzione, direi! :D
RispondiEliminaFilm maledetto, mutilato, al pari di "Rapacità" di Von Stroheim direi, eppure sì... un maledetto capolavoro. Maledetto soprattutto perchè Cimino non girerà praticamente più niente a Hollywood. Ma resterà lo stesso nella storia.
Cimino ha azzeccato il crepuscolo di vari momenti, la new Hollywood stava per terminare la sua carica propulsiva, così come i Western, di sicuro é finita anche la United Artist, eppure cosa gli vuoi dire, avrà sbagliato i tempi ma di sicuro non il suo film ;-) Cheers
EliminaUn capolavoro assoluto, maledetto ma indimenticabile, ha messo fine alla carriera di Cimino a Hollywood, i film dopo questo se li è prodotti da solo, altrimenti non gli davano più il benestare
RispondiEliminaEsatto, maledetto finché vuoi ma anche grande cinema. Cheers!
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