venerdì 5 febbraio 2021

Bleacher Bums (1979): take me out to the ball game

Tra i tanti nomi famosi che, purtroppo, ci hanno lasciato nel corso dell’ultimo, disgraziato, anno, quello di Stuart Gordon, a mio avviso, non è stato celebrato abbastanza. Ormai dovreste saperlo, non so stare a lungo senza una rubrica monografica dedicata ad un regista e il vecchio Stuart era proprio uno da Bara Volante, quindi vi do il benvenuto al primo capitolo di… Stuart Gordon above and beyond!

Stuart Gordon nasce a Chicago nell'agosto del 1947, a vent'anni presso l’università locale cominciò ad occuparsi anche di direzione teatrale, la sua prima compagnia di attori aveva un nome che era tutto un programma, la Screw Theater, grazie a questa banda di gatti senza collare Gordon si guadagnò un po’ di attenzioni, ma anche il suo primo arresto: una notte al fresco insieme al resto della compagnia, per aver portato in scena uno spettacolo satirico di protesta nei confronti della guerra in Vietnam (storia vera). Può sembrare una nota di colore, ma è fondamentale per comprendere lo spirito di Stuart Gordon: sovversivo, dotato di estrema ironia e con una propensione a raccontare i risvolti grotteschi della vita, dei suoi personaggi e, soprattutto, della morte.

Sì, perché se Wes Craven è finito ad essere un Maestro del cinema Horror dopo aver fatto un giro estremamente lungo, utilizzando i suoi trascorsi da professore universitario, ha sempre riconosciuto ai film dell’orrore un certo ruolo catartico, Stuart Gordon ha fatto lo stesso, con un approccio, ad una prima occhiata, forse meno colto, ma altrettanto brillante, sua è questa frase, di cui ogni fanatico di film dell’orrore dovrebbe andare molto fiero e farne un inno: «Horror films are a rehearsal for our own deaths».

Genio al lavoro (nel suo ragguardevole ufficio)

Ma, oltre a farsi sbattere in cella offendendo la sensibilità del pubblico, Stuart Gordon nel 1969 si sposò con un’attrice della sua compagnia, Carolyn Purdy, che oltre ad essere la donna con cui ha passato tutta la sua vita, è diventata anche una delle sue attrici feticcio, infatti la trovate in quasi tutte le regie di Gordon, a partire proprio da “Bleacher Bums”, l’esordio della compagnia di Stuart Gordon e signora che nel frattempo aveva cambiato nome in Organic Theater e si era fatta un nome, gironzolando tra Los Angeles e l’Europa.

“Bleacher Bums” è la prova che Stuart Gordon era un abitante di Chicago al 100% e forse anche qualcosa in più, abbiamo affrontato la Windy City qualche tempo fa in un post che trattava l'argomento, una città con una sua musica, una sua cultura e ovviamente i suoi sport locali fra i quali il più americano di tutti è sicuramente il Baseball.

I "Bleacher Bums" ovvero i posti a sedere dove si trova il tifo più verace.

Lo sapete che sono un fanatico di pallacanestro, ma il Baseball per certi versi è ancora più americano come sport, per il semplice fatto che ad esclusione del Giappone (dove ne vanno matti) e un piccolo, ma motivato movimento qui da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa, il Baseball resta uno sport che ha attecchito poco altrove, perché i suoi miti e leggende create sul diamante di gioco sono rimasti ancorati al territorio, proprio per questo fanno ancora parte di una mistica Yankee fino al midollo, all'interno di questa mitologia, una squadra è più leggendaria delle altre, i Chicago Cubs.

A differenza dei più vincenti e celebrati White Sox, con divisa nera e bianca (si potrebbero fare facili paragoni calcistici locali, ma non sono la persona giusta per farli), i Chicago Cubs sono stati la squadra che solo un fanatico di Horror (e il cantante dei Pearl Jam) poteva tifare, perché per 107 anni sono stati afflitti dalla famigerata “Maledizione della capra”, 107 stagioni di fila senza vincere nulla, dopo quella volta che uno dei proprietari della squadra portò al Wrigley Field, lo storico campo da gioco della squadra (e indirizzo finto di Elwood Blues) una capra benaugurante che, invece, segnò l’inizio di un secolo di stagioni perdenti.

Il Wrigley Field casa dei Cubs (e di Elwood)

La maledizione della capra è stata sfatata nel 2016 con la vittoria dei Cubs nell'ultima partita della stagione (l’unica che conta), ma essere fan dei Cubs è qualcosa che evidentemente forma il carattere, deve aver voluto dire far parte di una famiglia allargata, tenuta insieme dalla passione e dalle comuni sfortune, per certi versi come una compagnia teatrale.

“Bleacher Bums” è andato in onda nel 1979 su WTTW una tv locale di Chicago, questo giusto per dare l’idea di quanto i Cubs possano essere una sorta di mitologia a chilometro zero. Gli attori dell’Organic Theater, diretti da Patterson Denny e Stuart Gordon (che si ritaglia anche una comparsata come venditore di gelati sugli spalti) hanno portato in scena una ricostruzione del Wrigley Field durante l’ultima partita della stagione 1977 dei Cubs, un’annata in cui la squadra stava andando piuttosto bene, gonfiando così le speranze dei suoi tifosi, ma ricordate: 107 anni, la capra non perdona.

I titoli di testa, come da tradizione della rubrica (non proprio in 4K)

Oddio, sono stato magnanimo parlando di ricostruzione del Wrigley Field, in realtà il set dove recitano gli attori è ben descritto dal titolo, “Bleacher Bums” è il nomignolo che è stato appioppato ai posti popolari dello stadio, anzi ben più che popolari, diciamo impopolari perché per pochi dollari potevi dire agli amici di essere andato allo stadio, ma per via della loro posizione infame, la partita potevi seguirla solo armato di binocolo e di crema solare, perché nell'infame loggione finivi a prendere più sole di una lucertola, esattamente come fa Melody King (Roberta Custer) la popputa bionda che sembra pensare più alla tintarella che alla partita.

Per il pubblico italiano “Bleacher Bums” può essere interessante come per uno spettatore a caso del Wyoming, guardare uno sketch di che so... Aldo, Giovanni e Giacomo legato alle sfortune calcistiche dell’Inter, eppure a livello di facce note il film ci offre qualche gancio, ad esempio l’invasato Zig ha il faccione e la parlata smascicata di Dennis Franz, il leggendario Andy Sipowicz della serie tv “NYPD - New York Police Department”. La moglie di Zig, la pazientissima Rosa è interpretata da Carolyn Purdy-Gordon mentre tra i vari “bleachers” è facile riconoscere nel ruolo di Decker l’attore Joe Mantegna, l’uomo che ha sostituito Mandy Patinkin in “Criminal Minds” ed è rimasto a bordo di quella serie per 200 e passa episodi.

David Rossi impegnato a trovare l'assassino (dell'ennesima stagione dei Cubs)

Tra i coloriti spettatori impegnati a sudare e tifare spicca anche Richie (Patrick Williams) un nerd vecchio stampo, uno di quelli che proviene dall'era in cui questa parola non era un modo per essere alla moda, ma un sinonimo di sociopatico. A completare questa colorita banda di matti non manca Marvin (Richard Fire) pronto a scommettere e vincere su qualunque cosa, uno che va allo stadio per scucire soldi agli appassionati veri che, come boccaloni, sperano di tirare su due soldi per portare la moglie in qualche ristorante raffinato per festeggiare la vittoria dei Cubs, ma finiranno solo a gonfiare il portafoglio di un approfittatore come Marvin.

“Bleacher Bums” è 85 minuti di notevole lezione d’Inglese (lo trovate per intero QUI), se volete farvi allenare la vostra comprensione dell’accento di Chicago non troverete niente di meglio, ma oltre a questo il film ha la capacità di trascinarci sui torridi posti a sedere del Wrigley Field, tra Hot Dog e birre, tra vestiti appiccicati addosso dal sudore e dialoghi interrotti da giocate sul campo che non vediamo, se non nelle reazioni degli attori.

Dennis non trattarla male, quella è la moglie del regista!

Non serve nemmeno conoscere le regole del Baseball per seguire “Bleacher Bums”, non perché la partita non si vede, più che altro perché la vera partita sono le vicende umane dei grotteschi personaggi che per 85 minuti animano gli spalti, come ad esempio le incursioni di Keith Szarabajka, nel ruolo della “cheerleading”, il fan invasato, nel senso più molesto e urlante del termine.

“Bleacher Bums” mette subito in chiaro il talento di Stuart Gordon nel portare in scena personaggi credibili, estremamente umani e realistici anche nel loro essere volutamente grotteschi e sopra le righe, una cifra stilistica che accompagnerà il cinema del regista di Chicago per tutta la sua carriera. Quell’occhio allenato nel guardare le storture e le brutture umane, Stuart Gordon lo ha allenato a teatro, ma forse anche sforzandosi di vedere il gioco sul diamante, cotto dal sole negli infami posti a sedere tra i “bleachers”, dove si trovava l’umanità più vera e ruspante, tutto materiale da romanzo, avrebbe detto Honoré de Balzac, materiale umano che Gordon ha fatto suo per la sua carriera nel cinema.

“Vogliamo scommettere su quanto sarà lungo questo post di Cassidy?”

Tra scommesse sulla prestazione del prossimo battitore, soldi puntati per scoprire il nome della bionda e piccoli e grandi drammi umani, gli spalti di “Bleacher Bums” diventano un microcosmo, di “mostri” da stadio con una loro spiccata umanità: il viscido Marvin, ad esempio, quello che sfrutta la squadra e i tifosi per guadagnare qualcosa, a fine partita magari uscirà dallo stadio con un bel gruzzoletto, ma non ha la dignità che, invece, sfoggia lo Zig di Dennis Franz, sua moglie Rose che gli resta accanto malgrado tutto e soprattutto non ha la passione di Greg (Michael Saad), l’unico forse davvero a suo agio anche seduto in un posto dove non si vede il campo, perché in quanto non vedente, lui i Cubs non li vede, li sente.

Proprio a lui tocca il monologo finale dopo l’ennesima bruciante sconfitta della squadra, un’impossibile tirata in cui s'invoca il ritorno in campo del leggendario Ernie Banks (giocatore simbolo dei Cubs), quasi la profezia di un saggio cieco che, in quanto tale, può vedere più lontano degli altri, oltre i 107 anni di durata della “maledizione della capra”, perché come cantava Eddie Vedder nell’inno composto apposta per i Chicago Cubs, someday we'll go all the way e, forse, Greg era l’unico a saperlo prima di tutti.

Uno che alla fine è davvero andato ovunque, sopra e oltre (così ho dato una logica anche al titolo della rubrica, tiè) è stato proprio Stuart Gordon che grazie al buon riscontro di pubblico di “Bleacher Bums” su WTTW (che è stato rifatto nel 2001 in una sorta di rifacimento intitolato “The Cheap Seats - Tifo da stadio”), ha capito che la regia televisiva prima (e cinematografica subito dopo) poteva essere la strada, prima dirigendo alcuni episodi della celebre “E.R. - Medici in prima linea” (serie medica ambientata dove? A Chicago ovviamente) e poi al cinema.

“… Ed è un fuoricampo!”

Con i fondi ricavati da questi lavori per la televisione, Stuart Gordon fondò insieme al socio Charles Band la casa di produzione Empire Pictures, il suo primo film? Il frutto dell’incontro con due personaggi che terranno banco nel corso della rubrica, il regista e sceneggiatore Brian Yuzna e il solitario di Providence, H.P. Lovecraft, il risultato finale è stato il primo, clamoroso Horror della carriera di Gordon, quella meraviglia oscura e carica di umorismo nero di Re-Animator, se volete leggerne, consideratelo già parte della rubrica.

Visto che ho già affrontato la grottesca vicenda del Dr. Herbert West, faccio come Ernie Banks e vi indico il punto dove sparerò la palla la prossima settimana, perché tra sette giorni andiamo veramente oltre, anzi “from beyond”, non mancate.

Take me out to the ball game / Take me out with the crowd

10 commenti:

  1. Urca! Nuono mese, nuova rubrica. Non sono un fan di Gordon. Anzi, scorrendo velocemente sul web i titoli del regista a memoria ne ho visti 2 o 3. Sarà sicuramente un bel viaggio.

    Ah, e i Cubs, sfigatissimi e perdenti fino al midollo, a chi diedero una possibilità? A Richard Pryor/Monty Brewster in "Chi più spende più guadagna". Mi sa che lo conosci bene... No?

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    1. Ho un’attrazione gravitazionale per la zona di Chicago, strano che io conosca poco o nulla di Baseball visto che Gordon e Walter Hill sono la conferma che è il più americano degli sport ;-) Stuart Gordon si è sempre mantenuto ad Ovest del cinema più commerciale (uso questa espressione per semplificare), ma ha sempre avuto grande creatività e enorme amore per il cinema, poi per temi e tipologia di pellicole è uno da Bara Volante ;-) Cheers

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  2. Questo sì che è un personaggione che merita una retrospettiva. Da tempo immemore ho dei suoi film in canna, continuo a ripetermi "Ah sì, ora li recensisco", e poi slittano dietro a idee dell'ultimo minuto. Povero Stuart, non riesco a fargli saltare la fila, anzi non fa che retrocedere! :-D

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    1. Uno che si è sempre tenuto ai margini, la qualità dei suoi lavori è sempre stata medio alta anche nelle produzioni più povere, il cuore dal lato giusto e le maniche tirate su, mi urta sapere che tra le grandi perdite del 2020 lui sia stato ricordato una manciata di ore e poi addio, quindi ho deciso che la prima metà del 2021 sarebbe stata tutta per Stuardo. Se ti va, hai un gancio, almeno per un po’ di venerdì ;-) Cheers!

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  3. Solo l'anno scorso ho visto il suo primo, Re-Animator, davvero bizzarro :D
    Presto vedrò From Beyond, e poi chissà ;)

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    1. "Re-Animator" l'ho rivisto (o Re-visto ah-ah) ieri, storia vera. Sempre una meraviglia ma aspetta di vedere "From Beyond" secondo me è ancora più, più... tutto! ;-) Cheers

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  4. Benebenebenebene.
    Mi stavo giusto chiedendo, una volta terminata la retrospettiva sul grande Sam, quale nuovo viaggio avresti intrapreso.
    Beh, ne vedremo delle belle.
    A leggere "Beyond" ho gia' l'acquolina in bocca, come Prestorius davanti a un bel cervello succulento.
    Leggendo il tuo post ci si rende conto che a dispetto della pochezza di fondi e mezzi il buon Stuart era una persona di notevolissimo acume, nonostante la provenienza umile. Che nel suo caso era un valore aggiunto.
    L'horror come sistema per capire meglio se' stessi, e quel che c'e' intorno. E cosa non va di quel che ci circonda, soprattutto.
    La sua frase a una prima occhiata sembra una di quelle classiche tanto belle quanto intraducibili. Perche' trasltterate perdono tutto il loro fascino.
    Curioso, questo film.
    Mostrando solo il punto di vista del palco sembrerebbe una sorta di Sit-com alla Cin - Cin. Dove si ride amaro, ma di gusto.
    Le prime cose che mi saltano in mente sono la faida tra gli Hearts (la squadra vincente) e gli Hibs (i perdenti) di Edinburgo. E indovinate un po' per chi facevano il tifo Renton e gli altri della cricca di Trainspotting...
    Oppure, parlando di leggende, la maledizione di Bela Guttman col Benfica, dove giurava che per cent'anni e oltre non avrebbero mai piu' vinto nulla.
    Il film sembra una sorta di "Febbre a 90", ma molto piu' fedele allo spirito goliardico di quel libro, e senza le parti sdolcinate che guastavano un po' la controparte filmica.
    Ottimo, comunque.
    E gran bel pezzo.
    Se non ti spiace inizio a prendere posto, che sara' un bel viaggetto.

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    1. Per certi versi era Wes Craven, con lo stesso tipo di acume e senza i grilli per la testa. Gli davi 5 euro lui ti faceva un film che sembrava costare il doppio, sempre lo stesso approccio, un livello qualitativo medio-alto che non è mai cambiato, sempre la stessa moglie, la stessa faccia, risultato? Un spallata al cinema di genere davvero notevole e spesso ignorata anche dagli appassionati di film di genere, mi sembrava giusto ribadire l’appartenenza al cinema di Stuardo ;-) Cheers!

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  5. Grande Gordon, ha fatto un sacco di cult e è simpatico anche intervistato in In Search of Darkness!

    Bella rubrica che stai creando, l'ennesima! :--)

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    1. Ti ringrazio molto, un giorno riuscito a trovare le tre orette che mi mancano per terminare la visione di "In Search of Darkness" ;-) Cheers

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