Quando ancora avevo dei colleghi di lavoro, uno dei pochi che sono felice non si sia trasformato in una finestra di Skype a forma di faccia, venne da me con un dubbio amletico chiedendomi: «Ti ricordi quella musica che faceva pam para para pam pam, para para pam pam? Di che cosa era?», mia risposta secca «Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni di Elio Petri, era la colonna sonora di Ennio Morricone». Tendo a dare risposte in stile Rain Man quando mi fanno questo tipo di domande, quelle davvero importanti che vorrei sempre sentire dai miei colleghi di lavoro (storia vera).
In questo 2020 che ci ha preso a schiaffoni portandoci via tanti dei nostri preferiti, mi sembra doveroso omaggiare il Maestro Ennio Morricone con un titolo che compie cinquant’anni ed è solo uno dei più grandi film della storia del cinema italiano, ma non solo, premiato con l’Oscar come miglior film straniero (per chi è interessato ai premi), possiamo trovare i semi di “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” in un sacco di film americani di registi che ne sono rimasti inevitabilmente colpiti, come Coppola che lo ha omaggiato nel suo “La conversazione” (1974) oppure Stanley Kubrick che non ha mai nascosto il suo apprezzamento per quello che da queste parti definiamo un Classido.
Elio Petri è stato un autore piuttosto atipico, smaccatamente schierato, il suo cinema è stato fortemente politico che, poi, è il modo che abbiamo in uno strambo Paese a forma di scarpa per dire che era di sinistra, perché se qualcuno fa affermazioni di destra (anche estrema), qui da noi nessuno lo accuserà mai di essere “troppo politico”. Il bello del cinema di Petri era la sua capacità di narrare le contraddizioni dell’Italia proletaria e piccolo borghese a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, una società che stava cambiando in un contesto storico a dir poco acceso.
“Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” fu scritto nel 1968 e girato l’anno successivo, a ridosso della strage di Piazza Fontana e soprattutto al discusso commissario Luigi Calabresi, ritenuto responsabile, da buona parte dei manifestanti di sinistra, della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli alla Questura di Milano. Petri negò di essersi ispirato a Calabresi per il suo protagonista (che è anche il cattivo della storia, primo di tanti cortocircuiti del film), ma nemmeno la classica scritta iniziale sui “fatti immaginari” senza legami con persone vere e presunte, è riuscita a smarcare il regista dai paragoni.
La critica cinematografica di sinistra, quella che sperava di vedere un bel filmone schierato firmato da un grande autore come lui, accusò Petri di mancare di realismo, quando al regista questo non interessava, il cinema non ha il dovere di essere realistico, infatti la sua affermazione che preferisco riassume al meglio questo classico: «Volevo fare un film contro la polizia, ma a modo mio».
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Solo a leggere il titolo, sento le note del Maestro
Morricone nella testa. |
"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" non ha volontà di puro realismo fin dal dettaglio – del tutto non secondario – riguardo al non nome del protagonista, qualcuno si rivolge a lui con rispetto chiamandolo “il Dottore”, ma di fatto il personaggio interpretato da un gigantesco Gian Maria Volonté non ha un nome proprio, è il poliziotto che indaga su un feroce omicidio, ma anche l’assassino, infatti il film di Petri inizia come un giallo, però alla rovescia.
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"Il dottore, nella camera da letto per strangolamento, a Cluedo ero fortissimo" |
Perché il bello di qualunque giallo è scoprire chi è il responsabile del delitto, qui lo sappiamo già dal primo minuto del film ed è proprio il protagonista che uccide la sua amante, la ricca, annoiata e bellissima Augusta Terzi (Florinda Bolkan), in un giochino sessuale (quindi un gioco di potere e di ruoli che, poi, è un po’ il tema del film), in cui i due mettono in scena il ritrovamento dei corpi sui luoghi del delitto dove ha lavorato il poliziotto che uccide la donna fuori scena, strangolandola sotto le lenzuola, ma è l’unico tentativo da parte del protagonista di occultare le sue azioni, visto che da qui in poi farà di tutto per lasciare indizi che riconducano a lui, compreso non abbassare lo sguardo o provare a nascondersi, quando uno dei vicini di casa della donna, il giovane anarchico Antonio Pace (Sergio Tramonti), lo vedrà uscire dall'appartamento dell’amante. Un dettaglio fondamentale è il giorno dell’omicidio: lo stesso in cui il protagonista viene promosso a capo dell’ufficio politico della questura.
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Il potere è un gioco che si fa in due (meglio con la bella Florinda Bolkan). |
"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" compone un’ideale trilogia con "La classe operaia va in paradiso" (1971) e "La proprietà non è più un furto" (1973), tre titoli scritti a quattro mani con lo sceneggiatore Ugo Pirro, il loro sodalizio artistico ci ha regalato tre film molto belli di cui forse “Indagine” resta quello più sfaccettato a kafkiano che, non a caso, viene apertamente citato prima dei titoli di coda.
Il rapporto tra “Il Dottore” e la bella vittima Florinda Bolkan ci viene descritto in una serie di flashback, dosati con grande maestria, che esplorano il torbido rapporto tra i due, vizi privati e pubbliche virtù che per il protagonista si manifestano in atti di forza dettati dal potere che comporta il suo ruolo. Se nell’intimità Florinda Bolkan scatena la sua rabbia definendolo un “bambino” e un amante non all’altezza, in pubblico il personaggio mostra i muscoli, il monologo durante la cerimonia di investitura sembra un’ideale risposta alla donna che ha ucciso pochi minuti prima, una lunga tirata di Gian Maria Volonté che termina con parole chiare e nette: «Noi siamo a guardia della legge che vogliamo immutabile! Scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata, ad altri spetta il compito di curare e di educare. A noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!».
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Il monologo del super cattivo, che poi è anche il protagonista. |
"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" è un film in costante equilibrio tra pulsioni di varia natura, se il protagonista è diviso tra il senso di colpa per l’omicidio e la sua fede nel suo ruolo di difensore della legge e della morale, la storia si muove in equilibrio tra Freud e Kafka trascinandoci per il bavero in una situazione grottesca, dove è la giustizia a dover giudicare se stessa, spingendoci così in una riflessione sociale e politica sull'inattaccabilità dell’autorità, sul suo essere realmente o meno, al di sopra della parti.
Il protagonista è il classico personaggio forte con i deboli e zerbino con i potenti, il fiero rappresentante di un’Italietta alla deriva che conosciamo tutti fin troppo bene, dove quando qualcuno si trova con un minimo di potere per le mani immediatamente si comporterà come un mammasantissima in grado di decidere della vita di tutti. Il modo in cui si diverte a torturare lo stagnaro che lo ha visto acquistare la cravatta azzurra (una delle tante prove della sua colpevolezza che il protagonista semina impunito in giro nel tentativo di essere preso e punito) è un trattato sulla sudditanza psicologica: finché si trattava di uno qualunque entrato in un negozio per compare una cravatta, andava bene denunciarlo, ma nel momento in cui l’italiano medio, pur avendo tutte le ragioni del mondo dalla sua parte, scopre che quella stessa persona è un “Dottore”, una persona importante, il coraggio per denunciare sparisce immediatamente.
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La sudditanza psicologica scorre potente. |
Gian Maria Volonté risponde con una prova che più che di recitazione sembra di forza, parliamo di uno dei più straordinari interpreti del nostro cinema, uno che in carriera ha prestato il volto a personaggi scolpiti a fuoco nell’immaginario popolare, ma che qui offre, forse, la sua prova più magnetica. Volonté riesce ad essere allo stesso tempo il protagonista, ma anche il cattivo del film e non uno qualunque, forse il più feroce tra i cattivi cinematografici, perché Petri non avrà inseguito istanze di realismo, ma Volonté qui con una ferocia recitativa più unica che rara, ha saputo tratteggiare il tipo di personaggio di cui bisogna avere paura per davvero anche nella vita reale, colui che detiene il potere gestendolo per il proprio tornaconto e senza nessuna responsabilità.
Gli scarti di tono che Gian Maria Volonté riesce a coprire con questo personaggio descrivono tutta la gamma recitativa di un grandissimo attore, il linguaggio del corpo costantemente aggressivo che utilizza quando si rivolge ai sottoposti, il suo modo di dichiarare platealmente a tutti la sua colpevolezza, anche quando sta parlando d’altro («Bevi, bevi, innocente! Bevi, bevi! Qui sono tutti innocenti! Qui dentro l'unico colpevole sono io»), oppure il modo in cui riesce a farsi piccolo e grottesco quando i ruoli di potere si invertono, perché poi di questo parla il film: di potere e dei suoi relativi ruoli.
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"Che minchia vuoi Cassidy?" |
Elio Petri e Ugo Pirro firmano una sceneggiatura talmente ad orologeria che persino un palese “Deus ex machina” (l’attentato, proprio quando il protagonista tenta la mossa disperata di far sparire le registrazioni dall’archivio), sembra studiato perfettamente a tavolino da non risultare una forzatura della storia, anche perché permette a quel cavallo di razza di Gian Maria Volonté di lanciarsi nella lunga sequenza dell’interrogatorio agli anarchici, dove si mangia ancora un po’ il film, come se non lo avesse già divorato abbastanza fino a quel momento. Anche se mi rendo conto che paragonarlo ad un cavallo è un mio lapsus, visto che la sua uscita sopra le righe che preferisco nel film è quando si mette a sbraitare: «Tu non sei un cavallo, sei un cittadino democratico! Non sei un cavallo!».
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Non si uccidono così anche i cavalli? (cit.) |
La recitazione sopra le righe, il modo di Volonté di marcare esageratamente sull’utilizzo del dialetto del personaggio, una prova maiuscola che passa attraverso un paio di momenti speculari: durante l’interrogatorio, nel tentativo di incastrare Pace (scagionandosi così dall'omicidio), “il Dottore” costringe uno degli anarchici arrestati a restare in ginocchio oppure a bere acqua salata, è il momento in cui il personaggio fa il suo monologo sulla Democrazia come anticamera del Socialismo, un personaggio disgustoso e ipocrita e proprio per questo fin troppo realistico nel suo essere cinematograficamente un paio di metri sopra le righe, anche quando poco dopo finisce grottescamente a piagnucolare con Pace, implorandolo quasi di accusarlo per essere finalmente libero dal suo senso di colpa.
Il sale è anche lo stesso che il personaggio viene a sua volta costretto ad ingoiare nel finale del film, dove la trama raggiunge il suo apice kafkiano, la manciata di sale mangiata dalla mano del politico di turno, rappresenta alla perfezione il gioco di potere ben descritto dal film: un ribaltamento di ruoli e stereotipi da cui emergono le idiosincrasie di un Paese, in cui il potere in quanto tale, non può fallire, non può essere giudicato, nemmeno quando è palesemente colpevole.
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Acqua e sale, mi fai bere (con un colpo mi trattieni il bicchiere) (cit.) |
L’indagine (su un cittadino al di sopra di ogni sospetto) di Petri è condotta in maniera rigorosa, la tensione è palpabile per tutta la durata del film, da spettatori, come il protagonista, desideriamo di vederlo pagare per i suoi crimini oppure vorremmo vederlo alternativamente farla franca, la perfetta rappresentazione su pellicola di un Paese che vuole che le istituzioni intervengano sempre e comunque, ma che allo stesso tempo, se trova il modo di evitare la multa è anche meglio. Questo giallo alla rovescia, in cui a morire per davvero è la decenza di un Paese che si crede democratico, può avvalersi anche delle note di uno dei nostri più grandi compositori, mi fa quasi senso parlare di Ennio Morricone al passato, considerando quanto sia sempre stato presente tra i miei ascolti fissi e nella mia vita di appassionato di cinema, ma se è sempre stato facilissimo identificare il Maestro per le sue colonne sonore Western, con "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", componendo una colonna sonora quasi degna di un Horror per quanto riesce ad andare sotto pelle allo spettatore tenendolo sul filo.
Petri non lavorava mai con lo stesso compositore, preferiva cambiare ad ogni film, solo Morricone venne contattato nuovamente dopo che i due lavorarono insieme su “Un tranquillo posto di campagna” (1968). Per questa seconda collaborazione Morricone decise di far emergere il disagio morale della trama anche attraverso le note, scegliendo per comporre tutti quegli strumenti che, a sua detta, normalmente il pubblico disprezza. Vi riporto le sue esatte parole: «Giusto la fisarmonica non ci ho messo. Pensai prima agli strumenti da utilizzare, poi alla musica da scrivere. Scelsi il mandolino, il pianoforte stonato, il marranzano, un sintetizzatore che faceva un suono come quello di una pernacchia. Volevo che la porcheria della storia venisse fuori anche nella colonna sonora. Scrissi la musica senza il controllo di Petri. La prima versione che scrissi non aveva il cromatismo che poi trovai con la successiva scrittura, non aveva una particolare melodia. Allora, poi, c’era la mania di utilizzare poche note, di economizzare il materiale dei suoni usati, come una specie di serialità ridotta. E, quindi, feci un secondo tema con la stessa scala, da una parte veloce, dall'altra lenta».
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“I post di questo Cassidy sono troppo lunghi, quasi quasi lo arresto” |
Il risultato è uno sgangherato, ma meticoloso incedere che fa da “coro Greco” alle vicende del protagonista, ogni volta che il celebre tema principale di Morricone si manifesta del film, pam para para pam pam, para para pam pam, sembra che il coperchio della bara si chiuda sempre di più sul personaggio di Gian Maria Volonté, protagonista di una vicenda che viene messa in musica con strumenti sgraziati e tipicamente italiani, proprio come i fatti che vediamo accadere nel film. Una delle colonne sonore più celebri che dimostra allo stesso tempo la capacità di narrare usando le note di un Maestro come non ne vedremo mai più, non solo in questo strambo Paese a forma di scarpa, ma in tutta l’umana razza.
"Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" dovette sudare per passare il visto censura e smarcarsi dalle accuse di essere una sorta di biografia illegittima su Luigi Calabresi, per questo uscì nelle sale italiane solo nel 1970 diventando un enorme successo di critica, culminato con il premio Oscar come miglior film straniero l’anno successivo, ma soprattutto un enorme successo di pubblico che un’analisi così cruda e lucida del nostro Paese, non l’aveva mai vista e, forse, non l'avrebbe vista mai più, dato che il gusto popolare di lì a poco sarebbe cambiato, sostituito da film più facili che non inchiodavano tutti alle nostre colpe e responsabilità come riesce a fare ancora oggi, a cinquant'anni dalla sua uscita, questo capolavoro di Petri.
Qui sotto trovate l’elenco completo dei blog che partecipano
alle celebrazioni per i tanti (troppi) grandi nomi mancanti in questo
disgraziato 2020.
Pietro Saba World - Sean Connery - Atmosfera zero (1981)
La stanza di Gordie - Max Von Sydow - Il settimo sigillo(1957)
NOTJUSTMOVIE - Sean Connery - Gli intoccabili (1987)
«Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano»
RispondiEliminaNe sono rimasto ammaliato sin dalal prima visione, la mia scena preferita resta quando lui si svela per quello che è davanti all'idraulico (doppiato da Corrado Gaipa, te lo ricorderai per Obi-Wan in guerre stellari), che aveva prima ingaggiato per comprare le cravatte. Volonté è ipnotico e Florinda Bolkan è affascinante quanto letale. Tempo fa avevo letto che Petri giocò un grande scherzo a Morricone, cambiando la colonna sonora e facendogliela sentire e di conseguenza facendogli venire un colpo al cuore.
ah si! mi scordavo, Morricone ha poi utilizzato il tema principale pure in U-Turn di Oliver Stone per chi se lo ricorda.
Esatto, Petri chiamò Morricone in sala di montaggio facendogli vedere il girato con una colonna sonora presa da un altro film a casa, Morricone giustamente gli fece notare che non era la sua partitura ma il regista sosteneva che questa era più azzeccata. Quindi Morricone (probabilmente morendo dentro) disse al regista «Ok, allora contatta l’autore e fatti dare i diritti» al che nessun ha retto più lo scherzo, Petri ha confessato la burla dicendo che la sua colonna sonora era perfetta e il montatore, di cui mi sfugge il nome in questo momento disse al Maestro qualcosa tipo: «Ah Morricò abbocchi sempre!» (storia vera). Per motivi di lunghezza non sono riuscito ad inserirla nel post, quindi ti ringrazio per l’ottimo assist ;-) Cheers
EliminaCarabara, ti ringrazio per aver ricordato una stagione irripetibile - non si tratta tanto di talenti quanto di spirito del tempo perché Il Divo per esempio non sarebbe stato possibile allora e Pirro & Petri erano figli del loro tempo - e ti segnalo quanto il precipitato della INDAGINE SOPRA sia il "colpevole " che cerca la occasione di poter dire di essere colpevole, vuoi perchè non crede di essere colpevole ( Nicholson in Codice d'onore ) vuoi perchè è in cerca di catarsi ( Langella in Frost/Nixon ). Un po' poco? Nel villaggio globale non siamo + interessati a ragionare sui massimi sistemi? Bada bene che non sto considerando quest'anno pandemico che naturalmente è al centro di ogni nostro pensiero conscio ed inconscio del singolo e collettivo.
RispondiEliminaIo sono tanto ottimista da essere da sempre preso x il lato B e credo che ci saranno sempre dei Pirro & Petri che hanno la necessità di essere visionari per proporre domande e non soluzioni. Si confronteranno con un mondo che viaggia a velocità tale che anche la riflessione ha il tempo di un battito di ciglia, ma è il cavallo libero e selvaggio che li/ci sfida nel crepuscolo e con cui galopperemo fino alla alba. Ciao ciao
Impeccabile come al solito, per altro mi hai fatto ragionare sul perché ancora oggi, considero “Il Divo” il migliore e il preferito di Sorrentino, forse proprio perché mi piacevano i film di quella stagione purtroppo andata. Non serve aggiungere altro, il tuo commento è già encomiabile così ;-) Cheers!
EliminaGrandissimo film, rivisto da poco per catturare le piccole citazioni librarie al suo interno. (La Bolkan nei flashback legge il Giallo Mondadori!)
RispondiEliminaQuanto si sente la mancanza di un cinema italiano tagliente e dissacrante come questo...
Non un santino di sinistra classico, ma di sicuro un film che non le manda a dire, forse ai tempi Petri è stato criticato per non aver puntato abbastanza il dito, ma secondo me invece ha creato un modello che sarebbe bello veder replicato, per assurdo questo film piace più agli americani che a noi. Cheers!
EliminaPiù che altro, penso non gli sia stato perdonato di aver saputo puntare il dito facendo a meno di quel realismo considerato all'epoca "strumento" narrativo ed espressivo indispensabile nell'affrontare certe tematiche: Petri e Volonté (grande attore che non disdegnava il cinema di genere, quale affronto per certa critica cosiddetta impegnata) avevano qui brillantemente dimostrato il contrario... non a caso, io ho sempre preferito Petri ad altri colleghi "santini" quali, ad esempio, il tanto osannato Bellocchio.
EliminaStavo per giungere alla stessa conclusione nella testa mentre ti leggevo, ma hai già riassunto alla perfezione ;-) Cheers
EliminaFilm a suo tempo osteggiato da certa critica di parte, nonostante l'enorme successo.
RispondiEliminaBeh, a parer mio lo preferisco di gran lunga rispetto a molti altri.
E credo che questo film rappresenti alla perfezione lo spirito di quei tempi.
Perché non mostra il potere da fuori, dagli occhi di chi lo contesta, ma da dentro. Dal punto di vista di chi, in quel meccanismo malato e perverso, c'era dentro fino al collo.
Un film cinico, con un Volonté assolutamente enorme. E poco importa se ha i contorni quasi sfumati, favolistici.
Si, perché é una fiaba nera, nerissima, paragonabile a certi racconti popolari (come quelli a base di briganti) dove il lieto fine non era per nulla scontato.
Ma va bene, benissimo. Se serve a mostrare tutte le meschinità e le ipocrisie di chi ci governa.
D'altra parte...da sempre i peggiori criminali é proprio lì, che si trovano.
Perché é incredibile quello che scopri di poter riuscire a fare, una volta che ti rendi conto di essere divenuto intoccabile.
E' passato mezzo secolo, ma film come questo continuano a suscitare disgusto e indignazione.
Ed é giusto. Così come é vero che si sente la mancanza, di opere così.
Al massimo, oggi come opere di denuncia sulla commistione tra crimine e politica di citano Suburra.
E ti vengono a dire che era ora, che qualcuno si decidesse a mostrarlo.
E a me vien da ridere, scusate.
Perché lo facevano già decenni addietro. E pure meglio, senza il deprecabile bisogno di mostrare quanto é bello e figo fare i delinquenti.
Lì mostravano un mondo candido, dorato, abitato da gente ben curata nell'aspetto e ben vestita. Ma dall'animo nero come la pece.
La sensazione di riprovazione viene poi accentuata dal fatto che é passato mezzo secolo, e a riguardare film come questi ti rendi conto che non é cambiato nulla.
Ci si vanta di essere i rospi più grossi in uno stagno di rospi, senza nemmeno accorgersi del mare di putridume in cui si sguazza.
Ognuno si approfitta in continuazione della briciola di potere che riesce ad ottenere.
Ma occupare un posto di rilievo non significa essere automaticamente grandi uomini, anche se ci si crede tali.
La colonna sonora di Morricone é sinistra, beffarda, strisciante. E attanaglia quasi quanto i sensi di colpa che prova il protagonista.
Forse perché in fondo ha una morale a cui nemmeno lui può sfuggire?
Non credo, almeno in parte. Altrimenti si consegnerebbe spontaneamente.
Vuol essere scoperto perché é una piccola persona, in fondo. Che non riesce a gestire la pressione che il suo ruolo comporta.
Un politicante di razza passerebbe tranquillamente oltre. E un uomo onesto si andrebbe a costituire.
Ricordiamoci che persino le menti politiche più brillanti del nostro tempo, per trovarsi dove si trovano, hanno dovuto corrompere, togliere di mezzo avversari, fare favori.
E' un dare per avere. Solo così ci si muove, lì dentro.
La corruzione...é patologica.
La politica stessa é un mostro che contamina, inquina e rovina tutto quello che tocca.
E per farla non si può essere né onesti, né sobri.
Il "dottore" vorrebbe liberarsi la coscienza. Ma al contempo si rammarica di non riuscire ad essere superiore e a far finta di nulla, nonostante disponga di tutti i mezzi per farlo. Così come non ha il coraggio di confessare quel che ha commesso.
Non é una brava persona. Ma non ha nemmeno gli attributi per vivere da politico o da uomo onesto.
E' un mediocre.
Grandissimo film. Ce ne vorrebbero di più.
Lo penso anche io, un film che è diventato un modello per tutti, tranne che per il nostro cinema, il che è abbastanza un paradosso, uno dei tanti in uno strambo Paese a forma di scarpa. Cheers!
EliminaCredo che il motivo principale sia dovuto al fatto che e' cambiata la percezione di questi comportamenti, ed il modo in cui li valutiamo.
EliminaO forse non e' cambiato nulla, come dicevo io.
Perche' la verita' e' non l'abbiamo mai disprezzata, questa gente. Ma solo invidiata.
Prima, come su tante altre cose, ci si nascondeva dietro al perbenismo di facciata.
Oggi non ci si vergogna nemmeno piu'ad ammetterlo.
In un certo senso e' la chiave del successo di certe fiction e serie. Che al di la' dell'essere prodotti di puro intrattenimento, certe volte lanciano un messaggio a parer mio sbagliatissimo.
L'idea del criminale onnipotente, che guadagna cifre astronomiche che un normale cittadino non otterra' mai. Nemmeno in quattordici vite. E che in un giorno puo' realizzare quello che un politico raggiunge in genere dopo anni di trattative.
Ormai non ci si indigna nemmeno più. Anzi, forse certi atteggiamenti li riteniamo quasi virtuosi, piu' che da debosciati.
Quando beccano un pezzo grosso invischiato nel solito festino a base di sesso e droga, qual'e' il pensiero comune?
"Oh, beh...beato lui, almeno se la gode."
Ma questo e' il massimo della vita, secondo l'opinione generale?
Diciamo che alcuni politici (o presunti tali) nostrani non sarebbero durati così tanto se non fosse stato per questo tipo di mentalità. Cheers
EliminaDue piccioni con una fava, solo tu potevi, grande Ennio e grande film ;)
RispondiEliminaUna buona pianificazione e preparazione, serve ad evitarti di fare, la figura del… Vabbè sai come finisce ;-) Ci vediamo dalle tue parti tra poco. Cheers!
EliminaBel pezzo Cass, per uno di quei film esagerati, capace di raccontare un'epoca.
RispondiEliminaE' uno dei film che ti entrano dentro, il personaggio di Volonté è grottesco, surreale ma anche realistico nelle sue esagerazioni, è iperrealistico, la sua finzione esagera qualcosa di vero.
Volonté poi ci ha sguazzato un sacco in questo personaggio lercio, gran parte dei suoi ruoli, dei suoi personaggi, incarnano una presa di posizione politica e sociale. Casomai ci fosse mai occasione di farci su uno speciale dovrebbe chiamarsi "Liberté, Egalité, Volonté"
La colonna sonora è conferma che Morricone era un Autore geniale perchè non convenzionale, "giusto la fisarmonica non ci ho messo" (anche perché l'aveva già usata da Dio con Leone).
Oggi quella musica è iconica, è universale nei servizi giornalistici sugli intrighi di palazzo, bastano quelle note per richiamare "quella Italia" che poi è ancora "questa Italia", con un vestito e una pettinatura diversa ma lo "schifo della storia" che si ripete emerge in quelle note, anche se il film non l'hai mai visto.
Infatti mi ricordo che già da bambino, quando non conoscevo il film, quella musica mi dava i brividi, sapeva di intrigo, di cose sporche e pure di farsa (il po-poro-poro che la chiude è uno sberleffo, una pernacchia come diceva Morricone).
Il nome per la rubrica è geniale, così come la tua analisi, questo film è entrato nel DNA del nostro Paese, parte della cultura popolare ma intrappolato nell'ambra, come a voler dire che quella Italia è andata, ma invece come hai detto perfettamente é sempre la stessa, stramba e a forma di scarpa. Cheers!
EliminaPanunziooooo!!!
RispondiEliminaFilmone eccezionale, concordo su tutto, ottima recensione. A proposito di kubrick, avevo letto che pensava di utilizzare il tema di morricone per arancia meccanica o barry lyndon, non ho mai capito cosa potrebbero azzeccarci....
Ti ringrazio molto, non ho approfondito la parte su Kubrick perché viene sempre riportata da più fonti ma mai rispondendo alla tua legittima domanda, Kubrick aveva le sue idee spesso condivisibili (basta dire che uno dei suoi film preferiti era "Chi non salta bianco é" storia vera), ma non so cosa se ne sarebbe potuto fare di questo tema in "Barry Lyndon", "Arancia Meccanica" invece, ha una colonna sonora già imposta dal libro ;-) Cheers
EliminaUn personaggio interessante, per via di questo contrasto e conflitto interiore. Solitamente i potemti che fanno danni non paioino essere troppo in crisi con la coscienza.
RispondiEliminaComunque è proprio vera la deferenza che tanti danno ai sedicenti "dottori", anche se di dubbia moralità. Forse per tenerseli buoni perché non si sa mai?
Non l'ho mai capito, ma in uno strambo Paese a forma di scarpa il titolo conta e ha ancora il suo peso, a volte è un bene, altre volte meno. Cheers!
EliminaGrandissimo film,che attore Volonté (ma anche Florinda è tanta roba) e che colonna sonora...Gran bel pezzo Bro!
RispondiEliminaCome facevo a non scegliere questo film Bro? ;-) Grazie mille! Cheers
EliminaBellissimo, un capolavoro del nostro cinema. Scritto benissimo, recitato alla grande e costruito come un gigantesco pugno nello stomaco come solo gli autori che si possono degnare di questo nome possono fare. Adesso ho una voglia matta di rivederlo...
RispondiEliminaBene, se riesco a convincere qualcuno a vedere o rivedere un bel film sono sempre felice ;-) Cheers
EliminaNonostante ciò che, ovviamente, dichiarò Petri, Volontè è Calabresi. Lo si vede da tanti particolari dall'abitazione arredata come quella del commissario con uno stile che negli anni 70 lasciava trasparire un po' di avveneristico, dal fatto che prova a incastrare un anarchico (non un comunista o un socialista) come Pienlli e Valpreda, dall'interrogatorio molto duro, dal fatto che Calabresi cercava di accreditarsi come un funzionario di polizia non vecchio stile ma democratico, quasi progressista. Insomma le similitudini sono tante, direi troppe, per non cogliere il rimando (a tal proposito poi Petri girerà proprio un documentario sulla morte di Pinelli). Questo spiega anche buona parte delle critiche da destra (scontate) ma anche da sinistra (il Pci fu almeno all'inizio dell'inchiesta su Piazza Fontana piuttosto timido e non escludeva la tesi ufficiale della Procura per cui l'attentato poteva avere una matrice anarchica, anzichè neofascista). Al netto di tutto ciò rimane un film superlativo, sicuramente il più famoso, bissato da La classe operaia va in paradiso che forse è più surreale e legato, se vogliamo, a Todo Modo, altro film di Petri, sempre con Volontè, che esplora l'altro lato del potere, quello decisorio, più politico, di chi non si sporca le mani e lascia agli esecutori il compito di portare a termine i compiti impartiti. Petri rappresenta, insieme a Rosi, Montaldo e altri, quel cinema impegnato che ha fatto la fortuna del nostro paese in cui, anche nei poliziotteschi, si parlava di golpe strisciante, eversione nera, attentati. E' duro constatare che oggi non esiste più quel cinema in Italia, almeno non in forma autoriale come Petri. Ci sono documentari, reportage, inchieste ma non hanno, ovviamente, la stessa potenza evocativa. Non è così negli Usa dove Stone, Sorkin e altri (basterebbe semplicemente Spielberg con un gioiellino come The Post), invece, sono ancora capaci di produrre film di denuncia potenti (si pensi a Snowden o il processo ai Chicago 7 recentemente ricordato da Cassidy) nonostante un'involuzione politica più accentuata rispetto a noi. Ed è un peccato perchè autori e autrici, in tal senso, nel nostro paese ne abbiamo. Serve però riscoprirli e sostenerli
RispondiEliminaNon aggiungo altro, perché sono totalmente d'accordo con te, impeccabile ;-) Cheers
EliminaPetri-Volonté è un duo che, per me, rasenta la perfezione asoluta: sublime, impareggiabile! (cit. "Una pura formalità). Con loro è sempre come montare su di uno scassatissimo ed arruginito otto volante che ti trascina, senza possibilità di liberarti, nel sottobosco della nostra "miserabilità". Sei attanagliato a questa giostra infernale e, tuttavia, non vuoi né puoi distaccartene. E se penso che "I giorni contati" Petri l'avesse "creato" nel '62, pensando ai film coevi... beh... Quanto a Volontè, sono sorpreso positivamente ogni volta. Avete presente quel cantante o attore che amate che ogni tanto o prende parte a un film discutibile o fa uscire un album svogliato? Beh, Volontè non l'ho mai visto "steccare" in tutto quel che ho visto fin'ora, anzi. È il "Faber" degli attori :-)
RispondiEliminaE quanto al film presente? Che altro aggiungere alla recensione di Cassidi e al messaggio qui sopra di doom2099, che sottoscrivo in pieno? Eh sì, l'ispirazione ai casi Pinelli e Valpreda io la vedo, decisamente. Per il resto...
Benvenuti sull'otto volante del LunEur: destinazione, una bella gita tra gli abissi di questo cazzo di pianeta.
"I giorni contati" che titolo, concordo in pieno la coppia Petri-Volonté dovrebbe essere ricordata di più, ma proprio perché non sforna a film rassicuranti non viene citata ad ogni piè sospinto. Cheers!
EliminaPerché Petri lascia quel finale aperto e cita Kafka? Vuole intendere che il potere non si può sconfiggere?
RispondiEliminaSecondo te perché lo fa? Io sono ben felice che abbia concluso il suo film così. Cheers
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