Con tutto il rispetto, ma sappiate che oggi non accetto gorgheggi in stile Axel Rose, oggi è il giorno dedicato al nuovo capitolo della rubrica… Sam day Bloody Sam day!
Se sul piano professionale la carriera di Sam Peckinpah non avrebbe potuto andare meglio dopo il successo di Getaway!, sul piano personale il regista di Fresno era fresco fresco di un sanguinoso (per rendere onore al suo soprannome) divorzio da Joie Gould, questo gli permetteva di avere più tempo per dedicarsi alle sue passioni, una logorante come l’alcool, l’altra (per nostra fortuna) decisamente più artistica come i film Western.
L’occasione arriva da Gordon Carroll, uno dei giovani
produttori rampanti di Hollywood, forte del successo di un grande film di
protesta come Nick mano fredda,
Carrol vorrebbe raccontare una nuova versione del mito di Pat Garrett e Billy
the Kid che al cinema era già stato raccontato... Boh? Quaranta volte o giù di
lì. Per Carrol Billy era una sorta di Rockstar del vecchio West, un giovanotto
entrato nel mito e morto troppo presto solo per essere idealizzato da tutti,
proprio come accade ai grandi cantanti che lasciano questa valle di lacrime
prima del tempo. La sua idea sarebbe proprio quella di coinvolgere dei
musicisti per i ruoli principali nel film, visto che ha già per le mani
l’ottima sceneggiatura scritta da Rudoplh Wurlitzer, autore di un bellissimo
film molto apprezzato anche da Peckinpah (e dal sottoscritto per quello che conta)
come “Strada a doppia corsia” (1971) di Monte Hellman, inizialmente preso in
considerazione per regista di questa nuova versione di Pat Garrett e Billy the
Kid.
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I titoli di testa della versione più famosa, di una storia raccontata al cinema tante volte. |
Nella versione di Rudy Wurlitzer, lo scontro tra lo sceriffo e il bandito era una cronaca più aderente alla realtà dei fatti, con dialoghi davvero incredibili, ma con il coinvolgimento della MGM il progetto sale di colpi e con Monte Hellman fuori dai giochi, il primo nome buono per la regia è proprio quello di Sam Peckinpah che, leggendo la sceneggiatura, va giù di testa per il lavoro di Wurlitzer, tanto da abbandonare l’adattamento del romanzo “The authentic death of Hendry Jones” a cui stava lavorando per mettersi sulle piste di Billy the Kid (storia vera).
Bloody Sam firma un contratto che alla lunga si rivelerà un
cappio attorno al collo per lui, 228 mila dollari subito e una fetta sugli
incassi, ma la postilla sono due proiezioni di prova prima di avere l’ultima
parola sul montaggio del film, una coperta corta come vedremo più avanti nel post
(lasciatemi l’icona aperta). Inoltre, Peckinpah ad una seconda lettura della
sceneggiatura capisce che manca qualcosa, un po’ di fuoco sotto la brace di
questa storia, la versione di Wurlitzer teneva conto del fatto che Pat, prima
di diventare lo sceriffo Garrett, conosceva davvero Billy, ma di questo si
trattava, di una conoscenza, non di certo la grande amicizia tra due vecchi
compari di colpo ai lati opposti della barricata che quasi un secolo di
leggende su Billy hanno tramandato. Eppure, il tema del tradimento, del prezzo
che un uomo deve pagare per restare fedele ai suoi ideali, è un filo rosso che
corre lungo tutta la filmografia di Peckinpah fin dai suoi esordi, davanti alla difficile scelta tra essere
aderente alla realtà oppure di seguire la lezione di John Ford e di raccontare
la leggenda, Peckinpah ha dei dubbi, si consulta con il fidato Jim Silke, si
alliscia i baffi e poi prende una decisione: «Raccontiamo la leggenda».
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"Sam se ti serve, ho qualcosa di meglio di quell'affare per acchiappare le mosche" |
Il risvolto emotivo, l’amicizia tra Pat e Billy è la benzina che ha sempre alimentato il fuoco di quella che per gli Americani è una leggenda, sono sempre stati un Paese con una storia brevissima rispetto a noi Europei, quindi, il vecchio West per gli Yankee è l’equivalente dei miti greci, con questo film Sam Peckinpah, uno dei maggiori poeti della frontiera, ha quindi la possibilità di raccontare alla sua maniera una storia che è arcinota perché è stata portata al cinema un numero esagerato di volte, ma che è anche parte del folclore americano, come fare a renderla originale e moderna? Peckinpah trova la risposta tra le pagine dei giornali.
Nell’estate del 1972 l’America è scossa dallo scandalo
Watergate, Richard Nixon per cui Peckinpah provava un manifesto disprezzo (alla
faccia di chi accusa il regista di Fresno di simpatizzare per la destra
americana) aveva trovato il modo di diventare il più odiato presidente della
storia degli Stati Uniti, con la guerra del Vietnam ancora in corso Peckinpah
ha l’occasione per usare il genere che più ama, il Western, per raccontare
i turbamenti americani contemporanei. Richard “Tricky Dicky” Nixon è un grigio
burocrate, uno di quelli “con l’ufficio più in alto del primo piano” che
Peckinpah ha sempre visto come fumo negli occhi, idealmente nel suo film, Pat
Garrett, accettando la stella, si è venduto a uomini come Chisum (interpretato da
Barry Sullivan) che hanno svenduto il sogno americano, anzi, per utilizzare le
parole di Billy nel film: "Quei dannati proprietari che mettono staccionate
intorno a questo maledetto Paese".
Billy esprime tutto quello che pensa dei burocrati di questo mondo. |
Per legare a filo doppio i suoi due personaggi, Peckinpah ha un’intuizione geniale e se la gioca subito nei primi cinque minuti del film, quelli che, come vi ripeto sempre, dettano tutto il passo di una pellicola. Il mito di Billy the Kid poteva alimentarsi solo negli anni ’70 (del ‘800) nel Nuovo Messico, terra di conquista per i latifondisti, come gli agenti del Santa Fe Ring a cui Peckinpah (con un minimo di paranoia complottista, anche un po’ parte del suo personaggio così ossessionato dalla fedeltà degli uomini del suo “mucchio selvaggio) addossa tutta la responsabilità delle azioni che hanno portato all’omicidio del bandito Billy the Kid.
Ecco perché il film si apre con una scena ambientata 27 anni
dopo la morte di Billy, nel 1908 con un vecchio Pat Garret che viene ucciso a
tradimento dagli stessi sicari del Santa Fe Ring che avevano commissionato la
morte di Billy, ma per legare ancora di più i due personaggi, Peckinpah sceglie
un’ellisse narrativo: Pat colpito a morte dai proiettili è come le galline
sepolte fino al collo nella sabbia a cui Billy e i suoi compagni sparano (dopo
la salamandra di Cable Hogue, un’altra
prova che il cinema degli anni ’70 aveva una sensibilità diversa da quella
attuale). In una sola bellissima scena, grazie all’ottimo montaggio vediamo il
vecchio Pat morire e una versione più giovane nel 1881 fare un sorriso
all’amico Billy, considerando che ad interpretare lo sceriffo sono i dentoni
di James Coburn (al secondo film
diretto da Peckinpah e il tassametro corre) che aveva voluto fortemente
interpretare il ruolo. Direi che tutto torna alla perfezione, no?
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Questo signore per me, sarà sempre sinonimo di Western. |
Ma se Sam Peckinpah è il ribelle di questa storia, un novello Billy the Kid, ci vuole anche qualcuno a ricoprire il ruolo dell’autorità, lo sceriffo Pat Garret qui ha un nome e una fama che lo precede, si tratta di Jim Aubrey, il capo della MGM definito da Phil Feldman l’uomo che aveva salvato la carriera a Peckinpah con “Noon Wine”: «Jim Aubrey è quanto di più freddo si possa essere, senza venir dichiarati cadaveri».
Aubrey non guarda in faccia nessuno, ha fama di essere un
produttore invasivo e sogna di passare alla storia come colui che ha fatto
trottare a piacimento il ribelle Peckinpah, inoltre, si è lanciato in un’impresa
più grande di lui (oltre a quella di domare Bloody Sam): la costruzione del
lussuoso Grand Hotel MGM a Las Vegas, una cattedrale nel deserto (del Nevada)
da riempire con tutti gli oggetti di scena presi da film della casa di
produzione, una mostruosità autocelebrativa costata 120 milioni di fogli verdi con
sopra facce di ex presidenti defunti che andava ripagata producendo film di
successo il prima possibile. Capite da voi che eravamo già tutti in linea per
un clamoroso disastro.
“Bah, sarebbe stato meglio costruire un albergo sì, ma ad ore” |
Quello che, invece, ha funzionato è la scelta degli attori, con il ruolo di Pat in cassaforte grazie al grande James Coburn (in una delle sue prove più dolenti di sempre), per la parte di Billy viene proposto un vero cantante, non Rock come sognava Gordon Carroll, ma folk come l’uomo con il nome più bello del mondo, Kris Kristofferson, fresco del successo di un paio di suoi pezzi come “Help me make it through the night” e “Me and Bobby McGee”. Come spiegare Kristofferson alle nuove generazioni, magari lo ricorderete come mentore del vampiro Blade nel film omonimo del 1998, ma considerata anche una vaga somiglianza fisica, diciamo che Kris Kristofferson è un Carlo Cracco con i testicoli. Portatore sano di carisma, Kris non solo è diventato grande amico di Peckinpah, ma con quel suo sorriso strafottente ha saputo delineare uno dei migliori Billy the Kid mai visti al cinema, compensando anche alcune lacune della storia, più avanti ci torneremo su questo punto.
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Jesus Kristofferson Superstar. |
A proposito di cantanti, Peckinpah non vede tanto di buon occhio questo tizio riccioluto per cui Gordon Carroll prova tanta stima, tanto da volerlo infilare nel film a tutti i costi, ma quando il regista ha la possibilità di conoscere Bob Dylan (potreste averne sentito parlare come di uno dei più grandi geni del nostro tempo) resta piacevolmente impressionato non solo dalla voglia di Dylan di mettersi al servizio del film, ma anche dalle canzoni composte apposta per la pellicola, ancora oggi l’unico caso nella carriera di Bob Dylan, in cui il grande cantante ha prestato la sua musica per un film. Sta di fatto che Peckinpah, pur di avere Dylan a bordo, espande il personaggio di Alias rendendolo il testimone degli eventi, un personaggio che affascinato dalla figura di Billy decide di seguirlo e di cantarne le lodi, in un modo quasi metacinematografico visto che Dylan ha fatto su un disco omonimo (uscito nel 1973) che meriterebbe se non un post tutto suo, almeno un Rock ‘n’ Blog a tema.
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"Grazie Cass, la prossima volta ti suonerò Hurricane" |
Come dicevo lassù, personalmente ho sempre riscontrato due problemi, se vogliamo minori, ma presenti: in “Pat Garrett e Billy the Kid” il personaggio di Billy non è sfaccettato quanto lo sceriffo Pat, resta uguale a se stesso fino ai titoli di coda, Peckinpah lo sapeva, ma per motivi di tempo e di condizione fisica precaria, non ha avuto la possibilità di scriverlo in maniera diversa e questo ci porta al secondo difettuccio del film, la sua natura frammentaria.
Dopo la scena iniziale con passato e presente che s'incrociano, “Pat Garrett e Billy the Kid” sembra diventare un lungo flashback a
cavallo dei ricordi dello sceriffo Garrett, in quanto tali spezzettati, infatti
la ricerca di Billy dello sceriffo diventa quasi una collezione di scene,
alcune clamorose e bellissime, ma sempre un po’ scollate tra di loro. Ogni
volta che rivedo il film, la sensazione che ho è sempre questa, ad esempio le
scene con Billy the Kid sono grandiose, la sua fuga iniziale, il suo scontro
verbale con Bob Ollinger (interpretato dal solito e fidato R.G. Armstrong),
l’uomo timorato di Dio che tratta Billy come una pezza da piedi e lo vorrebbe
solo vedere appeso per il collo con ben poca pietà cristiana, l’ultimo dei
personaggi critici rispetto alla Chiesa utilizzato da Peckinpah nella sua
filmografia, che finisce fucilato da Billy, in un tripudio di pallettoni,
monete infilate nella canna del fucile («Tieniti gli spiccioli Bob») e, ovviamente,
sangue mostrato a rallentatore, nello stile di Bloody Sam.
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"Tieni il resto lurido bastardo" (cit.) |
Questo scollamento tra le scene tende a notarsi meno perché alcune sono oggettivamente meravigliose, ma sono anche il frutto della sparatoria tra Peckinpah e Jim Aubrey, con il secondo che non faceva altro che alimentare l’odio di Bloody Sam per i burocrati, rifiutando tutte le richieste del regista, anche quelle legittime, come quella di avere un tecnico per aggiustare una lente inclinata di una delle macchine da presa che impediva di avere scene correttamente a fuoco, sfornando così un grande quantitativo di pellicola che Peckinpah ha dovuto rigirare, senza il permesso di Audrey, ormai in guerra aperta con il regista. Sul set di “Pat Garrett e Billy the Kid” si sono replicate identiche le dinamiche distruttive che avevano azzoppato Sierra Charriba, pur di fare un torto al produttore che pretendeva solo tagli e non ascoltava ragioni, Peckinpah faceva arrivare comparse sul set, le teneva per giorni ospiti in alberghi con tutto pagato, anche quando non ne aveva affatto bisogno, pur di rompere le scatole alla MGM (storia vera). Ma l’altro problema sul set è stato un altro, la vecchia amica di Sam: la bottiglia.
Per restare lucido Peckinpah si faceva allungare i suoi
beveroni alcolici con della granatina, ma con il passare delle ore sul set, la
granatina nei suoi bicchieri diminuiva e veniva allungata con tutto, Vodka,
Brandy, Scotch, Campari, le parole di Coburn riassumono al meglio la
situazione: «Sam era un genio tre ore al giorno, qualche volta di più, ma
dipendeva da quanto aveva bevuto».
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"Voi non avete sete? Con questo caldo ho la bocca secca" |
Questo non cambia il fatto che “Pat Garrett e Billy the Kid” sia un titolo incredibile, anche se Peckinpah non ha potuto contare su molti dei suoi pretoriani (Aubrey non li ha assunti, per non rafforzare il regista, storia vera), il film è oltre ad un Western bellissimo, un rugginoso e malinconico racconto sulla fine di un’era che viene divorata pezzo dopo pezzo dai burocrati e dai politici (come il Governatore Lew Wallace interpretato da Jason Robards), in cui più che nel ribelle Billy, qui rappresentato come un puro, un po’ naif e sicuramente strafottente nei confronti dell’autorità (insomma un antieroe come solo la celluloide può regalare), per assurdo a Peckinpah sembra interessare più un personaggio controverso come Pat Garrett, l’uomo che ancora ricorda le scorribande e le bevute con l’amico Billy, una sorta di Deke Thornton che ha accettato una stella da sceriffo per andare avanti con la seconda parte della sua vita, ma in cambio di una pensione da borghese deve mettersi sulle piste di quello che è letteralmente il suo passato, ovvero l’amico Billy the Kid, ormai un suo nemico seguendo le pesanti regole imposte da quella piccola stella sul petto.
“Pat Garrett e Billy the Kid” è una cavalcata attraverso la
fine di un’era costellata di singoli momenti bellissimi, uno dei migliori senza
ombra di dubbio la sparatoria dove lo sceriffo Garrett assiste al ferimento di Black
Harris (il leggendario L. Q. Jones in una scena che ne sottolinea lo stato di
icona) che, colpito da un proiettile alla pancia, si allontana, sotto gli occhi
della moglie in lacrime a guardare un tramonto che è quello della sua vita, è
quello della frontiera e che Sam Peckinpah sottolinea con le note di “Knockin'
On Heaven's Door” di Bob Dylan, un pezzo diventato leggerissimamente famoso
anche grazie a questo film, chi lo canta come pezzo di speranza o non lo ha
capito, oppure non ha visto questo film, non so quele delle due cose sia la più
grave. Di sicuro lo avevano visto e capito Shane Black e Richard Donner che
hanno omaggiato la scena in Arma Letale 2, giusto per farvi capire quanto
questo film e Peckinpah abbiano influenzato la cultura popolare.
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L. Q. Jones entra definitivamente nella storia del cinema, con una scena che si lascia guardare (e ascoltare) |
La scena chiave, però, resta il finale che non è “Spoiler” perché la leggenda di Pat Garrett e Billy the Kid è patrimonio culturale. James Coburn con il peso del suo mondo (al tramonto) sulle spalle, concede all’ex amico l’ultima scopata con la bella figliola che Billy si è portato in camera, poi attraversa a passo lento tutto il portico, se il finale di Il mucchio selvaggio è dinamismo puro applicato a centinaia di pallottole sparate, quello di “Pat Garrett e Billy the Kid” è rigoroso, sofferto in quel suo unico colpo esploso, anzi due, perché con il primo proiettile lo sceriffo Garrett uccide l’amico di un tempo e con il secondo spara allo specchio, come a sottolineare il suo odio per l’immagine riflessa dell’uomo che è diventato, dopo aver ucciso quella che è a tutti gli effetti una versione più giovane di se stesso.
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Metaforoni, quelli fatti bene. |
I Western di norma finiscono con un eroe che cavalca verso il tramonto, qui succede lo stesso, ma di eroico non abbiamo proprio nulla, Pat Garrett sarà anche lo sceriffo che ha ucciso un feroce e ricercato bandito, ma se ne va, con un ragazzino che per ringraziarlo, gli lancia dietro dei sassi, un uomo che ha ormai messo a terra la sua pistola, perché non può sparare mai più parafrasando Bob Dylan. Se non è un Classido questo, non esistono i Classidy!
Sono in pochi a poter vedere il primo lunghissimo montaggio di Peckinpah, tra questo il regista Martin Scorsese che non esista a definirlo immediatamente come un capolavoro, ma il bandito Sam Peckinpah deve fare i conti con l’autorità dello sceriffo Jim Aubrey, ricordate il contratto capestro di cui parlavo lassù da qualche parte? Aubrey lo utilizza per far rimontare il film due volte, organizzando due proiezioni di prova farlocche negli uffici della MGM, secondo lui un Western non dovrebbe durare più di 90 minuti e poi ha più di un sasso nella scarpa da togliersi, quindi si vendica sui chilometri di pellicola girata da Peckinpah.
Bloody Sam da di matto, accusa i suoi montatori di averlo
tradito, Roger Spottiswoode non ci sta a passare per traditore e pare sia uno
di quelli che ha aiutato il regista a far uscire dagli uffici della MGM, una
copia del suo film, non completamente brutalizzata dai tagli imposti da Audrey
che fece, comunque, uscire il film in sala ridotto a 106 minuti di durata, portando
a casa commenti tiepidi: i critici non capiscono se si tratta di un grande film
malamente sforbiciato, oppure di un disastro tenuto insieme con la colla dai
produttori.
Padre Tempo, il miglior critico cinematografico di sempre, avrebbe dato una risposta chiara. |
La copia “pirata” salvata dal martirio viene proiettata di straforo, contiene il biografico litigio tra Pat e la sua moglie messicana (che ricorda tanto l’amata e odiata Begonia, moglie di Peckinpah) e ha un respiro molto più ampio non è ancora la versione dell’anteprima da 122 minuti, ma è quella uscita a furor di popolo (e sostenuto da Martin Scorsese) in DVD da 115 minuti. Jim Audrey avrà anche cercato di uccidere Sam Peckinpah sparandogli al cuore, ma come lo sceriffo Pat Garrett non ha ucciso un ribelle, ha creato una leggenda.
La prossima settimana, saremo ancora qui per raccontare un altro capitolo delle gesta del leggendario ribelle Sam Peckinpah, ci vediamo qui tra qualche giorno e mi raccomando… Testa sulle spalle!
Pensavo di averlo visto al cinema con un mio zio da adolescente, ma dopo aver letto il post mi viene da pensare che lo confondo con qualcos'altro. L'unica scena che ricordo è di un cowboy uscito bruciacchiato da un incendio e per di più la scena è in bianco e nero. Dev'essere un altro film.
RispondiEliminaCosì su due piedi, direi che è un altro film, ma ora ho il dubbio di scoprire quale ;-) Cheers
EliminaCOMPRAI IL DVD e lo vidi una volta e mi lasciò tiepido.
RispondiEliminabob dylan non sa recitare e si vede
rdm
Non è un attore, è un testimone che fa da menestrello, quello gli riesce molto bene invece ;-) Penso sia il film di Peckinpah che apprezzo sempre un po' di più ogni volta che lo rivedo, anche qui come "Getaway!" credo che un po' di chilometri sul tassametro della vita vissuta, aiutino l'immedesimazione. Cheers
EliminaL'ho visto una volta sola, tanto che non so quale versione, se quella tagliata o quella quasi integra.
RispondiEliminaA me piacque moltissimo, più de "Il mucchio selvaggio".
La colonna sonora è fantastica ed è il motivo principale per cui l'ho visto, salvo poi ritrovarmi davanti un filmnone.
p.s.
"Kris Kristofferson è un Carlo Cracco con i testicoli" ho riso come un matto.
“Il mucchio selvaggio” è Peckinpah che ci trascina giù nel fuoco dei peccati dei suoi personaggi, è azione. Movimento, centinaia di pallottole sparate. Questo è il contrario, il fuoco brucia lo stesso lo sceriffo Pat ma è una lenta, dolorosa e anche malinconica tortura, il finale è quasi statico, i proiettili sparati ci sono anche qui, ma è uno solo quello che fa soffrire per davvero, due se contiamo anche lo sparo allo specchio. Mi è uscita dal cuore, la mia dedica al cuoco ;-) Cheers
EliminaNei primi Novanta l'uscita di "Young Guns 2" aveva fatto impazzire tutti: il primo film era caruccio, ma il secondo era dinamite. "Blaze of Glory" di Bon Jovi lo sentivi ovunque, il giovane Etrusco e i suoi amici liceali erano fomentatissimi, visto che era la prima storia di Billy the Kid che incontravamo, e quando arrivò Tele+1 diciamo che gli spot televisivi si aggiravano tra i mille e duemila al giorno. Era il filmone western giovane per i giovani, o almeno così sembrava ai nostri occhi di diciassetteni.
RispondiEliminaPer l'occasione Tele+1 tirò fuori a spron battuto il film di Peckinpah, sparando la canzone di Bob Dylan a manetta, e visto che girava ancora la versione dei Guns capisci che tutto tornava: quando Italia1 pubblicizzava una serie di film marziali del venerdì sera con Van Damme che volava e Axl Rose che faceva "ye ye yeaaaaaah", capisci che il cerchio era completo e il Nirvana era raggiunto.
Il problema era che Estevez nel ruolo di Billy era così maledettamente credibile... che la prima volta che ho visto su Tele+ il film di Peckinpah sono rimasto allibito: e mo' chi so' 'sti vecchi???? Kristofferson sembrava avere 60 anni e lo chiamano "kid"? :-D :-D :-D
Malgrado conoscessi tutti gli attori, il mitico Kris lo beccavo nei film sin da bambino - e quindi mi sembrava ancora più vecchio! - diciamo che rimasi impermeabile al fascino del film, che avrei apprezzato in seguito. Lo stile tipico di Sam strideva parecchio con quello delle "giovani pistole", più legato al gusto di quei primi Novanta e quindi più di forte impatto. La musica però era carina... :-P
Scherzi a parte, c'è voluto un po' per apprezzare il film di Sam, e sono contento siano riusciti a far "evadere" un po' di pellicola in più. Un giorno dovrebbero fare un documentario sul vero Centro del Potere di Hollywood: la sala di montaggio!
Parli con uno che è cresciuto consumando le vhs dei due “Young guns”, guarda mi dispiace perché non credo riuscirò prima delle ferie di Natale del 2020, ma al più tardi nel 2021, Estevez è così saranno ospiti di questa Bara, parola di Cassidy!
EliminaDiciamolo pure, non è eresia cinematografica, i due “Young Guns” hanno posto sul Kid tutta l’attenzione che il film di Peckinpah non ha, e malgrado ritenga che la cover dei Guns abbia fatto danni (la maggior parte delle persone percepisce il pezzo come qualcosa di speranzoso, quando non lo è affatto), la versione Rock di Billy è vera dinamite.
Forse perché sto in una terra di mezzo tra Kid Estevez e (non tanto) Kid Kristofferson, mi piacciono entrambe le versioni della storia, un po’ come da ragazzo ti piace più la versione dei Guns, poi capisci che invece la versione “giusta” è quella di Bob Dylan. Insomma anche qui come “Getaway!” un altro film di Peckinpah che richiede del chilometraggio per essere apprezzato di più, quando l’ho rivisto pochi giorni fa per scriverne ha avuto una forza, mi ha colpito più di quando lo guardavo da bambino, aveva ragione Indy, non sono gli anni sono i chilometri ;-)
Ti chiedo scusa per averti anticipato il “Venerdì Peckinpah”, ma ho un’ottima ragione domani scoprirai quale, non ti ho coinvolto perché è un argomento che hai trattato moltissimo. Cheers!
Che film signori mie. Che film! Capolavoro totale, uno dei film più completi di sempre. Quando immagini, personaggi e musica si fondono in un'unica, completa, opera d'arte. Sai che non sono amante del genere "western", ma davanti a cotanta maestria non posso far altro che levarmi il cappello.
RispondiEliminaSarò di parte (grazie a Bob), ma questo filmone è un pezzo della mia tenera età, un po' come il giovane Cassidy col Sor Leone. I miei ascoltavano Dylan le domenica mattina e sono cresciuto con le canzoni del "Menestrello del Rock" in sottofono. Va da se che quando i miei genitori guardavano questo film, il cerchio fu completo. La scena con "Knocking on Heaven's Door", personalmente, la metto tra le più belle della storia del cinema. Semplicemente perfetta. Il silenzio dopo la sparatoria, la musica, la voce di Dylan, gli sguardi che valgono più di mille parole, la luce del tramonto. Al solo scriverlo c'ho i brividi. Manifesto del cinema di Peckinpah.
Film malinconico, crepuscolare, che si abbatte sul mito della frontiera e ne segna indelebilmente i suoi protagonisti che, ahimè, sono agli sgoccioli della vita terrena ma diventeranno immortali.
E ora, la storia personale a cui non frega un cazzo a nessuno. Comprai il vinile della colonna sonora nel '97 a Londra quando esistevano i negozietti sparsi per la città che vendevano chicche a prezzi disumani. Avevo comprato così tanta roba che non ci stava in valigia, non ci stava nella cappelliera e feci il viaggio di ritorno con un borsone (comprato l'ultimo giorno, di corsa, da Lillywhite) incastrato tra le ginocchia e il posto davanti a me. Scesi dall'aereo leggermente legnoso... Dopo qualche anno, quando andai a convivere per la prima volta, mia madre regalò via il vinile di Dylan assieme a mille altre chicche (tra cui il vinile di "Sgt. Pepper" con autografo di RIngo Starr che avevo incorniciato e appeso al muro di camera mia). Non le rivolsi la parola per settimane...
Quella scena è uno dei momenti più alti della storia del Cinema, senza ombra di dubbio, alla faccia di chi ancora crede che Peckinpah fosse solo “balletti di sangue” e rallenti durante le sparatorie. Solo una settimana? Sei stato ancora bravo secondo me ;-) Cheers!
EliminaMa sai cosa mi ha dato fastidio? Che manco si ricordava a chi li aveva dati!
EliminaDimenticavo l'OT: Belinelli+Teodosic?!?! Non dici nulla?
EliminaEcco quello é grave. Cheers!
EliminaMi dispiace per la fine della corsa in NBA per Belinelli, 13 anni sono tanti ed è stato il migliore tra i nostri da quella parte dell'oceano, ma ben felice di averlo tra le V nere, ancora un paio d'anni ad alto livello li può regalare. Cheers!
EliminaMio nonno credo sia stato l'uomo più uomo che sia mai esistito. Non ho mai potuto conoscerlo, di lui ho solo sentito raccontare di quando buttò a terra uno più grosso di lui, e una foto, dove è addormentato ma che fa percepire comunque quello che poteva fare.
RispondiEliminaEcco, l'aneddoto è "Il mucchio selvaggio", questo è la foto. Li ho sempre collegati così...
Non avrebbe sfigurato in un film di Peckinpah tuo nonno, il che é un gran complimento ;-) Cheers
EliminaEccomi qua, finalmente.
RispondiEliminaLo aspettavo con impazienza.
Uno dei miei film preferiti in assoluto.
Capolavoro, senza se e senza ma.
E' vero, in certi punti appare un po' raffazzonato, e le varie scene non si amalgamano molto bene tra loro, dando una sorta di senso d'incompiutezza.
Ma certe sequenze hanno un impatto e una potenza evocativa senza pari.
Sono davvero uniche. E Peckinpah non arrivera' mai piu' a simili livelli, almeno a parer mio.
Nonostante tutto, fu accolto piuttosto freddamente. Ma la colpa come sospettavo, da come ho letto e da come mi confermi tu, fu da attribuire principalmente ad un lavoro a dir poco infame in fase di montaggio.
Quasi quanto il trattamento riservato al regista.
Per certa gente sembra che gli esami non debbano finire mai. Mentre altri godono di credito e fiducia illimitati.
Una vera ingiustizia.
Ma cosa doveva fare quest'uomo, ancora?
Non aveva ancora dimostrato abbastanza?
No, evidentemente.
Trattato come l'ultimo dei registuxoli da strapazzo.
Interpreti magistrali, a dir poco.
Coburn e' una garanzia. L'ennesima riprova dell'esistenza di un filo rosso che almeno nella mia testa lega indissolubilmente il grande Sam col nostro sor Leone.
Ma la vera sorpresa e' Kristofferson.
Perfetto per il ruolo dello scavezzacollo. E non esiste termine migliore, per definirlo.
Peckinpah sceglie la leggenda, e fa bene. Visto che di solito straccia la realta' cento a zero.
Anzi, spinge ancora di piu' l'acceleratore sul versante della presunta amicizia dei due antagonisti, che erano di conoscenti ma che poi tanto amici non erano.
Un film crepuscolare, elegiaco, dolente e malinconico.
Anche lento, si. Ma che ti cattura e non ti lascia piu'.
E' vero. Garrett ha tradito gli ideali di un tempo per la carriera. Ma ha continuato a coprire e proteggere Billy fino a che ha potuto, arrivando a consigliargli persino una fuga in Messico che forse avrebbe potuto salvarlo.
Lo ha eliminato solo quando non poteva piu' fare altrimenti.
Quando c'era il rischio di perdere la propria credibilita', conquistata con cosi' gran fatica.
Infine, grazie a questo film ho scoperto la VERA "Knockin' on Heaven's Door".
Inevitabilmente sono cresciuto con quella dei Guns.
Ma dopo aver sentito l'originale, con buona pace di Axl e Slash non posso che considerare la loro una meravigliosa cover.
Capolavoro, ripeto.
E gran pezzo, Cass.
Complimenti.
Quasi dimenticavo...
RispondiEliminaKristofferson lo considero uno dei duri dimenticati di Hollywood.
E l'ho scoperto anche come cantautore.
E vi diro'...se la cava davvero mica male, se vi piace il genere.
Ha dei bei numeri anche in campo musicale e canoro.
Comunque, ancora una volta Peckinpah quando e' alle prese coi suoi miti non tradisce.
RispondiEliminaVolevo giusto dire due cenni su Billy, prima di chiudere.
La figura di Billy the Kid, o William Bonney (anche se all'anagrafe figura con altri 4/5 nomi) si inserisce nella guerra del bestiame di Lincoln.
Due erano le fazioni. Una composta da affaristi chiamati Murphy, Dolan e Kinney, spalleggiati da pezzi grossi del governo e che agivano anche per conto di finanzieri e banchieri di ricche citta' dell'est.
Dall'altra parte un consorzio formato da allevatori del posto ovvero Chisum, McSweeny e Tunstall.
In realta' era una guerra senza quartiere tra gente piena di soldi, ambiziosa e senza scrupoli. Che non esitarono a ingaggiare razziatori e tagliagole.
Nella versione romanzata Chisum e i suoi vengono dipinti come i buoni, in genere.
Tunstall fu una sorta di padre putativo per Billy, e il suo assassinio a sangue freddo ne scateno' la furia vendicatrice.
Pare che venne attirato in un finto negoziato, e gli spararono alle spalle subito dopo che aveva consegnato le armi.
In un certo senso fu una lotta fratricida, dato che molti dei combattenti si conoscevano tra loro.
Anche se piu' che altro provenivano dalle stesse bande di criminali.
Ad esempio Jesse Evans, che si batteva per Murphy, era stato il maestro di Billy e gli aveva insegnato a sparare.
La violenza a Lincoln giunse a un livello tale che il governatore propose un'amnistia.
E qui entra in gioco Garrett.
(continua)
Pat Garrett era un personaggio a dir poco romanesco.
RispondiEliminaNon era un criminale, ma prima di giungere li' fece il cacciatore di pellicce, di orsi e il cercatore d'oro.
Persino il barista, e costrui' fuori Lincoln un locale che era una sorta di zona franca dove i gunmen si rifocillavano.
Lui e Billy si conoscevano, e quasi divennero parenti, visto che Billy per qualche tempo frequento' una sua cugina acquisita o qualcosa del genere, dato che Garrett era mezzo impelagato coi messicani.
Fu Billy stesso a spingerlo a diventare sceriffo, dato che lo riteneva una persona di fegato e in grado di pacificare la situazione in citta'.
Lo sceriffo precedente, Brady, era stato ucciso da Billy. Era corrotto, al soldo di Murphy. E implicato nell'esecuzione di Tunstall.
Da li' in poi le cose sia fanno poco chiare.
Arrivo' l'amnistia. Billy la rifiuto', perche' sentiva che cosi' facendo avrebbe tradito la causa. Ma secondo alcune fonti lui non ci rientrava, nel prpvvedimento.
Aveva ucciso molte persone e non gli venne concessa.
Di fatto la diedero a tutti tranne a lui.
Gli allevatori e i commercianti delle due fazioni raggiunsero un'intesa. E il prezzo da pagare per l'accordo era la testa di Billy the Kid.
(continua)
A me ha sempre dato l'impressione del classico tizio che entra in una faccenda non sua, magari per difendere un amico. E che poi continua la battaglia contro ogni buon senso, forse per un mal interpretato senso di lealta' e fratellanza. Per poi, alla fine, ritrovarsi da solo contro tutti.
RispondiEliminaE cosi' fu.
Forse era davvero idealista, romantico e sognatore. O magari solo ignorante, e persino stupido.
Ma come tiratore era micidiale.
Non forse al livello di un Hickock, di un Wyatt Earp o di un Holliday, ma era ferocissimo. E pericolosissimo.
E forse gli piaceva anche, uccidere.
Quando estraeva le colt lasciava solo cadaveri, attorno a se'.
Fu ucciso proprio da Garrett, in un agguato. Evidentemente non si fidava ad affrontarlo a viso aperto.
Garrett, come in una sorta di curioso contrappasso, mori' nel corso di una banale lite tra vaqueros ai confini col Messico (piu' o meno come nel film, anche se le motivazioni sono differenti) . Dopo l'uccisione di Billy trascorse anni di assoluto anonimato, dove non combino' assolutamente nulla da considerarsi degno di nota.
Ironia della sorte, il mito di Billy the Kid dura ancora oggi.
Forse Garrett lo ha battuto. Ma alla lunga distanza, il suo rivale si e' preso la rivincita. Anche se da morto.
Per la cronaca...nello stato del Nuovo Messico Billy the Kid non e' stato ancora riabilitato.
Nonostante ripetute pressioni da parte di comitati di sostenitori che si battono per il recupero della memoria storica (sulla sua figura, in particolare. Pazzesco, ma ha un nutrito stuolo di ammiratori ferventi ancora oggi!), il governo federale non ha intenzione di concedergli l'amnistia postuma.
L'avra', un giorno?
Chissa'.
Kristofferson é un figo, sarebbe bello invecchiare con la sua classe, il suo genere é popolarissimo negli Stati Uniti noi semplicemente lo ignoriamo qui da noi in Italia. Per il resto ti ringrazio molto ;-) Cheers
EliminaCarlo Cracco, i Guns e il Nonno roccia nei commenti. Elementi per rendere unico questo post👍
RispondiEliminaPuò succedere anche questo alla Bara Volante ;-) Cheers!
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