giovedì 12 novembre 2020

L'ultimo buscadero (1972): questo non è il mio primo rodeo

Spero che abbiate portato i vostri stivali migliori perché oggi vi serviranno, ci sarà da sobbalzare parecchio con il nuovo capitolo della rubrica… Sam day Bloody Sam day!

L’abbaiare del suo Cane di paglia fa così tanto rumore da suscitare scalpore, ma Sam Peckinpah è un artista iperattivo e turbolento quanto la sua vita, i suoi film fanno discutere e la sua attitudine ancora di più, proprio per questo solletica la fantasia del pubblico, il cowboy con gli occhiali a specchio, la bandana in testa che lancia coltelli durante le interviste raggiunge una popolarità incredibile, oggi Peckinpah comparirebbe in un episodio dei Simpson (il vero barometro del successo di pubblico), ma siccome nel 1971 la famiglia di Matt Groening ancora non esisteva, Bloody Sam ha avuto un onore ancora maggiore, quello di essere citato dai più grandi comici di sempre, i Monty Python in una puntata del loro Flying Circus, hanno immaginato come sarebbe potuto essere il tipico picnic inglese, se a dirigerlo fosse stato il regista di Fresno: un bagno di sangue che potete ammirare in tutta la sua ironia in Sam Peckinpah’s ‘Salad Days.

Essere passato dai Western ad un film violento, ma contemporaneo come Cane di paglia, ha contribuito ad etichettare ancora di più Peckinpah come il regista della violenza e dei “balletti di sangue”. Ancora impegnato in sala di montaggio per il suo film ambientato in Cornovaglia, Bloody Sam riceve il copione di “Junior Bonner” scritto da Jeb Rosebrook, dal suo solito fidato produttore Daniel Melnick che non ha dovuto attendere troppo la risposta del regista: «Ci sto, giriamolo!».

Non perdiamo tempo, subito in sella con i titoli di testa.

Peckinpah accetta di dirigere il film per due ragioni fondamentali, iniziamo da quella secondaria e di minore interesse. A questo punto della carriera, dopo che un film a cui lui teneva molto come La ballata di Cable Hogue è stato ignorato dai botteghini, Sam desiderava dimostrare a tutti di non essere solo quello dei “balletti di sangue”. Ok, sbrigata la formalità secondaria, passiamo al vero motivo per cui Bloody Sam ha perso la testa per la sceneggiatura di “Junior Bonner”: sembrava la storia della sua famiglia. É stato a pagina sei del copione, dove viene descritta la scena dei bulldozer di Curly che radono al suolo il ranch della famiglia Bonner, che Peckinpah ha tirato su il telefono per confermare la sua disponibilità a Melnick (storia vera).

Le macchine simbolo di una nuova epoca, non portano mai nulla di buono nel cinema di Bloody Sam.

La vita privata del regista andava di pari passo con la sua arte, lo ha sempre fatto, ad esempio in quel periodo Peckinpah si divideva tra la sua giovane fidanzata (l’attrice Joie Gould) e il rapporto di dipendenza professionale e umana con la sua assistente Katy Haber che, ovviamente, risentiva del fascino da strappa mutande del regista di Fresno. Malgrado questo strambo triangolo e una madre malata a Londra, Katy Haber non ci ha messo molto a rispondere alla chiamata di Peckinpah che in un attimo aveva già rimesso insieme la banda: il compositore di fiducia Jerry Fielding alle musiche, il sodale direttore della fotografia Lucien Ballard e due montatori, Robert Wolfe e Frank Santillo, in compenso per il cast è stato ancora più facile.

Se Peckinpah cercava un soggetto meno violento, Steve McQueen era alla ricerca di un film che non fosse la solita trama d’azione in cui tutto il pubblico desiderava vederlo impegnato, inoltre, Steve McQueen e Bloody Sam avevano quasi rischiato di lavorare insieme in “Cincinnati Kid”, prima che il film venisse tolto dalle mani del regista di Fresno, i due si erano frequentati per qualche tempo, si erano annusati e si erano piaciuti come si dice in questi casi, anche perché erano fatti della stessa pasta e poi, ammettiamolo, il regista del momento, quello degli scandali e l’attore più rovente degli anni ’70 nello stesso film, il lavoro più facile della carriera di Melnick.

Una perfetta coppia di vecchi cowboy.

“L'ultimo buscadero” è il titolo che uno strambo Paese a forma di scarpa appioppa a “Junior Bonner”, Steve McQueen non soffriva del nostrano bisogno di vedere attori, comparire in film che riportano il nome del suo personaggio in locandina, nemmeno quando lo fanno davvero come in questo. Per certi versi, “L'ultimo buscadero” suona un po’ più epico e malinconico, quindi non è uno stravolgimento che devasta la percezione del film, inoltre dopo Il mucchio selvaggio è il secondo film di Peckinpah che finisce per ispirare il nome di una rivista di musica italiana (storia vera).

Il film viene girato a Prescott in Arizona il 30 giugno del 1971, le riprese terminarono il 17 agosto dello stesso anno con un solo giorno di ritardo sulla tabella di marcia, ma un milione di fogli verdi con sopra facce di altrettanti ex presidenti defunti oltre il budget stabilito (di due milioni e mezzo) a causa del brevissimo tempo disponibile per la pre produzione, solo cinque settimane, ma malgrado questo? Una crema, pare che tra Sam Peckinpah e Steve McQueen fosse tutto uno scambio di Bro-Fist e cinque alti, la leggenda vuole che il regista abbia anche concesso al Divo di modificare alcune righe di dialogo, vuoi perché la sceneggiatura era “solo” stata riscritta da Peckinpah, ma soprattutto perché McQueen era uno che anziché aggiungere, amava lavorare per sottrazione, la sua politica era semplice: non darmi un dialogo da recitare, dammi un primo piano. Insomma: come due vecchi pistoleri, i due nomi grossi del film si erano proprio trovati.

Anche perché McQueen i primi piani se li giocava così.

Anche perché per Steve McQueen, il personaggio di Junior “JR” Bonner è quasi un’estensione di se stesso: ribelle, senza fissa dimora, idealista, legato ai valori del passato e con l’aria da eroe romantico. Non è un caso se molti considerano la sua prova in questo film una delle sue migliori prestazioni sul grande schermo, in un titolo dove il sangue sullo schermo non basta nemmeno per un cerotto (uno di quelli piccoli), ma il sudore del protagonista, quello non manca.

Junior Bonner è un cowboy da rodeo, ultimo esponente di un mondo ormai al tramonto per tutti, ma non per lui. Poi chiedetevi perché Peckinpah si è innamorato di questo soggetto al volo, non solo McQueen aveva materiale per immedesimarsi, ma anche perché attorno a Bonner ruota tutta la sua famiglia, personaggi così realistici e ben scritti, da sembrare quasi reali, per Peckinpah moltissimo visto che avevano tanto dei componenti della sua famiglia.

La famiglia Bonner (come i Peckinpah) possedeva un enorme ranch in cui sono cresciute entrambe le famiglie, il patriarca di entrambe è carismatico, ma si comporta come un re decaduto, Ace Bonner (un azzeccatissimo Robert Preston) è l’adorato campione dei rodei del passato, un personaggio strampalato che gradisce ancora le belle figliole e sogna di mollare questo mondo ormai tutto meccanizzato e consumista, raggranellare un po’ di soldi e andarsene laggiù in Australia, dove un vecchio cowboy può ancora trovare un po’ della vecchia frontiera, nel film la libertà oltre il confine è rappresentata dal continente australe che qui copre il ruolo di facente funzione dell’amato Messico di Peckinpah.

"Australia? Ma non stiamo mica girando Crocodile Dundee"

Il nostro Junior campa montando cavalli e tori, rigorosamente senza sella, ma anche lui come si dice in questi casi, non è al suo primo rodeo e di certo non ringiovanisce, le cicatrici e gli acciacchi si accumulano a differenza dei soldi messi da parte, sempre troppo pochi anche per contribuire all’impresa australiana paterna, in più Junior ha un conto in sospeso con un toro di nome Sunshine, un bestione grosso come un camion che intelligentemente Peckinpah ci presenza in apertura del film. “L’ultimo Buscadero”, infatti, inizia con un rodeo, pronti via e siamo nell'azione, l’eroe del film finisce subito con il culo a terra, ma ha la testa abbastanza dura da non voler ammettere la verità: quel toro è troppo per lui, il tempo non si può riavvolgere e lui ormai è l’ultimo della sua specie, una sveglia analogica in un mondo che sta diventando sempre più digitale.

"Preferisco salire in groppa ad un toro che continuare a leggere questa infinita premessa di Cassidy"

A questo aggiungiamo il carico da novanta: il fratello Curly Bonner (Joe Don Baker) è l’esatto opposto di Junior, uno che ha capito che il vento è cambiato, infatti sta svendendo il terreno del vecchio ranch di famiglia in tanti piccoli lotti, inoltre per la gioia del fratello ha anche messo su uno spettacolo, basato sul mito della frontiera e sul vecchio Ranch di famiglia, una cafonata per turisti con ragazze in shorts e cappello da Cowboy buono solo per vendere paccottiglia a tema. Curly è il Capitalismo che avanza, la società moderna che divora il mito della frontiera un pezzo alla volta, secondo voi come può andare a finire il tentativo di uno così, di tirare dentro il suo fratellino al suo progetto? Non benissimo, Curly finisce preso a pugni dal testardo fratello: meglio regnare nell'inferno dei Rodei che essere schiavo in un paradiso per cowboy di plastica.

Come svendere il mito della frontiera per quattro spiccioli.

Il Sam Peckinpah di “L’ultimo buscadero” è un predatore nel suo territorio naturale, cavalca la malinconia per la fine della frontiera come un cowboy da rodeo farebbe con un toro, ecco perché la scena della parata del quattro luglio dura così tanto, un modo per portare in scena i tempi andati, proprio come nella scena nel bar (o forse dovrei dire saloon?) che, ovviamente, prevede anche una rissa come da tradizione, “Junior Bonner” è un Western contemporaneo ambientato negli anni ’70 che ha un grande pregio: dura 103 minuti che scivolano via agili grazie alla regia e al montaggio, ma sembra di essere stati nella vita dei personaggi qualcosa come una ventina d’anni, sono tutti così sfaccettati e recitati bene che sembra di conoscerli da sempre, come accade in cui romanzi scritti davvero bene.

Non mi passerebbe nemmeno per l’anticamera del cervello di andare da qualcuno che non ha mai visto un film di Peckinpah dicendogli: «Oh zio, devi troppo vedere “L’ultimo buscadero” a tutti i costi». Un po’ perché io non uso espressioni tipo «Oh zio!», ma soprattutto perché non è il film più rappresentativo della sua filmografia, però è senza ombra di dubbio la pellicola che forse parla meglio dell’uomo Sam Peckinpah, ecco perché la scena dei bulldozer è così importante.

La testardaggine di chi non vuole arrendersi alla fine del proprio tempo.

Junior Bonner torna sul terreno dove sorgeva il ranch di famiglia per fare visita alla madre che ora vive in una roulotte su consiglio di quel furbone di Curly. Arriva giusto in tempo per vedere le macchine portarsi via la vecchia casa di famiglia, Peckinpah dirige la scena utilizzando uno dei suoi caratteristici rallenti perché nella poetica del regista la violenza (che tanto affascina e ripugna gli esseri umani) va guardata così, nel dettaglio, per Peckinpah non c’è nulla di più violento di vedere i bulldozer, braccio armato di cavalli vapore del progresso che avanza, spazzare via i resti di un ranch del tutto identico a quello in cui è cresciuto anche lui, il luogo dove ha mitizzato l’ideale della frontiera americana.

“L’ultimo buscadero” è anche importante per comprendere qualcosa del rapporto di Peckinpah con le donne, nella sua carriera il regista di Fresno è stato etichettato frettolosamente di sessismo (anche per film come Cane di paglia), si potrebbe scrivere un libro solo su questo argomento (vi ho già suggerito il saggio “Se si muovono… Falli secchi!” di David Weddle vero?), ma questo film ci offre uno spunto interessante. Nella vita di Peckinpah le donne sono state fondamentali, anche se spesso considerate oggetto di conquista, un punto di vista datato e da “macho” quanto volete, però portato avanti in tutta la sua vita e nella sua filmografia. Ma in questo film viene aggiunto un tassello importante, la madre del protagonista, Elvira Bonner (l’ottima Ida Lupino) ha un’età e un ruolo che la esula dall’essere un oggetto di conquista, infatti è l’unico personaggio che può permettersi di parlare ad un testone come Junior alla pari, un po’ perché in lei Peckinpah riconosce una abbastanza tosta (proprio come aveva fatto con Susan George, dopo averla strapazzata sul set di Cane di paglia), un po’ perché il personaggio ricorda sua madre, Fern Peckinpah che proprio nel suo ranch ha tirato su tutta la sua famiglia.

Tua madre, che ti guarda ancora come quando rincasavi alle cinque del mattino a quindici anni.

“Junior Bonner” incarna alla perfezione gli eroi testardi e orgogliosamente controcorrente che popolavano il cinema americano degli anni ’70 e che mi sono sempre piaciuti tanto, perché con la testa che mi ritrovo, non posso che patteggiare per personaggi così. Un film malinconico, ma leggero, in cui una vittoria va inseguita per tutta la durata della pellicola, ma non è un grande trionfo che cambierà il mondo del protagonista per sempre, al massimo è un duello reso spettacolare dalla bellissima regia di Peckinpah, ma che resta solo una vittoria personale per Junior contro la sua Moby Dick, il toro Sunshine che, come detto, non rappresenta un trionfo risolutivo, ma solo un modo per procrastinare di un altro giorno l’arrivo della modernità, un testardo atto di follia (perché ci vuole anche quella per decidere di salire in groppa ad un bestione scalciante che pesa una tonnellata) per tenere in vita quel modo di vivere da cowboy che è l’unico che Junior Bonner conosce e che piaceva tanto sia a Peckinpah che a McQueen e se siete qui a leggere, magari anche a voi.

Facciamo un bel brindisi, il vecchio Sam avrebbe apprezzato.

Malgrado la produzione senza troppi intoppi e le tematiche autoriali del regista di Fresno bene in vista, la ABC Pictures con “L’ultimo buscadero” fa lo stesso errore che fece la Warner Bros. con La ballata di Cable Hogue, invece di farlo uscire prima in piccole sale dove avrebbe trovato di sicuro il suo pubblico, sfida il toro della popolarità portata dai nomi di Peckinpah e McQueen distribuendo il film nelle grandi sale del Paese, pubblicizzandolo come il nuovo film d’azione del Divo, una scelta suicida a cui non è servita nemmeno l’opposizione dello stesso McQueen, contrario a questa scelta (storia vera). “L’ultimo buscadero” al pubblico non piace perché non è quello che era stato loro promesso, finisce con il culo a terra e porta a casa poco meno di tre milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, coprendo a malapena le spese.

A questo punto della sua carriera Sam Peckinpah è idolatrato dal pubblico, amato dai critici che riconoscono i tratti dell’autore di razza, ma gli manca nella sua filmografia un titolo in grado di fare soldi al botteghino, il successo di pubblico che porta soldi e con quelli, la possibilità di considerarsi affermati per davvero. Di solito in questi casi sapete cosa si fa? Una rapina che, poi, è proprio quello che farà Peckinpah, una rapina, solo una delle più grandi della storia del cinema. Ma ne parleremo la prossima settimana, sincronizziamo gli orologi, ci vediamo qui tra sette giorni, vi aspetto qui davanti con il motore della Bara Volante acceso, portate il passamontagna.

32 commenti:

  1. Steve McQueen, mamma mia, tanta roba!
    Buon giorno Cass, potrei averlo visto, non ricordo bene, ma qualcosa è rimasto nel subconscio, non tanto da poterne parlare però. Tiri sempre fuori delle sorprese, ma Steve McQueen per me è soprattutto La grande fuga, ogni volta che passa in TV lo rivedo con gioia.

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    1. Buongiorno cara, ecco "La grande fuga" è un "Classido" pronto ad avvenire, devo solo trovare il tempo di scriverne. Ma McQueen ha preso parte a parecchi titoli fondamentali, ne ho almeno un altro in rampa di lancio a breve ;-) Cheers

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  2. Mi è sempre piaciuto tantissimo, aveva un non so che di particolare e qui non intendo solo bellezza...
    Ha fatto diversi bei film, attendo allora. Se riesci a scrivere qualcosa anche su di lui, aneddoti o altro sarà un regalo (sempre se già non ne hai parlato nel caso fammi sapere).

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    1. Facile facile, I magnifici sette ma poi ti direi anche un film dove McQueen NON ha recitato, che però contiene una delle più belle storie di cinema che ruota proprio attorno a McQueen, una delle mie preferite, la trovi in Incontri ravvicinati. Cheers!

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  3. Poi ieri leggendo di Neil Young mi sono fatta un po' di ricerche. Sapevo poco di lui,il fatto che racconti del film parlando nei dettagli della colonna sonora mi sta aprendo un mondo. Ho cercato Harvest Moon di cui parli in A quiet place, poi ho visto un bellissimo video con la traduzione di Philadelphia, ci sono gli spezzoni del finale del film quando lui è bambino, mi è venuto un gran magone... bellissimo! Quella canzone, ma anche il testo di Harvest sono meravigliosi!

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    1. Neil Young ha un modo di scrivere in cui evoca immagini che funzionano anche solo per associazione mentale. “Harvest” è il suo disco più famoso ma a me piace anche tutta la roba degli anni ’90 parliamo di uno che ha attraversato tutto il Rock, ha fatto anche dischi elettronici bellissimi ad esempio ;-) Cheers

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    2. Certo masticare la lingua è un'altra cosa, io cerco sempre la traduzione dei testi. Grazie Cass, mi sto erudendo!!!😁

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    3. Si è un'altra cosa, ma almeno aiuta a migliorare il vocabolario d'Inglese ;-) Cheers

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  4. Sai che non credo di averlo mai visto? O se l'ho visto non sapevo fosse questo film e l'ho dimenticato... Però mi sa che passerò la mano, almeno per il momento.

    Di tutt'altra "pasta" quello di venerdì prossimo: volevano l'azione? Tiè, beccatevi questo! Rivisto alla nausea, uno dei film preferiti di mio nonno.

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    1. Resta un ottimo spaccato di vita dopo la fine della frontiera americana, poi sembra davvero preso dalla vita di Sam Peckinpah, facile capire perché ha voluto dirigerlo al volo. Cheers

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  5. Ecco fatto, un altro titolo di Peckinpah che ignoravo, quindi stasera so già che filmone vedermi! Passo poi a commentare ;-)
    Sai che da quando me l'hai fatto notare ci faccio più caso all'ossessione moderna di dare ai film il nome del protagonista? Se i film di Peckinpah uscissero oggi, si chiamerebbero "Steve Judd", "Amos Dundee" e "David Sumner" :-P

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    1. Oggi ho solo spostato il giorno per motivi di calendario, ma l'abitudine resta la stessa. Sembrerebbero tutto biografie, però di personaggi immaginari ;-) Cheers

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  6. Tu pensa che nemmeno me lo ricordavo, a momenti.
    Sicuramente poco noto, paragonato ad altre sue opere ben più blasonate e d'impatto.
    Ma davvero bello, però.
    E credo sia una di quelle rare occasioni dove il nostro si é ritrovato a lavorare completamente a suo agio.
    Merito senza dubbio del grande Steve.
    I due si trovano e si intendono a meraviglia, e mi si lasci dire che si vede.
    Si vede eccome, accidenti.
    Di solito se un film é riuscito lo si nota dal fatto che scorre via liscio come l'olio. Anche se magari é di genere più intimista.
    E qui lo fa.
    Ma c'é un ulteriore dettaglio. E cioé che i personaggi sono talmente ben riusciti che li vedi e ti sembra di conoscerli da una vita.
    Basta un'occhiata e hai già capito tutto, di loro. Tutto quel che c'é da capire.
    Qui sono interpretati e caratterizzati alla grande, persino nei nomi.
    Da Ace, indice di un glorioso passato da numero uno su cui ancora campa. E poi Junior, che deve fare i conti con la presenza ingombrante di suo padre e della pesantissima eredità che si trascina dietro.
    Abbiamo quindi Curly, che é indice di un'indole furbesca ed approfittatrice.
    Ed infine Elvira, che quasi stona con un mondo antico fatto di nomi presi dritti dalle pagine del vecchio testamento.
    Una donna che magari ha avuto un passato burrascoso, prima di sistemarsi. Ma che dietro all'atteggiamento mite e pacato mostra un carattere forte.
    Tutti bravissimi, non solo McQueen. Che quasi si trova in un ruolo biografico, sotto certi aspetti.
    Spesso spendi la tua intera vita dietro ad una passione. Che magari non era nemmeno tua, ma ti é stata imposta da chi hai accanto perché che tu lo voglia o no sei nato per farla, hai il talento nel sangue e in misura maggiore di chi te l'ha tramandata. Senza contare che c'é la tradizione da mandare avanti.
    Inizi controvoglia, ma poi la fai tua. Però il tempo pasa, e presto ti rendi conto che non riesci nemmeno più a fare l'unica cosa che eri buono di fare.
    Ma non importa. Non per questo molli.
    Alle volte conta anche solo vincere quella dannata sfida in più, e poi...sotto con la prossima, che quando arriva ci si penserà. E magari si supera pure quella.
    Mille volte meglio così, che rendersi ridicolo facendolo per finta.
    E poi c'é il tema della fuga.
    Quante volte ci si pensa?
    Mollare tutto e andare in quella che abbiamo eletto a nostra terra dei sogni. Il posto dove potremo essere finalmente noi stessi, ricominciare da capo e lasciarci il passato alle spalle. e dove la gente ci conoscerà e ci prenderà per come siamo davvero.
    Un posto che magari nemmeno esiste più, oppure non é affatto come lo crediamo noi. Però non smettiamo mai di illuderci.
    Un posto dove "Buongiorno significa davvero buongiorno."
    A conti fatti, un sogno impossibile. Ma non per questo bisogna smettere di provarci.
    Le ruspe ottengono lo stesso effetto choc dell'auto davanti al povero Cable, davvero.
    Beh...non andò benissimo, a quanto leggo. Ma Sam e Steve avranno l'occasione di rifarsi, e prestissimo.
    Gran bel pezzo, Cass.
    Complimenti.

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    1. Ma gran bel commento anche il tuo, complimenti, trascinante!👍🏇

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    2. Grazie capo molto gentile, di solito si dice "film minore", ma ho smesso di crederci in questa etichetta (se mai ci ho creduto) perché alla fine sono i titoli più piccoli quelli dove si vede l'autore vero e questo è il più autobiografico di Peckinpah ;-) Cheers

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    3. Era quello che dicevamo anche nel post su "Cable Hogue", raramente la tecnologia porta qualcosa di buono nei film di Peckinpah. Cheers!

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  7. Steve McQueen ha una filmografia poco all'altezza del suo talento, ma è il più grande attore occidentale di azione, non bisogna contare le sue origini all'Actor's Studio, mica pizza e fichi, quindi era un campione.
    A livello filmico il massimo a cui è giunto tra le opere con lui viste sono film eccellenti, cioè questi :Grande Fuga, Papillon e Getaway, ma zero capolavori, non so come sia recepito presso le nuove generazioni, ma a suo modo spero sia ancora un'icona che non tramontera' mai fino alla fine del genere umano, anche se non ha mai preso parte ad un capolavoro (vedendo i film rifiutati o non andati in porto per un niente come Colazione da Tiffany, Butch Cassidy, Incontri Ravvicinati, Qualcuno Volo' Sopra il nido del cuculo, Il Salario della Paura etc... c'è da mangiarsi le mani).
    Forse Getaway è quello che potrebbe essere candidato a ricevere la promozione a capolavoro, almeno da 4.5/5, il ricordo è ancora più positivo della visione, mi ricordo oltre della sparatoria e del finale, della stupenda scena alla discarica... può un amore rinascere dal letame? Per Peckinpah si.

    L'ultimo Buscadero mi manca, le recensioni sono discrete, ma non esaltanti da parte della critica ufficiale, ma tante volte sbaglia e Sam Peckinpah grossomodo è un regista che ancora deve ricevere una vera e propria rivalutazione estesa.

    Per ora la mia classifica delle pellicole di Peckinpah direi questa :

    - Il Mucchio Selvaggio 5/5
    - Pat Garrett e Blly the Kid 5/5
    - Croce di Ferro 4.5/5
    - Sierra Charriba 4.5/5
    - Getaway 4/5
    - Cane di Paglia 4/5
    - Ballata di Cable Hogue 3.5/5
    - Convoy Trincea d'Asfalto 3.5/5 (si ha dei difetti, tra cui un finale sgangherato quanto campato per aria e manco girato da Peckinpah che stava ridotto male).

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    1. Vuoi un’idea di come viene percepito Steve McQueen dalle nuove generazioni? L’ultimo film di Tarantino C'era una volta a... Hollywood dove è interpretato da Damian Lewis raffigurato in un modo ancora più criminale di Bruce Lee, e già Lee in quel film è ritratto in un modo da prendere a schiaffoni Tarantino.

      Secondo me “Getaway” e “La Grande Fuga” sono dalle parti del capolavoro, “Papillon” un passettino indietro, oh ma avercene di film che sono un passettino indietro così eh? ;-) Per altro me lo sono rivisto da poco sempre potrei anche decidermi a scriverne.

      Ho scelto di fare una rubrica su Peckinpah anche per questo, viene dato per scontato, lui è quello die rallenti e della violenza stop, quando invece ha dato molto di più per storie, personaggi e poi si, anche per il montaggio, dettaglio non secondario. “L'ultimo Buscadero” è uno dei suoi film più personali e ti dirò non sono capace a dare i voti ai film, però la tua classifica mi trova sostanzialmente d’accordo, pensa che io vado matto anche per “Convoy” (ne parleremo), il suo film peggiore è quello che ha girato come tutta la scena finale di “Convoy” ovvero messo più che malissimo, ma parleremo anche di quello ;-) Cheers!

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    2. Convoy nonostante tutti i problemi, è comunque puro Sam Peckinpah, il fatto che non sia riuscito a girare le scene finali per comr era ridotto male, significa che non aveva neanche il controllo della messa in scena (lo giro' Coburn), però quella lunga fila di camion sull'autostrada in notturna, era un'immagine potentissima.
      Fu il più grande incasso della carriera del regista insieme a Getaway, però non ne beneficio' in alcun modo avendo perso totalmente la fiducia dei produttori per come fosse ridotto male. Riguardo il regista di rallenty e violenza, indubbiamente è una sua caratteristica, ma chi lo etichetta così non ha mai capito la profondità del pensiero del regista, né il suo lirismo e il Mucchio Selvaggio, Getaway e Pat Garrett e Billy the Kid ne sono strapieni.

      Si, lasciamo perdere il ritratto che ne fa Tarantino nel suo ultimo film, imbarazzante alla grande.
      Papillon è anche la più grande interpretazione di Steve McQueen, Schaffner non vale Peckinpah, però tra Papillon, Pianeta delle Scimmie (capolavoro) e Patton generale d'acciao (ottimo), il suo lo ha fatto. All'epoca la classe media dei registi aveva un livello molto alto rispetto ad oggi.

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    3. McQueen mi sarebbe piaciuto molto vederlo in qualcuno di quei film scartati... e dire che era portato per le parti romantiche (Love with a propter Stranger, con la bravissima e bellissima Natalie Wood), simbolo che non era un attore solo d'azione (d'altronde all'actor's studio avevi una preparazione completa), in Colazione da Tiffany al posto di Peppard sarebbe stato meglio (infatti Blake Edwards indicò lui come protagonista maschile), ma il rimpianto più grande è non averlo visto in Butch Cassidy tra quelli, un capolavoro ed in coppia con Paul Newman, un film senz'altro migliore rispetto al buon Towering Inferno (però McQueen nel finale ha la battuta profetica sul fatto che un giorno tanta gente morirà in un edificio del genere).
      Peccato per la morte a soli 50 anni.

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    4. Volevo lasciarti due righe al post di Tarantino di cui parli, ma ti scrivo qua perché si riallaccia al tuo dialogo qua sopra.
      Premetto che il film di Tarantino a me è piaciuto tanto, sono riuscita a risalire ai vari personaggi e ai film citati, ho apprezzato molto il finale ma soprattutto quando un regista rende omaggio al cinema che io amo tanto, resto soddisfatta e commossa.
      Lo stesso amore l'ho percepito in Hugo Cabaret che...ci sarebbe da dire tantissimo!

      Ma veniamo a Steve McQueen, e qui la mia memoria pecca, forse perché è passato un anno dalla visione, ma non riesco a ricordare il motivo che citi su di lui da doversi incazzare.
      Ricordo la diatriba su Lee ma nel post del film di Tarantino dici che i parenti di Steve McQueen avrebbero qualcosa da dire, ma non citi il fatto...mi ragguagli? Non lo ricordo per niente.

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    5. *Hugo Cabaret bellissimo!😂

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    6. Perché ho anche un tempo prestabilito per rispondere ai commenti? Sul mio blog? Ogni tanto ho anche delle cosette da fare anche io. Detto questo non esiste un fatto, era una mia battuta. Cheers

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    7. Beh, mi scuso, di solito sei quasi immediato pensavo solo ti fossi dimenticato.
      Come non detto allora.

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    8. È stata una giornata complicata oggi. Cheers!

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  8. Eh no, stavolta Sam non mi ha convinto. Ho capito il messaggio, anche perché era sparato forte e ampiamente ripetuto, ma non sono riuscito a trovare un legame con il protagonista. Potentissima la scena iniziale, si parteggia subito per l'ultimo di una generazione ormai diventata attrazione da circo, tutto a posto, però la storia non mi è arrivata al cuore.
    Il toro non diventa mai "balena bianca", viene citato un paio di volte per puzza e Junior non fa assolutamente nulla per migliorarsi: cosa cambia fra il rodeo che apre il film e quello che lo chiude? Non si è allenato, non ha neanche riflettuto, quindi non ho provato compartecipazione. Il fratello e gli altri del paese hanno fatto di tutto per salvarlo, gli hanno offerto posti di lavoro, occasioni, roba che nessuno ottiene mai, quindi è ancora più ingiustificata la scelta di Junior di sputare in faccia a tutti. Il padre l'ho trovato davvero odioso, come personaggio.
    Il problema non è di Sam, la regia c'è e si sente, ma stavolta la sceneggiatura proprio non mi è piaciuta, non mi è arrivata al cuore.
    P.S.
    Volevo preparare per lunedì la locandina italiana d'annata del film... ma non ne ho trovate! Praticamente il film è uscito sottovoce, in Italia. Mi sa che i distributori non ci hanno creduto manco da noi.

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    1. Junior alla fine corrompe tutti pur di affrontare nuovamente il toro ma nel mezzo non è cambiato nulla, forse il senso è proprio la sua testardaggine di andare in direzione ostinata e contraria, anche nell’ultima scena, ma è più romantico che realistico, riesco a capire perché abbia colpito Peckinpah, il padre considerato da tutti un grande ma mediocre, umano e con i suoi difetti, è proprio come Sam vedeva suo padre, però bisogna dirlo, si vede che è il film che Peckinpah ha riscritto meno di tutti, lasciando la sceneggiatura quasi inalterata. Anche da noi è stato un film invisibile, nemmeno McQueen è bastato. Cheers!

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  9. McQueen è uno di quei personaggi mitici che quando sei piccolo non riesci a comprendere appieno ma apprezzi con l'età e anche informandoti un pò sulla sua vita, che sembra un film più di quanto ha girato sullo schermo. Di lui mi sono sempre piaciute due cose, l'essere un anti-divo per antonomasia, tanto che gli piaceva stare ritirato, lontano da tutti, con la sola compagnia delle amate automobili e magari, ma non necessariamente, di una compagna e la sua passione per il volante e la guida sportiva, cosa che lo accomuna a tanti attori, da Paolo Uomonuovo a Tomino Crociera, ma non so perché la sua mi è sempre sembrata più vera e più viscerale. In ogni caso concordo con Lucius sul fatto che non mi ha mai entusiasmato questa pellicola, anche se devo ammettere che le interpretazioni sono magistrali. L'ho sempre paragonata a Il Cavaliere elettrico con Redford, per il tono malinconico e per il fatto che i protagonisti siano dei "perdenti" che si ostinano a non voler cambiare di fronte a una società di cui sentono di non fare più parte e in questo sono d'accordo con te che questo aspetto è molto anni '70. Domani ultimo giorno di lavoro, sono malinconico anche io questa sera... 👋

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    1. Era un divo ma si comportava all'opposto, in effetti il paragone con "Il Cavaliere elettrico" ci sta tutto ;-) Cheers

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  10. Stranamente del regista preferisco questi titoli compassati e sornioni che riflettono sulla fine di un' era.

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    1. Infatti è un film molto personale e si vede ;-) Cheers

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