venerdì 4 settembre 2020

Red eye (2005): l'aereo con più pazzi a bordo del mondo

Signore e signori vi accolgo a bordo del volo 210 della Bara Volante, le previsioni metereologiche annunciano tempo incerto, ma il film di oggi dovrebbe aiutarvi a non pensarci, buon volo e bentornati a… Craven Road!
La saggezza popolare ricorda che è quando cadi da cavallo che devi subito risalire in sella, per Wes Craven Cursed avrebbe dovuto essere un nuovo enorme successo, ma di fatto è stato un bagno di sangue durato tre lunghi anni di lavoro e fatiche per un film presto dimenticato. Craven ha pagato cari gli straordinari richiesti dai fratelli Weinstein, basta dire che ha dovuto rinunciare alla regia di un film di cui aveva già scritto la sceneggiatura, ovvero “Pulse” (2006) il remake americano dell'horror giapponese del 2001 intitolato Kairo.

Però ricordatevi sempre che zio Wessy aveva la passione di edulcorare le sue interviste, specialmente nelle parti che riguardavano se stesso, quindi non disperatevi per non aver visto il maestro di Cleveland affrontare la moda dei J-Horror che ha imperversato nei primi anni del 2000, il nostro Craven si è consolato subito con un filmetto veloce come un aereo di linea che gli venne proposto, perfetto per leccarsi le ferite dopo i morsi di lupi mannari di Cursed.

“Rachele, un lavoro di tutto riposo, dobbiamo solo prendere un aereo”
“Red Eye” è stato scritto da Carl Ellsworth, uno con una lunga gavetta in molti telefilm anche famosi, qui alle prese con la sua prima sceneggiatura per un lungometraggio, negli anni sarebbero arrivati un altro titolo pseudo Hitchcockiano come “Disturbia” (2007) e i remake di L'ultima casa a sinistra (sotto l’ala protettiva di Craven) e di Alba rossa. Due rifacimenti su cui preferirei non dire altro, perché non è bello vedere un blogger riempire le sue pagine di insulti e parole poco carine da leggere.

Una delle caratteristiche di questo film può passare inosservata, ma ci aiuta a capire il contesto: “Red Eye” ha un solo sceneggiatore accreditato, il solitario Carl Ellsworth, un evento abbastanza raro visto che i film passano attraverso varie fasi produttive. Ma questa era la pellicola di “defaticamento” di Craven dopo tre anni passati a fare a pugni con i lupi mannari Weinstein. Basta dire che durante le riprese del film, zio Wessy è convolato a giuste nozze con la sua terza moglie, la produttrice Iya Labunka, questo giusto per sottolineare quando fossero tutti molto rilassati, malgrado il risultato finale sia un thriller ambientato a 20.000 piedi d’altezza.

“La prossima fermata è la mi… ah no, non sono in pullman”
La leggenda vuole che per la parte dei due combattivi protagonisti, erano stati originariamente pensati Sean Penn e Robin Wright che, di fatto, non avrebbero nemmeno dovuto recitare, visto che il loro tormento matrimonio è stato tranquillo come il volo di questo film, non escludo nemmeno tentativi di accoltellamento usando una penna, ma non mi occupo di gossip, quindi torno a bomba sul film che è stato presto modificato puntando su una coppia di protagonisti più giovani.

Sempre secondo le voci, pare che Cillian Murphy pur di avere il ruolo di Jackson Rippner, sia volato dalla sua Irlanda ad Hollywood due giorni prima del suo matrimonio con Yvonne McGuiness, pur di sostenere il provino. Io credo alle affermazioni degli attori durante la promozione dei loro film, più o meno come credo alle promesse dei politici, ma questo non cambia il fatto che in una manciata di anni Cillian Murphy abbia piazzato il suo fascino androgino in parecchie produzioni, solo nel 2005 lo abbiamo visto nei panni dello Spaventapasseri in Batman Begins per poi trasformarsi in Kitten in quella che resta forse la sua prova più memorabile, ovvero “Breakfast on Pluto”.

“Bel film quello, ero proprio bravo… bravò!”
Rachel McAdams, invece... Beh, devo confessarlo ho un problema tutto mio con Rachele D’adami, ho ben chiara la differenza nella mia testa, ma ogni volta devo prendermi un minuto, pensarci bene e distinguarla da Elizabeth Banks, per qualche oscura ragione, nella mia testa le due attrici sono sovrapponibili, sono nato strambo pago le conseguenze della mia stranezza.

“Red Eye” ha la durata perfetta, 86 minuti compresi i titoli di coda, un ritmo bello tirato dall’inizio alla fine, malgrado l’ultimo atto in cui decide di sbragare completamente. Il risultato è uno di quei film in cui l’autorialità di Craven non emerge quasi per nulla, però il suo mestiere sì, quindi tutto sommato è uno dei quei film in grado di far esclamare a chi era rimasto all’oscuro dell’informazione: «Ah! Questo è un film di Wes Craven?», in tutte le declinazioni possibili di questa frase, bisogna dirlo.

Sembrano fratello e sorella, invece sono avversari per tutta la durata del film.
Cercare il regista di L’ultima casa a sinistra in questo thriller con ambizioni hitchcockiane sarebbe un gioco al massacro, per certi versi “Red Eye” è stato l’ultimo tentativo di Craven di smarcarsi dal genere horror che è quello che lo ha reso famoso, ma che per lui è sempre andato un po’ stretto. Però Wessy, benedetto figliolo, se QUESTO è il tuo modo di affermarti come grande regista (non solo di horror), non sarebbe meglio dirigere ammazzamenti tutti la vita? Anche perché, ammettiamolo, il problema numero uno di Craven è sempre stata la sua capacità di mantenere l’attenzione, a volte anche all'interno dello stesso film sembrava che il professore amante di cinema, lasciasse spazio allo studente distratto dentro di lui, quello che voleva uscire fuori a giocare anzichè seguire la lezione. Il bipolarismo artistico di Craven è quello che lo ha reso una mosca bianca, capace di regalarci capolavori, oppure film assolutamente svogliati, questo era zio Wessy, prendere o lasciare.

Nel film non ci viene assolutamente spiegato, ma “Red Eye” è il soprannome appioppato a quei voli notturni che attraversano gli Stati Uniti, i preferiti dagli uomini d’affari che la mattina dopo possono continuare a lavorare, malgrado gli occhi arrossati come dopo una serata a fumare con Jay e Silent Bob, giusto per citare due vecchi amici di Craven. Proprio un “Red Eye” è il volo da Dallas a Miami che deve prendere Lisa Reisert (Rachele D’adami che non è Elisabetta Banche, me lo devo ricordare), bella e impegnatissima responsabile d’albergo, tornata temporaneamente a casa nel Texas per il funerale dell’anziana nonna.

La fretta è dettata dal grosso cliente che sta per essere nuovamente ospitato nel suo albergo di lusso, un governatore interpretato da Jack Scalia che viaggia con un grosso dogue de bordeaux di nome Tequila la sua famiglia. Di fatto, l’ex televisivo detective Nick Bonetti rappresenta quello che Carl Ellsworth ha capito della tecnica del MacGuffin, dopo aver riletto probabilmente la sua copia di “Il cinema secondo Hitchcock”.

“Ero così felice, solo io e Tequila il cane, guarda come mi sono ridotto…”, “Cos'hai detto caro?”, “Niente tesoro, arrivo!”
Un gruppo di terroristi vuole far fuori Jack Scalia per non ben precisati motivi politici (oppure perché non sopportavano “Tequila & Bonetti”, ai fini della storia è lo stesso), per farlo serve che il politico alloggi in una stanza in particolare dell’albergo, per questo è necessario avere il pieno controllo su colei che decide l’assegnazione delle camere, ecco perché Lisa viene avvicinata in aeroporto da un’affascinante sconosciuto fatto a forma di Cillian Murphy in modo da essere sicuri che il piano vada a buon fine…

…che poi sarebbe un po’ come se io pagassi un assassino professionista per tenere in ostaggio la famiglia dell’autista del bus che prendo tutti i giorni, per assicurarmi di arrivare in orario al lavoro tutte le mattine. Considerando i ritardi biblici che mi fa fare l’uomo soprannominato “Capitan Lento”, potrei anche farlo, ma mi sembra un modo inutilmente complicato per risolvere una situazione: vuoi uccidere un politico che per certo alloggerà in un albergo, se sei un terrorista fai saltare tutto l’albergo, se sei uno sceneggiatore che crede di aver capito i meccanismi del cinema di Hitchcock scrivi “Red Eye”.

This is not a love song (cit.)
Tutta la prima parte del film è molto riuscita, Cillian Murphy è semplicemente perfetto nel ruolo bipolare dello straniero affascinante e un attimo dopo, del maniaco sempre un passo avanti alla sua vittima, non voglio nemmeno pensare alle varie affermazioni di zio Wessy per cui questo film per lui, più che una metafora sul terrorismo è una lotta tra sessi, vi ho già detto che non bisogna credere alle interviste rilasciate in fase di promozione di un film, tanto meno a quelle di Craven che, però, a (tante) parole qui fa seguire i fatti, perché “Red Eye” malgrado le tante ingenuità (l’assassino si chiama (Jack Rippner… sul serio? Jack lo squartatore? Eddaì Ellsworth fai il bravo!) diventa un thriller teso in cui ogni elemento conta.

"Jack Rippner? Che genitori bastardi che hai avuto!"
Che sia un messaggio d’aiuto nella pagina di un libro, oppure la penna con cui lo si è scritto, “Red Eye” tiene conto di tutti gli elementi della sua storia (quelli circoscritti allo spazio ristretto di un volo di linea) e se Rachel McAdams incarna alla perfezione l’eroina Craveniana classica, Cilliano Birrascura si carica il film sulle spalle.

Avete presente quei film in cui si finisce per tifare per i protagonisti odiando il cattivo, sempre avanti di due mosse? Ecco, “Red Eye” è quel tipo di film, Wes Craven riesce ad utilizzare tutto il suo mestiere per tenere alta la tensione e il ritmo, finché tutto si svolge a bordo dell’aereo il film fila, poi, però, per concludere la trama Carl Ellsworth capisce che la sua storia deve toccare terra, quindi la premessa del thriller tutto ambientato a bordo di un aereo (oppure all'interno di una cabina del telefono, come nel caso di “In linea con l’assassino” del 2002) tradisce la sua premessa e qui il professore Craven, lascia posto in cabina di pilotaggio regia allo studente Wes che vuole uscire fuori a giocare.

“Bom… speriamo che nessuno del personale di volo sia Polacco
La confessione di Lisa è il momento in cui il personaggio decide di smettere di essere una vittima, con qualche revisione in più alla sceneggiatura, forse, non sarebbe stato un momento così “verboso” della storia, ma si sarebbe potuto far arrivare il personaggio (e noi spettatori) allo stesso punto d’arrivo, magari con qualche flashback o con un tipo di narrazione più visiva, ma “Red Eye” è il titolo “defaticante” di Wes Craven, quindi va bene così, minimo sindacale, tanto mestiere, palla lunga a Cillian Murphy e pedalare.

Dritto, rovescio, dritto, rovescio…
La parte finale del film si gioca tutte le trovate più assurde: il piano dei terroristi da MacGuffin un po’ scemo (ed eccessivamente articolato) ci viene mostrato con dovizia di dettagli ed esplosioni, tanto da farti pensare che lo sceneggiatore a questa soluzione astrusa ci credeva per davvero. Inoltre, il thriller con aspirazioni hitchcockiane cala la maschera e nel finale si conferma essere un altro slasher nella carriera di Wes Craven, con la “Final girl” inseguita e lo scontro nella casa in fase di restauro del padre di Lisa (Brian Cox nel solito ruolo da caratterista di lusso) che non è tanto diverso dalla finta Woodsboro ricreata sul set di Stab 3, oppure dalla cameretta di Nancy. Anzi, guardando il film, viene proprio da immaginare  che mentre Lisa corre in una direzione inseguita da Jack, dall'altra possa spuntare Sidney inseguita da Ghostface.

Bisogna dire che la vena umoristica di Craven s'intravede anche qui, se Scream era stato girato come una parodia degli Slasher, trovo azzeccata la scelta di prendersi gioco di Jackson Rippner che colpito da Lisa alla gola al grido di: "La penna è davvero più potente della spada?" (cit.) si trasforma in una grottesca caricatura del solito assassino silente degli Slasher, ormai non è più chiaro, però, se si tratti di Ghostface senza la maschera, oppure dell’assassino di “Scary Movie”, questo lo lascio decidere a voi, ma l’intento di umiliare quello che fino a pochi minuti prima era lo spauracchio da temere è una mossa piuttosto chiara, anche se messa su da Craven che a questo punto del film aveva già sbracato.

Muto, come vuole la tradizione degli assassini Slasher.
Che, poi, è una sua mossa abbastanza comune, in fondo anche Il serpente e l’arcobaleno terminava con una scena decisamente più caciarona rispetto alla concentrazione sfoggiata durante tutta la durata del film, solo che “Red Eye” non ha certo le tematiche, la vena autoriale e il livello di ispirazione del film di zombie di Craven, è il classico titolo minore che se becchi iniziato in tv magari guardi per una mezz’oretta, quello che ti fa affermare: «Ah! Questo è un film di Wes Craven?», nel bene e nel male, perché grazie alla gestione dello spazio e al mestiere di zio Wessy, il film si lascia ancora vedere, anche se l’atmosfera e la voglia di qualcosa di leggero e “facile” dopo Cursed è piuttosto evidente.

Certo, poi bisogna fare i conti con il perverso umorismo da Stregatto psicotico di Wes Craven, quello per cui la sua idea di film per rilassarsi è un thriller che confermerà a tutti quelli che hanno paura di prendere un aereo, quanto sia bello muoversi sulla terra ferma. Alla fine, a zio Wessy si voleva bene anche per questo, in fondo, “Red Eye” comincia con un potenziale da commedia romantica e finisce come uno Slasher. Se avessero trovato una cura per la bipolarità artistica di Craven, beh, non sarebbe stato Wes Craven!

La prossima settimana, invece, affronteremo un altro capitolo delle strambe trovate di zio Wessy, non ho la più pallida idea di come farò a tirare fuori un post sensato dal suo prossimo titolo, ma vedrò di inventarmi qualcosa, ci rivediamo tra sette giorni!

26 commenti:

  1. Ah! "Captain Slow", alias James May. Se la citazione è voluta, cinque altissimo per te Capo (sto fremendo per il nuovo speciale in Madagascar e per la nuova stagione fatta solo di "puntate speciali". Se sono tutte come quella in Mongolia sarà tantissima roba!), altrimenti... Peccato!

    Questo film lo vidi per la prima volta a noleggio attratto dal cast e senza sapere che fosse un film di Craven. Lo scoprii solo leggendo i titoli! Ammetto però che, pur essendo un film minore di Wes, non mi dispiacque. Anche il finale, seppur decisamente al di sotto delle aspettative, non è male. Certo, cambia completamente registro rispetto ai primi trequarti di film claustrofobici e tesi. Probabilmente chiudere in modo convincente la pellicola restando chiusi in cabina era dura. Difficile trovare soluzioni convincenti e si è preferito far scendere tutti nella classica resa dei conti. Però potevano pure trovare qualcosa di meglio visto che il cambio di stanza per ammazzare Bonetti è na c@zzata, sopratutto pensando a come volevano farlo fuori. Mah!

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    1. Di fatto è un complimento paragonarlo a James May per come guida, però il nome era troppo azzeccato quindi ricambio il cinque alto ;-) MI confermi anche tu che questo è il classico caso di: «Ah! Questo è un film di Wes Craven?».
      Il piano per ammazzare Bonetti è inutilmente complicato, un espediente per far cominciare la trama, pensa che oggi i film ambientati in una sola location sono la normalità per tenere bassi i costi ;-) Cheers!

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  2. bel film- mi piaque molto.

    certo l'idea di wright pen come protagonisti............


    rdm

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    1. Sarebbero stati ottimi, ma loro erano già impegnato a scannarsi nella vita reale ;-) Cheers

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  3. Tu sei troppo buon con questo film decisamente mal riuscito. Poi, almeno per me, il fatto che porti la firma di Craven equivale a una doppia delusione, visto lo sgangherato risultato finale. Visto due volte e dimenticato.

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    1. Le premesse sono atroci, ma la parte in volo beh... non vorrei scrivere vola, ma almeno fila molto bene, non me la sento di essere cattivo con un film così, anche se ha i suoi clamorosi difettoni. Cheers!

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  4. Aspetta! Questo lo voglio vedere, torno a leggerti dopo che ci riesco!

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    1. Sembri uno che deve prendere un aereo ;-) Ci vediamo più tardi allora... buon volo! Cheers

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  5. Beh dai, non dispiace affatto, e poi i primi film di Rachel McAdams non si dimenticano ;)

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    1. Lo penso anche io Rachele D'adami si lascia sempre guardare ;-) Cheers

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  6. Non ricordavo questo film finché non ho letto il post, e più leggevo più mi ricordavo d'averlo visto, beccato per puro caso chissà quando. Ricordi vaghi, sfumati, magari l'ho visto all'epoca e dimenticato. Per curiosità vado a consultare l'Archivio Etrusco... ed esce fuori che l'ho visto l'ottobre scorso! Neanche un anno fa! Come ho fatto a dimenticarlo così velocemente e a ritenerlo un film visto secoli fa? Possibile sia diventato così impermeabile al povero Wes?
    Comunque all'inferno c'è un girone appositamente dedicato agli autisti di autobus. Li fanno salire su un pullman per il Paradiso che però non arriva mai :-D

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    1. Mi sembra la tortura giusta, l'autista potrebbe essere Freddy Krueger ;-) A me fa lo stesso effetto "Cursed" si vede che in quel periodo Craven stava mettendo a punto la formula dell'invisibilità cinematografica, o per lo meno nei neuroni degli spettatori ;-) Cheers

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  7. E' sicuramente uno dei film con il teaser trailer più atipico e fuorviante che abbia mai visto.
    Parte con quella che sembra una chiacchierata tra due sconosciuti che si incontrano per puro caso, poi si scopre che lui non é affatto lì per puro caso e...si chiude con dissolvenza in nero sul ghigno diabolico del cattivo, e l'occhio che gli diventa rosso.
    Forse per via che lo dirigeva lo zo Wes...fatto sta che lo spacciarono per un horror, a momenti. E pure io l'ho ritenuto tale. Poi, informandomi meglio...
    Continuo a pensare che visto che nelle mani giuste lo era già, con Craven, a voler fare un horror vero e proprio poteva uscire un film coi fiocchi.
    Il soggetto era perfetto. Potevano fare qualunque cosa. Da un demone che sale a bordo degli aerei per divorarne tutti gli occupanti e farlo precipitare, al serial - killer che sceglie una vittima a caso tra i passeggeri e la uccide a fine volo, quando si scende.
    Del resto per fare un horror non é che siano in dispensabili mostri e creature soprannaturali.
    Basta anche piazzare il o la protagonista in quella che per lui o lei rappresenta la peggior situazione possibile.
    La peggior circostanza in cui potrebbe venirsi a trovare, e apparentemente senza fornirgli alcuna via di uscita.
    Un incubo ad occhi aperti. Dove non ci si può svegliare.
    E invece hanno optato per un thriller. Per giunta dalla trama piuttosto pretestuosa.
    MOLTO pretestuosa.
    PURE TROPPO, per parafrasare una celebre battuta.
    Dai, tutto sommato non é malaccio. La tensione e la suspence tutto sommato ci sono, e Murphy é luciferino quanto basta.
    Peccato che lo zio Wes non tiene voglia, stavolta. Si piglia una vacanzina da sé stesso e mette in funzione il regista automatico.
    Senza infamia e senza lode.
    Non male, ripeto. Ma resta l'impressione di una grossissima occasione sprecata.
    Non ricordo onestamente cosa abbia fatto dopo questo.
    Dici che é il caso di richiamare in servizio il mitico duo Evaristo ed Ernesto?

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    1. Loro due sono già impegnati, ma con zio Wessy hanno già dato, anche perché battere il titolo su cui si sono esibiti è anche dura ;-) Questo sembra una commedia romantica che poi svolta e termina come uno degli "Scream", il bipolarismo di Craven è sempre in agguato. Cheers

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  8. «Ah! Questo è un film di Wes Craven?» a parte gli scherzi, lo scopro ora; cmq io il film lo ricordo come un trillerone di più che discreta fattura, complice anche un Cillian Murphy che fa paurissima (a parte il ruolo, proprio lui,per me ha sempre avuto una faccia da sociopatico come nessuno mai...poi magari fa volontariato alla Caritas, va a sapere...)

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    1. Cilliano è incredibile, riesce ad essere androgino e strappa mutande in parti uguali, può con lo stesso paio di occhi risultare atterrito oppure terrorizzante ("28 giorni dopo" a titolo di esempio). Insomma una vera rarità umanoide. Cheers

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  9. Non è sicuramente tra i lavori migliori di Wes, ma è un film che non annoia.
    Molto strano comunque vedere Cilian non indossare i panni di Shelby, ormai viene naturale immaginarlo sempre con quegli abiti, anche quando si parla di film del passato.
    Roba che manco Tenet. :-P

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    1. Ci sarà sempre un punto del tempo in cui lui è uno Shelby, lo sarà per sempre ;-) Cheers

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  10. Anche io non avevo fatto caso che questo film fosse una creatura di zio Wess, ma dopo il tuo bel post "decostruttivo" ho notato tante cose che mi erano sfuggite alla prima (e unica) visione, tra le quali il combattimento in cameretta che avrebbe dovuto farmi suonare un campanello nella testa. In ogni caso mi ha sempre fatto sangue la bella Rachele ed è una delle ragioni per cui ho visto questo film, che, effettivamente, di horror, ha pochino. Anche di Jack Scalia sono un grande fan, soprattutto per la serie TV Guardia del Corpo, che mi piaceva parecchio. Del buon Cilliano solo elogi, peccato che abbia esagerato con la chirurgia estetica, perdendo negli anni un pò di capacità espressiva. Comunque ci sta che lo zio Wess si fosse preso un pò di relax dopo il casino di Cursed. Non è per forza che si debba sfornare sempre un blockbuster, ci sta un filmetto leggero e minore ogni tanto, utile per ricaricare le batterie e ripartire alla grande. 👋

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    1. Non mi pare di aver notato la chirurgia estetica, sarà che ha sempre avuto una faccia così particolare anche prima, in ogni caso in "Peaky Blinders" è tutto tranne che poco espressivo ;-) Cheers

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    2. Non è che ci faccia molto caso a chi si è rifatto, onestamente me lo ha segnalato mia moglie che è una sua grande fan e devo ammettere che qualcosa di diverso lo ha, magari, però, è solo invecchiato meglio di me! Di Peaky Blinders ne ho sentito parlare tanto ma non sono ancora riuscito a trovare il tempo di vederlo... 👋

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    3. Proverò a farci caso ora che me lo hai fatto notare, mentre aspetto la prossima stagione di "Peaky Blinders". Cheers!

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    4. Non credo proprio che si sia fatto interventi di chirurgia estetica! Semplicemente ha più anni di prima e ha perso un po' dell'infantile, ma è pure meglio di prima. E poi, se non è espressivo lui, chi lo è?

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    5. Sono totalmente d'accordo, tutto mi sembra tranne che rifatto e poco espressivo ;-) Cheers

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  11. Visto sabato scorso nel corso di una mia rassegna personale su Rachel McAdams (che adoro per bellezza, per recitazione - uno dei pochi motivi per cui vale la pena vedere "True detective - stagione 2" - e non da ultimo per il suo impegno in tematiche ambientali).
    Thriller compatto, che purtroppo si guasta nel finale, diciamo da quando arriva la "pugnalata" alla gola, perché lì succede un po' troppo, con un effetto quasi ridicolo in barba alla tensione del momento che dovrebbe essere all'apice, inclusa la battuta "Ecco dov'era finita la mia penna!"
    La tua recensione mi spiega il titolo del film, comunque a me Jackson ha dato da subito l'idea del maniaco assassino, altro che bipolare (alla vigilia della visione sapevo soltanto trattarsi di un thriller ad alta quota): i veri maniaci del resto non lo sono h24, ogni tanto si "riposano", direi, no? ;-)

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    1. Prego figurati, sono qui per questo, penso che si riposino ed in effetti Rachele D'Adami merita, buona rassegna ;-) Cheers

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