Lo sapete, non sono mai stato un accanito videogiocatore,
ad esclusione di NBA Live e beh, delle avventure grafiche della LucasArts,
quando ancora si chiamava Lucasfilm Games. Però non posso proprio perdere l’occasione
per festeggiare i primi trent’anni di un classico, a mani basse il mio
videogioco preferito di sempre: The Secret of Monkey Island.
Quando nel 2003 uscì al cinema “La maledizione della
prima luna” di Gore Verbinski, la Disney si prodigò a sottolineare che il film
era ispirato alla celebre attrazione piratesca presente da decenni nei loro
parchi a tema. Strano, perché ad una prima occhiata a me era sembrata la storia
di un giovane in cerca di avventure, che insieme a pirati piuttosto ironici,
salpava per andare a salvare la figlia del governatore, da un pirata fantasma.
Saranno le due trame che sono identiche, oppure io ho passato troppe ore della
mia vita sull'isola di Mêlée e vedo Guybrush Threepwood ovunque? Mi affido solo
ai dati certi, quelli che posso confermare e quindi diciamo che è colpa di
tutte quelle ore, molte delle quali necessarie per far caricare i cinque floppy
disk, necessari a giocare a “The Secret of Monkey Island” sul mio vecchio Amiga.
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Se guardando questa immagine state pensando “Nel profondo dei Caraibi, l'isola di Mêlée...”, sappiate che vi voglio un po’ bene. |
Di sicuro chi non ha mai nascosto di essersi ispirato
alla celebre giostra di Disneyworld è stato Ron Gilbert, il creatore della
serie, anche se “The Secret of Monkey Island” si è nutrito di spunti pescati
dal romanzo “Mari stregati” (1987) di Tim Powers, ma anche da tanti vecchi film
pirateschi in bianco e nero. Ma Ron Gilbert ha fatto molto più di questo, il
suo nome è leggenda tra gli appassionati di avventure grafiche.
Insieme al socio Gary Winnick, Ron Gilbert ci ha regalato
un altro classico come “Maniac Mansion” (1985), un gioco rivoluzionario che
fece fare un salto in avanti alle vecchie avventure testuali, quelle composte
quasi interamente da testo da leggere e imparare a memoria, perché l’unico modo per interagire con un computer,
era digitando come matti sulla tastiera. La prima novità portata da Gilbert è
stata quella di introdurre una lista di verbi e azioni, che cliccati con il
mouse potevano fare compiere alcuni gesti e movimenti ai personaggi sullo
schermo, ma questo è stato solo l’inizio.
Quello che Ron Gilbert non sopportava delle vecchie avventure grafiche era la possibilità di “morire” nel corso della storia, costringendo il giocatore a ricominciare tutto da capo. Forte del successo di “Maniac Mansion” Gilbert poté finalmente dedicarsi al suo capolavoro, sfruttando il motore SCUMM come base del successo del gioco, veniva citato in almeno una gag ricorrente anche in “The Secret of Monkey Island”.
Quello che Ron Gilbert non sopportava delle vecchie avventure grafiche era la possibilità di “morire” nel corso della storia, costringendo il giocatore a ricominciare tutto da capo. Forte del successo di “Maniac Mansion” Gilbert poté finalmente dedicarsi al suo capolavoro, sfruttando il motore SCUMM come base del successo del gioco, veniva citato in almeno una gag ricorrente anche in “The Secret of Monkey Island”.
Gilbert, figlio di un astrofisico, é cresciuto con la
passione per il cinema e i primi videogiochi, da ragazzo passava il tempo con i
regali ricevuti dai genitori, una macchina da presa Super8 e un Atari 2600 a
ben guardare, entrambi fondamentali per la riuscita di “Monkey Island” che di
fatto è un videogioco, ma ha tutte le caratteristiche proprio di un film, per
altro uno di quelli veramente belli e al suo intero, con tutti quei dialoghi da
leggere sullo schermo, portava avanti la tradizione di un’altra mia passione
infantile, quella dei Librogame. Infatti “The Secret of Monkey Island” si
ricorda per l’ambientazione, per l’incredibile atmosfera, ma soprattutto per i
suoi dialoghi brillanti e ammettiamolo, davvero spassosi.
Ron Gilbert come dicevamo, non sopportava quelle vecchie
avventure testuali dove il protagonista poteva morire e di fatto in tutta “The
Secret of Monkey Island”, solo in un passaggio Guybrush Threepwood corre davvero
questo rischio, se non siete abbastanza svelti a risolvere il brillante enigma
sottomarino del totem, anche se il suo prodigioso talento di poter trattenere
il fiato per ben dieci minuti, resta un tempo più che sufficiente per capire la
spassosa soluzione. Il massimo che poteva accadere giocando a “Monkey Island”
era di restare bloccati su qualche enigma, ma comunque liberi di gironzolare
prima per l’isola di Mêlée e poi per quella delle scimmie del titolo, anche
questo era parte dell’enorme fascino di questo gioco. Si perché “The Secret of
Monkey Island” permetteva a qualunque giocatore di assecondare una fantasia
infantile molto comune, quella di voler essere un pirata!
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L'importanza di chiamarsi |
«Mi chiamo Guybrush Threepwood e voglio diventare un
pirata!», così facciamo la conoscenza del protagonista, un ragazzo
normalissimo con la sua camicia bianca (e la battuta sulle giacche di pelle da
vendere) che con i suoi modi educati sembra tutto, tranne che un temibile
pirata. Per diventarlo dovrà superare le tre prove assegnategli dai "pirati
dall'aspetto importante": sconfiggere in duello il maestro di spada
dell'isola, rubare l'idolo dalle molte mani dalla villa della governatrice
Elaine Marley e trovare un tesoro nascosto. A ben guardare tre prove che da
giocatori, eravamo liberi di superare nell’ordine che ci veniva più comodo,
girovagando in lungo e in largo sull’isola facendo la conoscenza di una serie
di individui loschi ma caratteristici. Come Otis con la sua tremenda alitosi
oppure Stan, il venditore di navi usate, dalla giacca dai colori impossibili e
le mani sempre intente a gesticolare.
“The Secret of Monkey Island” per quello che mi riguarda,
resta uno dei ricordi più felici della mia infanzia, mi basta sentire il bit
del tema musicale che usciva dal mio
Amiga, per sentirmi come tornare a casa. Il gioco di Ron Gilbert ricreava alla
perfezione le atmosfere dei mari dei Caraibi e poi era automatico continuare a
giocare ai pirati, con il mio galeone della Lego, mi ero anche costruttivo un personaggio
prediletto, che ovviamente era un giovane pirata (storia vera). Mica solo Gore
Verbinski non si è mai ripreso da questo videogames eh!?
Nel corso della storia Guybrush Threepwood finirà per
innamorarsi della bella governatrice dell’Isola Elaine, e dovrà correre a salvarla
dalle grinfie del temibile pirata fantasma LeChuck, anche lui innamorato della
donna e fermamente convinto a sposarla. In aiuto di Guybrush solo i poteri di
Lady Voodoo e la nostra capacità di risolvere i vari enigmi a partire da quello
del nome del protagonista, che merita un paragrafo a parte.
Le ore di lavoro necessarie a programmare un videogioco
come “The Secret of Monkey Island”, con la tecnologia disponibile a fine anni ’80,
non saranno state sicuramente poche, Ron Gilbert e soci le riempivano quasi
tutte con costanti scambi di battute, molte delle quali finite poi ad
arricchire gli incredibili dialoghi del gioco. Lo stesso nome del protagonista
è stato frutto di questo ambiente di lavoro particolarmente frizzante e giocoso
(per non dire goliardico). Gli animatori della Lucasfilm Games utilizzavano Deluxe
Paint, per creare la grafica del gioco un pixel alla volta, questo programma
salvava i file in formato .brush e in assenza di un nome ufficiale, per il file del
protagonista, Steve Purcell, uno degli sceneggiatori della storia, suggerì di
chiamare il personaggio principale con il nome del file con cui era stato
salvato, ovvero Guy.brush in cui “Guy” stava per ragazzo (storia vera). Non ho
mai trovato informazioni sull'origine del cognome Threepwood, ma immagino che
con un nome così ci volesse un cognome all'altezza!
A bene pensarsi però, proprio il nome Guybrush Threepwood
è perfetto per calarci nello spirito di un gioco come “The Secret of Monkey
Island”, dove l’ironia la fa da padrone. Tutto il videogioco sembra un’enorme
parodia di un vecchio film di pirati, come tutte le parodie deve conoscere e
trattare con enorme rispetto il materiale originale, per trovare un modo
davvero efficace di scherzarci sopra in modo spiritoso. “Monkey Island” ci
riesce benissimo e con la sua combinazione di ironia, pirati e ovviamente…
SIMMIE! Non poteva non conquistarsi un posto d’onore tra i miei giochi del
cuore.
Se Roger Rabbit sosteneva che a volte l’umorismo è la sola arma che ti resta, “The Secret of Monkey Island” abbracciava questa massima totalmente, in molti casi l’unico modo per risolvere gli enigmi del gioco, era optare per la soluzione più ironica possibile, dimostrando di aver capito il tipo di umorismo a tratti surreale presente nel DNA della storia. Ecco perché per sbloccare l’accesso all’enorme testa di scimmia, l’unico modo era utilizzare un cotton fioc delle stesse dimensioni, oppure perché anche un oggetto assurdo come un pollo di gomma con dentro una carrucola, poteva salvarti la vita se utilizzato al momento giusto.
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Più che una ciurma di pirati sembrano villeggianti in crociera. |
Se Roger Rabbit sosteneva che a volte l’umorismo è la sola arma che ti resta, “The Secret of Monkey Island” abbracciava questa massima totalmente, in molti casi l’unico modo per risolvere gli enigmi del gioco, era optare per la soluzione più ironica possibile, dimostrando di aver capito il tipo di umorismo a tratti surreale presente nel DNA della storia. Ecco perché per sbloccare l’accesso all’enorme testa di scimmia, l’unico modo era utilizzare un cotton fioc delle stesse dimensioni, oppure perché anche un oggetto assurdo come un pollo di gomma con dentro una carrucola, poteva salvarti la vita se utilizzato al momento giusto.
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Per una testa di scimmia grande, ci vuole un cotton fioc grande! |
Ora può sembrare la preistoria dell’era dei videogiochi,
anzi sicuramente lo era, ma la possibilità offerta dal motore SCUMM di far comparire
righe di testo sopra la testa dei personaggi, era proprio il tipo di
innovazione che Ron Gilbert e soci hanno saputo utilizzare in maniera creativa.
Davanti ai videogiochi moderni ultra avanzati, l’idea di dover leggere nella
propria testa i dialoghi è qualcosa di ormai totalmente fuori moda, ma il tipo
di umorismo che ha reso “The Secret of Monkey Island” un capolavoro ancora così
amato oggi, a trent’anni dalla sua uscita è proprio questo.
Quelle battute era pensate per essere lette, un tipo di
umorismo testuale, pieno di rimandi e strizzate d’occhio ironiche, che non
avrebbe funzionato altrettanto bene se doppiato, infatti per sentire le voci
dei personaggi, abbiamo dovuto aspettare fino al terzo capitolo “The Curse of
Monkey Island”, del 1997, un gioco molto bello, anche migliore del successivo “Escape
from Monkey Island” (2000), ma nessuno dei due sono stati curati da Ron Gilbert, che nel
frattempo aveva lasciato la LucasArts, facendo ancora in tempo però a regalarci l’altrettanto
geniale “Monkey Island 2: LeChuck's Revenge” (1991).
I primi due capitolo di “Moneky Island” avevano un
fascino tutto loro dettato anche dal “sentire” nella tua testa di
lettore/giocatore, le voci e le battute dei personaggi, un gusto ormai retrò
che però allora, sembrava davvero qualcosa di grande. Ad ogni trovata comica il
dubbio era se sbellicarsi dal ridere, oppure gioire per il nuovo enigma risolto
e di conseguenza, per la possibilità di poter esplorare un’altra fetta di quel
piratesco mondo di Pixel, che era così bello da poter essere già pronto per
diventare un film (come devono aver pensato alla Disney, ma non badate alle mie
illazioni maligne), anche se la sua vera natura era proprio quella, il passo
successivo della avventure testuali, un po’ Librogame sui pirati e un po’ parodia
piratesca con colonna sonora cinematografica.
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Parlare con le donne, può essere difficile anche per i personaggi dei videogiochi. |
Offrendo comunque la possibilità di girovagare e volendo,
anche di rispondere male ad alcuni dialoghi (con effetti spesso esilaranti), “The
Secret of Monkey Island” ha saputo aggirare perfettamente anche la staticità tipica
dell’avventure grafiche, senza rinunciare mai alla sua vera natura. Forse il
passaggio del gioco più lungo e faticoso, quello che richiedeva più tempo e
abnegazione anche la seconda e la terza volta in cui da giocatori, volevamo
ripercorrere l’avventura di Guybrush, era di sicuro la lunga gavetta necessaria
per poter battere il maestro di spada.
I duelli con la spada coincidevano con la tua capacità di
far andare la lingua, perché chi ha giocato a questo gioco sa che chiunque
potrebbe agitare una lama affilata nel tentativo di portare via un pezzo di
corpo dall’avversario, ma solo chi conosce le parole giuste potrà vincere
davvero. Di conseguenza i duelli di spada erano prima di tutto, delle gare di
insulti! L’unica impacciata frase con cui Guybrush sa rispondere all’inizio
della sua gavetta è la leggendaria «Io sono la gomma e tu la colla!», per altro, frase che
ho usato più di una volta nella mia vita per spiazzare alcuni interlocutori.
Storia vera. Da qui in poi il suo bagaglio di frasi e risposte smargiasse cresceva con il numero di scontri, ma stava a noi giocatori azzeccare quella
giusta, perché va bene agitare la spada, ma MAI restare senza la battuta
pronta, una gran lezione di vita che abbiamo imparato nella porzione di gioco
più ripetitiva di “Monkey Island”, ma non per questo meno spassosa.
La stessa conclusione di “The Secret of Monkey Island”
con lo scontro finale con il temibile pirata fantasma LeChuck, richiedeva di
lasciarsi andare all’ironia completamente, la degna conclusione di una storia
brillante, che richiedeva al giocatore di pensare molto spesso fuori dalla
scatola, esattamente come accadeva nell’altrettanto notevole seguito di “Monkey
Island”, sempre firmato da Ron Gilbert, ma questa è un’altra storia.
A dirla davvero tutta, a trent’anni dalla sua uscita e
dopo innumerevoli ore passate a giocarci, non ho ancora capito quale fosse
questo misterioso segreto dell’isola delle scimmie citato fin dal titolo, ma
forse il segreto era lasciarsi andare ad una trama semplice ma raccontata in
modo geniale, utilizzando in modo incredibilmente creativo la tecnologia
disponibile, quei pixel che oggi sono la preistoria dei videogiochi, allora erano
davvero in grado di farci immergere nel calore di un videogioco che ha davvero
fatto la storia.
Auguri Monkey Island, festeggio i tuoi primi trent’anni
con un enorme boccale di Grog… GROG! GROG! GROG!
Un altro gioco della Lucasgames che dovresti recensire è Indiana Jones And the Fate Of Atlantis... ci ho fatto le due di notte non so quante volte nei primi anni 90🙃
RispondiEliminaSarebbe perfetto da mettere accanto ai TRE film di Indy di cui ho già scritto, perché quello è il vero “Indy 4”… L’unico che esiste!! :-D Scherzi a parte, dovrei anche affrontare i seguito di questo, “Full Throttle”, “Il giorno del tentacolo”, “Sam & Max”, quella meraviglia di “Grim Fandango” e via così, li ho amati tutto fortissimo, ma la mia passione è iniziata con “The Secret of Monkey Island”, quindi mi sembrava giusto rendere omaggio ;-) Cheers
EliminaUna vera sorpresa.
RispondiEliminaE graditissima, tra l'altro.
Al punto che se hai intenzione di farne una rubrica, mi trovi d'accordissimo.
Forse non seguirai tantissimo i Videogames, come dici tu. Ma il post e' stupendo, e fa capire quanto tu lo abbia adorato.
Facile intuirne il motivo.
I giochi della Lucasfilm Games/Lucasarts erano quanto di piu' prossimo a un film potesse esistere, e in un certo senso sono stati dei precursori.
Sul fatto che avere una trama e un'adeguata caratterizzazione dei personaggi era fondamentale almeno quanto saper realizzare il gioco stesso.
Merito tutto dei geniacci che ci stavano dietro, a partire da Gilbert.
Gente che oltre a saper programmare ne sapeva anche di film.
Che allora erano davvero in quattro gatti, a fare un videogame. Mica come adesso che stanno in ballo decine di persone.
Nonostante fossi da sempre consolarlo e convinto assertore della superiorita' dei giochi giapponesi, invidia o questi titoli ai possessori di computer. Nonostante la mia allergia patologica (storia lunga).
Giocati e ri-giocati, anche da amici e compagni di scuola vari. E pure adesso che si sono decisi a riproporli su PS4.
Tranne uno, purtroppo.
Tanto per citarne a casaccio, oltre a Monkey Island...Loom (dove c'era pure l'interfaccia musicale. Come dimenticare il tizio alla taverna con lo spillone CHIEDIMI DI LOOM. Come si chiamava? Cobb?), Il VERO quarto capitolo di Indy, Maniac Mansion ma soprattutto Day of the Tentacle, Sam & Max, Full Throttle e quel capolavoro di Grim Fandango (niente niente hanno preso da lui, per Coco?).
E poi i giochi di Star Wars e di guerra. Uno su tutti, Secret Weapons of the Luftwaffe.
Inutile dire che avrei visto bene dei film su ognuno di questi.
Ma quanto sarebbe stato bello un film a cartoni su Sam e Max?
E forse l'intenzione era quella, inizialmente. Fare un progetto che coinvolgesse piu' media.
Ma c'erano beghe e conflitti tra le varie branchie, e naufrago' tutto.
Gioco stupendo, comunque. Spassosissimo, pieno di citazioni, e con personaggi magistrali. Con un cattivo davvero cattivo (LeChuck).
Guarda caso, nel secondo dovevi riportarlo in vita. E nel secondo dei Pir...SDENG!!
Ecco, lo sapevo.
Nel secondo film tornava in vita Barbossa, dicevamo.
Avrei preferito vedere questo al cinema, piuttosto che quella roba che, almeno col primo capitol...SDENG!!
Ok. Roncolata in testa e giri di chiglia per me.
Dicevo...piuttosto che quella roba sui Caraibi che ho finito con l'odiare.
Che ricordi, comunque.
Complimenti per il pezzo, di nuovo.
Dimenticavo...
EliminaSe avete una Wii, in Indiana Jones e il Bastone del Re (una vera schifezza) e' incluso anche Indiana Jones e il Destino di Atlantide, come gioco nascosto.
Infatti va pure sbloccato.
Navighiamo in acque oscure, ma questa Bara può anche galleggiare e i trent’anni di questo pezzo di cuore andavano festeggiati, mille grazie ;-) Per la rubrica vediamo, al momento ho già parecchia carne al fuoco, dovrei avere dodici tastiere, ventiquattro mani e una scimmia a tre teste per stare dietro a tutto quello su cui vorrei scrivere. Prova ad andare a leggerti il mio post su Coco guarda un po’ chi ci troverai ;-) Cheers!
EliminaNon potevano fare il contrario? Vendere "Fate" e sbloccare l'altro brutto sarebbe stata una strategia più furba secondo me ;-) Cheers
EliminaSpettacolo, l'ho recuperato solo recentemente grazie a SCUMMVM su android e l'ho amato. Non oso immaginare come deve essere stato giocarci ai tempi dell'uscita.
RispondiEliminaNon vorrei sembrare esagerato ma mi ha cambiato, ancora oggi se sento quella musichina fatta con i bit in stile Amiga e vedo quei pixel, mi sento come tornare a casa ;-) Cheers
EliminaNon avevo un computer con cui giocare trent'anni fa, però a Monkey Island ho giocato, e non poco tempo fa, con la Special edition del 2009, davvero un gran bel gioco ;)
RispondiEliminaLa speciale edition ha tolto i pixel al gioco rispettandone piuttosto bene lo stile, un buon modo per presentare un classico ad una nuova generazione. Se non ricordo male hanno applicato la stessa cura anche a “Monkey Island 2” qualche anno dopo. Cheers!
EliminaCinque alto Cassidy!
RispondiEliminaLa vera soddisfazione é giocare a tutte queste avventure grafiche con mio figlio oggi! Certi passaggi me li ricordo ma altri danno ancora del filo da torcere, soprattutto in LeChuck Revenge!
Grazie e alla prossima!
Quanti colpi di straccio alla gamba di legno in LeChuck Revenge ;-) Rispondo al tuo cinque alto con un altro cinque alto! Cheers
EliminaIn epoche passate - non ricordo bene quando, se per Commodore o PC - mi ritrovai anch'io nella selva oscura di Monkey Island, di cui però ho conosciuto solo la prima schermata: già lì mi sono bloccato senza saper andare avanti. Non sono fatto per questi giochi e frullai subito sia l'isola che la scimmia, però quella prima schermata mi piaceva come grafica :-D
RispondiEliminaL'unico gioco di questo tipo che ho provato è stato "Star Trek: 25th Anniversary" (1991) e ci ho messo tipo un anno a fare il primo quadro: so' proprio de coccio :-P
Non sei da avventure grafiche ci sta, io ancora oggi mi rendo conto di apprezzare quei bei videogiochi statici, in cui devi riflettere, a meno che non si tratti di un gioco di basket, sono proprio letargico non mi sono mai ripreso da questa tipologia di giochi ;-) Cheers!
EliminaSe ti ricordi io ho conosciuto David Fox, che ha collaborato con Gilbert per lo SCUMM :) Devo ammettere che a questi ci ho giocato poco, mentre ho "consumato" Zak McKracken e Indiana Jones "IV" :D
RispondiEliminaLo so e mi ha esaltato parecchio ;-) Zak McKracken era veramente uno spasso! Cheers
EliminaCos'hai tirato fuori dal cilindro sto giovedì?!?! Tu sei pazzo! Qua apriamo la scatola dei ricordi che automaticamente mi fa entrare "una bruschetta nell'occhio".
RispondiEliminaGiocato letteralmente alla morte questo e pure il secondo. Tutta la scuola (le medie) erano in fissa totale con Monkey Island. E quando dico tutta dico veramente tutta! Due sezioni, tre classi da circa 25 persone ciascuna. Il professore di tecnica, un bidello e un segretario alla presidenza (storia vera!). C'era chi spacciava la soluzione più o meno false, chi millantava che "a suo cuggino lo aveva finito in un pomeriggio", chi si bullava di aver passato un determinato enigma/rompicapo e allora gli si chiedevano delucidazioni e aiuti. I più grandi, quelli di terza, poi erano quelli venerati come divinità perché potevano copiare i 4 floppy per Amiga (erano 5? Sei sicuro Capo? Io se devo puntarci 1€ direi 4 per il primo e 8 (o 12?) per il capitolo 2).
Se ti può consolare io ricordo discretamente bene gli insulti del maestro di spada e se lo sfidassi ora (intendo giovedì 8 ottobre 2020 ore 14.53) probabilmente la batterei senza nemmeno un ripasso! (però ci ho rigiocato 3-4 anni fa visto che esisteva la versione per cellulari IOS).
Se hai intenzione di ripassare i giochi della Lucas Arts hai tutto il mio appoggio!
Dillo che non te l’aspettavi eh? Visto che cosa ti ho ripescato? Non volevo scriverne, poi come un tarlo nel cervello non potevo pensare ad altro se non ad un post su questo gioco, eccolo qui ;-) Potrei confondermi con il secondo, oppure con qualche altro gioco per Amiga, non ci metterei la zampa di scimmia sul fuoco sul numero di floppy è passata davvero un’era geologica, i floppy sono diventate icone nel frattempo!
EliminaIdem, la frustrazione giocando di nuovo al gioco e che tu giocatori conoscevi già la risposta giusta, ma Guybrush no, quindi dovevi perdere un sacco di volte prima di vincere. Erano giochi che formavano il carattere ;-) Cheers
Che gioco geniale!!! Il primo è anche fattibile, il secondo era di una difficoltà disumana...
RispondiEliminaE poi il terzo era pure quello un capolavoro! Formano una trilogia ludica veramente fantastica.
Rigiocai il primo e il secondo una decina d'anni fa e mi piacquero come quando li giocavo da preadolescente negli anni Novanta! Semplicemente intramontabili. Poi ora che è tornato di moda il retrogaming suppongo che anche le nuove generazioni possano goderne!
Me lo auguro per le nuove generazioni, ho giocato ai quattro capitoli spesso ma i primi due sono speciali, anche se voglio bene al terzo ;-) Cheers
EliminaQuoto Zio Portillo, cos'hai tirato fuori! A questo gioco giocavamo TUTTI... ricordo che tra amiche si spacciavano gli insondabili trucchi per vincere la gara di sputi! Mai stata una gamer ma questo e lo splat di Prince of Persia che si spiccica sulle lame han segnato una generazione... Adesso che me lo hai rammentato lo ripesco sicuro e me lo rigioco...
RispondiEliminaLa gara di spunti del secondo, con le misture di colori, che spettacolo! ;-) Bene, felice di essere responsabile del ritorno di un po' di vecchi ricordi. Cheers!
EliminaOddio il cotton fioc gigante... meglio del famoso pollo!
RispondiEliminaDunque, mi sono ritrovato nei tuoi ricordi e nelle tue sensazioni.
Questo titolo ha qualcosa di magico, forse proprio il fatto che derivi da giostre, film, romanzi... non so.
Era perfetto: molto disneyano come ambientazioni e colori, avventuroso e ironico.
Non sapevo del nome guy.brush, pensa tu!
Vedi? Quando le cose sono destinate ad andare bene, ogni cazzata che succede è già mitica, perfetta e precisa.
Moz-
Anche il formato dei file lavorava in modo creativo, io lavoro normalmente con file che hanno un'estensione che sembra l'anatopea di una pernacchia (storia vera). Ha fatto davvero storia, come il cotton fioc gigante ;-) Cheers
EliminaProprio per i tempi di caricamento biblici e i problemi con i floppy dell'Amiga, non appena è stata disponibile la special Edition di questo gioco sul market place della seconda xbox (la 360 per intenderci), l'ho fatto mio e devo ammettere che sono stati soldi spesi benissimo. Finalmente l'ho giocato come avrei dovuto ai tempi, senza patemi per il fatto di non sapere se il floppy successivo avrebbe funzionato oppure no, maledetto Indiana Jones e The fate of Atlantis che non ho mai finito per questo motivo... Sto parlando ormai di una decina di anni fa buona, ma il gioco era sempre bello e divertente. Soprattutto la componente ironica mi aveva positivamente sorpreso, forse perché ai tempi non avevo colto alcune sfumature... In ogni caso ben vengano questi post sul media che mi ha accompagnato per tanti anni della vita e ancora non smette di seguirmi (ma forse dovrei dire il contrario), anche se con meno passione di una volta. Quindi se vuoi riproporre altri aneddoti legati a vecchi videogame, con me sfondi una porta aperta! 👋
RispondiEliminaVogliamo parlare della rotella con i volti dei pirati da comporre, per inserire il codice beh, anti pirateria? Ironico lo so, ma con "Monkey Island" tutto lo è, anche iniziare a giocare ;-) Cheers
EliminaDate innanzitutto un nobel a Ron Gilbert!
RispondiEliminaQuesto anniversario cade a pennello, dato che ci sto ri-giocando sullo smartphone. 😎
La parte dei duelli coi pirati è quella che apprezzo meno, del resto mi manca soltanto di battere il Maestro di Spada...
Giocandoci questa volta, ho scoperto alcune cose per me nuove: il vaso preso a casa del Governatore, se ci versi il grog dalla botte che sta in cucina, si fonde. 😮 Spero non serva successivamente perché a differenza dello spezzatino non ne trovo altri in giro...
Non ricordo a cosa servano la chiesa, il distributore (rotto?) di grog dove c'è Stan e la cassaforte (che tra l'altro vorrei aprire usando il grog come acido ma non so come trasportarlo 😄), in compenso ho fatto scappare il topo che allietava la noia dei tre pirati vicini all'orologio... Del resto se ricordassi tutto non sarebbe altrettanto spassoso.
Giocato a suo tempo anche il secondo capitolo della saga, fosse per me i videogiochi dovrebbero essere soltanto di questo genere: divertenti, accattivanti, intelligenti, e non che devono far sclerare, innervosire, combattere contro il tempo, uccidere personaggi e rischiare di fare morire il proprio.
A Mêlée Island sono sempre le 10, comunque il mio amore videoludico assoluto è Grim Fandango che, ahimé, dopo Windows 98 non fa più giocare il 4° anno.😢
"Grim Fandango" é un capolavoro e "Monkey 2" aveva una storia incredibile anche nel finale. Mi hai quasi fatto venire voglio di mettermi in viaggio per l'isola delle scimmie! ;-) Cheers
EliminaUltimamente tra miei post e commenti, sto risvegliando varie voglie di rivedere o rifare... 😄
EliminaLanci le mode, oppure le rilanci, meglio ;-) Cheers
EliminaPotrei dire "Day of the tentacle", "Sam & Max", "Full Throttle" e via così. Comunque il primo Monkey su Amiga 500 anche per me. Ad ogni modo quando nel secondo pirati dei Caraibi vanno dalla strega della palude il pensiero è andato subito a Monkey Island
RispondiEliminaHanno pescato e piene mani da questo gioco, senza nemmeno dover pagare i diritti ;-) Cheers
Elimina