Il viaggio oltre le porte di Tannhäuser per commemorare i
film dimenticati di Rutger Hauer, questa settimana ci porta nel futuro di un
film che compie proprio quest’anno, i suoi primi trent'anni. Ma visto che si
tratta di un film di squadra, insieme al
Zinefilo
oggi affrontiamo “Giochi di morte”.
Bisogna fare una piccola distinzione iniziale, perché questo
film venne distribuito con il titolo “The Blood of Heroes” nel 1989, mentre in
parecchi Paesi è stato rinominato “The Salute of the Jugger”, quello che invece
non è mai cambiato è il nome del suo regista, David Webb Peoples, uno che in carriera è
sicuramente ricordato più come sceneggiatore, visto che è stato uno dei quattro
scrittori che ha rimaneggiato la sceneggiatura di
Blade Runner, ma anche uno dei quattro che hanno contribuito a
scrivere
Ladyhawke. Era normale
quindi che il suo film d’esordio come regista, parlasse di gioco di squadra, ma
anche che avesse come protagonista quello di entrambi i film citati, il nostro Rutger
Hauer.
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Questa locandina in stile Predator è talmente bello, che non potevo non inserirlo nel post. |
Grazie alle musiche epiche e solenni di Todd Boekelheide,
“The Blood of Heroes” “The Salute of the Jugger” “Giochi di morte”
ci porta subito in un deserto futuristico post-apocalittico, quello dove si
muovono guerrieri vestiti di stracci e robaccia raccattata in giro. Insomma, il
futuro che al cinema è stato definito in maniera indelebile dalla visione di
George Miller e dalla sua saga di
Mad Max.
David Webb People's, per il suo esordio come regista ha
voluto le spalle parate, non solo si è scelto un protagonista carismatico e di
assoluto talento, ma a ben guardare oltre all'ambientazione in puro stile Mad Max, il neo regista ha voluto girare
tutto il suo film nell'Australia di Miller, prendendo in prestito anche il suo
direttore della fotografia
David Eggby (infatti il risultato finale è magnifico) e a ben guardare anche
l’iconico cattivo interpretato da
Hugh Keays-Byrne, il mitico Toecutter
prima e Immortan Joe poi.
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Figurati se nel futuro andremo tutti in giro con una mascherina sulla facc… ehm! |
Eppure malgrado
tutte queste somiglianze artistiche, il film di David Webb Peoples
riesce a non sembrare uno dei tanti
cuginetti scemi di Mad Max, proprio perché dotato di una sua personalità in grado di
rendere la pellicola molto riconoscibile, anche se ormai qui da noi in uno strambo
Paese a forma di scarpa, questo film è da tempo fuori catalogo e anche
piuttosto difficile da reperire.
“Giochi di morte”
sembra il figlio segreto, nato dopo una notte d’amore tra Mad Max e Rollerball, i protagonisti del film sono
un gruppo di Juggers, che non hanno nulla da spartire con i
Jaegers di Del Toro, visto che sono i
giocatori - anche se sarebbe più indicato chiamarli guerrieri - di questo
violentissimo sport, che nel film non ha nemmeno un nome, però ha delle regole
molto precise e dei ruoli in campo ben distinti.
A ben guardarlo
sembra una specie di Football americano, però con una violenza in campo
paragonabile davvero solo a quella vista in Rollerball,
David Webb Peoples in maniera molto intelligente, non perde nemmeno un
minuto a spiegarci il compito del “Quick” (già ben riassunto dal suo nome), ma passa direttamente a farci vedere la prima partita di questo gioco, scandito da
una sorta di arbitro di gara a bordo campo, che detta il tempo degli incontri facendo cadere puntualmente delle pietre su una sorta di gong, mentre i
giocatori in campo devono fare punti, infilzando un teschio di cane su un palo
piazzato al centro del campo. Perché nel futuro post-apocalittico, lo Spalding
di pelle ve lo potete dimenticare, si gioca con la capoccia di Lassie e vedi di
fartela bastare.
Sul campo sembra valere tutto: colpi proibiti, catene
fatte roteare, pugni, calci. Se a fine partita hai portato a casa solo qualche
osso rotto, considerati molto fortunato. Ma non è grazie alla fortuna che
Sharko e i suoi compagni vincono, perché Sharko è un vero fenomeno di questo
gioco, infatti è interpretato da un Rutger Hauer che si prende il film e
letteralmente se lo divora, carisma a quintali per una trama che ruota tutta
attorno a lui.
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“Vediamo chi arriva secondo oggi, nella gara dei più fighi” |
Del suo Sharko non sappiamo poi molto, ma nel corso della
storia scopriamo qualcosa del suo passato, il marchio che sfoggia sulla fronte è
quello dei giocatori della Lega, i più forti del mondo, l’equivalente locale
della NBA, quella che si gioca nella Città Rossa, l’ultimo avamposto
dell’umanità sul pianeta dove ancora esiste una distinzione in classi sociali e
ovviamente i ricchi controllano tutto, l’unico modo per salire i gradini della
scala sociale per un poveraccio in questo mondo, è spaccar crani (umani) sul
campo facendo punti con quelli canini, solo che Sharko è volato troppo vicino
al sole (una ricca moglie di uno dei Lord Supremi) e come Icaro è precipitato
in fondo, ma non ha certo perso il talento per il gioco oppure quel furore che
lo spinge a tornare alla Città Rossa, questa volta per vincere.
“Giochi di morte” è la classica parabola di Davide contro
Golia, degli ultimi, quelli che non sono quotati per la vittoria finale, ma che
ne hanno più degli altri e quindi scalano velocemente la classifica nello
stupore genere. Ecco in tal senso, non poteva esserci un attore più azzeccato di
Rutger Hauer per interpretare il capitano di questa squadra. L’olandese con il
suo approccio sempre così fisico ai ruoli (non ha mai avuto paura di fare da
controfigura a sé stesso), qui interpreta alla perfezione l’eroe taciturno, con
un passato che ancora lo tormenta e una rabbia che sfoga in maniera controllata
solo durante il gioco, uno che come direbbero gli americani “Keep the eyes on
the price” e non dimentica per cosa sta combattendo. In mezzo agli altri
giocatori, sembra un uomo tra i bambini. Insomma, se l’intento di questo
viaggio oltre le porte di Tannhäuser è quello di far scoprire quanto altro ci
sia stato oltre a
Roy Batty nella carriera del compianto Rutger, la sua prova negli
stracciati panni di Sharko non poteva proprio mancare a questa iniziativa.
Ad impreziosire il film poi ci pensano le altre facce
(brutte, ma non tutte) che completano la squadra capitanata da Rutger, partiamo
subito dalla novellina del gruppo, la prova che questo è un film degli anni
’90, basta la presenza di
Joan Chen a certificarlo. L’attrice per altro avrebbe
incrociato ancora Rutger in carriera altre due volte, nel 1991 in
Sotto massima sorveglianza e nel 1996 in
“2049 - L'ultima frontiera”.
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Joan Chen e Delroy Lindo, più anni '90 di così, solo la salopette indossata con gli Oakley sul naso. |
Tra gli altri giocatori in campo, impossibile non notare
Vincent D’Onofrio, qui dopo aver perso tutti i chili di troppo che Kubrick gli
aveva chiesto di mettere su per “Full Metal Jacket” (1987), ma sempre con lo
stesso occhio scintillante da pazzo. Citazione doverosa anche per il mitico
Delroy Lindo, il classico veterano della squadra che l’attore sa davvero come
rendere carismatico.
Tra gli avversari che Sharko e i suoi compagni si ritrovano ad
affrontare, nelle varie partite che scandiscono il ritmo del film, bisogna per
forza citare anche l’enorme Max Fairchild, nei panni di una sorta di gigantesco
sgherro con una placca metallica nel cranio, ma anche Richard Norton uno che le
ha sempre prese e soprattutto date, fin dai tempi di
The Octagon.
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I guerrieri combattono, anche nel futuro (fratelli di menare) |
“Giochi di morte” è una storia di redenzione, di
personaggi che mordono la polvere, prendono un sacco di mazzate ma non chinano
mai il capo, anche se la trama è lineare e la regia tutto sommato senza
particolare guizzi, il film ha un buon ritmo e la durata perfetta (90 minuti
spaccati, come dovrebbero sempre durare i film), ma il livello di dettaglio con
cui il mondo in cui si muovono (e muoiono) i protagonisti è stato curato non passa inosservato. I
costumi di scena ad esempio sono davvero ottimi, danno l’idea di personaggi che
hanno costruito il loro aspetto finale, in base alle necessità quotidiane e a quello
che sono riusciti a raccattare in giro, come dovrebbe sempre essere in un film
ambientato dopo la fine del mondo (come lo conosciamo).
Inoltre grazie alla fotografia di David Eggby, guardando
“Giochi di morte” persino il sudore e la polvere hanno un peso specifico nel
racconto, insomma per essere un film con una trama da B-Movie ha l’orgoglio e
la classe di Sharko, anche se bisogna dirlo, il caro vecchio Rutger Hauer non è
rimasto sempre costantemente concentrato sul suo ruolo durante le riprese del
film.
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"Arbitro è fallo!", "Guarda che l’arbitro è quello che ti ha menato" |
Secondo il regista David Webb Peoples, il deserto
Americano è stato esplorato in lungo e in largo nei tanti Western prodotti
negli anni, quindi alla ricerca di un deserto che sembrasse davvero qualcosa di
remoto, mai visto e post-apocalittico, il film è stato interamente girato a Coober
Pedy, una cittadina dell’Australia meridionale che vanta la bellezza di 1.600
anime come popolazione. Un luogo bellissimo ma dimenticato da Dio e dagli
uomini, che Rutger non poteva proprio perdere l’occasione per non visitare.
Da sempre appassionato di motociclette (non era
infrequente un suo “giro in giro” per l’Europa in sella), Rutger ha pensato
bene di inforcare la moto per esplorare un po’ la zona, stando al racconto nella sua autobiografia “All those moments” (2007), per provare a stare dietro
ad un canguro, Rutger ha perso un attimo cognizione dello spazio e del tempo
per ritrovarsi nel bel mezzo del deserto, da solo, senza uno straccio di
indicazione su come tornare. Dopo un attimo di smarrimento iniziale però, ha
avuto la lucidità necessaria per rimettere le gomme nella direzione giusta e
non finire disperso in questo “Walkabout” improvvisato (storia vera).
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Ho visto B-Movie appena meno curati di questo in vita mia. |
Malgrado le motociclette e i canguri in grado di far
perdere le proprie tracce, la prova di Hauer in questo film resta superba e il
film un concentrato di violenza che non corre mai il rischio di venire confuso
con Mad Max, malgrado le tante similitudini, purtroppo però la pellicola non ha
avuto molto successo, questa storia di coraggio, amicizia e tenacia con la sua
atmosfera da film anni ’80, non conquistò il pubblico e fece un tonfo al botteghino,
per certi versi inaugurando l’infinita di B-Movie con un grande Rutger come
protagonista, mettendo anche fine ai sogni di regista di David Webb Peoples,
che tornato al suo primo lavoro di sceneggiatore, in linea di massima ha
confermato il suo talento, scrivendo per Clint Eastwood “Gli spietati” (1992),
il validissimo “Eroe per caso” (1992) e quel capolavoro di
L'esercito delle 12 scimmie. Visto di peggio in vita mia da un
regista mancato.
Insomma, malgrado sia abbastanza complicato da reperire,
“Giochi di morte” resta un ottimo film purtroppo relegato alla memoria di noi
appassionato di film raffinati, pieni di deserti post-apocalittici, crani di
cane e mazzate come se non ci fosse un domani. La prossima settimana l’omaggio
a Rutger Hauer si completa con l’ultimo esplosivo capitolo, ed ora… tutti a
leggere il
Zinefilo!
La locandina d'epoca di questo film invece, la trovate sulla pagine di
IPMP!
Primo: salopette+Oakley e si andava a rimorchiare alla grandissma. (in lockdown a casa abbiamo fatto un po' di pulizia e aprendo uno scatolone mi sono ricapitati in mano assieme a dei pantaloni oversize... Mia moglie ha detto che con quella roba addosso non me l'avrebbe data manco fossimo rimasti gli ultimi due esseri umani sulla faccia della terra! Morale: bisogna contestualizzare)
RispondiEliminaSecondo: "Speedball"! Sto film lo vidi secoli fa quando nei primi anni '90 (sempre là torniamo oggi!) giocavo a "Speedball" su Amiga con gli amici (ahahaha!). Non ricordo chi, come o perché ma venne fuori che sto film aveva ispirato il gioco e qualcuno (credo) lo noleggiò per passare un pomeriggio. In tutta onestà non ricordo molto del film... Mi sa che bisogna provare a recuperarlo.
Curiosità: dove/come l'hai pescato?
Voto 10 al buongusto della signora Portillo, mi avete ucciso dal ridere :-D Penso che "Speedball" fosse figlio di "Giochi di morte" e "Rollerball" in parti uguali, si usava una sfera e non un teschio di cane però che faticata, lo trovavo un casino quel gioco. Cheers!
EliminaOra sei pure libero di non crederci, ma conciato in modi, ehmmm, "discutibili" (?) posso garantirti che da giovane il "divertimento" non mi è mai mancato.
EliminaSe avessi le palle ti manderei le foto di come ho avuto il coraggio di girare Inghilterra e Irlanda... Eppure bingo a occhi chiusi con cicca in bocca!
Hai detto bene, bisogna contestualizzare, se erano tutti in salopette come i Minion il problema non sussiste ;-) Cheers
EliminaQuesto film è praticamente la versione "giusta" di "The Hungher Games", con però Joan Chen che per me è sempre stato un buon motivo per rivedere il film più di qualche volta.
RispondiEliminaVero, ma credo che quasi tutti i titoli con giochi mortali prendano a sberle Hungher Games, che però resta il più famoso, forse perché tante persone hanno una memoria abbastanza breve. Cheers!
EliminaRicordo molto vagamente questo film come uno dei tanti cloni di Mad Max che si vedevano all'epoca, ma superiore alla media degli stessi... credo. Ne è passato di tempo...
RispondiEliminaLo hai descritto bene, ancora si distingue, oggi abbiamo pescato un pezzo raro per l'omaggio a Rutger ;-) Cheers
EliminaNei post-atomici anni Ottanta era davvero difficile non sembrare un cugino di Mad Max, e infatti la valanga di titoli del genere soffre a vari livelli di questo problema: Peoples sicuramente è riuscito a fare un film che pur appartenendo alla stessa filosofia non lo si può considerare "parente", e questo è un gran merito. Così come per essere un regista esordiente merita solo applausi, perché "Giochi di morte" è diretto davvero bene, ben conscio di dove sottolineare e dove sfumare (e non è scontato che un regista sappia farlo). Il problema, almeno per me, è la sceneggiatura: lasciare liberi i personaggi va bene, ma non dal primo minuto. Lasciare libero lo spettatore di "riempire i buchi" va bene, ma qui come spettatore devo scrivere l'intera sceneggiatura! :-D
RispondiEliminaI personaggi sono splendidi e mi sarebbe piaciuto vederli all'opera, invece mi è toccato limitarmi a spiare alcune loro azioni non spiegate, e quel che peggio ho dovuto vederli fare cose quando avevano appena detto l'esatto contrario. (Non sfideremo MAI la Lega, va be' sfidiamo la Lega; noi non verremo MAI con voi, va be' veniamo con voi; noi a Sharko lo massacriamo, però lo proteggiamo :-D )
Come ho risposto a Zio nel mio blog, di solito quando un genere inflazionato comincia a sfornare film "crepuscolari" la bellezza cresce parecchio: i western crepuscolari di solito sono molto più densi e intensi dei western classici (spesso sfornati in serie). Qui Peoples crea un "post-atomico crepuscolare" (visto che in pratica chiude un genere preciso che all'incirca muore con la fine degli Ottanta) ma non riesce a regalare il "canto del cigno". Forse è voluto, forse Peoples voleva proprio evitare di dire quanto già detto in decine di film precedenti, tutti spesso drammaticamente simili, forse il suo totale silenzio è esso stesso il messaggio del film, però onestamente non si capisce: "Giochi di morte" è un film muto e quindi ognuno può vederci ciò che vuole, in mancanza di un pensiero chiaro dell'autore.
Per finire, mi piace pensare che Peoples con l'eroe biondo che passa il testimone alla giovane asiatica rampante sia stato uno dei primi a testimoniare il nuovo livello raggiunto dall'invasione giapponese. Con "Gung Ho" (1986) Ron Howard aveva già dato voce alle paure del Sol Levante, ma parlava del pericolo che minacciava i lavoratori "normali" e riguardava solo loro: quando nel 1989 la Sony compra la Columbia Pictures il terrore colpisce il mondo dell'intrattenimento, e tutti impazziscono. Da quel momento la cultura giapponese (che noi italiani conoscevamo già molto bene) invade gli USA, portando sacche piene di manga, e inizia l'invasione degli attori asiatici in ruoli importanti, non solo da tappezzeria com'era stato prima. Nel 1991 era ormai chiaro: "Blade Runner" aveva avuto ragione, il futuro sarà asiatico... ritirate fuori quel film!! ^_^ Peoples - che in Blade Runner aveva messo lo zampino, - c'era già arrivato, l'aveva già anticipato, ma temo non sia stato ascoltato.
Decisamente cavalca l’onda di Mad Max sembra scimmiottarlo, il che è ottimo specialmente per un regista esordiente. Però hai ragione, Sharko è un ruolo che in mano ad un attore meno carismatico sarebbe risultato piatto (mi viene da pensare a Ray Liotta in “Fuga da Absolom”), Rutger invece si mangia la parte e compensa i vuoti di una trama che è un canovaccio.
EliminaNon sfrutta nemmeno l’idea di un mondo in rovina, in cui i protagonisti si muovono senza conoscere tutto quello che era quel mondo prima della distruzione, no no le regole ci sono, ma non ci vengono raccontate, proprio come le regole del gioco, ci fanno vedere i giocatori in azione e fatti bastare quello.
Perfetta analisi, infatti gli anni ’90 sono stati dominati dall’influenza della cultura giapponese, quindi anche “Blade Runner” è tornato buono come anticipatore, è qui che è iniziata la sua rivalutazione, alla faccia dei negazionisti ;-) Cheers!
Un film che ricordo molto bene, soprattutto per le scene sportive, realizzate davvero con grande maestria. Hauer davvero in parte, ruolo tagliato su di lui, che come sempre ci mette tutto il talento e il fisico e si vede, fornisce spessore e gravità che lo rendono a mio avviso più carismatico di Max, perché più vero. Anche questo non lo rivedo da anni ma mi farebbe piacere recuperarlo. Peccato veramente che sia sparito dai palinsesti. 👋
RispondiEliminaAdesso che lo abbiamo evocato sia quiche sulle pagine del Zinefilo, chissà che on riemperga dagli archivi. Improbabile perché tanto esiste solo Roy Batty per Rutger. Cheers!
EliminaCaspita, non era facile lavorare al materiale di L'esercito delle 12 scimmie e soprattutto con quel pazzo furioso di Terry Gilliam.
RispondiEliminaIn ogni caso non mi basterà l'estate per recuperare tutti i film che mi stai facendo conoscere
Stare dietro alla follia creativa di Gilliam non è roba per tutti bisogna dirlo. Sono qui per questo, mi sono preso a cuore il colpito di non lasciarvi senza niente da vedere ;-) Cheers
EliminaAhahaha. Parlando di Gilliam, l'hai visto il cotrometraggio da cui pare abbia tratto ispirazione per L'esercito delle 12 scimmie?
Elimina“La jetée”? Bellissimo ;-) Ne ho parlato nel post di L'esercito delle 12 scimmie era già geniale di suo, GIlliam ha trovato il modo di espanderne la storia nel modo migliore possibile, di solito i film tratti da cortometraggio, hanno troppi minuti per lo scarno soggetto che raccontano e risultano un po' bolsi, invece "12 Monkyes" e “La jetée” sono entrambi brillanti e appassionanti ;-) Cheers
EliminaGrande. Io ho fatto un lavoraccio a isolare alcuni fotogrammi di La Jetée e mi ci sono fatto un fotoposter a parete. Tanto mi ha colpito.
EliminaQuesto è il tipo di passione che mi esalta, quella che quando ti prende ti fa fare le cose più pazze, complimenti! ;-) Cheers
EliminaCerto che il divino Rutger se non si cacciava in qualche peripezia non era contento.
RispondiEliminaIn realta' lo ammiro: in ogni viaggio dovresti fare qualcosa che poi racconterai.
Ne ho un ricordo vaghissimo.
Preso a noleggio in videoteca (Penta Video, po' esse?).
E credo che le vecchie vhs siano ancora adesso l'unico modo per rivedersi la versione italiana.
Hauer con la benda sull'occhio me lo ricordo.
Mah...un incrocio tra Mad Max per le ambientazioni e Rollerball per l'intreccio.
E a dirla tutta...e' uno di quei fi dove Hauer basta da solo a portare a casa il risultato.
Anche se a dargli una mano c'e' un cast di comprimari di prim'ordine.
Emblematico il finale: dopo aver garantito un futuro ai suoi compagni di squadra (alcuni verranno ingaggiati nel circuito professionistico), Sharko rimane defilato.
Quasi se ne va, a momenti.
Sembra dire L'HO FATTO SOLO PER SPIRITO SPORTIVO.
Oltre che per scassare il mazzo a tutti, eh.
La sensazione, che è comprovata da varie racconti e testimonianze dirette, è che Rutger fosse impegnato a vivere, più che ad atteggiarsi da divo. L'hanno avvistato a Praga qualche giorno dopo la mia visita alla città, perché suonavano i Nine Inch Nails e Rutger si è presentato in moto al concerto in gradinata con il resto del pubblico, perché gravida il gruppo (storia vera). Cheers!
EliminaUn grande.
EliminaSai...con tutti quelli che si atteggiano a fare i cittadini del mondo ma poi, a fine giornata, quando sono stufi vanno a pernottare nel grand hotel con tanto di jacuzzi in stanza...lui avrebbe potuto farlo benissimo, e invece girava in autostop con zaino in spalla.
O magari partiva in camper con tutta la famiglia.
Uno che prendeva la vita come un'avventura, davvero.
Mi unisco al cordoglio per il grande John Saxon.
Oltre al padre di Nancy, me lo ricordo con Bruce Lee e in un sacco di poliziotteschi.
Ciao, grande.
Oh, ci stanno lasciando tutti.
Ma in realta'...sono sempre con noi.
Quando hai fatto così tanti film? No troveremo ancora Rutger e John Saxon a lungo in film che non avevamo (ancora) visto ;-) Cheers
EliminaCiao Redferne, come va? Effettivamente era davvero un personaggio speciale e fuori dagli schemi, il buon Rutger. Una persona complessa ma veramente lontana dall'essere divo, esattamente il contrario di quanto accade oggi. Il buon Saxon, Carmine per gli amici, era un altro tizio fuori dagli schemi, un altro come noi. Con una filmografia di quasi 200 film mi sa che avremo veramente modo di rivederlo ancora. Grandi perdite, comunque. 👋
EliminaMa verranno sicuramente sostituiti da qualcuno altrettanto carism... no, ok niente, fate finte che non abbia scritto nulla ;-) Cheers
Elimina