venerdì 12 giugno 2020

Il serpente e l'arcobaleno (1988): vivere e morire ad Haiti

Nella tradizione Voodoo, il serpente rappresenta la terra mentre l’arcobaleno il paradiso, tra questi due elementi ogni creatura vive e muore. Ma poiché l’uomo ha un'anima, potrebbe ritrovarsi intrappolato in un posto terribile, dove la morte è solo l’inizio. Con questo inizio da Baron Samedi vi do il bentornato a… Craven Road!
Sono profondamente convinto che l’horror sia non solo il genere più creativo di tutti, ma anche quello più portato a diventare metafora del mondo che lo circonda, era vero oggi come nel 1988 un anno incredibile in cui il genere ha sfoggiato tutti insieme ben quattro maestri in grande spolvero.

Romero con Monkey Shine ha saputo raccontare come l’orrore potesse essere vicino a noi e arrivare anche da chi normalmente consideriamo innocuo. Carpenter con Essi Vivono ha attaccato con satirica ferocia l’inquilino della Casa Bianca in carica e la sua politica, mentre Cronenberg, sempre propenso a scavare, ha reso le sue mutazioni interiori, quindi ancora più drammatiche con Inseparabili.

A completare questa perfetta tetralogia di maestri poteva mancare quello arrivato da Cleveland? Proprio no, infatti Wes Craven dopo il film di culto su commissione, dalla produzione estremamente travagliata Dovevi essere morta e un bel po’ di lavoro per rilanciare la serie tv Ai confini della realtà (tra il 1985 e il 1986), si è unito alla compagine sfornando uno dei suoi film più riusciti, perché un Wes Craven concentrato e motivato il più delle volte è in grado di sfornare Classidy come questo.


“The Serpent and the Rainbow” è liberamente tratto dal romanzo d’inchiesta omonimo scritto da Wade Davis, ma è un capolavoro di equilibrio. Un film che per tutta la sua durata resta in bilico tra vita e morte, tra libertà e dittatura, tra narrazione quasi documentaristica e il non negare mai la sua natura di film dell’orrore, un film che potrebbe costantemente sbagliare di poco il tono risultando fallimentare che, invece, azzecca davvero quasi tutto iscrivendosi tra i film migliori del regista di Cleveland, anche se alla sua uscita fu considerato poco più che un generico film di zombie. Parliamo della trama e poi scendiamo nei dettagli.

Anche se tratto da un libro, Craven con questo film ha trovato il modo di firmare uno dei film più “Craveniani” di sempre raccontando la storia di Dennis Alan (un Bill Pullman fresco della sua luna di miele con la principessa Vespa), un giovane ricercatore scientifico americano, sopravvissuto ad un lisergico viaggio in Amazzonia e per questo considerato perfetto dalla multinazionale che gli paga lo stipendio, per svelare i segreti della misteriosa “droga degli zombie”, una polvere preparata dagli sciamani Voodoo di Haiti che sembra avere il potere di far risorgere i morti.

Da Stella Solitaria a croce solitaria, il passo è breve.
Con una polvere così la compagnia potrebbe fare soldi a palate nel mercato delle anestesie ospedaliere, ad attirare la loro attenzione è stata la “resurrezione”  (vista con enorme scetticismo anche dal protagonista), di Cristophe (Conrad Roberts) trasformato in zombi dallo stregone Dargent Peytraud (un diabolico Zakes Mokae) e ritrovato a vagare tempo dopo, vivo e senza memoria, malgrado fosse stato regolarmente sepolto e dichiarato defunto nella prima, angosciosa scena del film, quella con cui Craven ci ricorda a tutti perché i racconti di Edgar Allan Poe con i suoi personaggi sepolti vivi, fossero così spaventosi.

“Mi avevano detto che questa era una bara volante ma così è grottesco!”
Dennis è l’americano scaltro e scettico che ad Haiti troverà una sorta di girone infernale, in cui a guidarlo sarà la dottoressa Marielle Duchamp (Cathy Tyson), anche lei una donna di scienza, ma ben più propensa a credere al folclore locale, infatti la vedremo ballare come “posseduta” in una delle scene del film. Ma per Dennis il viaggio ad Haiti sarà qualcosa che lo cambierà per sempre, altro che quelli che vanno in India a ritrovare loro stessi!

Il cinema di Wes Craven è sempre stato teso tra le pulsioni colte del professore laureato in filosofia e psicologia e da quelle basse del maestro dell’orrore capace di portare in scena forse meglio di tutti gli incubi. Spunti di cultura e riflessione “alti” e pulsioni di macelleria, serpenti, sepolture premature e ritorno dalla morte decisamente più “basse”, in questo film sono perfettamente in equilibrio. Il risultato è un film di zombie fortemente politico che, però, è riuscito a smarcarsi dal modello creato da Romero che ancora oggi è quello più citato e utilizzato.

Pensare che i titoli di testa del film sono anche allegrotti, sembra “Operazione vacanze: Haiti”.
Scegliere di ambientare questa storia nella Haiti dell’anno 1985 è una presa di posizione politica chiara per il maestro di Cleveland, perché vuol dire andare a giocare a casa del dittatore Jean-Claude Duvalier, figlio del famigerato “Papa Doc” François che governa il Paese con pugno di ferro dal 1971 fino alla rivolta popolare del 1986. Il regime di Duvalier funzionava grazie alla temuta “Tonton Macoutes”, la polizia militare segreta, un po’ poliziotti e un po’ stregoni, capaci di tenere a bada la popolazione con metodi repressivi e con il culto del Voodoo che in un Paese come viene descritto del film «80% cattolico e 110% Voodoo» come Haiti, ha una valenza culturale sconfinata sulla popolazione.

Signora mia, qui una volta era tutto Voodoo.
Ma, come dicevo, “The Serpent and the Rainbow” è una prova da gran equilibrista per Craven che affronta l’argomento senza la pretesa di raccontare una rigorosa descrizione storica, ma ricordandosi sempre di essere un grande regista horror, infatti nel suo film il personaggio immaginario di Peytraud è quello che Craven utilizza per raccontare così bene il terrore militare, instaurato in un Paese tenuto in scacco dai precetti religiosi, in cui i nemici politici venivano messi a tacere con la prigionia, la tortura e ancora peggio, trasformandoli in zombie, ufficialmente morti per il mondo.

"...Sangue teschi e insetti, Wes Craven" (Cit.)
In perfetto equilibrio tra documentario e film di genere, Craven firma un film politico con i morti viventi, riportando la figura dello zombie alle sue origini, quelle, appunto, legate ai rituali Voodoo da cui Romero aveva preso le distante. “Il serpente e l'arcobaleno” gioca nello stesso campo da gioco di capisaldi del genere come “White zombie” (1932), Zombie 2 di Lucio Fulci e se vogliamo anche ad alcune delle atmosfere di “Ho camminato con uno zombi” (1943) di Jacques Tourneur. L’Haiti di Craven è realistica, appiccicaticcia e decadente come potremmo vederla raccontata in un documentario, ma senza rinunciare al suo folclore, quello che permette a zio Wessy di scatenarsi con visioni allucinatorie che sono zampate (da giaguaro per stare in tema con il film) horror al 110%.

“Si sente bene signore?”, “Per essere un morto vivente, sto una crema, grazie”
Bilanciando alla perfezione stili e generi cinematografici agli antipodi, nello scarto tra il realismo da documentario e l’assoluta fantasia degli horror, proprio in quel solco Craven fa muovere la sua storia, conciliando e mescolando gli opposti, realtà e incubi, scienza e magia nera, sono parte di un racconto in cui la libertà e la dittatura sono raccontate come normalmente in un horror ci vengono raccontati vita e morte. Anzi, da grande narratore degli incubi al cinema, Craven ci dice chiaramente che la dittatura potrebbe essere peggiore dell’essere sepolti vivi, perché di fatto è un costante stato di non libertà, di non vita, che costringe a vagare in eterno come zombie.

Chiaro che in tutto questo ci sia una spinta iconoclasta, se non proprio anarcoide che, ammettiamolo, a Craven non è mai mancata. I suoi zombie magari possono risultare spaventosi quando entrano in scena, ma di fatto sono solo dei poveri diavoli che non cercano certo di divorare il cervello e le carni a nessuno, al massimo invocano a loro modo l’aiuto del protagonista e in qualche caso, intervengono anche per aiutarlo, non è un caso se l’apice del film (che va in crescendo come le musiche e i tamburi di Brad Fiedel) si raggiunga durante la rivolta finale di Haiti e i suoi abitanti che scorre sullo sfondo dello scontro tra Dennis e Peytraud.

Craven laureato in psicologia, di certo conosceva il lavoro di Sigmund Freud (ma se n’è sempre fregato)
Ecco, se proprio dovessi trovare un difetto a “Il serpente e l'arcobaleno” punterei il dito sullo scontro finale tra i due personaggi, alla pari di Benedizione mortale che teneva in sospeso l’elemento sovrannaturale fino all’ultima scena (imposta dai produttori), qui Craven nel finale si gioca lo spirito guida del giaguaro e lo scontro onirico con Peytraud che diventa una sorta di Freddy Kruger haitiano da esorcizzare. Ma se devo dirla tutta, è un problema minore, Craven ha voluto nel finale alzare un po’ il volume della radio, in un film che per la maggior parte della sua durata riesce ad essere estremamente serio (la scena della tortura del protagonista… GULP!) e decisamente lugubre nel suo incedere lento e costante, proprio come uno zombie.

Zio Wessy? Posso andare a letto senza cena?
La tradizione della sepoltura prematura è un archetipo horror fin dai racconti di Poe, ma qui Craven s'infila nel solco (o nel sepolcro?) portando nuova linfa a questa paura ancestrale. Ricordate il salvataggio all’ultimo secondo di Catriona MacColl nel Fulciano “Paura nella città dei morti viventi” (1980)? Ecco, qui zio Wessy rilancia e si conferma maestro nel portare sul grande schermo, le paure e gli incubi dell’umanità, una laurea in psicologia torna utile in questo senso.

La prima scena con quella lacrima solitaria di Cristophe sepolto vivo, l’angosciante e coreografica scena dell’incubo di Dennis, la cui camera da letto si trasforma di colpo in una soffocante bara che invece di volare, comincia a riempirsi di sangue tra le urla del protagonista, in quella che potrebbe essere a mani basse, la mia scena da incubo preferita, di un regista che di incubi al cinema ne ha regalati tanti.

Ma la bellezza di “Il serpente e l'arcobaleno” è il suo modo sublime di far scivolare lo scettico protagonista (e noi spettatori insieme a lui) in una realtà dove vita e morte si confondono, dove la sudditanza di chi subisce una dittatura, viene equiparata all'essere trasformati in zombi da sacerdoti Voodoo e proprio per questo una volta dall'altra parte, i morti cominciano a fare meno paura dei vivi.

Wes Craven, il preferito dell'AVIS.
Le apparizioni dei morti viventi sono dirette da Craven come delle aggressioni alle coronarie del pubblico e alle credenze scientifiche del suo protagonista. Zio Wessy utilizza tutte le armi a disposizione fornite dal genere horror, “spose cadavere” che Tim Burton può solo sognarsi, i soliti serpenti freudiani che nel cinema di Craven non mancano mai, ma anche mangiare la zuppa (condita, anzi, con dita) dopo “The Serpent and the Rainbow” non è mai più stato lo stesso.

Ma ad un certo punto, come spettatori siamo così calati nella storia e nel suo contesto politico, che persino gli zombie cominciano a fare meno paura. Quando Dennis attraversa le prigioni e si trova costretto ad evitare le braccia (assurdamente lunghe, come le geometrie impossibili degli incubi) dei non morti chiusi nelle celle, sembrano più mani tese a chiedere aiuto che spaventose apparizioni come nella prima scena di Il giorno degli zombi di Romero.

Secondo classificato nella categoria “Braccia zombie che escono dalle pareti”.
Non è un caso se il momento chiave del cambiamento del protagonista, avvenga dopo la terrificante scena di tortura subita, uno di quei momenti in cui Craven sfoggia tutta la sua classe, perché di fatto non si vede davvero nulla di spaventoso, ma al maestro di Cleveland basta suggerire per terrorizzare e raccontare l’orrore vero, quello di una dittatura senza scrupoli. Le mani portare all'inguine da parte del pubblico maschile davanti a questa scena, sono l’effetto collaterale, tranquilli.

“Il serpente e l'arcobaleno” è un film di opposti fin dal titolo e Wes Craven il più bipolare (artisticamente parlando) di tutti i maestri dell’Horror, colto, ma pronto a fare il fattorino sottopagato pur di lavorare nel cinema, spinto verso il cinema alto, ma talento naturale nel raccontare gli incubi al cinema. Forse proprio per questo solo lui poteva bilanciare così bene gli opposti, vita e morte, libertà e dittatura, film politico e film horror, scienza e magia e sfornare un film così unico e riuscito, probabilmente il suo apice creativo.

Ma, per fortuna, Craven Road è una via ancora molto molto lunga, piena di altro loschi e sinistri figuri con cui fare i conti, il prossimo arriverà tra sette giorni e sarà un incontro… Scioccante!

Intanto non perdetevi la locandina d'epoca di questo film, direttamente dalla pagine di IPMP.

34 commenti:

  1. Film che nella prima metà degli anni '90 era un appuntamento fisso su Tele Padova. Non dico a cadenza settimanale ma quasi... Tra questo e "L'Esorcista", i palinsesti delle reti regionali venete riproponevano (in prima serata!) a ciclo pressoché continuo l'horror di ottima qualità.

    Ammetto che non lo rivedo da... Boh! 20 anni? E ammetto pure che all'epoca delle mie continue visioni nei canalacci locali non avevo le conoscenze cinematografiche per analizzarlo o sotto-analizzarlo paragonando i non morti di Craven a quelli di Romero o, più semplicemente, leggere il secondo piano di lettura del film (zombie-nemici della dittatura). Lo guardavo, mi piaceva, lo ritenevo un incubo, un viaggio dantesco dell'ex Stella Solitaria nell'inferno di questa Haiti, perennemente buia e umidissima, con l'accompagnamento incalzante dei tamburi.

    Sono curioso di rivederlo da adulto con gli occhi e la testa debitamente preparata.

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    1. Urca! Ora ho visto cosa tocca venerdì prossimo... Altro classicissimo della mia infanzia!

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    2. Secondo me il bello di questo film, oltre all'atmosfera angosciante e claustrofobica della perfetta ricostruzione di Haiti, è proprio il fatto che sia un film politico, senza per forza sottolinearlo (anche se Craven fa di tutto per farlo notare), se ignori la storia di Haiti ti trovi davanti ad un film horror come dovrebbe sempre essere, uno di quelli che ti resta incollato addosso anche dopo i titoli di coda, la lettura di secondo livello sociale e politica è una marcia in più, però qui, rispetto ai film di zombie di Romero è un elemento che può passare per un attimo in secondo piano. Ma sono questioni di lana caprina, stiamo discutendo sui massimi titoli del genere horror (e zombie in particolare), di cui questo film fa sicuramente parte. Cheers!

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    3. Lui e la sua notevole colonna sonora aggiungerei ;-) Cheers

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  2. Un film stupendo ed è uno di quelli che mi ha più sorpreso negli ultimi anni (ebbene si recuperato in estremo ritardo), questo a discapito del mitico Wes Craven il cui successo di nightmare e scream ha posto nel dimenticatoio questo film che per esperienza personale vedo non citato o al massimo come appendice ai suoi lavori più noti, proprio per questo mi ha sorpreso, mi aspettavo semplicemente un bel film. Atmosfere angoscianti, scene da pelle d'oca (l'incontro con lo stregone voodoo lo ricordo ancora), ottimo nelle scene oniriche (non so perchè ma secondo me get out è stato ispirato in alcune scene da questo film), ed una visione degli zombie più classica e per questo unica nel panorama dominato (giustamente) dalla versione zombesca di Romero. Una perla. Gran recensione.

    Yarebon

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    1. Ti ringrazio moltissimo e grazie per il commento Yarebon, benvenuto su questa Bara Volante ;-)
      Dici bene, "Scream", "Nightmare" ma questo è allo stesso livello, anche perché riesce davvero a dire qualcosa di nuovo sugli zombie che sono il tema horror più inflazionato. Lo fa portandoti in quell'atmosfera sudaticcia che ti resta incollata addosso anche dopo la fine dei titoli di coda. Cheers!

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  3. Visto diverse volte e dannatamente bello. Ho sempre amato come ha saputo discostarsi dall'iconografia classica degli zombi cinematografici per riavvicinarla alla tradizione haitiana. E faceva pure paura!

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    1. Per me resta il punto di equilibrio tra lo zombie di Haiti diciamo Fulciano e quello politico di Romero e mette una fifa blu hai proprio ragione! Che poi beh, per non horror non è mai un male no? ;-) Cheers

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  4. Lo stesso Craven parlandone lo ha definito come il suo film più politico, per me oltre a questo, considero "Il Serpente e l'Arcobaleno" come uno dei film in cui esce fuori prepotentemente anche il lato più "autoriale" di Craven.

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    1. Politico senza ombra di dubbio, autoriale anche di più, Craven era artisticamente parlando bipolare, quando accendeva tutti gli interruttori nella testa, era in grado di fare il vuoto dimostrandosi una spanna sopra tanti più blasonati. Quando ha diretto questo film aveva acceso gli interruttori fino giù in cantina ;-) Cheers

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  5. Un film allucinogeno e straniante, sembra quasi un lungo sogno del protagonista, indotto dalla droga. Ti dò perfettamente ragione quando dici che gli elementi che fanno più paura non sono quelli soprannaturali ma quelli molto più terreni. Comunque grande film, effettivamente trasmesso molto negli anni '90, poi un pò dimenticato. 👋

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    1. Non è citato abbastanza, Craven dovrebbe essere quello di "Il serpente e l'arcobaleno". L'altro giorno ho visto la prima puntata di "Eli Roth's History Of Horror" dedicata ai morti viventi, questo film non viene nemmeno citato. Proprio perché non si associano gli zombie a Craven, lui è ricordato come quello degli slasher. Cheers

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    2. "L'altro giorno ho visto la prima puntata di "Eli Roth's History Of Horror" dedicata ai morti viventi, questo film non viene nemmeno citato."

      😯

      "Proprio perché non si associano gli zombie a Craven, lui è ricordato come quello degli slasher."

      Già!😕

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    3. Per fortuna si sono ricordati almeno di Stuart Gordon! Ora aspetto la terza puntata, quella dovrebbe essere quasi tutta Craven-centrica, la seconda parecchio Carpenter-centrica invece ;-) Cheers

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  6. Qualche volta Italia 1 lo riproponeva di notte. Ora mi sa più neanche quello.😕 Un film sempre attuale e forse il più affascinante di Craven. Certo, come detto, vista la stratificazione di longuaggi è apparso e potrebbe apparire noioso a molti.😕 Indubbiamente da riscoprire dopo l' invasione zombie che c' è stata qualche anno fa. Ho sempre trovato lo zombie originale haitiano più affascinante. Forse perché si lega appunto alla cultura ed alla storia dell' isola. Poi da spunto per belle riflessioni come qui, nel citato "Ho camminato con un zombie" e persino in una gran bella storia di Zagor, "Vudu", che da ragazzino mi inquietò abbastanza😅.

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    1. Attuale? In questi giorni? Dici? ;-) Romero ha spazzato via lo zombie di Haiti, Craven ha il merito di aver preso il meglio d tutte le correnti, anche per questo ha sfornato un gran film. Cheers!

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  7. Voglio essere sincero.
    Pur apprezzandolo, e' sicuramente uno dei film che piu' ho snobbato, tra la filmografia dello zio Wes.
    Ingiustamente, aggiungo.
    Ma ho forse l'attenuante che ero ancora piccolo, quando l'ho visto in tv.
    E vuoi per lo stile documentaristico quasi da reportage, ma in alcuni punti l'avevo trovato un po' indigesto.
    Ma probabilmente non era il periodo giusto.
    E dire che e' sicuramente una delle opere piu' "alte", di Craven, ed infatti la classificazione horror gli va stretta.
    La dimostrazione (anche se non ce n'era bisogno, perche noi fan lo sapevamo gia') che lo zio Wes con il budget giusto e' in grado di fare ben altro.
    Io venivo lanciatissimo dal primo Nightmare, e insomma...mi lascio' un po' cosi'.
    Mostra una Haiti che e' la capitale del terrore e del mistero, un ponte tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti. Con i secondi che grazie alla polvere o al ritmo dei tamburi giusti, usano i primi come ricettacoli, possedendoli.
    Il Voodoo e' un mondo vastissimo, e gli zombi (senza la e) sono una minima parte. Anche se la piu' interessante.
    Qui i cattivi, per l'appunto, non sono i non - morti. Ma chi li crea, come da tradizione.
    I Bokor, gli stregoni che possono colpire a distanza lanciando malefici, e che rubano l'anima tramutando le loro vittime in schiavi.
    Una tradizione che spaventa moltissima gente ancora oggi, e a cui molta gente erudita e colta da' credito.
    Non a caso veniva usata dagli spietati dittatori di quelle terre.
    Colse i favori di alcuni critici, anche se col pubblico ando' cosi' cosi'.
    Devo rivederlo. E credo che lo rivaluterei senz'altro.
    E' quasi un obbligo morale, direi.

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  8. Dimenticavo...pur presentando molti elementi di stampo fantastico, Craven non dimentica da dove viene e le parti spaventose e repellenti sono indubbiamente il suo pezzo di bravura.
    Piccola parentesi su Cronenberg:
    Ok, dopo che la critica si e' accorta di lui, ce lo siamo giocato.
    E sara' difficile, se non impossibile, fare marcia indietro. Senza contare che le sue ultime opere sono cambiate nella forma, ma non nella sostanza.
    Il messaggio e' identico (l'inserimento di un corpo estraneo in un sistema vivente che da' origine a una mutazione), ma...
    Mi mancano i suoi film "tumorali" di un tempo.
    Parlando di videogames...a me Existenz (pardon, Trascendenz), da appassionato, mi aveva mandato ai matti.

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  9. Ultimo aneddotto su Cronenberg e poi chiudo.
    La sera che sono andato a vedermi Spider al cinema (io e mio fratello), il tizio alla cassa ci guarda strano.
    Contate che il pubblico era sui 40/50 anni, e avevano tutti l'aspetto da gente di salotti buoni.
    Critici, probabilmente.
    E questo si becca due ventenni in maglietta e jeans.
    Ci fa: "Scusate, guardate che non e' Spider - man, eh!"
    Ora...massimo rispetto per Spidey, ma...
    Saltiamo su e gli facciamo:
    "Ci scusi, ma...guardi che SAPPIAMO CHI E' CRONENBERG."
    Il tipo ci ha rifilato un'occhiata del tipo C'E' ANCORA SPERANZA, ALLORA.

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    1. Ciao caro Red, è capitata una cosa simile anche a me, proprio con Existenz, forse il film del canadese che mi piace di più. Era gennaio del 2000, uno dei pochi multisala allora a Torino. Io e un mio amico di merende in fila a prendere il biglietto, con altri ragazzi pari età. La bigliettaia senza nemmeno chiedere ci fa i biglietti per una cagatona che non ricordo nemmeno, pensando fossimo con quelli davanti. Alché le obiettiamo che il nostro film è quello della locandina con Jude Law e quella ci lancia uno sguardo manco fossimo Brad Pitt, ma magari lo lanciava all'indirizzo del Jude, riflettendo col senno di poi... 👋

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    2. Red, Daniele, siamo sicuro che non siete stati nello stesso cinema? :-) Cheers

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    3. Il taglio da docuementario forse nella prima scena, quella in cui si segue la bara (non volante) poi sfuma subito nella fiction e da quei nell'incubo, gestendo benissimo tutte le anime del film, forse nel finale fa una concessione all'horror più caciarone, ma a quel punto aveva già vinto tutto. Su Cronenberg non credo si sia montato la testa con le lusinghe dei critici, anzi penso che sia quello con la coerenza nelle tematiche più soffocante, i suoi ultimi film sono incredibili, quando la mutazione diventa interna è ancora più sconvolgente. Cheers!

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  10. Arrivo tardi ma il cuore batte forte.
    Io ero lì, con il dito puntato sul REC del videoregistratore, sintonizzato su Italia1, alle 20,30 di quel giovedì 16 luglio 1992 in cui il film venne trasmesso in prima TV. Sarò onesto, ero interessato a zombacci splatterosi le cui budella riempissero la scena, quindi il giorno dopo - perché non vedevo mai i film in diretta, viste le dieci ore di pubblicità che il Berlusca mandava! - ho visto con grande stupore questo film che non ho saputo catalogare: ma mica sono zombie quelli!, gridavo con il dito puntato come fossi un ultracorpo. Ci sarebbe stato tempo in seguito di apprezzare classici come "White Zombie" e "Ho camminato con uno zombi" per capire quale fosse l'antica tradizione che Craven stava riprendendo.
    Però quella lacrima nella tomba... quella tortura... e quell'ombra del giaguaro... sono ancora oggi incisi nella mia mente.
    Confesso che non mi è capitato di vederlo molte volte - addirittura potrei non averlo visto più! - però per averlo ancora vivido nella mente come se l'avessi visto ieri sera significa che trent'anni fa Craven mi ha segnato a fuoco. Anzi, a sangue!

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    1. Quantitativi di pubblicità esagerati allora che sono peggiorati con il tempo. Esatto, Craven porta avanti un gran tradizione, magari non saranno zombie tanto splatter i suoi, ma la fifa scorre potente in questo film e i momenti indelebili non mancano, sul serio quella lacrima nella tomba è più potente di mille righe di dialogo. Cheers!

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    2. Una scelta saggia, direi, quella di rifarsi ai più sfuggenti e inquietanti zombie di tradizione haitiana degli esordi cinematografici, molto più adatti al vero orrore rappresentato nel film che rimane di natura principalmente e drammaticamente politica: una dittatura, pur se qui intrecciata a un soprannaturale che mette davvero paura, è già abbastanza mostruosa di per sé e non c'è nemmeno bisogno di sottolineare con espedienti splatter o putrefazioni a vista la condizione da non morto (schiavo senza più vita ne volontà indipendenti) di chi ne è vittima...

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    3. Quello é il tono che Craven azzecca meglio di tutti, la rappresentazione di chi vive in dittatura, un morto vivente, davvero un capolavoro di equilibrio questo film. Cheers!

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  11. Un film di zombie che riprende le tematiche del cinema classico degli anni trenta e quaranta trasportandole agli anni ottanta, una personalizzazione intrigante fatta da Wes Craven ^_^

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  12. Io avrò visto questo film versio la fine degli anni 90, in una replica a tarda notte sulle reti del Biscione... mi piacque, anche se non è un horror fracassone di intrattenimento come un Nightmare , ma ben più serio e virato sul triller.
    Ma sta copertina di un vecchio numero di Splatter, vi ricorda niente ?
    http://4.bp.blogspot.com/-8pdLNccPEkI/UjsH1UnLr1I/AAAAAAAAAUc/PgoCeWL3msE/s1600/SPLATTER017.jpg

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    1. Wes Craven ha fatto per i fumetti (Italiani) più che tanti altri autori ;-) Insieme a "Nightmare" il film di zio Wessy più politico, nel finale forse diventa un po' fracassone, ma va benissimo così. Cheers!

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  13. Non lo vedo da tantissimo tempo e non so dire se lo vidi più di una volta... ma tanto mi mé bastato per considerarlo il mio Craven preferito, anche più dell'iconico "Nightmare". Ci sono davvero tanto elementi mischiati sapientemente tra loro: L'orrore soprannaturale, quello reale e quindi più angosciante della persecuzione dittatoriale, l'elemento avventuroso come anche, se non ricordo male, una discreta dose di ironia. Il finale lieto e liberatorio l'ho molto apprezzato come lo apprezzo sempre... e, a ben pensarci, ricorda molto quello de "La casa nera" che arriverà pochi anni dopo.

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    1. In "La casa nera" é ancora più catartico, però dici bene sono simili, anche io credo che potrebbe essere anche sopra "Nightmare", qui Craven era al suo apice a mio avviso. Cheers!

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  14. Assieme al primo "Nightmare" è uno dei film che preferisco del regista. Ammetto che non lo vedo da un poco e non ricordavo avesse uno stile quasi documentaristico. Beh dai, adesso ho un motivo per rivederlo.

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    1. Infatti forse giusto la prima scena della Bara, ma sono sicuro che ritroverai un film bellissimo e invecchiato alla grande. Cheers!

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