mercoledì 24 giugno 2020

Fratelli nella notte (1983): brothers in arms

Trovo beffardo che un film che parla di compagni lasciati indietro, sia anche una pellicola citata così poco, ovvero il destino di “Fratelli nella notte”.

Gerald Dwight Hauser detto “Wings”, aveva un grande amico di nome Gary Dickerson, i due si conoscevano dai tempi dell’infanzia, ma se il primo è diventato un attore, sceneggiatore e occasionalmente regista, il secondo è andato in Vietnam e per certi versi non è mai più tornato. I due hanno continuato a frequentarsi per anni, ma le chiacchiere al bar erano dei monologhi di Wings, almeno fino ad una sera in cui l’amico raccontò tutto, quello che aveva visto laggiù in guerra, i morti, e i racconti di chi è rimasto ancora là.

Il Viet "fottuto" nam, forse la singola guerra più approfondita dal cinema americano.
Profondamente colpito dalla storia, Hauser impiegò diciotto mesi della sua vita per scrivere una sceneggiatura che raccontasse quello di cui nessuno voleva più parlare, il dramma dei MIA (Missing In Action) e dei POW (Prisoner Of War) i soldati americani rimasti in Vietnam anche dopo la fine del sanguinoso conflitto.

La sceneggiatura venne acquistata dalla Paramount, ma la storia non trovava il modo di arrivare sul grande schermo, pare che in fase di pre-produzione il film abbia cambiato titolo qualcosa come cinque volte (storia vera). Il plico di fogli ribattezzato “Last river to cross” non trovava la sua strada verso casa, ed è a questo punto della storia che entra in scena qualcuno con il piglio da generale giusto, una vecchia conoscenza di questa Bara… John Milius.


Milius alle prese con la regia di Conan il Barbaro è molto interessato al progetto ma non gradisce diversi passaggi della sceneggiatura, entra a bordo come produttore esecutivo, molto esecutivo, tanto esecutivo! Con il suo solito piglio da comandante in capo affida la riscrittura della sceneggiatura a Joe Gayton, scelta che mettiamola così, Wings Hauser non ha preso proprio benissimo, tanto da decidere di citare in giudizio Milius… Madornale errore (cit.).

Come ci ha illustrato magnificamente Lucius raccontando la storia produttiva di Alien, quando intervengono gli avvocati ad Hollywood, puoi stare sicuro che verrai bollato con la lettera scarlatta, infatti l’arbitrato diede ragione a Milius, con non tanto buona pace di Wings Hauser, che intervistato nel 1989, ancora vomitava bile su Milius, definito “a scumbag right-wing bastard”, ma anche sullo sceneggiatore sostituto, etichettato da Wings come “That son of a bitch!”. Che potremmo tradurre… Quel birichino. Più o meno. Magari non é proprio una traduzione parola per parola.

Dopo svariati cambi di titolo, finalmente quello giusto per il film.
Una volta superate le acque basse dell’arbitrato, la Paramount fece arrivare una copia di “Uncommon Valor” (titoli definito, decisamente più Miliusiano), nelle mani del regista Ted Kotcheff, fresco fresco del successo di un film con un reduce come protagonista, una pellicola che si intitolava Rambo. Potreste averne sentito parlare, qualche volta nella vostra vita.

Ma secondo voi un tipo dalla personalità dirompente come Milius, sarebbe rimasto con le mani in mano? Figuriamoci! Kotcheff ha dichiarato che il vecchio John ha scritto di suo pungo due o tre scene del film, condite da un ragguardevole numero di suggerimenti per rendere il film più realistico possibile (storia vera). L’uomo che ha scritto quella meraviglia dell'Indianapolis speech di Lo Squalo, qui piazza un’altra delle sue zampate, il discorso motivazionale del colonnello Jason Rhodes (Gene Hackman) ai suoi ragazzi è puro Milius, infatti in quanto tale riprende omaggiando, la prima scena del quinto atto del “Giulio Cesare” di William Shakespeare.

Voi mettere il vecchio Eugenio Mazzatore in un film e state tranquilli, almeno uno che recita alla grande ci sarà.
Per il cast Milius avrebbe voluto James Arness nella parte del colonnello Rhodes, ma per nostra fortuna si fece convincere dal provino, del come al solito monumentale di Gene Hackman, mentre tra i cambi in stile cestistico che hanno fatto bene al film, metteteci anche quello del solito James Remar, così dedito alla “Vita loca” da perdere un sacco di ruoli in carriera. A beneficiarne al suo posto è stato Patrick Swayze, una delle ragioni per cui il compianto Patrick è finito a recitare nei panni di Jed Eckert in Alba Rossa, uno così Milius non poteva farselo scappare.

"Bravo ragazzo, considerati arruolato tra le fila dei Wolverines"
Per altro a volerla raccontare proprio tutta, in una parte molto piccola se guardate bene, troverete anche Michael Dudikoff, ben prima di diventare il "guerriero Americano" di tanti film d’azione, mettete anche questa tacca alla cintura di John Milius.

Sapete quando dico che i primi cinque minuti di un film ne determinano tutto l’andamento? Quelli di “Fratelli nella notte” saltano letteralmente in faccia allo spettatore, riportandolo per il bavero nel Vietnam nel 1972. Un gruppo di soldati americani feriti corrono a rotta di collo, tra i proiettili nemici e le risaie vietnamita per raggiungere gli elicotteri che li porteranno in salvo, qualcuno cade, molti muoiono, alcuni vengono caricati in spalla - proprio come nella locandina del film -, ma altri resteranno drammaticamente a terra a disperarsi mentre gli elicotteri si alzano in volo senza di loro. Vi ricorda qualcosa tutto questo? George Pan Cosmatos ne farà una delle scene madri del suo Rambo 2 - La vendetta, uno dei film pesantemente influenzati da “Uncommon Valor”, solo che qui la scena madre arriva prima dei titoli di testa! Visto di peggio in vita mia ve lo assicuro.

Sembra la scena madre, invece è solo l'inizio del film.
A nessuno più importa dei ragazzi che sono ancora laggiù in Vietnam, come dirà il personaggio di Gene Hackman alla sua banda di gatti senza collare, radunati per una missione solitaria, in un Paese dove conta solo il profitto, chi fa bancarotta è tagliato fuori, si è speso già troppo per la guerra del Vietnam, anche in termini emotivi i soldati dispersi in azione e quelli che sono ancora prigionieri nel ‘Nam sono numeri, danni collaterali di una sporca guerra da dimenticare, perché gli Americani ammirano solo i vincenti.

Eppure qualcuno in quella guerra non ha perso solo il prestigio nazionale, ma anche un figlio, come è accaduto al colonnello Jason Rhodes, mentre ancora scorrono i titoli di testa, già lo zampino di Milius nel film di Ted Kotcheff è tutto lì da vedere. Con il suo classico stile, Milius racconta per immagini il dramma di un uomo che prima di essere un soldato è anche un padre: vedendo tanti ragazzi tornare a casa alla tv, Rhodes ricorda suo figlio, lo fa nel cuore della notte, quando sei solo con i tuoi pensieri e proprio per questo, quando vengono a tormentarti mordono più forte. Rhodes vede suo figlio ancora bambino sulla soglia della camera da letto, spaventato per un temporale notturno, allunga la mano verso di lui e piange, ma silenziosamente e senza potersi far sentire dalla moglie che dorme abbracciata al suo petto. Un uomo solo, un padre solo, con il peso del suo ruolo.

Un uomo deve fare, quello che un uomo deve fare (e tutte quelle altre robe lì)
Basta questa scena a Milius per arruolarci tutti, come per il monologo dell’Indianapolis, ora anche noi spettatori abbiamo una motivazione, sappiamo perché il protagonista farà tutto quelli che gli vedremo fare nel film e non potremmo non patteggiare per lui, questa non è più questione di onore, di patria o di partito, è un’altra storia di uomini con la schiena dritta, pronti a fare quello che è giusto anche quando si tratta di lavoro sporco, perché i guerrieri combattono, indipendentemente da chi in giacca e cravatta siede al posto di comando.

Mentre ancora scorrono le bellissime musiche di James Horner e i titoli di testa, assistiamo alla ricerca di Rhodes del figlio, che comincia a Bangkok nel 1977 e non si ferma fino al 1982. In un momento passano cinque anni, ma forti della scena precedente sappiamo che il colonnello non mollerà mai, finché non avrà riportato suo figlio Frank a casa.

La soffiata giusta arriva da un biondone soprannominato Blaster (Reb Brown) che non a caso sembra uscito da Un mercoledì da leoni, le foto aeree di un campo di prigionia Vientamita con “ospiti” troppo alti per la media dei “Charlie”. Proprio come in I magnifici sette (chiara e palese ispirazione per questo film), Rhodes comincia a radunare i suoi guerrieri.

Quella magnifica mezza sporca dozzina più uno.
L’elicotterista che non si toglie mai gli occhiali da sole e ha più di una storia tesa con la (quasi ex) moglie, che però appena sente la proposta di Rhodes accetta, e si toglie anche gli occhiali, perché tra guerrieri ci si capisce guardandosi negli occhi, i civili che non sono stati laggiù che ne sanno?

Deve superare la ritrosia della moglie anche Wilkes, non potete mancarlo, è quello con la faccia da pugile del grande Fred Ward, che passa il tempo a saldare contorte opere d’arte fatte con saldatore e tubi di metallo, più che arte un grido d’aiuto di qualcuno che al buio, in un tunnel sotterraneo scavato dai Vietcong, ha perso una buona fetta della sanità mentale.

“Non ci sono Graboidi signore, giusto qualche Charlie”
La banda di gatti senza collare radunata da Rhodes è una sorta di A-Team - andata in onda per la prima volta su NBC nel 1983, non credo sia un caso - di disadattati talentuosi, anche se il più disadattato di tutti non può che essere l’adorabile Sailor. L’aggettivo non è scelto a caso perché è proprio la sensazione che si prova nei confronti del personaggio, anche se è interpretato dal quella specie di orso Grizzly umanoide di Randall "Tex" Cobb, che qui quando può balla nel sole come il figlio dei fiori più grosso e cazzuto del circondario, ma per non farsi mancare proprio niente, va in giro con una granata legata al collo, a sua detta perché se la vita dovesse diventare una merda, lui ha l’uscita di scena più veloce a portata di mano. Vi ho già detto che questi ragazzi hanno perso più che una guerra in Vietnam no?

“Sei pronto per tornare in Vietnam ragazzo?”, “Veramente non credo di essere mai tornato”
A completare il gruppo ci pensa poi Kevin Scott (Patrick Swayze), il ragazzino del gruppo, l’entusiasta, ma anche quello guardato storto da tutti, perché semplicemente troppo giovane per aver davvero combattuto nel Viet “fottuto” Nam. Nel campo di addestramento organizzato dal colonello Jason Rhodes, Scott è quello che si allena con più energia, ma anche quello che deve supervisionare sul fatto che tutti mangino solo cibo locale («non vorrete andare nella giungla puzzando di cibo americano?»), ma proprio per questo è anche quello mal visto da tutto il gruppo.

Il campo di addestramento è un’altra conferma di come Milius (e Ted Kotcheff che qui opera ai suoi diretti comandi) sapesse raccontare per immagini, utilizzando le parole nel modo migliore, che non è di certo quello di annoiare il pubblico con lunghi “spiegoni”, ma piuttosto utilizzarle per cementare i rapporti e le dinamiche tra i personaggi.

Far affezionare il pubblico ai protagonisti, lo state facendo bene.
Ecco perché il piano con cui Rhodes ha intenzione di far evadere il figlio e tutti i prigionieri dal campo, non ci viene raccontato, ma mostrato. Il gruppo di soldati nella ricostruzione del campo, completa l’addestramento mettendo in scena il piano con cui salveranno i ragazzi ancora laggiù, un tripudio di esplosioni, elicotteri che decollano e Randall "Tex" Cobb che apre le porte di legno delle celle a colpi di motosega, il trionfo dello “Show, don’t tell” applicato al cinema d’azione. Anzi direi che ci sono gli estremi per essere uno dei Classidy!


Dove vengono usate al meglio le parole nel film? Per farci affezionare a questa sporca mezza dozzina, altro capolavoro che fa da chiara ispirazione per “Uncommon Valor”. Ad esempio io trovo fantastica la scena in cui Patrick Swayze e Randall "Tex" Cobb, dopo settimane di punzecchiamenti arrivano alle mani, ma tutto si risolve con una riga di dialogo, un chiarimento sulle vere motivazione che spingono il giovane Kevin Scott a lanciarsi anche lui in un’impresa folle come questa. Basta una manciata di parole e Sailor prende il ragazzo e se lo carica in spalla, anche se fino ad un secondo prima voleva strangolarlo, perché finalmente i due guerrieri si sono riconosciuti come uguali, fratelli nella notte appunto, come il titolo italiano puntualissimo, che riprende la canzone di Ray Kennedy che si sente sui titoli di coda del film. Perché tra guerrieri ci si riconosce e tra uomini si litiga anche brutalmente, salvo poi risolvere tutto per non pensarci mai più, come fanno gli uomini insomma, e il cinema di Ted Kotcheff e John Milius è sicuramente cinema che parla di uomini.

Sono faccende tra maschietti, un po’ di casino ma poi passa tutto.
Ci sono momenti divertenti in “Fratelli nella notte” (il menù da cui scegliere le armi, mi fa sempre ridere) e momenti fortemente drammatici, tutti funzionano perché la regia ha un ottimo ritmo e i personaggi sono scritti (e interpretati) così bene da risultare realistici e far appassionare lo spettatore alle loro vicende, anche andando oltre la retorica, oppure quel certo grado di fanatismo paramilitare che comunque nel film ha un po' di cittadinanza, perché alla fine “Fratelli nella notte” si riduce ad una storia di guerrieri, mandati a fare un lavoro sporco e per questo dimenticati e puniti più del necessario, ma è soprattutto una storia di uomini con la schiena dritta che fanno quello che è giusto, quando bisogna farlo.

Certo che in tutto questo, non mancano nemmeno dosi abbondanti d’azione dirette davvero alla grande, che di certo non fanno mai male. L’ultimo atto è una lunga tirata che prosegue in crescendo, fino all'attacco al campo di prigionia, dove la tensione per l’esito della missione e i sacrificati che restano sul campo di battaglia, sono il frutto di un lavoro di costruzione dei personaggi notevole.

Se non avete visto il film, non ho nessuna intenzione di raccontarvi il finale, ma ci tengo a sottolineare quando le lacrime, silenziose all'inizio del film, nel finale possano essere liberatorie, perché arrivano al cospetto di pari grado, guerrieri che sono stati laggiù, compagni d’arme che sanno cosa vuol dire la guerra e i suoi effetti collaterali.

I finali, quelli che funzionano per davvero al cinema.
I titoli di coda di “Fratelli nella notte” si giocano una trovata che amo molto, il primo piano dell’attore con il nome del personaggio (esattamente come accadeva in un altro film “militaresco” come Predator) sulle note di “Brothers in the Night” di Ray Kennedy, mentre Sailor balla nel sole la sua strana danza.

Pensate che secondo Patrick Swayze, il film girato era anche migliore di quello che il pubblico ha visto (all’uscita in sala nel dicembre del 1983), perché molte parti relative alle dinamiche dei personaggi sono state tagliate dalla Paramount (storia vera). Secondo le dichiarazioni dell'attore nella sua autobiografia, proprio quelle parti avrebbero fatto affezionare ancora di più il pubblico ai personaggi, perché questo film anche se non è stato diretto da John Milius, ha dentro tanto della sua poetica.

Non vedete tanta poesia in tutto questo? Beh allora guardate meglio!
Una poetica che al cinema, va oltre le posizioni da “scumbag right-wing bastard” tanto care al regista e sceneggiatore. Qui Milius ha preso idealmente per mano Ted Kotcheff e lo scalpore (e l’entusiasmo) generato dal suo Rambo, per restituire qualcosa al suo Paese a dare in testa ai benpensanti, a quei politici in giacca e cravatta che hanno già archiviato il Vietnam e le sue perdite come un investimento fallito. Tutta quella rabbia si sente nel discorso di Rhodes ai suoi reduci: «Sembra che voi abbiate un forte senso di lealtà, anche se molti pensano che siate dei criminali a causa del Vietnam. E sapete perché? Perché avete perso, e in questo Paese è come fare bancarotta: si è tagliati fuori dagli affari. Vogliono dimenticarsi di voi, si è speso troppo per voi e non avete dato alcun profitto. Ecco perché nessuno pensa di andare a prendere i nostri compagni per riportarli a casa, perché non c’è nessun guadagno in questo: voi ed io sappiamo che abbiamo ancora dei conti in sospeso». Puro Milius al 100%.

Questo sento di rivincita al cinema non è passato inosservato, la crociata impossibile del colonello Jason Rhodes (alter ego di Milius) ha riportato il dramma dei prigionieri americani ancora in Vietnam alla ribalta, come ci ha molto ben raccontato Lucius, in un post che vi consiglio caldamente.

L’insegnante di danza dell’ippopotamo di “Fantasia”.
“Missing in Action” è arrivato solo l’anno dopo “Fratelli nella notte”, dando più visibilità al lato “Action” e se vogliamo anche caciarone della vicenda. Non è un caso se tutti ricordano ancora Rambo 2 - La vendetta e non così tanto il suo padre nobile, che è proprio “Uncommon Valor”, i compagni d’arme di John Milius, a ballare nel sole come guerrieri del passato, dimenticati, lasciati indietro, ma non senza aver lasciato un segno del loro passaggio.

Through these fields of destruction
Baptism of fire
I've witnessed your suffering
As the battles raged higher
And though they did hurt me so bad
In the fear and alarm
You did not desert me

22 commenti:

  1. gran film

    rambo 2 ma con classe

    rdm

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    1. Senza questo "Rambo 2" non sarebbe mai esistito ;-) Cheers

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  2. Mercoledì (da leoni?) col botto! Film che veramente non rivedo da un sacco di tempo ma che mi è rimasto impresso a fuoco nella mente. Ovviamente (come il 99% delle persone) l'ho visto dopo "Rambo 2" e probabilmente pure dopo "Rombo di tuono" di Chuck ma non vuol dire niente.

    I dialoghi che urlano "Milius!" ad ogni parola, le scene, la costruzione dei personaggi, il finale amaro,... Ad avercene di film come questo! Capolavoro spesso dimenticato.

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    1. Quando ti dico che ho parecchia carne al fuoco è perché ho in serbo mercoledì da leone come questo. Ci tenevo a scriverne perché è un film fin troppo dimenticato. Ora resterà tale ma almeno ho un post ;-) Cheers

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    2. Non parlare di carne che c'ho la grigliata (e la birra...) che mi escono dalle orecchie!

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    3. Era una provocazione la mia ;-) Però ti sei ripreso dai allora è andata bene. Cheers

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  3. Film bello e coraggioso, ha saputo mostrare il volto brutto della guerra più di tante parole, soprattutto per chi era un ragazzino come me ai tempi e non capiva molto di quella guerra lontana. Devo anche segnalare la versione più yankee di questo film, ovvero Eroi per un amico, con Gary Busey, Mark Harmon e Thomas F. Wilson, il Beef di Ritorno al futuro. Bollato come film intriso di razzismo e retorica amerigana dagli stessi amerigani, figurati... Ai tempi, però, lo trovai divertente. 👋

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    1. Ci recitava Robert Duvall in quello me lo ricordo, quindi come tutti i film di Robert Duvall andava e va visto ;-) Cheers

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    2. Hai ragione, mi sono accorto di aver dimenticato di citare proprio l'attore migliore del gruppo! Sarà (piccolo spoiler) che il grande Bob non fa esattamente una bella fine... 👋

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    3. Lo ricordo essenzialmente per la sua presenza ma sono di parte, con Duvall si va sempre sul sicuro. Cheers!

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  4. Mi hai fatto venire una voglia infame di rivedermelo! Per anni l'ho conservato registrato su VHS da un passaggio notturno su RaiTre ma visto interamente poche volte... più che altro andavo diretto ai titoli di coda per ascoltarmi Brothers in the Night e quel leggendario balletto di Tex sullo sfondo del tramonto.
    Un film davvero micidiale, sporco come non ne hanno mai fatti altri. Forse nemmeno Apocalypse è riuscito ad arrivare a tali vertici di putridume....

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    1. Lo scopo era un po' quello lo confesso ;-) Volevo usare anche il il pezzo dei titoli di coda ma mi sembrava troppo facile, alla fine ho optato per i Dire Straits. Anche secondo me, ma in fondo anche "Apocalypse Now" portava la firma di Milius, quindi tutto torna. Cheers!

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  5. Visto eoni fa.
    Film ingiustamente dimenticato, e sottovalutato, come tanti altri.
    Perche', chi piu' chi meno, tutti si sono cimentati col Vietnam in quel periodo.
    Piu' che naturale, con un intero paese che stava cercando di elaborare il lutto di una delle sue piu' grandi tragedie umane.
    Vero, molto action e "fracassone" in certi punti. Ma che nelle scene madri e toccanti sa tirare le corde giuste.
    Il cinema fatto dagli uomini per gli uomini.
    Ci si conosce da una vita, anche se non ci si e' mai visti prima.
    Si va a istinto, e ci si fida l'uno dell'altro. Anche quando si fa a botte.
    Perche' gli occhi non dicono quel che sta dicendo la bocca, o i gesti.
    Perche'come diceva l'ex - commilitone del padre diJesse, in Preacher...se non potevi fidarti di chi avevi a fianco, la' eri fottuto.
    Un po' come Rambo.
    Gia'. Rambo. Il problema sta li'.
    Lo ritengo intoccabile perche' dato dignita' a una figura discussa e controversa, trasformandolo in superstar.
    Ma Stallone ha catalizzato tutta l'attenzione su di se', oscurando chiunque altro.
    Peccato, perche' questo e' uno dei primi revenge - movie, in tal senso.
    E' andata male nella realta'? Bene, al cinema ai fottuti Charlie gli faremo un mazzo cosi'.
    Senza contare che qualunque cosa avesse il nome di Milius, ad un certo e per via di qualche maccartista dell'ultima ora, la guardavano storto.
    Uno dei pochi film che forse mostra un'inversione di tendenza senza diventare un one - man show comecon Slu, anche se Hackman e' quattro spanne sopra tutti.
    Anche in una guerra sporca come il 'Nam poteva esserci stato spazio per l'eroismo, l'abnegazione e il sacrificio.
    Mi viene in mente Hamburger Hill di Irvin, altro esempio. E altro film snobbato.
    Menzione d'onore e massimo rispetto per i Dire Straits, Cass.
    Il mio preferito in assoluto tra i gruppi "classici".
    Impossibile non pensare ai soldati che avanzano nelle paludi, ascoltando Brothers in Arms.
    E poi vederli mentre alzano la testa e scorgono gli elicotteri che passano sopra di loro...

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    1. Non utilizzerei la parola "fracassone" per questo film, altrimenti non saprei che parola utilizzare per "Rombo di tuono". In generale credo che Hackman non abbia sbagliato un colpo in carriera, sarebbe idealmente tornato in "Vietnam" con un altro titolo a cui voglio molto bene come "Bat 21", ma in un ruolo opposto a quello di questo film, giusto per dire quanto era poliedrico come attore. Cheers!

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    2. Ok, ma solo perche' si parla di LUI.
      E concediamogliela pure, al grande Chuck.
      E ricordate che...
      UNA VOLTA, QUI DA NOI, ROMBO DI TUONO ERA GIGI RIVA. DOPO MISSING IN ACTION L' UNICO, VERO ROMBO DI TUONO E' DIVENTATO CHUCK NORRIS!!
      Una curiosita', Cass:
      Ma 'sto Remar l'hanno cacciato via praticamente da DOVUNQUE?!
      Giuro che non mi ricordo piu' neanche che faccia abbia.
      Mille ma mille volte meglio Biehn, comunque.

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    3. Remar si, lavorava solo grazie a Walter Hill e pochi altri. Biehn sfiga nerissima, nemmeno un fine carriera da grande vecchio si é meritato. Cheers

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  6. Grazie per il link e rimarrà per sempre un mistero perché "Rombo di tuono" (Missing in Action) venga regolarmente trasmesso ancora oggi in TV mentre "Fratelli della notte" bisogna cercarlo con il lanternino. Eppure Chuck Norris entra in scena rifacendo identica la scena finale di Tex Cobb, para para: purtroppo la citazione di Norris ha preso il posto dell'originale nell'immaginario collettivo.
    Mi sono rivisto il film prima dello speciale sulla trilogia di Missing in Action e diciamo che fa strano metterlo nello stesso universo: fra le zampate di Milius e un cast stellare da applaudire all'infinito "Fratelli nella notte" dovrebbe essere in ogni collana e rassegna di film di guerra, per non parlare dei libri di storia sul Vietnam.

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    1. Cosa non fa la popolarità, questo film è una nota a piè di pagina, quando dovrebbe essere il titolo principale. Tutta colpa del modo in cui Milius é stato condotto alla cinta daziaria di Hollywood, non ho altre spiegazioni altrimenti. Cheers!

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  7. Che film meraviglioso, la scelta di radunare e presentare questa posse (cit. volontaria a Mario Van Peebles per il suo western all black anni 90) crea un ponte con altri film mito, i mercenari di Predator, gli ergastolani bad ass di Con Air, arrivando ai giorni nostri con gli Expendables di Sly che omaggia chiaramente il genere, così si entra direttamente nella leggenda.

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    1. Parli con uno che dopo averne consumato la vhs, ancora oggi quando sente il nome di Mario Van Peebles pensa a "Posse - La leggenda di Jessie Lee" seguito dalle parole «Nicodemo era un profeta» (storia vera). I titoli di coda attore/personaggio io li chiamo "Alla Predator" ma forse dovrei chiamarli alla Blues Brothers/Fratelli nella notte visto che sono arrivati prima di Predator. Cheers!

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  8. Il film non l'ho visto e lo recupererò sicuramente però, da quello che scrivi, sottolineiamo che l'incipit storico è più una leggenda metropolitana che altro. I vietnamiti rilasciarono ben presto i loro prigionieri facendo uno scambio con gli usa. Gli stessi usa offrirono diversi milioni di dollari per riportarli a casa. Rimase il problema di chi era effettivamente sperduto e cadde nell'oblio. Però questa storia dei prigionieri di guerra fu cavalcata da Reagan come oggi salvini cavalca Bibbiano o amenità simili

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    1. Più le cose cambiano più i politici restano gli stessi ;-) Cheers

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