venerdì 21 febbraio 2020

Le colline hanno gli occhi (1977): I più fortunati, moriranno per primi

Siete amanti delle gite fuori porta? Bene, oggi tocca ad uno di quei film che vi farà venire voglia di stare a casa, bentornato a… Craven Road!
Il successo di L’ultima casa a sinistra rende il nome di Wes Craven famoso, anzi, forse sarebbe meglio dire famigerato, perché il film incassò piuttosto bene, ma per via del contenuto così controverso, per zio Wessy era piuttosto complicato trovare altre proposte di lavoro, infatti ridotto economicamente alla canna del gas, Craven pur di dirigere ha fatto di tutto, anche film porno. Sì, perché “The Fireworks Woman” (1975) da noi uscito con il pruriginoso, ma censorio titolo di “La cugina del prete” avrà pure delle tematiche tipiche del regista di Cleveland, ma non è il solito filmettino con qualche scena di nudo, è proprio un film per adulti in piena regola, a volte sono molto naif, lo confesso.

In suo soccorso arriva il produttore Peter Locke che non solo riesce a fare cambiare idea riguardo alla strambo piano di Craven di provare a dirigere una sua versione della classica fiaba di Hänsel e Gretel (storia vera), ma gli propone qualcosa molto in linea con il suo film d’esordio, per tematiche, ma anche per scarsi mezzi a disposizione.

Le colline hanno gli occhi, mentre questa rubrica, ha i titoli di testa!
Siamo spesso abituati a pensare al produttore come ad un grigio burocrate incravattato capace solo di tagliare i fondi ed elargire tanti no, ma nel genere horror, in particolare, alcuni registi hanno potuto contare su produttori che sono stati veri angeli custodi, persone con le maniche orgogliosamente arrotolate pronti a sporcarsi le mani, John Carpenter ha avuto Debra Hill, a Wes Craven è toccato Peter Locke ed è stata una grande fortuna.

“C'è l'aria condizionata in questa macchina? Alzala un po’ in questo deserto si crepa, altro che cannibali!”
La sceneggiatura iniziale scritta dallo stesso Wes s'intitolava “Blood Relations”, un titolo che metteva bene in chiaro il tema del film, una storia che Craven aveva scritto ispirandosi in parte al personaggio di Sawney Bean, capo di un clan scozzese composto da più di quaranta persone vissuto nel XVI secolo, responsabile secondo la leggenda di numerosi omicidi, ma per non farsi mancare proprio niente, anche di atti di cannibalismo. Bean e la sua famiglia si nascondesero in grotte e per anni sfuggirono alla cattura che quando avvenne fu esemplare: condotti ad Edimburgo per ordine di re Giacomo vennero arsi vivi in pubblica piazza, scatenando reazioni violente presso la popolazione “civilizzata”, virgolette obbligatorie, perché proprio l’idea di rispondere alla violenza con lo stesso tipo di violenza, è l’argomento che solletica il filosofo e laureato in psicologia Wes Craven.

Peter Locke diventa fondamentale nella riuscita di “Le colline hanno gli occhi” per varie ragioni, prima di tutto è lui a convincere Craven che questo titolo che suggerisce un senso di paranoia è quello giusto per il film, dopodiché è lui a trovare il posto giusto per girare, Victorville in California dove Craven si era trasferito per lavorare giorno e notte al suo sogno di diventare regista. Locke e Craven guidano per ore nel deserto del Mojave, rischiando anche la pelle, quando la loro macchina rimasta momentaneamente in panne ha regalato ad entrambi il primo brivido legato a questo film (storia vera). Per dirvi di quanto Locke fosse un produttore atipico, se guardate bene, troverete proprio lui nei panni di Mercurio, uno dei cannibali assassini di questo film, insomma per lui tutto, tranne che noioso lavoro da burocrate!

Quanti produttori cinematografici vestiti da gallina avete visto nella vostra vita?
“The Hills Have Eyes” è una delle più riuscite pellicole legate al filone ormai classico delle deviazioni sbagliate, una tipologia di film che ha il suo padre nobile in “Un tranquillo weekend di paura” (1972) e in Non aprite quella porta il titolo di riferimento, anche per Craven, visto che ha sempre considerato questo suo film una specie di sentito omaggio a quello di Tobe Hooper, da cui ha preso in prestito anche parecchi oggetti di scena. Sì, perché le ossa finte e le pelli di animali visibili nel film, sono una gentile concessione del “Kit” (come lo chiamava lui) personale dello scenografo Robert A. Burns che aveva il cassone del pick-up pieno di questi oggetti, gli stessi che aveva usato proprio lavorando a "The Texas Chain Saw Massacre" (storia vera).

Credo che film così rozzi ad una prima occhiata, ma in realtà così profondamente iconoclasti nella loro volontà di puntare dritto alla giugulare del pubblico siano diventati roba rara, sicuramente hanno fatto da apripista, discorso che vale anche per L'ultima casa a sinistra. Visto che il rosso sangue è il colore di Wes Craven, direi che qui ci sono gli estremi per il Classido!


Il cast per un film che ruota così tanto intorno ai personaggi è un passaggio importante, Craven e Locke non solo dovevano trovare giusti, ma anche piuttosto coriacei, perché girare nel deserto non è certo una passeggiata, parliamo di un posto in cui di giorno le temperature possono arrivare vicine ai 50 gradi e di notte scendere sotto lo zero e il risicato budget di 230.000 fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, non garantisce certo di poter dormire tutte le notti all’Hilton, infatti il cast non solo ha dovuto dividere una roulotte usata come camerino, ma ha spesso dovuto portarsi da casa costumi e oggetti di scena (storia vera). Basta dire che la scena della tarantola è stata aggiunta in corsa, dopo che Craven trovò uno di questi adorabili ragnetti in un terrario, il tutto per la gioia di Dee Wallace che ha candidamente ammesso che il terrore che la sua Lynne manifesta in quella scena, non è frutto del suo talento di attrice (storia vera).

Per la selezione degli attori Craven sceglie metodi bizzarri, ma efficaci, ad esempio Janus Blythe ha ottenuto il ruolo della selvaggia Ruby, dopo la classica prova di recitazione davanti al regista e la meno canonica gara di corsa organizzata da Craven, chi di voi corre più forte avrà la parte, perché Ruby nel film avrà parecchie scene di corsa, pare che Janus “figlia del vento” Blythe abbia stracciato la concorrenza, malgrado una partenza non proprio brillantissima.

Voi la vedete così, ma questa corre come Usain Bolt.
Le due famiglie protagoniste nel film, sono opposte in tutte, da una parte abbiamo i Carter provenienti dall’Ohio (come Craven) e in cerca di fortuna in California (come Craven… ma anche come i protagonisti di “Furore” di John ford, tra le ispirazioni dichiarate del film) sono biondini, bellini, puliti e pettinati, ma soprattutto bianchi, hanno una nonna amorevole e un nonno poliziotto in pensione che si comporta come uno che pensa di saperla lunga e gira ancora con la rivoltella. Sono la classica famiglia da telefilm con ben poche ombre, al massimo battibeccano scherzando sui Freud («Sai cosa dice Freud di chi è ossessionato dai serpenti?») in quella che è una costante per zio Wessy, anche in L’ultima casa a sinistra ci scappava una battuta sul vecchio Sigmund. Umorismo da psicologi, tranquilli tutto normale.

Nell’angolo rosso (sangue), invece, abbiamo la famiglia di selvaggi cannibali in cui i carter s'imbattono per via della solita deviazione ardita e di un guasto meccanico (potreste aver visto circa cento horror come questo, molti dei quali ispirati al lavoro di Craven), il velato sottotesto è che questi simpaticoni siano anche il sottoprodotto degli esperimenti nucleari condotti dall’esercito nel deserto e da questo punto di vista avere tra le fila dei cattivoni quella leggenda di Michael Berryman aiuta parecchio. Doveroso paragrafo dedicato al mito in arrivo!

Certe facce appartengono al cinema presenta: Michael Berryman!
Berryman 1,88 di adorabile voglia di abbracciarlo, una sorta di Chewbacca glabro per via di una rara forma di displasia ectodermica ipoidrotica da cui è afflitto dalla nascita, tormentata aggiungerei, perché per dirla alla sua maniera: i dottori hanno dovuto intervenire sul suo cranio non completamente formato per salvargli la vita. Il risultato è la caratteristica forma del cranio che lo ha reso un caratterista impossibile da non notare, era uno dei pazienti in Qualcuno volò sul nido del cuculo, ma è grazie a Craven e al suo personaggio qui, il selvaggio Plutone che Berryman è diventato una leggenda dei film horror. Motivi per volergli bene? Parecchi, ma lasciatemi raccontare questa, durante il tour promozionale di “Le colline hanno gli occhi” in un cinema di Detroit una signora si alza in piedi urlando che la pellicola è malata e perversa, toc toc, ditone che bussa sulla spalla della signora che voltandosi nella poltrona dietro alla sua chi trova? Berryman, uno dei cannibali del film che si è divertito a rispondere: «Ha ragione signora, è davvero roba perversa questa» (storia vera). Facile che la signora stia ancora correndo e urlando oggi.

“Le colline hanno gli occhi” con il suo budget minuscolo e il suo aspetto così smaccatamente anni ’70 (che è anche il migliore dei complimenti che si possa fare ad un film) può sembrare qualcosa di già visto e velatamente bacchettone nella premessa, ma durante il corso dei suoi 89 minuti (tagliati, per evitare il divieto ai minori che lo avrebbe ucciso al botteghino) scopre le sue carte molto bene, confermando ancora oggi la sua capacità di tenere lo spettatore incollato allo schermo.

"Ma dove ci hai portato, nel Nebraska?" (cit.)
Sì, perché prima Craven riesce a farci affezionare ai Carter, dopodiché introducendo un po’ alla volta la famiglia di cannibali con i nomi degli Dei greci, porta in scena una lotta per la sopravvivenza che altro non è che la rappresentazione della natura umana: porta un uomo civilizzato al limite, costringilo spalle al muro e quello si sfiderà al cervello rettile e tirerà fuori la bestia dentro di sé. Da vero Iconoclasta quale è sempre stato, Craven si scaglia contro la facciata della famiglia classica, dicendoci apertamente che tra i cannibali (forse anche mutanti) che vivono nel deserto nutrendosi di passanti ignari e la famigliola borghese dell’Ohio, non c’è proprio nessuna differenza.

La famiglia tradizionale (di cannibali)
Il professor Craven espone la sua tesi con il piglio dello studioso della natura umana, ma espone la teoria usando i mezzi proprio del regista horror, uno di quelli di pura razza aggiungerei io, perché “Le colline hanno gli occhi” procede spedito in un crescendo di violenza ancora efficacissimo oggi.

In un tempo incredibilmente breve assistiamo alla scena di stupro della povera Brenda (Susan Lanier) in cui non si vede nulla per nostra fortuna, ma quello che si sente basta e avanza, le urla della Lanier sembrano non finire mai, un supplizio per il personaggio, ma anche per noi spettatori, in cui si consumano anche le dinamiche distorte tra i componenti della famiglia di selvaggi con Marte che intima a Plutone: «Devi aspettare per diventare uomo».

Craven quando si tratta di violenza, non prende prigionieri.
Ma se questa scena non fosse abbastanza, Craven senza concederci un attimo di tregua prima uccide nonno Bob con la scena dell’albero dato alle fiamme e poi ottiene dalla bravissima Virginia Vincent una scena straziante, con la donna che davanti al cadavere del marito ha una mezza crisi isterica in grado di far stringere il cuore allo spettatore («Quello non è il mio Bob! Quello non è il mio Bob!»). tutto finito? Col cavolo! Craven non alza mai il piede dall’acceleratore e infila dentro anche il rapimento della neonata da parte dei cannibali, l’ultima curva di una lunga sequenza che sembra infinita nella sua volontà di maltrattare i protagonisti (e noi spettatori).

Avete presente tutti quei film contemporanei americani che raccontano la bellezza della famiglia? Ecco Craven era di un altro avviso.
Craven è il regista che più di tutti ha resi umani e tridimensionali gli assassini e qui apre davvero la borsa dei trucchi per farlo, ma allo stesso tempo porta avanti la sua teoria sulla natura umana con quell’approccio colto che lo ha sempre contraddistinto. La controffensiva dei Carter parla chiarissimo in tal senso.

Quando Brenda e Bobby (Robert Houston) decidono di utilizzare il cadavere della nonna come esca, posizionandolo su una sedia al centro di una trappola, lo fanno disperandosi e piangendo, ma è il momento chiave in cui i membri della famiglia borghese e civilizzata scelgono da che parte stare: invece di rispettare la sacralità dei corpi dei defunti che è tipica della nostra cultura, fanno la scelta spontanea di usare il corpo come mezzo per salvarsi la pelle. Infatti, quando i loro aguzzini cadono nella trappola, i due ragazzi se la ridono felici, dimenticando molto presto il dolore per la perdita della donna.

"La nonna è salita sul tetto…" (Cit.)
Il finale di “Le colline hanno gli occhi” non fa sconti, anzi, ad essere corretti un paio li ha anche fatti per nostra fortuna, ad esempio, Craven era convinto che la bimba nel film doveva finire uccisa, ma tutto il cast insistendo è riuscito a convincerlo del contrario (storia vera). L’altra concessione fatta dal sanguinario professor Craven, in realtà, è quella di essersi reso conto da solo che il finale bonaccione (che trovate tra gli extra del DVD del film) avrebbe solo fatto crollare tutta la sua tesi, infatti per coerenza ha scelto il più tosto possibile, un finale che arriva di colpo, inatteso come una banda di cannibali che decide di volerti trasformare nella loro cena. Il film, infatti, si conclude con Doug (Martin Speer) che dopo aver vinto e ucciso il feroce Marte, continua a colpirlo selvaggiamente ancora, ancora e ancora, al professor Craven basta sfumare tutto sul rosso e far partire i titoli di coda, la natura umana ha trovato un altro modo per uscire fuori e mordere.

“Salve buongiorno, sono la natura umana, piacere di morderla”
“Le colline hanno gli occhi” esce in piccoli cinema di provincia, ma diventa subito un grande successo, la sua unica sfortuna commerciale è stata quella di uscire poco prima di un grande successo come “Il bandito e la madama” (1977) così popolare da occupare parecchie sale e rallentare, in parte, la marcia trionfale del film di Craven che, costando noccioline, è riuscito comunque a portarsi a casa 25 milioni di fogli verdi con sopra i ben noti ex presidenti spirati. Inoltre la mia passione per le frasi di lancio, trova libero sfogo in questo film, la sua “I più fortunati, moriranno per primi” (che ho voluto omaggiare nel titolo del post) è una delle migliori di sempre, non proprio come quella di Alien, ma quasi.

Un successo che apre molte porte a Craven e che ha lanciato almeno un paio di icone horror notevoli, di Berryman vi ho già parlato, ma anche Dee Wallace è stata lanciata da questo film che ha la curiosità di essere anche il primo capitolo di una “rivalità” a distanza niente male.

Certe facce appartengono al cinema 2 (la vendetta) presenta: Dee Wallace!
Sì, perché nella roulotte dei Carter, fa bella mostra di sé il poster strappato del film Lo Squalo, inoltre Craven ha sempre avuto la lingua piuttosto lunga e con quella sua espressione da Stregatto psicotico (lo dico con affetto, lo Stregatto è il mio personaggio di Alice preferito) quando parlava dei suoi film, gongolava e una volta arrivò ad affermare che il capolavoro di Spielberg era solo “Horror pop” non vero Horror come il suo film, affermazione che Sam Raimi non prese benissimo ed ecco perché nello scantinato di La Casa, compare proprio un poster di “Le colline hanno gli occhi”, ovviamente strappato. Una bonaria faida che è andata avanti parecchio, anzi, magari potrei approfittare della rubrica per raccontare tutti i round di questa sfida a distanza.

Craven manda a segno il primo colpo…
…Sam Raimi risponde con un montante!
Per Craven i mostri sono sempre ad un passo da noi, arrivano da un mondo che si trova a pochissima distanza dal nostro possono essere gli stupratori di L’ultima casa a sinistra, violenti e folli anche se arrivano solo da quel brutto quartiere che non vogliamo visitare mai, oppure i cannibali di questo film che vivono coperti di pelli nel mezzo del deserto, ma sono del tutto identici a qualunque buona famiglia dell’Ohio, è normale che proprio Craven sia stato il papà del mostro che arriva da un mondo adiacente al nostro (quello dei sogni) e che ci colpisce quando siamo più deboli (nel sonno), ma per quello ci sarà tempo, questa rubrica è ancora lunga e ha ancora alcune tappe sul su percorso, la prossima, ad esempio, è fondamentale, quindi ci vediamo di nuovo qui tra sette giorni, sempre lungo Craven Road.

40 commenti:

  1. Mi immagino la signora che si trova alle spalle il personaggio che sta vedendo sullo schermo!!! Bei momenti di metacinema😂😂😂

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    1. D'altra parte Wes Craven è sempre stato maestro del metacinema, e Michael Berryman è il suo profeta ;-) Cheers

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  2. Questo mi manca, ho visto solo il remake e non mi era dispiaciuto per nulla. Se non ho intenti da studioso di cinema posso saltarlo o l'originale ha qualcosa in più del rifacimento moderno?
    Certo che a vedere i fotogrammi si nota parecchio che è anni 70! :)

    Complimenti come sempre per la rece!

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    1. Il remake di Alexandre Aja preme l’acceleratore sulla questione delle radiazioni e delle conseguenti mutazioni, elemento che per Craven era una nota di colore aggiuntiva per accentuare la stranezza della famiglia. Poi ti dirò, quello di Aja non è un brutto film, sangue senza tirar via la mano che fa un buonissimo lavoro, solo che non ha il furore di Wes Craven, che qui sfoggia doti da vero iconoclasta che Aja può solo sognarsi. In generale è un buon remake Aja non esce dal confronto con le ossa rotte il che è già moltissimo, però Craven riesce ad essere molto più nichilista, il fatto che sia un film povero, grezzo e molto anni ’70, secondo me gioca a favore della tesi esposta dal professor Craven ;-) Grazie capo gentilissimo... Cheers!

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    2. Sono d'accordissimo sul remake. E ovviamente ancora di più sull'originale.

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    3. Ho preso in prestito da lui molto (storia vera). Cheers!

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  3. Ahahah! Splendida la faida tra Craven e Raimi a suon di poster strappati! X--D

    Il remake prende "il velato sottotesto" del "sottoprodotto degli esperimenti nucleari condotti dall’esercito nel deserto" e lo rifa in versione "ti sbatto in faccia il sottotesto", però non è così pessimo come film. Non se ne sentiva il bisogno e l'originale è un milione di volte superiore, ma fondamentalmente questo si può dire del 99.9% dei remake fatti!

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    1. Aspetto siamo solo all’inizio, ho almeno altri due post in cui questa amichevole faida tornerà a tenere banco ;-) Che poi è stata davvero amichevole, perché i due si sono lanciati frecciatine sotto forma di omaggi per un sacco di tempo.

      Prende dal primo film le radiazioni, e le li trasforma in mutanti deformi, almeno è una mattanza fatta bene, però il bello di “Le colline hanno gli occhi” il motivo per cui non è uno dei tanti film sulle deviazioni sbagliate, è proprio l’approccio colto (ma allo stesso tempo furioso) di Craven, è una marcia che manca al remake, e tanti altri film simili. Cheers!

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  4. Craven mette a segno un altro colpo da maestro.
    Nonostante il successo, e nonostante sia considerato anch'esso un classico del genere, resta un po' sottovalutato.
    Piu' che sottovalutato viene trattato in maniera un po' ingenerosa.
    E mi ci metto pure io, nel mucchio.
    Forse soffre un po' nel paragone diretto del capostipite di Hooper.
    Certo, non si puo' negare che Wes abbia preso spunto. Ma la motosega e' comparsa per prima nel suo precedente film.
    Quindi, parlando di dispettucci a distanza...chi ha copiato chi?
    Senza contare che qui le idee di Non Aprite quella Porta vengono approfondite e migliorate.
    I cattivi sono molto piu' sfaccettati e definiti. Con una che non e' poi tanto cattiva, in fondo.
    Quasi prova a giustificarli.
    "Scusate i miei fratelli. Ma sono cresciuti senza una madre..."
    Non e' un caso che l'unica femmina, li' sia la piu' giudiziosa.
    Forse non e' nemmeno una figlia diretta di Jupiter, ma e' la sopravvissuta di qualche nucleo famigliare sterminato in precedenza.
    Tornera', come figura (la figlia dei due aguzzini de La Casa Nera. Che tra l'altro sono pure antropofagi).
    La famiglia di cannibali fornira' parecchia ispirazione anche ad altri artisti (il clan della Zanna di Ken il Guerriero. O famiglia Kobra, come la conosciamo noi).
    Stesso discorso per i buoni. Quelli alle prese con Faccia di Cuoio erano praticamente inermi, di fronte a tanta furia bestiale. Qui, dopo la batosta iniziale, si riorganizzano e sferrano la controffensiva.
    Tra lacrime e disperazione, perche' la giusta dose di incazzatura non si acquista da un giorno all'altro. Pero' reagiscono.
    E la lezione gliela da', guarda caso, chi conosce l'assassinio per puro istinto. Il miglior amico dell'uomo.
    Il cane, qui, riveste un ruolo importantissimo. E' la figura chiave.
    "Visto come si fa?" Sembra dire ai suoi padroni.
    Eh gia'. E' facile. Una volta che inizi...il resto viene naturale.
    Ed e' proprio il messaggio che viene trasmesso ad essere fondamentale.
    E' una struttura narrativa che e' andata persa, negli ultimi anni. Ma che bisogna recuperare. Specie se vuoi creare storie che ti tengano incollato allo schermo.
    Fateci caso. Oggi si tende a considerare il cattivo come un'eccezione in un mondo di buoni.
    E' tutto innocuo, sicuro. Non appena compare una minaccia, viene neutralizzata.
    Si e' ribaltato tutto.
    Prima era il contrario.
    Pensate a film come Krull, Taron, o a Ken quando viene massacrato da Shin.
    Erano i buoni, l'eccezione. In un mondo di malvagi.
    Un mondo oscuro e pericoloso, fatto a misura di cattivo. E dove i cattivi ci sguazzano.
    Sono piu' organizzati, efficienti, e spietati. Sanno cosa fare, e come ottenere quel che vogliono.
    I buoni sono scalcinati, malmessi. Impreparati.
    E al primo round ne pigliano un sacco e una sporta.
    Ne escono con le ossa rotte. Ma se sopravvivono...
    Se ce la fanno aprono gli occhi e iniziano a ridarle indietro, colpo su colpo.

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    1. Più che prendere spunto, ha preso proprio in prestito pelli umani, teschi e ossa finti dal film di Hooper. Letteralmente ;-) Ma sono proprio film diversi, Hooper ha portato un punto di vista realistico, quasi da documentario nell’horror, rendendolo più grezzo, sporco, sudaticcio e quindi spaventoso.
      Qui Craven usa gli stessi messi (la deviazione sbagliata, il budget inesistente etc.) per fare altro, un simposio sulla natura umana che manca a tutti gli altri film della stessa tipologia, quelli che rendono “L colline hanno gli occhi” un film dato troppo per scontato. Ci voleva un uomo colto, prestato al cinema Horror come Craven, per raggiungere queste vette. Anche se le colline storicamente non sono troppo alte ;-) Cheers

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    2. Mi ha sempre dato la sensazione del MI PIACE MA NON MI PIACE QUANTO DOVREBBE, questo film.
      Ed infatti mi ci metto anch'io tra i cosiddetti denigratori involontari.
      Forse proprio perche' Non Aprite quella Porta e' arrivato prima.
      E una cosa molto simile nei contenuti, solo perche'e' arrivata dopo, inevitabilmente puzza di scopiazzatura.
      Anche se di fatto la migliora, la ricetta.
      Non so se ho reso l'idea.
      Comunque, non vedl l'ora che si arrivi a QUEL FILM.
      Non avrei mai pensato di parlarne, dopo tutti questi anni.
      Meglio che inizi a preparare il post, che ce ne sara' da dire...

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    3. Trovo l'osservazione di Redferne giustissima, un tempo il mondo era brutto, sporco e cattivo e dovevi per forza essere preso a calci per trovare la forza di alzarti e reagire. I cattivi erano dietro l'angolo e sempre un passo avanti, dovevi per forza sforzare il cervellino, prima di flettere i muscoli, per poterli sopraffare.
      Il problema moderno è che i cattivi si sono mimetizzati e spesso hanno le facce dei buoni, quindi risulta difficile individuarli. In un mondo asettico e tutto uguale, dove anche i centri abitati sono simili tra metropoli diverse e la campagna è sempre più disabitata, risulta difficile contestualizzare e individuare le minacce.
      In più la stessa figura dell'eroe ne esce molto ridimensionata, spesso è "solo" un personaggio che è costretto per motivi egoistici a passare all'azione. Però senza il sottotesto che la sua missione è necessaria per portare giustizia e pace in un mondo deviato. La nobiltà dei nostri eroi e anche la loro purezza e innocenza sono completamente perdute. Un Mad Max risulterebbe quasi anacronistico...
      E purtroppo difficilmente torneranno. Sarà per questo motivo che i film di una volta erano unici e speciali e ci rimangono così impressi.

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  5. Altra settimana, altro caposaldo. Quando ti si rompe l'auto in pieno deserto e sul sedile a fianco hai Wes Craven... allora sì che arriva la paura :-P
    P.S.
    All'epoca della sua uscita italiana, i giornali non hanno lasciato alcun dubbio sulla trama de "La cugina del prete" :-P

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    1. Con quella sua faccia da Stregatto psicotico? Paura vera ;-)
      Che poi è una cosa curiosa, perché nel film i due protagonisti, in realtà sono fratello e sorella, il titolo (e il doppiaggio Italiano) li ha resi cugini, per sforzare un po’ la faccenda dell’incesto che i due consumano, e riconsumano, e poi ancora. Ci sono tracce di Craven in “la cugina del prete”, la protagonista subisce uno stupro da un tipaccio, e alcune vessazioni tipo gioco erotico da due ricconi, che un po’ si ricongiungono con “L’ultima casa a sinistra” e ci sono anche elemento onirici, Craven lo ha diretto questo film usando lo pseudonimo di Abe Snake (Sigmund Freud analyse this), però poi compare come attore, nella piccola parte di un losco figuro con cappello a cilindro, una sorta di visione per la protagonista. Insomma dentro volendo roba alla Craven si trova, bisogna solo cercarla tra una scena di sesso spinto e l’altra ecco :-D Cheers!

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  6. L'ho visto una volta sola, ma m'era piaciuto parecchio.
    p.s. Michael Berryman ha portato il suo faccione sulla Bara due volte nel giro di una settimana, anche se ne Il Corvo non era accreditato.
    p.p.s. apriamo una riflessione sul perchè attori del genere non interpretano mai il buon padre di famiglia, o l'avvocato di successo, o il Presidente

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    1. Sto incollando le immagini del post del Corvo, e penso che potrei metterci il link a “Le colline hann… ehm no, non ancora ;-) (storia vera).

      Ora voglio, anzi pretendo, un film dove Michael Berryman compare nel ruolo del presidente degli Stati Uniti d’America, io lo voterei, io prenderei la cittadinanza per votarlo. Milioni di volte meglio di quello attualmente in carica ;-) Cheers

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  7. Non sapevo avesse fatto pure dei porno, e non sapevo neanche di questa cosa dei poster, sei peggio di Wikipedia e mi piace ;)

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    1. Si, ne ha fatto più d’uno, quello che ho visto io beh, era decisamente un porno. Scemo io che pensavo di trovarmi davanti la solita cosina soft, invece no ;-) La faida tra Raimi e Craven diventerà un argomento fisso nelle prossime settimane su questa Bara, con intrecci inattesi! Cheers

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  8. Sto pensando alla probabile reazione della signora che si è trovata davanti il faccione di Michael Berryman, che poi -a sentire Ruggero Deodato che con l'attore americano ha lavorato sesso- in realtà è una delle persone più sensibili e gentili sulla faccia della Terra.

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    1. Secondo me sta ancora correndo adesso ;-) Esatto, tutti quelli che ci hanno lavorato dicono lo stesso, una capacità di farsi apprezzare, quando hai tutto per terrorizzare signore al cinema, un mito! Cheers

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  9. L'ho visto abbastanza recentemente e tutt'ora riesce ad essere un film inquietante non poco.
    Sarà perché lo associo subito alle atmosfere di Un Tranquillo Weekend di paura.
    E' un film malato come pochi.
    Persino uno dei seguiti mi mette una certa ansia, soprattutto nella scena ( quasi un frame ) dello stupro.

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    1. Trovo le scene di violenza sessuale terribili, friggo proprio sulla sedie, e zio Wessy pronti via, due film due stupri, grazie eh! “Deliverance” è il padre nobile di tutti i film con deviazione sbagliata e violenze, proprio insieme a questo film di Craven, però questo è già Horror a tutti gli effetti, quello di John Boorman faceva solo paura e basta. Cheers!

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  10. Film spesso sottovalutato o dimenticato perché confuso con altre pellicole (come ad esempio il citato "Non aprite quella porta") o addirittura col remake che spesso fa capolino in tv. Ma ragazzi miei, qua siamo su un altro livello! Se già con il suo primo film Wes non aveva avuto peli sulla lingua, qua alza ancora di più l'asticella e non tira mai via il piede dal pedale.

    Ora che ci penso, sai che a parte il cofanetto di "Nightmare" non devo avere nulla di Craven? Nemmeno "Scream"... Al termine del ciclo magari mi regalo qualche dvd,

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    1. Beh ci sono un paio di Craven clamorosi fuori dai filoni "Nightmare" e "Scream", inoltre almeno un titolo che per me ha legami affettivi, quindi magari qualche dvd ci scappa. Giuro che non prendo soldi dai Craven per fargli pubblicità ;-) Cheers

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  11. Bel film ...non so perché ma questo che ho visto relativamente tardi e pensavo mi spaventasse invece non ha sortito quell’effetto.
    Benfatto veramente e con il senno di poi credo che starei più male per La casa a sinistra di Craven ..mah, comunque mi è piaciuto molto anche il remake.
    Poi leggo tutto il tuo articolo ..intanto volevo dirti a freddo quello che mi ha lasciato quel film.
    Ciao

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    1. Secondo me è un film che prende parecchio quando capisci il parallelo fatto con le due famiglie da Craven, il film assumente tutto una nuovo livello di lettura niente male, che fa migliorare tutto il film. Cheers!

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    2. Pure io.😅 L'UCAS ho sempre evitato.😱😅

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    3. In effetti è ancora tosto, tosto, tosto. Cheers!

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  12. Un bel gioiellino degli anni belli del horror.

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    1. Vero, ma per fortuna gli anni belli dell'horror non sono mai finiti, é l'unico genere che gode di ottima salute. Cheers!

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  13. Bella recensione mio caro blogger preferito �� Cassidy ��
    Ti consiglio una pellicola che manca nel blog ed è:
    Xanadu del 1980 XD.

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    1. Grazie capo! Bello quel film, ma per ora ho già parecchia carne al fuoco ;-) Cheers

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  14. Non sono un gran fan dei film dell'orrore ma trovo sempre molto interessanti le tue disquisizioni sul tema. Continua così bro!

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    1. Se riesco a risultare una lettura piacevole anche per qui non è appassionato, beh un gran complimento davvero, grazie di cuore Bro! Cheers

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  15. Non ero al corrente della faida Craven/Raimi: beh, adesso almeno mi è tutto chiaro a proposito dei manifesti strappati nei due grandi film degli illustri avversari/colleghi! ;-)
    Memorabile confronto, quello de "Le colline hanno gli occhi", fra due famiglie agli estremi opposti della civiltà... opposti che finiranno con l'esserlo sempre meno, man mano che il film procede (e il compianto Wes ci porta alla dimostrazione della sua teoria).
    P.S. Quanto avrei voluto essere presente a quella "scenetta" fra l'ignara signora e Michael Berryman :-D

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    1. Occhio che questa amichevole faida terrà ancora banco, ho scovato un filone sfizioso, arriverà a breve su questa Bare! Magari è frutto della fantasia di Michael Berryman, ma non troppo perché è una storiella confermata da più fonti e poi mi sembra proprio il tipo con il tipo di spirito per fare una cosa del genere ;-) Cheers

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  16. Film che a differenza di altri del periodo non cincischia e ci fa immergere sin dallo sfumare dei titoli di testa nell' inquietante location. Bello che Craven spiazzi con gli spazi aperti invece che chiusi, di solito parte forte di questo tipo di horror. La famiglia protagonista poi non è molto macchiettistica per fortuna ed interessante notare come il finale ci venga indirettamente raccontato dall' anziano signore. Davvero un evergreen. Poco a che vedere con il sequel a parte i flashback. XD

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    1. Lo penso anche io, il fatto che abbia fatto scuola per qualche spettatore giovane o meno attento, può farlo sembrare già visto, in realtà è con questo film che Craven ha creato degli elementi canonici ;-) Cheers

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