Avevo già scritto qualcosa su Kobe Bryant, ma alla luce del calcio in faccia che ci siamo presi tutti leggendo le notizie ieri sera, mi sembra doveroso questo piccolo omaggio ad uno dei più grandi giocatori che si sia mai visto sui 28 metri di un campo da Basket.
Estate del 1996 o del ’97, sono poco più di un bimbo e partecipo al mio primo campo di basket estivo organizzato dalla società per cui giocavo. Tra gli istruttori c’era un tizio di cui non ricordo affatto il nome, si faceva il grosso perché era stato negli Stati Uniti e aveva visto una partita NBA dei Phoenix Suns.
Estate del 1996 o del ’97, sono poco più di un bimbo e partecipo al mio primo campo di basket estivo organizzato dalla società per cui giocavo. Tra gli istruttori c’era un tizio di cui non ricordo affatto il nome, si faceva il grosso perché era stato negli Stati Uniti e aveva visto una partita NBA dei Phoenix Suns.
Tanto bastava per renderlo un Dio dorato agli occhi dei miei compagni di camp, viene fuori un discorso sui Los Angeles Lakers di allora, tizio lì “Tu vuo' fa' l'americano” sostenne che i gialloviola avessero troppe guardie, tra Eddie Jones e il ragazzino lì, il 18enne, quello nuovo. Io gli rispondo che secondo il 18enne Kobe Bryant promette bene e anche in prospettiva futura per la squadra, sarebbe meglio puntare su di lui, anche perché Eddie Jones non era proprio di primo pelo.
Coso, Mr. “Born in the USA” mi guarda con la faccia di uno che ha appena scoperto di aver pestato una merda. Ora, io non so bene cosa abbia fatto Eddie Jones in carriera dopo essere passato per i Miami Heat, non so nemmeno che fine abbia fatto “Tu vuo' fa' l'americano”, dubito fortemente che leggerà mai queste righe in ogni caso, spero abbia visto l’ultima partita della carriera di Kobe Bryant, ma più in generale, la sua carriera da giocatore. Nella mia vita ho sbagliato tante cose e tante predizioni, ma questa era talmente facile che persino il me stesso gagno di allora poteva indovinarla.
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Sorridi Kobe sei nella NBA! |
Quando una leggenda dello sport come Kobe passa, possiamo solo essere contenti di essere stati testimoni della sua carriera. Per motivi anagrafici, ho avuto la fortuna di assistere agli ultimi anni del mio grande eroe cestistico (MJ) e di vedere tutta la carriera di Kobe, dal suo primo anno da Rookie, fino alla sua ultima partita contro gli Utah Jazz.
Anche perché pur di averlo ai Lakers, la leggenda Jerry West ha fatto carte false, compreso scambiare il “mio” Vlade Divac agli Charlotte Hornets per portare Kobe in Giallo-Viola, maglia che non avrebbe mai più abbandonato per tutta la carriera. La mitologia riporta che West, dopo aver visto giocare Bryant, abbia dichiarato che uno forte così, in vita sua non lo aveva mai visto (storia vera). Aggiungo solo, per quei due che non lo sapessero, West è stato un giocatore tanto mitico, da meritarsi di prestare la sua sagoma all’omino che fa da simbolo all’NBA. Quindi concedetemi l’ellisse, è un po’ come se il simbolo stesso della lega, abbia puntato il dito e scelto il suo preferito.
Uno dei primissimi ricordi personali che ho di Kobe, arriva
da un’altra epoca, al mio primo Street Ball (vi ho detto che parlo di un’altra era
geologica), pubblicizzavano la sua prima scarpa, e per farvi capire di quanto
tempo sia passato, vi dico solo che era prodotta da una famosa marca Tedesca,
con tre bande bianche come simbolo, e non una americana con il nome di una Dea greca.
Anche perché pur di averlo ai Lakers, la leggenda Jerry West ha fatto carte false, compreso scambiare il “mio” Vlade Divac agli Charlotte Hornets per portare Kobe in Giallo-Viola, maglia che non avrebbe mai più abbandonato per tutta la carriera. La mitologia riporta che West, dopo aver visto giocare Bryant, abbia dichiarato che uno forte così, in vita sua non lo aveva mai visto (storia vera). Aggiungo solo, per quei due che non lo sapessero, West è stato un giocatore tanto mitico, da meritarsi di prestare la sua sagoma all’omino che fa da simbolo all’NBA. Quindi concedetemi l’ellisse, è un po’ come se il simbolo stesso della lega, abbia puntato il dito e scelto il suo preferito.
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Jerry "Mr. Logo" West. |
La pubblicità che passava ai tempi in televisione era
piuttosto mitica, una roba quasi alla David Lynch che Kobe concludeva con una
frase in perfetto Italiano: «Se non credi in te stesso, chi ci crederà?». Vi
assicuro che più di una volta nella vita mi sono ritrovato a ripetermelo, non
per forza su un campo da basket.
Sono stato molto fortunato ad avere avuto la possibilità di seguire
tutta la carriera di Kobe, e proprio per questo la notizia di ieri sera mi ha
abbastanza stravolto. Morire a 42 anni in un incidente così drammatico, per di
più aggravato dalla presenza a bordo dell’elicottero, anche della figlia 13enne
di Kobe, Gianna (soprannominata Gigi, e gran promessa del basket perché il DNA
non è acqua fresca), sarebbe già terribile, se non fosse che ad andarsene, è
stato uno dei più grandi interpreti di questo giochino con la palla a spicchi
che mi piace tanto. Un perfezionista, quello che più di tutti si è avvicinato
(anche nelle movenze sul campo) al più grande di tutto, Michael Jordan. Credetemi
non faccio mai paragoni con il “mio” MJ alla leggera.
Quindi posso dire che l’ho visto nascere cestisticamente Kobe, anche se non è mai stato tra i miei preferiti ho sempre seguito tutta la sua carriera con una consapevolezza: questo è sempre stato diverso dagli altri.
Simpatico? Ecco, magari no, ma per vincere a quel livello devi avere così tanta “Cazzimma agonistica” che automaticamente non ti rende simpatico. Certo, ci sarebbe anche quella storiaccia della cameriera nell’albergo di Denver, il momento più oscuro della vita di Bryant, che ormai è passato come l’acqua sotto i ponti, perché vincere pulisce tutti e in pochi hanno vinto come Kobe.
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8 Kobe al giorno, 24 Kobe su 24.
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Il basket non è una questione di numeri, ma i numeri aiutano spesso a decrittarlo, 5 titoli NBA, due ori olimpici con la nazionale, 18 volte NBA All-Star, 3 MVP (di cui due delle finali), terzo miglior marcatore di OGNI EPOCA della NBA, relegando al quarto posto un tale di nome Michael Jordan. Ironia della sorte il suo record è stato superato proprio l'altra sera da LeBron James, anche lui attuale giocatore dei Lakers, che come tutti ha saputo delle brutta notizia sul volo del ritorno (storia vera).
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Siam cinque piccoli porcellin... |
Ecco, Michael Jordan, per Kobe una vita cresciuto nella sua ombra prima e in una stima d'ordinanza poi, con il numero di maglia che è passato da 8 al numero 24, ufficialmente perché era il suo numero di maglia all’High School, ma io a questa versione non ho mai creduto per davvero.
Una delle prime partite di Kobe di cui conservo un chiarissimo ricordo, è stato proprio l’All-Star Game della stagione 1997/98, l’ultimo di Jordan in maglia Bulls, quello in cui Kobe marcava il suo idolo, MJ quella sera si è messo il cappello da autista e lo ha portato a scuola. Come dice l’avvocato Federico Buffa, la stessa partita in cui, quando Karl Malone (non proprio l’ultimo della pista) gli portava i blocchi, Kobe gli rispondeva: «Veh palestrato, via con sti blocchi che non mi servono», mai mancata la personalità al ragazzo.
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Da qualche parte ho ancora la VHS registrata di quella partita. |
Per mia fortuna, ho potuto vedere tutte le finali, vinte e perse da Bryant con i suoi Gialloviola e durante tutti questi 20 anni ho avuto continui dejà vù: il modo di mettere la palla per terra e iniziare l’uno contro uno, certi cambi di direzione, spesso anche il modo in cui sudava alla linea del tiro libero, mi hanno sempre ricordato i movimenti di MJ e questo è il più grosso attestato di stima che possa fare al Black mamba.
Nessuno come lui, con la cattiveria agonistica che lo ha sempre contraddistinto, ha mai saputo e voluto essere come MJ, meglio di MJ, il fatto che in carriera abbia collezionato “solo” cinque anelli da campione (contro i sei di Jordan) non credo gli sia mai andato giù per davvero, non per uno come lui che ha sempre fatto dell'etica del lavoro una delle sua costanti.
Numeri ed anelli, però, contano il giusto, perché la grandezza del giocatore è sempre stata sotto i nostri occhi, come quella sera quando l’ho visto segnare 81 (OTTO-UNO seconda miglior prestazione singola dopo i 100 di Wilt Chamberlain, imprendibile) contro Toronto, per altro, con una facilità disarmante e quasi tutti nel secondo tempo di gioco, a metà partita era a quota 20 o giù di lì.
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La sera in cui Kobe fece accendere il tabellone segna punti come un albero di Natale. |
Il Black Mamba, soprannome che si è scelto da solo e che ha attecchito, ispirato al film “Kill Bill” (Kobe nella sua casuccia di Los Angeles ha un CINEMA personale tutto per lui, chiamalo scemo), che descrive personalmente il suo gioco e anche la sua personalità, ricordate il monologo di Daryl Hannah? Che diceva che in Africa molte bestie possono ucciderti, ma solo con il morso del Black Mamba la morte è sicura? Ecco, stessa cosa, ma su un parquet da pallacanestro, dove Kobe ha sempre colpito a ripetizione letale come il celebre serpente.
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Speriamo che la maglia abbia l'antidoto. |
L’ultimo morso del Mamba è arrivato nella sua ultima partita
ai Los Angeles nel 2016, davanti al pubblico della grandi occasioni (anche se
ad LA i VIP ci sono sempre), che prima si è goduto l’inno nazionale eseguito al
basso da Flea dei Red Hot Chili Peppers (sentito di peggio in vita mia) e poi è
stato testimone dell’ultimo spettacolo di uno che è nato a Philadelphia, ma è
stato fatto dal sarto per la città del cinema. Guarda caso, la vittima
sacrificale erano ancora gli Utah Jazz, come per l’ultima partita di Michael
Jordan in maglia Bulls (ci credete che ho i brividi mentre scrivo se ripenso a
quel giorno a Salt Lake?), vite parallele.
I Jazz sono entrati nell’ultimo quarto di gioco avanti di
nove punti (66-75), Kobe era già sul cottino andante, ma se grande spettacolo doveva
essere, grande spettacolo è stato, 23 punti in un quarto, frutto di un furioso
8/16 dal campo, i due tiri liberi finali sono stati la celebrazione, sul foglio
del referto della sua ultima partita da professionista, alla voce punti, il
Black mamba ha fatto segnare 60, sei-zero e noi qui, tutti testimoni, ancora
una volta.
Cinematografico in tutto il Black Mamba, infatti i flirt con
il grande schermo non sono mancati, per lui cresciuto in Italia dove suo padre
Joe "Jellybean" Bryant giocava, anche una spassosa
collaborazione con alcuni celebri calciatori del nostro campionato (non
chiedetemi chi siano, sono una capra negli sport dove non si devono usare le
mani) e il regista Enzo G. Castellari, alle prese con un suo “film perduto”,
dal titolo assolutamente geniale: Milano Kalibro Kobe.
Anche se il vero capolavoro resta “Black Mamba”, in pratica
il film di Robert Rodriguez che avrei sempre voluto vedere, una roba che
avrebbe fatto sembrare educato e pettinato anche “Machete” (2010), lo trovate
qui sotto in tutta la sua gloria da B-movie («Arrivederci»).
Il punto più alto del rapporto tra Kobe e il cinema però è
arrivato con l’Oscar vinto con il corto d’animazione Dear Basketball, ispirato alla sua toccante lettera di addio al
gioco. Posso dirlo? Secondo me il premio a cui Kobe teneva di più, perché MJ
avrà avuto Space Jam ma Kobe si è portato a casa la gioielleria fatta a forma
di zio Oscar!
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“Questo ti manca, vero MJ?” |
Siamo stati tutti testimoni del passaggio della cometa Black Mamba, un giorno potremmo dire: “Io c’ero”, gli Americani dicono “Thanks For The Memories”, ma noi possiamo dire anche solo un sentito grazie, anche in Italiano, tanto il Black Mamba lo parlava benissimo.
lo spot di R.Rodriguez sarebbe fantastico, ma quell'elicottero sul finale fa un male che non ci si crede.
RispondiEliminaÈ come avremmo voluto che finisse anche nella realtà, con la frase maschia da duro dei film e tutti a casa felici, da appassionato di cinema Kobe avrebbe apprezzato. Da appassionati di Kobe, NOI avremmo apprezzato questo finale. Cheers
EliminaIeri è morto Kobe. E già questo potrebbe bastare. Ieri sera ho provato un dolore fisico e gli occhi mi hanno sudato molto molto forte. Era uno dei miei preferiti, uno di quelli cui conservo gelosamente la canotta (villa e ancora col n.8). La grandezza di uno dei più grandi della storia della palla a spicchi si può facilmente misurare nei freddi numeri che ha elencato Cassidy qua sopra. Robetta insomma...
RispondiEliminaMa Kobe era di più. Agonisticamente era feroce. Cattivo. Aveva una testa che rifiutava categoricamente la sconfitta, e come ciliegina possedeva un ego smisurato, quello che di norma è la stimmate dei numeri uno. Fuori e dentro il campo non era proprio "Mr. Simaptia" e spesso ha cazziato pubblicamente compagni (pure grossi, famossimo il dissing contro Shaq quando erano ancora compagni in gialloviola), allenatori e avversari. Auto proclamatosi "Black Mamba" per l'altissimo tasso di mortalità (sportiva ovviamente) delle sue giocate che annichilivano gli avversari, era completo nei fondamentali di base (altro segno del "campionissimo" che era) imparate da noi, in Italia, da ragazzino. Figlio di "Jellybean" Bryant, giocatore che per anni ha calcato i parquet nostrani, il piccolo Kobe è cresciuto nei campetti italici tanto che considerava lo Stivale la sua seconda casa e parlava tutt'ora un buon italiano. E tra noi mezzi giocatori nati tra la fine dei '70 e i primi '80 girava la leggenda metropolitana che tizio X che gioca nella società Y ha giocato contro la squadra di Kobe nel 199X e si ricordava di lui. Non era nulla di che! (questa fa scopa con tizio, sempe X, che faceva arti marziali negli anni '80 e ha comabttuto ma perso con onore contro Tong Po...).
Con la maturità fu uno dei primi a passare dal liceo ai pro della NBA saltando la trafila, spesso farlocca, dell'università. Scelto da Charlotte passò immediatamente ai Lakers in una trade e a L.A. rimase 20 anni. Tutti ad altissimo livello, compreso l'ultimo con una schiena a pezzi e delle dita plurifratturate. Gli esordi furono da atleta puro con giocate che sfidavano i limiti umani e la forza di gravità ma man mano i fondamentali appresi qua da noi lo trasmormarono in giocatore a 360° capace di schiacciate da poster da un lato e di stoppate o recuperi difensivi che lo rendevano un osso pure in fase di non possesso. Dominava il campo in lungo e in largo come pochi prima di lui e altrettanto pochi in futuro.
Ma io sono di parte. A me lui piaceva ma agli americani? Quando Kobe annunciò di volersi ritirare lo fece con un anno di anticipo, con una lettera a cuore aperto, così da trasformare la sua ultima annata in un tour su e giù per gli USA. Fu un trionfo. Palazzetti stracolmi da persone che volevano esserci per vantarsi di aver visto l'ultima partita di Kobe nella loro città e porre omaggio ad un campionissimo.
Mi mancava vederlo sul campo ma ora il dolore e il vuoto sarà ancora più grande.
"Le gioie della vita: Michelle Pfeiffer, il cioccolato... e Kobe Bryant in campo aperto" - Federico "l'Avvocato" Buffa
Addio Kobe. E grazie di tutto.
Il “Farewell tour” da Rockstar (cosa che era) era molto nello stile del personaggio, uno che si svegliava alle 4.00 andava allo Staples ed era capace di passare un’ora intera a tirare dalla stessa “piastrella”, oppure di stare fino alle 11.00 e poi iniziare l’allenamento vero, quello con il resto della squadra.
EliminaTra i mille racconti leggendari, quella volta che si fece male al ginocchio nelle giovanili Italiane, e incazzato come un mamba dichiarò che questo avrebbe rallentato il suo esordio nella NBA. Risate anche da parte del custode della palestra. Sette anni dopo giocava in Giallo-Viola (storia vera).
Te lo dico perché puoi capirlo, io ho avuto la sensazione fortissima che lo avremmo rivisto ancora in Giallo-Viola, anche solo una partita, sensazione che mi è stata strappata via nel modo peggiore ieri sera. Cheers
Mai stato un amante della NBA, ma le leggende le conoscevo, ed è stato davvero una botta sentire questa triste notizia, che peccato.
RispondiEliminaLe mazzate sui denti proprio, sono ancora stordito. Cheers
EliminaE'stata proprio una mazzata.
RispondiEliminaSarebbe già stato drammatico se anche quel c@&%o di elicottero non avesse avuto a bordo tutto quel quantitativo di talento. Cheers
EliminaEssendo più vecchio di te, caro Cass, e avendo giocato anche io a basket da ragazzo, il mito di Kobe l'ho vissuto ma in tono minore rispetto a MJ, che per me resta sempre un gradino sopra il giocatore di Philadelphia. Però devo dire che mi è spiaciuto molto per la sua morte, quasi come fosse quella di un parente che vedevo poco ma a cui tenevo tanto. Sarà ché mi era simpatico, soprattutto per il fatto che parlava benissimo italiano, sarà che pochi giocatori hanno avuto un'aura così forte e una personalità che lo portava a sconfinare in vari media, ma ha davvero segnato una generazione o più di appassionati, anche perché ha cavalcato l'onda mediatica come pochi, diventando un'icona della NBA e un simbolo riconoscibile in tutto il mondo, per cui tutto ciò che gli era associato riusciva ad avere successo.
RispondiEliminaL'unica macchia è proprio quella storiaccia di Denver che, devo essere sincero, non conoscevo fino a oggi ma che un pò mi fa rivalutare il personaggio, per quanto non si possa prescindere dalla grandezza delle cose fatte sul playground.
Per me MJ è il numero uno, ho iniziato ad amare il Basket con MJ, Kobe è arrivato dopo ;-) Questo non cambia che sia stato il più Jordanesco campione mai visto su un campo dopo MJ, lo stesso Kobe è cresciuto nel mito del numero 23. Cheers!
EliminaNon essendo appassionato di basket non rientra nei miei miti. Ma un campione che se ne va in questo modo, un mito lo diventa comunque, a prescindere dalla passione sportiva.
RispondiEliminaLo era già nel mito, evidentemente era scritto che diventasse subito leggendario, nel modo più veloce e drammatico purtroppo. Cheers
EliminaTanto detestato come tifoso dopo la diatriba con Shaq, quanto amato come appassionato di basket. Una notizia terribile
RispondiEliminaSimpatico non lo è mai stato, nemmeno a Shaq che con Kobe ha sempre avuto un rapporto come tra fratelli, litigate comprese. Però senza quell’atteggiamento, non sarebbe diventato uno dei più grandi di questo giochino, prendere o lasciare. Cheers
EliminaSaro' sincero...volevo fare un accenno questa mattina, sul post di Kevin Smith. Ma non mi pareva giusto.
RispondiEliminaHai fatto bene a fare questo articolo, Cass. E consentimi di dire che e' uno dei migliori che abbia mai letto qui sulla Bara.
Vuoi per la tragica circostanza, ma...sembra che solo il peggio possa tirar fuori il meglio.
Che dire...una vera tragedia. Di quelle che ti lasciano davvero basito, e su cui non riesci bene ad esprimere cosa provi.
Anche per via di sua figlia, poveretta...
Mi auguro solo che sia stata una fatalita', e che nessuno abbia commesso un'imprudenza.
Anche se cambia poco, ormai.
Quando leggi queste cose pensi ad un sacco di VIP che dispongono di velivoli privati, e che spesso si mettono a guidarli senza nozioni di volo strumentale.
Vanno a vista. Pericolosissimo, specie se c'e' nebbia o le nubi sono basse.
Un campionissimo, di sicuro non amato come il grande Jordan oppure Shaq, con cui ha condiviso parte della carriera.
Per poi prendere il timone dei Lakers e diventarne la bandiera.
A molti sara' risultato pure antipatico. Ma forse per il fatto che non dava sempre alla gente solo quel che voleva.
Spesso da lui trasparivano grinta, ferocia, determinazione assoluta a vincere e primeggiare.
Tutti aspetti che uniti a doti assolutamente stratosferiche, ti permettono di stare almeno dieci spanne sopra tutti.
Ad un certo livello...quello che fai deve diventare UN' OSSESSIONE, se vuoi essere il numero uno.
Aveva poi con l' Italia un rapporto tutto speciale, e penso che una porzioncina di cuore l'abbia lasciata qui da noi.
Mi ricordo quando c'era stato lo sciopero per i salari e la lega era bloccata, col campionato che non si decideva a partire.
E Kobe salta su a dire NE HO PIENE LE SCATOLE!! VADO A GIOCARE A BOLOGNA!!
Noi eravamo qui a speraci...
Vi immaginavate che roba?
Quasi quanto quella volta che avevano da poco fondato la Armani, e volevano proporre a MJ di venire a giocarci per un anno...
Uno cosi' ti aspetti di vederlo invecchiare, non certo di andarsene cosi'...
Ciao, Grandissimo.
Ci mancherai. Davvero.
Differisce dalla proposta solita del blog ma nemmeno tanto, vista la mia ormai ben nota passione, e poi l’occasione così tragica lo pretendeva. Sarebbe stato celebrato come leggenda anche se ci avesse lasciati nel futuro a 80 anni di età, invece è andata nel modo peggiore, il fatto che fosse così vicino nel tempo (ma anche al nostro Paese) rende la perdita ancora più drammatica. Cheers
EliminaSul web se ne è parlato parecchio, anche qui che non mi pare un posto esattamente dedicato allo sport, in televisione invece tutto quanto non è calcio viene considerato "sport minore"...
RispondiEliminaOra, io è da anni che non seguo il basket, ma ai tempi di Koper Capodistria difficilmente mi perdevo una partita NBA col commento di Dan Peterson, ed ero praticamente sempre presente quando una delle squadre sul parquet erano i Lakers (ricordo una partita di play-off contro i San Antonio Spurs, finita al terzo o quarto supplementare, con i Lakers sotto di 2 che col cronometro agli sgoccioli fanno un tiro da tre che butta giù le tribune).
Forse non ho mai visto giocare Kobe Bryant, ma mi basta sapere che era nei Lakers per capire che campione fosse, oltre a leggere il tuo articolo. Uno dei giocatori di basket più amati del momento, anche dagli sportivi italiani, molto meno dai giornalisti. :(
In realtà alle origini di questo blog trattavo anche la pallacanestro, poi mi sono spostato sul Faccialibro a farlo, qui ormai eravamo specializzati in altro, ma vista la (brutta) occasione, non potevo non usare lo spazio che preferisco. Sono molto d'accordo con l'anatema lanciato da Marco Belinelli ai "giornali sportivi italiani" (virgolette obbligatorie) che come sembra hanno dato priorità a l'unico sport che gli Italiani considerano tale, una vergogna visto che Kobe alla fine era uno di noi, e non lo dico per campanilismo, sto leggendo il libro di Andrea Barocci, "Un italiano di nome Kobe", vale più di quello schifo di giornalismo che ci ritroviamo, con giornali molto, ma molto quotati (dalle pagine color rosa) che scrivono articoli sulla NBA senza nemmeno aver visto le partite, ma solo sulla base dei tabellini. Secondo me davanti ad uno sportivo della portata del Mamba, bisognerebbe fermarsi tutti, perché i talenti così passano una volta ogni tanto, e in uno strambo Paese a forma di scarpa ancora più raramente. Cheers
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