Se Richard Stanley non fosse già un regista, si meriterebbe
comunque di essere protagonista di un film, perché la sua vita ha avuto più
svolte di molte pellicole. Visto che il suo prossimo “Color out of space” in
arrivo a breve, è già il mio film più atteso del 2020, mi sembra giusto
colmare l’attesa trattando i suoi vecchi film, che sono pochi e tutti dalle
produzioni tormentate.
Se dovessimo iniziare solo ad elencare la biografia di
Stanley, ci sarebbe materiale per un libro, mettiamola così, il suo bisnonno
era il celebre esploratore Sir Henry Morton Stanley, che pare ispirò Conrad per
il personaggio di Kurtz in “Cuore di tenebra”. Così, giusto per iniziare con
una cosetta di poco conto.
Il nostro Richard cresce e studia antropologia a Città del
capo seguendo le orme materne, ma intanto sviluppa interesse per il folclore
del Sudafrica abbuffandosi tra le altre cose, di parecchi libri sulla stregoneria. A guardarlo
Stanley, ha un aspetto che lo fa assomigliare ad uno dei Fields of the Nephilim,
gruppo a cui ha diretto più di un video musicale per altro (storia vera).
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Richard Stanley ha una sola espressione, quella con il cappello (anche perché senza, non credo di averlo mai visto) |
Il suo film d’esordio dopo una lunga gavetta in documentari
e videoclip è quella bomba di
Hardware,
che mette subito in chiaro il talento di Stanley. Il suo occhio per il
Cyberpunk (prima che questa parola diventasse di moda) gli permette di passare
finalmente ad un soggetto che a Richard sta parecchio a cuore, quello di “Dust
Devil”.
Secondo le affermazioni rilasciate dal regista nelle rare interviste, e
le parti della frammentaria storia che ci è stata tramandata, il “Dust Devil”
era una figura ricorrente nei sogni del piccolo Stanley, alimentata dalla sua
passione per il folclore locale. Questo losco figuro in cappotto lungo e
cappello da cowboy, compariva in sogno al futuro regista, sempre avvolto dalla
polvere di una tempesta di sabbia, che in sudafricana viene definita proprio "Dust Devil", il diavolo della sabbia. In Italia invece è quello che invochi quando la suddetta ti finisce nel costume da bagno.
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Questi in Australia li chiamano "Dust Devil", io lo chiamerei "Scappaaaaaaaaa!". |
Ora, la capacità di scomparire anche a tempo indeterminato
di Stanley è pari solo al suo buon occhio per la regia, e da qui in poi la sua
ossessione per i venti del deserto è sfociata quasi in paranoia, soprattutto
quando Stanley è venuto a sapere della storia del serial killer che
terrorizzava il distretto di Bethany, per molti una voce messa in giro dal
regime sudafricano per terrorizzare la popolazione di colore di quelle zone,
per Stanley il suo incubo divenuto realtà. Sta di fatto che il nostro, un bel
periodo in Germania per sicurezza è andato a farselo, anche perché nel frattempo aveva anche
disertato dall’esercito, ufficialmente per aperta polemica con le politiche
razziste del Sudafrica (storia vera).
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La ridente Bethany, popolazione: Sempre meno visto che si aggira un Serial Killer. |
Tornato in Namibia solo anni dopo, in qualche modo quel
demone Stanley doveva farselo scendere dalla spalla, nel 1984 con alcuni amici
usati come attori, girò un cortometraggio in 16mm intitolato appunto “Dust
Devil”, andato perduto perché la sua fidanzata di allora, decise di vedere la
pellicola, dopo l’ennesima scomparsa di Stanley, sparito per mesi. Avete
presente il “giro in giro” di Crocodile Dundee? Ecco, un dilettante a confronto
di Richard Stanley.
Il successo di
Hardware,
benedetto anche dai produttori americani della Miramax, permette a Richard
Stanley di provare a sconfiggere la sua ossessione trasformandola in un film
dal budget dignitoso, visto che la Miramax ha messo sul tavolo un paio di
milioni di fogli verdi, con sopra le facce di altrettanti presidenti defunti,
ma poi ovviamente è tornata alla carica con delle pretese, che Stanley non
voleva nemmeno stare a sentire, visto che per lui un film è più che semplice
lavoro, è un’opera d’arte su cui vuole avere il pieno controllo, per garantire
che la sua visione sia completa.
La Miramax voleva spostare le riprese dall’instabile e
lontanissima Namibia al deserto americano, sostituendo i neri del Sudafrica con
i nativi americani. Stanley masticando bile mise le corna a terra, convincendo
tutti a restare in Namibia, malgrado le difficoltà logistiche, derivate dal
dover spostare tutta la troupe per diversi chilometri, mattina e sera, con le
temperature non proprio primaverili africane, ad aggiungersi alle tempeste di
sabbia, in grado di fischiare a centinaia di chilometri all’ora, costantemente,
anche per giorni.
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Non sono un meccanico, ma potrebbe essere entrata un po’ di sporcizia nel carburatore, così, ad occhio e croce. |
Ma oltre alle difficoltà logistiche, vuoi non metterci
dentro qualche dissidio di natura artistica? Stanley voleva nuovamente come
protagonista Stacey Travis con cui aveva già lavorato in
Hardware, ma dovendo concedere qualcosa ai produttori accettò di
avere Chelsea Field nella parte. Inoltre i produttori ammucchiavano richieste
strampalate, illuminati dal successo del capolavoro di Jonathan Demme, facevano
arrivare in africa messaggi del tipo: «Stan! Amico mio! Il tuo film ha un
serial-killer no? Ecco allora cerca di farlo più simile a “Il silenzio degli
innocenti” che puoi ok? Grande! Mitico!» salvo poi buttare giù la cornetta pensando «’sto cojone, ci sta facendo spendere un sacco di soldi». Cioè, io almeno li immagino così, e magari non mi sbaglio di molto.
Richard Stanley in tutto questo, non solo doveva gestire
cast, troupe e tempeste di sabbia, ma anche cercare di completare la sua
visione artistica, un desiderio che non accetta compromessi di nessun tipo, proprio lui, un regista che reagisce rilassato alle pressioni esterne più o meno come un tabagista
accanito, chiuso in ascensore da due ore senza accendino.
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“Dare un passaggio ad uno sconosciuto, tanti film iniziano così”, “Si ma questo è un horror non un porno”. |
Al momento di massima tensione tra la casa di produzione e
il regista, Stanley venne costretto a firmare un documento che proibiva al
regista ogni eventuale blocco dell’uscita del film, ma anche la possibilità di
togliere il suo nome dai crediti del film. Ritorsione in caso di mancata firma?
Il blocco immediato dei finanziamenti e il limbo produttivo per la sua
pellicola (storia vera). Il nostro Richard come potete immaginare, non la prese proprio
benissimo, ma alla fine su consiglio del suo avvocato decise comunque di
firmare. Solo che per protesta, lo fece usando il suo stesso sangue, dopo
essersi ferito apposta ad una mano (storia vera). Quando si dice metterci il
sangue per la propria arte.
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Chissà cosa potrebbe fare Stanley se mai qualcuno gli chiedesse un autografo. |
Nel Dicembre del 1991 Stanley consegna ai produttori della
Palace la sua copia del film priva degli effetti speciali, ancora in
lavorazione durante la post produzione, durata 120 minuti. La Palace organizza
la solita proiezione di prova e indovinate? Il pubblico non ci capisce niente e
la casa di produzione sforbiciata parti per cercar di rendere il film una
storia di serial killer un minimo più convenzionale della durata di 87 minuti. La Miramax farà una versione della pellicola, perché nel frattempo la Palace è andata in
fallimento, lasciando i diritti del film nelle mani della casa di produzione
dei famigerati fratelli Weinstein. Questa versione breve ha fatto il giro anche
di qualche cinema europeo con il titolo di “Demoniaca”, che poi è una mezza
frase presa da uno dei dialoghi, un po’ come accaduto qui da noi in uno strambo
Paese a forma di scarpa, per il romanzo di Stephen King “The Stand”, tradotto
(si fa per dire) con il titolo di “L’ombra dello scorpione”, eh vabbè fantasia
al potere!
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Il folclore locale secondo Richard Stanley. |
Solo tempo dopo Stanley riuscì (pagando di tasca sua) ad acquisire
dalla Miramax i diritti sul film, e con l’aiuto della Polygram anche a reintegrare una
parte del girato tagliato rimasto disponibile, dando forma ad una “Final cut”
della durata di 105 minuti, uscita solamente in DVD.
Le influenze cinematografiche che Stanley ha voluto inserire
in “Dust Devil” sono echi quasi western, per stessa ammissione del regista i
suoi modelli di riferimento sono stati “El Topo” (1970) di Alejandro Jodorowsky
e
C’era una volta il West di Sergio
Leone, non proprio la pizza con i fichi ecco.
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Che dite? Abbiamo trovato il regista giusto per Roland di Gilead? |
Infatti la scena iniziale di “Dust Devil” è una bomba, in un
deserto reso rosso fuoco dalla fotografia, si aggira una sorta di pistolero senza nome, sotto
un cappello a tesa larga e avvolto in un pastrano. Ecco, se prima ho citato Stephen
King è anche perché per lunghi tratti questo film si avvicina parecchio alla
mia idea di un film su Roland di Gilead della saga della Torre Nera. Un film
vero! Non quella
porcheria che hanno cacciato
fuori qualche anno fa.
“Dust Devil” mescola folclore locale e simbolismo,
simbolismo di ogni tipo a ben guardare, perché proprio come Jodorowsky, Richard
Stanley ha riempito la storia e i suoi personaggi di significati esoterici, non per forza
solamente rituali, nella cittadina di Bethanie il proiezionista del cinema
locale viene paragonato ad uno sciamano, e non credo sia un caso se una delle
scene più riuscite del film, sia uno scontro tra il misterioso diavolo delle
sabbie con il suo aspetto da cowboy post-atomico, e la bella
Chelsea Field, che avviene dentro ad un cinema con le poltrone quasi interamente ricoperte di
sabbia.
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"Niente male, ti darei un tre sulla mia scala digitale" (quasi-cit.) |
Questo film passa attraverso momenti horror abbastanza
canonici, come la trasformazione in mostro di uno dei personaggi, fino ad
arrivare a punte anche abbastanza lisergiche, se dovessi dirvi che tutti i
passaggi della storia risultano chiari e limpidi dovrei mentirvi, perché “Dust
Devil” è una sorta di vecchio poema portato sul grande schermo in cui, non è
detto che tutto debba essere per forza chiaramente comprensibile per
apprezzarne il risultato finale. Anche perché con una storia produttiva di
questo tipo, già il fatto che il film esista è quasi un trionfo.
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Note psichedeliche d'ambiente (Cit.) |
La parte più riuscita è il finale, in un film che fa pensare
più volte alla letteratura di Stephen King, la conclusione sembra presa da una
delle massime preferite del Re: l’inferno è ripetizione. Sarà anche stato un
film pretenzioso in cui un regista con mire artistiche ha dovuto fare i conti
con una produzione interessata più che ai colori della fotografia, al verde dei
dollari, ma “Dust Devil” resta la prova di un talento disallineato e fuori dal
sistema come quello di Richard Stanley.
Ma se pensate che la produzione di questo film sia stata un
casino, aspettare di scoprire cosa è capitato con quello successivo, nell’attesa
di “Color out of space”, andiamo a farci un giro nell’isola del dottor Moreau.
Prossimamente su queste Bare!
Stanley?!?! Ok, mi metto comodo e attendo "L'isola del Dottor Moreau" con tutti i suoi retroscena. Il resto dei suoi film mi mancano ma questo "Dust Devil" mi pare abbastanza interessante.
RispondiEliminaEra più o meno da quando ho scritto il pezzo su “Hardware” che volevo affrontare anche gli altri film di Stanley, questo è l’anno giusto, ti dico solo che "L'isola del Dottor Moreau" l’avevo visto al cinema ai tempi (storia vera). Questo “Dust Devil” merita, se sei in vena di qualcosa di particolarmente lisergico ;-) Cheers
EliminaAnch'io lo vidi al cinema e credo... Mai più! Però ricordo benissimo la Balk-pantera.
EliminaCi parleremo in dettaglio, non ho ancora scritto il post ma ho collezionato informazioni per anni, quindi non vedo l’ora di mettermi a picchiare sui tasti ;-) Cheers
EliminaVery good Job ������ Cassidy
RispondiEliminaGrazie capo! Cheers
EliminaNe avrei da dire, su Stanley.
RispondiEliminaMa visto che ne parlerai prossimamente, diciamo che il goccio più buono me lo riservo per più avanti.
Anche qui abbiamo un tizio talmente preso dalla sua visione da finire inevitabilmente in conflitto con produttori e distributori vari.
Ma con una differenza. Piccola ma sostanziale.
Qui talento ce n'é, signori. E a pacchi, pure.
Me n'ero già accorto con Hardware. Una micro - bombetta atomica fatta con due lire. Ma che ha dimostrato che se c'era da girare tipo da subitissimo un sequel di Terminator, in giro c'era uno bravo come Cameron e forse pure un filo di più.
Tu vedi queso automa inattivo, pensi allo scheletro metallico del T - 800 del primo film e già ti sale l'ansia.
Ecco, i film di Stanley FANNO DAVVERO PAURA.
In tutti i sensi. E non solo per le generose dosi di splatter.
Fanno paura perché non spiegano, non rivelano nulla. Si limitano a suggerire. E niente fa più paura dell'ignoto, di quel che no si conosce e capisce.
Da dov arrivano il robot o il demone? Non si sa. Quel che fanno e ci fanno vedere basta e avanza.
E poi aggiungiamo la regia e la fotografia che fanno SPAVENTO. In senso buono, eh.
Pochssimi dialoghi, tante musiche, abbondanza di colori caldi e saturi. E polvere e sabbia dappertutto.
Demoniaca l'ho visto su Italia 1 nel corso di una Notte Horror. E ho capito da subito due cose.
Primo, era un gioiellino. Secondo, di sicuro era tutto tagliato.
Infatti lo abbiamo recuperato molto tempo dopo, in vhs. Mio fratello deve ancora avercelo, da qualche parte.
Interpreti azzeccatissimi, su cui spicca Robert Burke.
Il Murphy di Robocop 3, tu pensa. E figuratevi che questo film l'ho visto pure dopo.
Per non parlare dei tocchi di classe che si sprecano.
A partire dal demone stesso, che sembra una reincarnazione in forma peggiore del satanico autostoppista di The Hitcher.
L'idea é ottima. Ed é alla base, oltre che di Hardware, di altri film riuscitissimi come The Night Flier e Jeepers Creepers.
Abbiamo una creatura antichissima, vecchia come il mondo stesso se non di più. Feroce, crudele, inarrestabile. E pure indistruttibile e quasi semi -immortale. Praticamente impossibile da fermare.
Forse l'unico modo per placarlo é di dargli quel che vuole,, a costo di pagare un prezzo altissimo. E di sperare solo che non ce l'abbia con te.
Le sue vittime si consegnano docli, quasi senza protestare o reagire. Come se sapessero che é inevitabile.
Le altre cose che rimangono impresse sono la dimestichezza e la passione che il mostro nutre per gli utensili da taglio, visto il modo in cui riduce le sue prede. E l'orologio da polso con le lancette che girano impazzite.
Poi ci sono i tantissimi rimandi al filone western, di chiara matrice leoniana. E per finire...una delle migliori esplosioni di teste della storia del cinema (mai come quella di Scanners, però) la trovate proprio qui!
Cos'altro devo dirvi, per convincervi?
Vedetelo, punto.
E ora aspetto l' Isola Perduta, Cass.
Ci sarà da ridere. O da piangere, vedete voi.
Il non detto è più sfizioso, è nell’horror fa anche molta più paura, solo che in pochi lo capisco, in fondo, perché Michael Myers se la prendeva proprio con quella babysitter? Se poi hai una strapotenza visiva come quella di Stanley, non servono troppe parole ;-) Cheers
EliminaConcordo appieno con Redferne su Hardware, per quanto si notasse realizzato con pochi mezzi era davvero un bel pezzo di horror fantascientifico che non ti lasciava indifferente, soprattutto per quello che non veniva mostrato. In più c'era anche Iggy Pop, quindi non poteva essere una boiata!! 😜
EliminaSu Dust devil ho veramente dei lontani ricordi, ma forse mi confondo con un altro film con Julian Sands. Di sicuro mi ricordo Chelsea Field, futura consorte Hallenbeck e anche in Harley Davinson & Marlboro Man,a proposito volevo chiederti di inserirlo tra i film da vivisezionare... Comunque grande gnocca ai tempi e che mi ricorda per la mascella un pò squadrata la Kristen Stewart di questi tempi. Altra piccola nota a margine: nuovo film di fantascienza subacquea proprio con la Stewart, sembra un pò quelli degli anni '80 con Peter Weller, oppure The Abyss... Con la Stewart stile Ripley, sempre con le dovute proporzioni...
"Underwater"? Era nel mio mirino ;-) Per il resto abbia pazienza, sono sempre in movimento con questa Bara. Cheers
EliminaWhoops, errata corrige.
RispondiEliminaL'orologio é da taschino, non da polso.
Sorry.
Stavo per dirtelo ma hai già fatto tutto tu, perfetto ;-) Cheers
EliminaLa scala digitale Cass? E' sempre un buon momento per citare quella bomba di "The last boy scout"!!!!
RispondiEliminaNon credo che sia mai tramontato il sole su questa terra, senza che io abbia citato almeno una volta una frase (anche completamente a caso) di quel film ;-) Cheers
EliminaFermi tutti: il regista di quel maledetto capolavoro di "Hardware" ha fatto un film con Robert Burke... e non mi ha avvertito???? :-D
RispondiEliminaScherzi a parte, per motivi misteriosi tutte le scene che mostri mi sono familiari ma non credo di aver visto il film, o se l'ho fatto forse era la versione stagliuzzata. Comunque merita assolutamente un recupero: mi lecco i baffi al pensiero di questo ciclo che stai affrontando, e ora anch'io quest'anno aspetto il nuovo film del regista col cappello :-P
Stanley è uno che ha la scomparsa come vizio, quindi magari prima di finire in esilio volontario su qualche picco, deve essersi dimenticato di chiamarti ;-) Scherzi a parte, la versione "Final cut" ci restituisce un film parecchio originale, mentre aspettiamo il suo nuovo film riempiamo l'attesa. Cheers!
EliminaFilm interessante e che non conoscevo... segnato!
RispondiEliminaMerita, Stanley sa il fatto suo ;-) Cheers
EliminaUn piccolo gioiello grezzo, che sprizza stile da tutti i pori. Stanley avrebbe meritato di meglio che una pensione durata 23 anni.
RispondiEliminaLo penso anche io, sparito in esilio sui monti francesi, sta per tornare, spero lo faccia alla grande. Cheers!
Eliminagrazie per la segnalazione/narrazione/recensione di questa prelibatezza, Cassidy!
RispondiEliminafinito ora di vedere, bellissimo, ora mi rivedo Hardware giusto per godere ancora XD
- Andrea
"Hardware" garanzia di godimento, poi cercati la "Final cut" di questo, penso che ti piacerà ;-) Cheers
EliminaVisto proprio in Final Cut, magnifico!
Elimina- Andrea
Hai fatto la scelta migliore. Cheers
EliminaHardware me lo sono rivisto giusto la settimana scorsa: grande talento messo al margine per troppo tempo quello di Stanley, e spero ardentemente che con il suo colore lovecraftiano in arrivo quest'emarginazione finisca una volta per tutte! Tornando al travagliato e suggestivo Dust Devil, come dimenticare l'antichissimo Demone di sabbia/Robert Burke western-style con quel suo dannato orologio (dannato come il suo proprietario) e il suo modus operandi, per non parlare della sua più che degna avversaria Chelsea Field... fra le sequenze più inquietanti, mi torna sempre in mente quella dell'incubo/visione di Zakes Mokae, dove lui si rammarica con la vittima per non essere riuscito a salvarla.
RispondiEliminaP.S. L'aneddoto della firma rosso sangue lo conoscevo anch'io ;-)
Robert Burke è piuttosto spaventoso qui, la bella Chelsea Field perfetta come suo contraltare. Le storia su Stanley si sprecano, e sono tutte una più clamorosa dell'altra ;-) Cheers
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