giovedì 30 gennaio 2020

1917 (2020): Orizzonti di (ben poca) gloria

Non so come faranno i ragazzi più giovani, ma per fortuna faccio ancora parte di quella generazione che è cresciuta con i racconti di guerra dei nonni che avevano la capacità di rendere molto vicina e quasi tangibile la guerra, qualcosa di orribile e sempre di moda, specialmente per chi ha interessi a farne scoppiare una.

Sam Mendes arriva da una generazione precedente alla mia e suo nonno Alfred Hubert Mendes (a cui il film è dedicato) gli raccontava dei tempi in cui combatteva “la prima” servendo nella 1st Rifle Brigade sul fronte francese. Da qui è nata la storia, sceneggiata a quattro mani in coppia con Krysty Wilson-Cairns, che fa da base al suo ultimo lavoro “1917”, un film piuttosto in linea con la filmografia del regista.

“Immaginate, è tipo come American Beauty, solo che su di noi, invece che una pioggia di petali di rosa, cade una gran pioggia di… Vabbè ma facciamo prima a girarlo”
Sì, perché Mendes è sempre stato il regista intimista capace di raccontare l’anima dei suoi personaggi, titoli come “American Beauty” (1999) e “Revolutionary Road” (2008) sono ottimi esempi, l’unica guerra che aveva raccontato il buon Sam al cinema, era stata quella moderna in Kuwait nel film “Jarhead” (2005) e lo aveva fatto con una stile molto classico, la scena simbolo di quel film per me resta Jake Gyll… Gyllen… Donnie Darko che agli elicotteri che sparano Creedence, urla che in questa dannata guerra, nemmeno della musica “loro” possono permettersi.

Le ultime sortite al cinema Mendes le ha fatte tutte nei panni dell’agente 007, firmando l’ottimo “Skyfall” (2012) che prima di essere un buon film di James Bond, era un’ottima storia sul tempo che passa e l’ultimo fiacco e stanco Spectre dove, però, abbiamo potuto vedere la più grossa esplosione della storia del cinema. Se volete sapere la mia (tanto ve la dirò comunque!) un momento piuttosto deludente che, però, deve aver fatto risvegliare in Mendes la voglia di cinema d’azione.

War. What is it good for? Absolutely nothing. Say it again.
Anzi, ad essere proprio onesti “1917” fa pensare al fatto che probabilmente Mendes deve aver visto roba tipo Birdman oppure The Revenant, si sia messo a gridare fortissimo: «Anche io piano sequenza! Anche io!». Ecco, “1917” dà la sensazione di essere un lunghissimo piano sequenza di 119 minuti, in realtà se avete l’occhio un po’ allenato, è facile notare i vari “trucchetti” che Mendes ha utilizzato per creare questa illusione, ad esempio il salto nel vuoto (e in acqua del protagonista) è uno di quei raccordi creati utilizzando la post produzione digitale che permette al film (e a noi spettatori) di continuare a seguire passo dopo passo il caporale William Schofield, anche se di fatto lo stacco è avvenuto, almeno durante le riprese del film.

Tu salta, poi noi raccordiamo il tutto in post produzione, tranquillo!
La premessa di “1917” è semplice: il caporale Schofield (George MacKay visto in Captain Fantastic) e il suo compare Dean-Charles Chapman (Tom Blake che ha recitato in Giocotrono) sperano in una breve licenza premio, ma in realtà vincono una missione impossibile ovvero attraversare la terra di nessuno oltre la trincea, in pieno territorio nemico, per consegnare un dispaccio al colonnello Mackenzie, con l’ordine di fermare l’attacco ed evitare così di sprecare le vite di un intero reggimento, in quella che è evidentemente una trappola tesa dai Tedeschi. Ok, lo so che volete dirlo, dài diciamolo in coro allora: «It’s a trap!» (cit.).

Sam Mendes sceglie un approccio estremamente realistico e totalmente anti-glorioso, la missione non si concluderà con medaglie o encomi, le possibilità di sopravvivenza sono poche come il tempo a disposizione e il fatto che tra gli uomini ci sia il fratello di uno dei due protagonisti, serve solo a motivarli di più. Anche il valore umano e di crescita rappresentato dal viaggio, viene ridimensionato dalle condizioni stesse, i due protagonisti attraversano una landa desolata fatta di cadaveri ammonticchiati, ratti grossi come cani di grossa taglia, la descrizione di un inferno fatto dal punto di vista di chi ci si è ritrovato immerso fino al collo, nonno Mendes testimone di un’intera generazione di nonni che ci hanno insegnato che Rambo III è una cosa, la realtà un’altra.

“Ma non era meglio mandare Chuck Norris per questo!?”
 Non sono così illuso da credere che alla base del film, non ci sia anche un po’ di quel vecchio e sano spirito che dice: «Fai un film in piano sequenza, ai tizi dell’Accademy è roba che tende a piacere!». Però è altrettanto chiara la volontà di Mendes di portare il pubblico in una trincea, seguendo i suoi soldati in un modo che sta a metà tra “Orizzonti di gloria” (1957, il titolo di Kubrick che non si può non citare davanti ad un film come questo) e un “Call of Duty” ambientato durante la Prima Guerra Mondiale.

Quello che potremmo definire “Effetto C.O.D.” è piuttosto forte in certi momenti, viene stemperato solo da passaggi della storia che servono a far tirare un po’ il fiato al pubblico e ai protagonisti, come la scena delle madre che arriva a metà film, ma in generale più che una svolta da film d’azione, è chiaro che a Mendes interessi il realismo aldilà dell’azione pura. Sì, perché tutte le svolte chiave, avvengono spesso lontano dallo sguardo del protagonista impegnato, ad esempio, a fare altre cose altrettanto importanti come prendere dell’acqua, un modo di mantenere l’azione fuori dalla scena, che è diretta conseguenza della volontà di realismo del film e che in alcuni momenti fa un po’ a pugni con l’effetto C.O.D. (l’aereo che precipita proprio dove si trovano i protagonisti).

“Non bastavano le bare volanti no! Ora anche questo!”
Spesso gli eventi importanti accadono mentre siamo impegnati a fare altro e durante una guerra è importante mantenere alta la guardia se si vuole portare a casa la pelle, infatti in alcuni momenti la tensione di “1917” ti fa venire voglia di aggrapparti ai braccioli, mentre in altri diventa chiaro che sono proprio le azioni dei protagonisti a portare avanti la storia, in questo allora “1917” è davvero un film d’azione.

“Ovunque andavo, io ci andavo correndo” (Cit.)
Una delle scene più riuscite (la corsa del protagonista per coprire quei trecento metri mancanti) non solo porta avanti la storia, ma regala al film uno dei suoi momenti più di grande respiro, perché di epica ne troviamo ben poca, anche nella saggia scelta degli attori.

Ho trovato molto azzeccata l’idea di scegliere attori famosi per i personaggi di contorno (Mark Strong, Andrew Scott, Richard Madden, Colin Firth e Benedict Cumberbatch) e di affidare a due quasi sconosciuti la missione (e di conseguenza il film), in questo “1917” è molto simile a Dunkirk, però (per nostra fortuna) molto meno retorico e narrato anche meglio, in cui a fare la parte del leone è quella Rockstar di Roger Deakins.

Roger Deakins spiega alla troupe i rudimenti di sasso-carta-forbici.
Il lavoro di ricostruzione dei luoghi è curato e dettagliatissimo, ma la capacità di Deakins di illuminare alla perfezione tutti i luoghi attraversati dai protagonisti è micidiale, si passa dal buio dei cunicoli fino a spazi enormi come la trincea innevata nel finale che sono una gioia per gli occhi, malgrado siano posti desolanti pieno di fango, freddo, ratti e cadaveri. Fresco del suo primo Oscar (dopo 14 nomination e poi qualcuno ancora sforna meme su Leonardo Di Caprio) Deakins trasforma ogni fotogramma in un’opera d’arte e al pari di The Revenant è bello trovarsi davanti ad un film che ti fa grattare la testa pensando: «Come hanno fatto a girarla questa scena?».

A grande richiesta il ritorno dell’inquadratura che insegue i protagonista, la NUCam!
Il dubbio era che un film così potesse essere un grosso esercizio di stile, con un ritmo che procede a strappi (e che, ammettiamolo, non è il suo punto di forza), per fortuna il risultato finale è piuttosto riuscito al netto di un paio di momenti che mi hanno brevemente tirato fuori dall’illusione della storia. Ad esempio, la CGI utilizzata in alcuni momento di racconto (e per animare i topastri) fa un po’ a cazzotti con il dettagliato realismo della messa in scena. Inoltre, ho un grosso sospetto che richiede una doverosa parentesi.

“1917” è chiaramente pensato per essere apprezzato su uno schermo gigante e con un impianto sonore adeguato, dove risulta un’esperienza niente male, ma rivedendolo in condizioni diverse come sarà? A mio avviso, Dunkirk perdeva moltissimo e temo che sarà lo stesso per il film di Mendes. Questo potrebbe essere materiale di discussione per i difensori della sala cinematografica a tutti i costi, ma anche motivo di riflessione, io, ad esempio, sono convinto che la validità di un film si misuri sulla lunga distanza, se rivedendolo migliora o resta uguale sono punti a suo favore, ma se, invece, ci perde? Meditate gente, meditate.

40 commenti:

  1. Mendes... Mi piacciono i suoi film (dal poco ricordato "American Beauty" in giù...) ma non sono sicuro mi piaccia lui. E' uno dei registi che mi affascina di meno, vai a capire il perché! Anche gli iper-pubblicizzati suoi film di Bond: "Skyfall" è una bomba dal ritmo serratissimo mentre di "Spectre" salvo il bellissimo mini-film iniziale ambientato durante il "dia de los muertos" ma il resto è ordinaria amministrazione. Niente Sam, non ci siamo... Ora però mi dici che il nostro a casa ha studiato bene e ha fatto qualcosa che imita i grandi. Ammetto che mi hai messo in crisi!

    Questo "1917" mi attirava ma sono molto corto coi tempi (strano!) e mi sa che ripiegherò su una visione casalinga. Ci riaggiorniamo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ricordiamo anche che “Spectre” conteneva la più grande esplosione vita al cinema, ma la scena in questione era (per ovvi motivi) il classico caso di “buona la prima”. Non faccio le capriole sulle mani quando esce il nuovo film di Mendes, poi qui è chiaro che la volontà sia quella di sbancare l’Accademy a febbraio, ma il film resta notevole. Ho dei dubbi su come sarà rivederlo sulla mia tv di casa, che per quanto grande non è lo schermo di un cinema, sono per la “ripetibilità” dell’opera nel tempo. Cheers!

      Elimina
    2. Pensa che credevo che la più grossa di sempre fosse tutt'ora quella causata da Peter Sellers in "Hollywood Party"... :-D

      Elimina
    3. Ecco, quella si che era una gran bella esplosione! Molto più in armonia con la storia di quanto non accadesse in "Spectre" ;-) Cheers

      Elimina
    4. Non ricordo Skyfall, mi è rimasta impressa solo il tema di Adele (da allora nella mia playlist): ma è quello con la ridicola scena a Roma? O era Spectre?
      Va be', comunque: non ricordo l'esplosione perché con una lima mi sono scartavetrato Spectre dal cervello, a mano, subito dopo la visione, ma addirittura è più grande del palazzo di Arma letale che esplode sul serio???

      Elimina
    5. Impossibile dimenticare il pezzo di Adele, la scena a Roma era in quella noia mortale di "Spectre". Si, l'esplosione di "Spectre" è entrata nel Guinness World Records per quantitativo di materiale esplosivo utilizzato (storia vera), ma visivamente il risultato secondo me era meno efficace, ad esempio la scena del palazzo di "Arma Letale 3" («Roger... Agguanta il gatto!») ancora m'inchioda alla sedia, ma li è merito di quella vecchia volpe di Riccardino Donner ;-) Cheers

      Elimina
  2. Sul finale del tuo post mi hai fatto tornare in mente Edward Mani di Forbice che vidi al cinema e non mi disse nulla. Rivisto in tv l'ho trovato più adatto alla dimensione casalinga. In effetti questo sembra più adatto alla grande sala.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quello è anche un bel discorso, ci sono dei film perfetti per essere visti a casina (sto pensando a “Funny Games” di Haneke). Ad esempio rivedendo “Dunkirk” a casa, mi è sembrato la metà del film che vidi la prima volta in sala. Cheers!

      Elimina
    2. E ripensandoci, anche i due Batman di Burton li ho goduti meglio rivedendoli a casa. Forse è proprio Tim allora 😂😂😂

      Elimina
    3. Non ti posso aiutare con la tua teoria, ora che ci penso di Burton al cinema ho visto “Nightmare Before Christmas” (ottimo) e poi “alice in Wonderland” (molto ma mooooooolto lontano dall’essere ottimo) ;-) Cheers!

      Elimina
  3. Bisogna dire che Mendes un piano seqeunza memorabile lo aveva sfoggiato anche con la prima sequenza di "Spectre" (concordo con te sul fatto che fosse fiacco), qui però lo porta all'estremo. Ammetto che non sono un amante di questo genere di scelte radicali nella messa in scena, io sono uno dei più grandi detrattori di "Birdman" e ancora oggi lo trovo un film deludente per come abbia sacrificato il racconto sull'altare delle spettacolarità (ma forse era il fine ultimo). "1917" però funziona ed è interessante proprio per questa sua peculiarità. Onestamente non so se mai lo rivedrò a casa, ma se capitasse una seconda visione al cinema non mi dispiacerebbe. L'effetto "COD", o sindrome da balletto perfetto, ogni tanto si fa sentire in effetti, ma gli vogliamo bene lo stesso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il problema di “Birdman” era la sua spocchia di fondo, ma Iñárritu è così, prendere o lasciare ;-) Di mio mi piacciono le scelte cinematografiche radicali, specialmente quanto sono coerenti e portate fino in fondo, “1917” lo fa, ed è interessante notare che la post produzione digitale sta diventando la migliore amica di molte “vecchie glorie” del cinema. Tony Scott lo aveva già capito, ma quella resta la mia crociata personale ;-) Cheers

      Elimina
    2. Confermo che la sequenza iniziale di Spectre è bellissima e fa sperare in qualcosa che invece poi si perde per strada. Uno dei peggiori Bond. E anche la canzone dei titoli di testa era una lagna immonda.

      Elimina
    3. Iniziava citando “Vivi e lascia morire” e finiva con il pubblico in sala che dalla noia urlava solo «Lasciami morire!» e che palle era la canzone, mamma mia una roba tediosa! ;-) Cheers

      Elimina
    4. Effettivamente la canzone di "Spectre" era abominevole, concordo con entrambi. Riguardo al connubio vecchie glorie + post digitale, devo ammettere che hai ragione, ma è preoccupante però vedere come quasi tutti i film migliori che escono arrivano dalle vecchie glorie.

      Elimina
    5. Quella è la parte peggiore, anche a livello di attori non trovo nessuno in grado di garantire un cambio della guardia come si deve. Detto questo, implicitamente auguro cento anni di salute alle vecchie glorie che si stanno giustamente grattando :-P Cheers

      Elimina
  4. Carabara, ormai avrai capito che non dialogo col mio Neurone Ossidato Unico e Scioperato, ma sono sicuro che davanti al frame coi militi che corrono tra le esplosioni NOUS abbia esclamato stadio che collassa coi giocatori di football che corrono nel terzo DK di Nolan.
    Io mangio sano e cerco di camminare una ora al giorno, ma non so se vivrò abbastanza a lungo da vedere un momento in cui i cineasti avranno smesso di citare il regista di Memento. Credo sia un cortocircuito, se pensiamo a Mendes. Ho letto da qualche parte in rete che Nolan decise che si poteva fare un DK realistico ( " Si può fare! " ) dopo aver visto Casino Royale ( che non è di Sam ), ma Skyfall ha qualcosa di frankmillerico nel suo fall and rise ( se vogliamo + lato Born Again e meno Dark Knight Returns ) ed il fondo Bats e 0007 tizi si assomigliano: tanti gadgets ed un budget infinito per far esplodere le cose e picchiare sulla zucca tizi che sghignazzano e fanno esplodere le cose.
    Una idea per il mio amico SaMendes: Dan Craig è un travet che ha perso entusiasmo per tutto e ha allucinazioni in cui è la cavia del progetto American Beast per creare il Super Soldato Definitivo in grado di vedere oltre questa realtà che è solo la ruotina nella gabbia del criceto trastullo di un creatore ultra dimensionale nomato La Sequenza. Potrebbe essere lo Inception del 2021...ciao ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La scena sulla neve di “Inception” è “Agente 007 - Al servizio segreto di Sua Maestà” (1969) e io è dalla scena dell’aereo, del non proprio citatissimo dai Nolaniani, “Il cavaliere oscuro il ritorno” che invoco uno 007 diretto da Nolan! Sarebbe il suo film, il suo tipo di personaggio e per una volta (forse) non dovrebbe spiegare ogni cosa. Potrebbe starmi benissimo anche il “cambio basket” con Sammy Mendes che si prende l’uomo pipistrello, ma mi piace di più la tua idea, anche perché Dan Craig che ha perso entusiasmo, già sarebbe il premio Oscar per soluzione metacinematografica (esiste la categoria vero?) verso febbraio, magari quello del 2022 ;-) Cheers

      Elimina
  5. Mentre apprezzo la scelta dei due protagonisti (George MacKay è bravissimo), non sono tanto d'accordo con l'uso degli attori famosi da te elencati. Non perché non siano ottimi attori, ma perché la presenza di ognuno di loro segmenta il film in tanti spezzoni. Inoltre mi hanno distratto (la famosa sindrome del "Uuuhhh, guarda chi c'è", che all'apparizione dell'ultimo mi ha pure scatenato una risata per la ovvia connessione). Per il resto, il film mi è piaciuto un monte, e alle accuse di chi scrive che è solo un esercizio di stile e che non c'è empatia per i personaggi, posso solo rispondere: non so che film avete visto, ma non era 1917.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti fa tanto “parata di volti noti”, il fatto che divida idealmente il film in tappe, non mi ha disturbato poi volto, i protagonisti fanno un viaggio, e devono confrontarsi con tutta la gerarchia sopra di loro, però si, certe facce ti tirano proprio fuori dalla storia, l’ultimo in particolare ;-) Niente empatia? Hanno sbagliato sala di sicuro, ci sono momento in cui ti aggrappi ai braccioli per quei due poveretti. Cheers!

      Elimina
  6. Very good Job ����������

    RispondiElimina
  7. Incredibile, ci sono più piani sequenza dal Duemila in poi che nei cento anni di cinema precedenti! Prima era la tecnica di Hitchcock e De Palma, ora la fanno tutti quindi temo sia solo un artificio piacione. Non ho visto il film e sicuramente qui ci sta bene, ma se per decenni hanno smesso di fare piani sequenza ci sarà un motivo...
    Quello sulla sala è un discorso spinoso. Essendo io della fazione "Un film si basa sulla scenegguatura" non importa il mezzo: se il film è buono, piace dovunque lo si veda. Se il VHS negli anni Ottanta ha cambiato per sempre il volto del cinema è perché milioni di persone preferivano rinunciare a qualcosa della superficialità del film (cioè la grandiosità delle immagini) per avere la comodità di rivederlo a piacimento.
    Questo però non vuol dire che film spettacolari non meritino di essere visti su grande schermo, ma solo perché la potenza delle immagini è parte (se non la totalità) del loro contenuto. Sicuramente perdono in altri formati, ma ci si può stare: ovvio che sentire John Caroenter che suona dal vivo è meglio che vedermi il filmato su YouTube, ma tocca accontentarsi :-P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché il piano sequenza è l’equivalente del quadruplo axel nel pattinaggio, devi essere proprio bravo per farlo, con la post produzione digitale moderna è arrivato un ottimo “ruotino” che facilita il risultato, lo si può usare per provare a vincere un Oscar, oppur per fare scene spettacolari e davvero impossibili da girare diversamente, tipo come ha fatto Spielberg nel sottovalutato “TinTin”. Come per la sala, la tecnologia offre possibilità, poi bisogna vedere come vengono utilizzate.

      Anche io sono della scuola per cui, una storia solida resta tale nel tempo (e nello spazio), per quello non capisco i puristi della sala a tutti i costi, va bene vedere un film nella migliore condizione audio/video possibile, ma se fa schifo, hai visto una schifezza esteticamente molto bella e basta. Altra faccia della medaglia, il film visto sullo Smartphone è comodo (soprattutto se viaggi molto) però è un compromesso. La tua metafora Carpenteriana mi piace per più di una ragione ;-) Cheers!

      Elimina
  8. Io non ho visto in sala Dunkirk, ma l'ho visto su Infinity in alta qualità e con cuffie insonorizzanti, e fidati, era da pelle d'oca il sonoro, ora forse non lo vedrò in alta qualità 1917, forse qualcosa perderà, ma se ci fossilizziamo sui dettagli non ha più senso il cinema, che non è solo Andare e vedere un film al Cinema ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non mi è andata così bene quando ho rivisto "Dunkirk" ma la penso come te, la sala cinematografica ha perso la sua egemonia, ma il Cinema no ;-) Cheers

      Elimina
  9. In effetti visto a casa Dunkirk perse metà del suo impatto visivo, questo per fortuna lo vedrò al cinema!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho avuto la stessa impressione, di sicuro entrambi al cinema, si lasciano guardare ;-) Cheers

      Elimina
  10. Come giá sai mi é piaciuto molto, dal punto di vista tecnico é ineccepibile e non concordo con chi dice che ha poco cuore. Certo, la trama é un po' prevedibile, ma dal punto di vista emotivo 1917 sa dove colpire!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo so bene, la pensiamo uguale... Tanto per cambiare ;-) Cheers

      Elimina
  11. Io con i piano sequenza vado in brodo di giuggiole.
    Ci vado anche con i film intimisti e le ottime sceneggiature.
    Ritrovarmi il Sam Mendes di American Beauty a fare un film in finto piano sequenza immagina come mi metteva!
    Per fortuna le aspettative sono state ripagate: ansia a non finire, stupore, punti di domanda fissi sopra la testa. Scene che regalano brividi (io quella città in fiamme, quelle ombre, le vorrei vivere) e anche se il ritmo cala in qualche parte, si sente che una parte emotiva c'è, e che probabilmente i racconti di nonno Mendes sono stati collegati fra loro così.
    Insomma, che lavoraccio!
    Onestamente, immagino che a casa possa perdere qualcosa (più per il sonoro) ma se ripenso a quel gioiello di Victoria, me lo sono goduta più sul divano, in cui scoprivo, mi innamoravo, rimanevo esterrefatta, che non in sala, dove sentivo più disattenzione...

    Dunkirk, per me, usa una tecnica che non aggiunge niente al racconto, e sul lungo tempo perde l'effetto che dava in sala in cui quelle musiche di Zimmer risuonavano fino a farti scoppiare il cuore.
    Più che lo schermo, insomma, per me conta l'impianto che hai o non hai (io, va da sé, non ce l'ho).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ottimo argomento, anzi due, la tecnica usata in Dunkirk e le musiche di Zimmer, che davano un ritmo da attacco di cuore, messa così sicuramente il film di Sammy Mendes dovrebbe reggere alla prova del piccolo schermo. Anche perché quella corsa finale è davvero micidiale, mi ha davvero strappato svariate emozioni, altro che il film piatto e poco emotivo di cui qualcuno parla, fossero tutti così i film poco coinvolgenti ;-) Cheers

      Elimina
  12. Lo so che ne sono fissato, però vedere i due protagonisti che marciano versa la loro meta tra paesaggi desolati nel mentre parlano di questo e di quell'altro mi ha looontanaameentee ricordato un pò i piano sequenza del cinema di Andrej Tarkovskij. La pellicola di Mendes è ben lungi dall'essere un film filosofico, però, io son fatto così; la gente coi piano sequenza pensa a "birdman", io invece al caro russo (in alternativa, cuaron)!

    "1917" è un film dove si sente tutto il lavoro dietro. lo ammetto, non mi ha colpito quanto volevo ma l'ho preferito al recente "dunkirk" che anche tu hai citato e mi sono genuinamente divertito ad indovinare dove sono stati fatti i tagli tra una macro-sequenza ed un' altra.

    stra-concordo sul tuo discorso introduttivo, i racconti dei nonni non dovrebbero essere trascurati...


    S a l u t i (in piano sequenza)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché l'ispirazione sembra arrivare più da "Birdman" che da Tarkovskij, che ammettiamolo, aveva tutto un altro peso specifico. Si vede un po' di lavoro a tavolino nella storia, ma sa come interpretare al cinema i racconti dei nonni, quindi va anche bene così. Cheers!

      Elimina
  13. Io vado a vederlo oggi e spero di non trovarmi di fronte ad un mero esercizio di stile ma di immergermi totalmente nel film, così come mi è successo con Dunkirk che ho amato moltissimo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Queste secondo me è più coinvolgente di "Dunkirk" che aveva dalla sua delle musiche che facevano un gran lavoro in quel senso, però aspetto il tuo parere ;-) Cheers

      Elimina
  14. Visivamente è sconvolgente. Ma l'effetto videogame, dopo un po', stufa.
    Finirà la gara a chi ce l'ha più lungo (il piano sequenza)?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se vincerà l'Oscar? No anzi sarà una corsa agli armamenti all'uso della post produzione digitale, che offre infinite possibilità, ma tutte le usano "solo" per fare piani sequenza. Cheers!

      Elimina
  15. Questo è un film che mi piacerebbe vedere al cinema. Poi la prima guerra mondiale è un argomento che mi attira molto.

    Sono d'accordo con te sul fatto "che la validità di un film si misuri sulla lunga distanza". Quanti film che hanno fatto fiasco al cinema oggi sono dei cult? Non bisogna farsi ingannare dall'emozione del momento, sopratutto oggi dove molta critica e pubblico vive di assoluti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Amen fratello! … Perdonami, entro in fase Gospel quando leggo queste affermazioni scritte con la testa ben salda sulle spalle. Ma la caciara social(e) attira, quindi tutti si sentono in dovere di abbaiare prima di pensare, aggiungo un purtroppo. Cheers!

      Elimina