venerdì 6 dicembre 2019

Pelham 123 (2009): La metro di Tony precisa come un orologio svizzero

Se qualcuno in era recente si è avvicinato alle tematiche care al cinema di Walter Hill, quello è sicuramente stato Tony… Lo Scott giusto!
Penso che un remake sia una sfida spesso anche maggiore rispetto a dirigere un nuovo soggetto, lo so che ormai viviamo in un periodo in cui escono remake, reboot e recosi ogni tre minuti (con risultati spesso molto rivedibili) per un regista magari esordiente un remake, può essere l’occasione per un po’ di visibilità, ma per un autore? Quanto dev'essere complicato affrontare non solo il confronto diretto con il film originale, ma anche mantenere il proprio stile? Sarà per questo che pochi autori affrontano la sfida e ancora meno sono stati in grado di vincerla alla grande.

Nel 2008 Tony Scott un remake se lo sentiva sulle punta delle dita, in realtà, aveva due titoli in mente, per uno inizia anche una lunga ricerca sul campo, lasciatemi l’icona aperta, più avanti nel corso del commento ci torneremo. Il film che quello con le maniche tirate su di casa Scott decide di rifare è un classico come Il colpo della metropolitana, un film per cui Tony aveva già dimostrato una certa propensione e qui tocca fare un saltello indietro nel tempo, metto un punto e poi saltiamo.

Il Conte Tony Scott Mascetti, impegnato a dare indicazioni: Qui, tutto giù. Qui, giù!
Il primo a nasare il talento di quel ragazzo dalla parlantina a mitragliatrice di nome Quentin Tarantino è stato proprio lo Scott giusto che era molto interessato a dirigere quella cosetta con dei rapinatori che portavano i nomi dei colori che finivano a sbranarsi tra di loro. Solo che Tarantino “Le Iene” (1992) se lo era scritto tutto in interni, per poterlo anche dirigere un giorno, sapete com’è andata a finire. Tony e Quentin si sono accordati per Una vita al massimo che è stata la scelta migliore per tutti, ma mi piace pensare che quello giusto di casa Scott abbia capito il valore di Tarantino cogliendo al volo quell’omaggio a Il colpo della metropolitana.

Questo spiega perché nel suo “The Taking of Pelham 123”, i rapinatori che prendono ostaggi sul vagone della metro, non si chiamino più tra di loro Mr. Blue, Mr. Green, Mr. Grey e Mr. Brown, anche perché dopo i “Cani da rapina” di Tarantino, per assurdo, sarebbe sembrata una scopiazzatura. Non ci trovate qualcosa di molto ironico anche voi in tutto questo?

La prima stesura della sceneggiatura del nuovo colpo in metropolitana viene affidata a David Koepp che s'impegna molto a portare una storia ambienta negli anni ’70 nel nuovo millennio, tenendo conto di tutte le nuove tecnologie, questo forse spiega un po’ tutta la parte del ragazzo con il portatile in metro e della sua ragazza che pretende una dichiarazione d'amore, mentre quello è con la faccia a terra e i mitra puntati (eh vabbè), serviva qualcuno che trasmettesse in diretta immagini dall’interno del vagone, la scelta è ben poco elegante, ma raggiunge l’obbiettivo.

“Mi stai tradendo con un’altra? Cosa vuol dire che hanno i mitra!? Non è una buona scusa per non essere romantici!”
A Tony Scott la prima bozza non fa impazzire ed ecco, quindi, salire a bordo del Pelham 123 Brian Helgeland lo stesso che aveva scritto Man on fire. Perché lo Scott giusto è un po’ come Coach Pat Riley: alla partita porta dodici giocatori, gioca con cinque, ma si fida di tre. Helgeland dà una sistemata a tutto e rende i due personaggi un tempo interpretati da Walter Matthau e Robert Shaw due opposti sì, ma anche due con qualcosa in comune, argomento su cui il capo dei rapitori cercherà più volte di fare leva nel corso della storia.

Sempre per la filosofia alla Pat Riley di cui sopra, tra i tre di cui si fida Tony, mettete sicuramente dentro Denzel Washington al suo quarto, ma non ultimo film diretto da quello senza le mire da filosofo di casa Scott. Denzel diventa il nuovo Garber che un tempo si chiamava Zachary, mentre in questa versione prende il nome di Walter, proprio in onore a Matthau. Metà film lo abbiamo messo in cassaforte, Denzel è di nuovo dei nostri, soldi in banca!

Niente paura, niente paura, niente paura c'è Alfred Denzel (quasi-cit.)
Il terzo di cui si fida Tony è un altro suo pretoriano, uno che nel frattempo è diventato un grandissimo (non è una battuta sul suo peso lo giuro!), James Gandolfini con il ruolo del sindaco di New York qui, arriva anche lui a quattro collaborazioni con lo Scott che conta, se vogliamo contare anche la sua parte (non accreditato) in L’ultimo Boy Scout. Altra grande scelta, perché anche in Il colpo della metropolitana, il personaggio del sindaco interpretato da Lee Wallace aveva la sua importanza nel rappresentare gli ingranaggi (spesso inceppati) della burocrazia, qui Gandolfini risponde alla grande, con un sindaco che viaggia in metro e così facendo nei sondaggi appare più alla mano, ma è a fine mandato e si trova con una bella rogna per le mani, solo che lui non ha nessuna voglia di fare il Rudy Giuliani della situazione, il fatto che abbia anche un mezzo scandalo sessuale alle spalle, poi, lo mette quasi sullo stesso piano di Walter, uno con un’accusa di tangenti da giustificare sul curriculum. In ogni caso, un altro bel pezzo di film lo abbiamo messo in cassaforte.

“Madonna quanto sono bravo. M'impressiono da solo per quanto sono bravo"
Per il ruolo del capo dei rapinatori che prende il nome di Ryder (come nel romanzo originale), Tony Scott aggiunge un altro grosso nome, alla già nutrita lista di grandi attori che sgomitavano per lavorare con lui. Il John Travolta di questo film è parecchio (tanto!) sopra le righe, non come quando faceva il cattivone nei film di John Woo, però con il suo look da motociclista, baffoni a manubrio e tatuaggio sul collo, diciamo che si è disegnato un bel mirino sulla fronte, specialmente perché arrivava da un aspetto ancora più esagerato in “Hairspray” (2007) film che ai tempi fece scaldare parecchie tastiere ai giornalisti. Se non altro, qui per il buon John nessuna parrucca, anzi, via anche il solito parrucchino brutto con cui si ostina ancora oggi troppo spesso a recitare: rassegnati John, i capelli sono andati!

… Capelli, capelli. Sono andati via, e non torneranno mai (Cit.)
A proposito di parrucchini e recitazione con il volume della radio molto alto, la prova di Travolta è stata criticata (non da me, più avanti ci torniamo), ma pare che tra i candidati per la parte, fosse stato valutato anche Nicolas Cage (storia vera). Quindi la volontà era proprio quella di avere qualcuno che facesse parecchio rumore nel ruolo, il che lo trovo perfettamente sensato, può sembrare un pugno in un occhio se confronti la prova di Travolta con quella di Robert Shaw (un animale a sangue freddo, calcolatore e pericolosissimo), ma in un film ambientato nel 2009, in cui le motivazioni di Ryder sono state aggiornate e rese al passo con i tempi (tenendo conto anche di alcuni notevoli film della stessa tipologia) ci vuole qualcuno che faccia rumore. Ryder fa uno spettacolo personale, da una parte si gode la sua rivincita restando a carte coperte, vuole che si sappia che si tratta di una vendetta e quindi gongola (come quanto racconta di come si spupazzava la “culista” sulle nevi in Islanda), ma allo stesso tempo fa più casino possibile per mandare in confusione e distrarre tutti dal suo piano

L’altra faccia della medaglia è il Walter Garber di Denzel Washington che, ammettiamolo, è il classico personaggio di Denzel, in cui lui ha ragione è solo questione di tempo dimostrarlo, di fatto è quasi identico al protagonista di Déjà Vu, ma con un’aria molto più dimessa, il look è un po’ eccentrico per ricordare le giacche impossibili di Walter Matthau, ma il modo di fare è quello di uno che si è beccato un’accusa infamante ed è stato retrocesso mentre è in attesa di giudizio. Ora gestisce partenze e arrivi alla consolle della MTA (Metropolitan Transportation Authority), ma prima era un pezzo grosso, uno che ha fatto tutta la gavetta e che conosce il sistema, insomma, proletario fino al midollo, malgrado navighi in brutte acque.

Un, due, tre… STELLA PELHAM titoli di testa!
Nemmeno il solito ridondante sottotitolo italiano appesantisce l’inizio di “Pelham 123 - Ostaggi in metropolitana”, Tony Scott parte a cannone, ci porta nella frenetica New York sulle note di “99 problems” di Jay-Z e ci presenta personaggi e situazioni in corso d’opera, avremo 106 minuti per appassionarci ai protagonisti e alla vicenda.

La tecnica di regia è ormai una macchina ben oliata, grazie alla post produzione digitale Tony scandisce il conto alla rovescia con le solite scritte che compaiono in sovraimpressione sullo schermo e, come sempre, moltiplica i punti di vista usando i tanti “occhi” della Grande Mela. Il punto di vista è quello della console di Denzel, con le sue lucine che mostrano i treni in partenza, le telecamere di sicurezza delle varie stazioni (a cui Travolta dà le spalle quando minaccia con la pistola il conducente del Pelham 123) e, ovviamente, anche la webcam del computer del ragazzo. Tony, come al solito, utilizza il suo cinema muscolare ed estremamente visivo per portarci nel mezzo dell’azione, rendendo dinamica anche una trattativa con ostaggi che si svolge via radio e in un vagone fermo sotto terra, non proprio la più briosa delle situazioni.

Il modo in cui ottiene la nostra attenzione è un po’ lo stesso di Ryder alzando il volume della radio, ad esempio, l’entrata in scena del negoziatore professionista, quel “pizzaiolo” di John Turturro come viene definito nella pellicola (strizzatona d’occhio a “Fa’ la cosa giusta” di Spike Lee, tanto per stare a New York) rappresenta il momento in cui l’uomo comune rappresentato da Denzel viene messo in panchina. BANG! Primo morto! Denzel abbiamo ancora bisogno di te, Turturro, grazie per essere passato.

Qui si "escherza" con Jesus Turturro. Si fa anche della facile ironia.
“Pelham 123” mantiene un ritmo costante che poi aumenta quando la trattativa si fa più complicata e il tempo stringe. La corsa contro il tempo, il filo rosso che lega tutti i film di Tony Scott qui tiene banco, è chiaro perché abbiano voluto fare un remake di Il colpo della metropolitana, già solo per questa ragione. Qui, però, Tony Scott aumenta la posta in gioco, i milioni chiesti da Ryder passano da uno del film originale a dieci e se nel film del 1974 l’auto della polizia che portava di corsa il denaro aveva un incidente a rallentare il tutto mettendo in pericolo gli ostaggi, Tony aumenta il numero degli incidenti (che diventano tre, uno più grosso dell’altro e tutti diretti a distanza ravvicinata).

Se Walter Matthau indagava per risolvere la situazione, Denzel Washington deve scendere lui stesso in campo, con tanto di pistola alla mano in un faccia a faccia finale con John Travolta. Una scelta decisamente meno elegante rispetto al film originale (ma più vicina al romanzo originale), ma la colpa è imputabile più che altro ad una sceneggiatura competente, ma senza guizzi, un buon compitino che viene migliorato dalla regia di Tony Scott che, invece, è sempre una gioia per gli occhi.

“Ne ho trovato un altro senza biglietto vidimato, che faccio sparo anche a lui in faccia o gli faccio solo la multa?”
La sua versione di “The Taking of Pelham 123” ha i muscoli, ma anche personaggi più sfaccettati, è quasi un peccato che nell’ultimo atto tutta l’umanità dei personaggi venga un po’ sprecata dalla storia stessa, ma non cambia il fatto che “Pelham 123” é un film a cui si può criticare poco, ti fa aggrappare ai braccioli quando serve restando in ansia per i protagonisti e riesce nell’impresa di confrontarsi con un titoli di culto come quello del 1974, uscendone comunque decentemente.

Il botteghino risponde di conseguenza, dei cento milioni di fogli verdi con sopra facce di altrettanti ex presidenti mancati, il film che porta a casa più di cento cinquanta, insomma l’ennesimo solido film di Tony e Denzel, uno di quelli che si andava a vendere sicuri di passare un paio d’ore al cinema alla grande, ai tempi lo avevo visto in sala con la mia Wing-Woman, lo abbiamo rivisto sul divano di casa in vista di questa rubrica, non ha perso un colpo, avercene di remake con dentro questo ritmo e questa cura, non tutti gli ultimi rifacimenti di classici degli anni ’70 che ho visto avevano proprio lo stesso brio, ecco.

"C'è da spostare una macchina" (cit.)
Vi ero debitore di un’icona da chiudere, lo faccio subito. Per tutta la rubrica ho sottolineato i punti di contatto tematici tra Walter Hill e Tony Scott, “Pelham 123” li mette sotto gli occhi di tutti essendo ambientato tutto in una metropolitana come tanti classici di Gualtiero Collina.

L’altro titolo che quello giusto della famiglia Scott aveva intenzione di rifare era proprio IL film che mi ha portato a credere che tutte le grandi pellicole dovrebbero avere almeno una scena in metropolitana, ovvero I guerrieri della notte. Può sembrare una bestialità l’idea di rifare “The Warriors” e forse lo è, anche se temo che prima o poi a qualcuno questa brillante idea verrà (mi auguro che la capacità di Hill di passare sempre sotto traccia, per una volta giochi a suo e a nostro favore), però penso che una versione niente male di “The Warriors” nuova, Tony Scott avrebbe potuto regalarcela.

Aveva iniziato anche a fare parecchie ricerche, il suo piano era spostare l’azione tra la bande di strada della Los Angeles contemporanea, il che avrebbe già garantito almeno uno spunto di partenza comune, ma differente (d’altra parte si chiamano re-make, ri-fare. Non fare-uguale), sono abbastanza sicuro che Tony ci sarebbe arrivato prima o poi, il destino ha voluto diversamente, il capolinea anche per questa rubrica dista solo sette giorni, è l’ultimo treno, quindi non mancate, ma prima, vi lascio con il solito schemino della “Scottitudine”.

“Il fratello di chi? Dai vediamo se hai il coraggio di ripeterlo”
Pelham 123 (2009)
Se lo avesse diretto Ridley?
Avete presente le lodi sperticate per l’ardire di confrontarsi con un classico degli anni ’70? Invece lo ha diretto Tony, quindi è una roba con dei vagoni, in ritardo come un treno delle FS.

Nel paragone diretto, resta comunque molto meglio di:
Aspettate che controllo, ma quanti remake ha diretto Ridley nella sua carriera? Nessuno? Ma come Ridley? Vabbè, sarebbe stata un'onta per un regista della sua caratura mettere le mani sul lavoro altrui per rifarlo, con il rischio di rifarlo anche peggio.

Ah beh, allora perché ha rimaneggiato le vecchie idee di O’Bannon, H.R. Giger, Walter Hill e David Giler per sfornare roba come Prometehus e Covenant? Ora venite a dirmi che cento (ventitrè) “Pelham 123” non sono meglio, dai venite a dirmelo.

Risultato parziale dopo il quindicesimo Round:
PLIN-PLON!
Si avvisano i signori viaggiatori che il Ridley789 viaggia con quaranta minuti di ritardo, suggeriamo di salire a bordo del vagone di Tony, lo Scott giusto!

20 commenti:

  1. questo l'ho visto diverso tempo fa, mi è sembrato uno dei film minori diretti da Tony Scott, John Travolta mio idolo d'infanzia, mi è sembrato giù di corda

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    1. Travolta ha un po’ un mirino puntato addosso in questo film (e non solo quello dei cecchini), lui va parecchio sopra le righe di solito, qui il doppiaggio lo aiuta, ma non è una delle sue prove più scintillanti. Ma non ne farei una colpa al buon John, il problema del film è una sceneggiatura solida ma tutto sommato ordinaria. Cheers!

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  2. il film merita certo non è quello con walter matthau.


    prendo la palla al balzo e ti chiedo la rece di " from paris to love" che a me è piaciuto.

    il concetto è : travolta sia che faccia il cattivo o il buono è uguale.

    grazie e buon week end .


    rdm

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    1. Quello era molto più brillante. Ma quello con il vecchio Walter del ’74 scintillava, migliorava anche il romanzo. Anche se bisogna dire che questa versione per molti passaggi è più simile al romanzo originale (storia vera).

      Travolta va sempre sopra le righe e di solito aggiunge look pazzi, “From Paris to love” visto, ma ricoso solo il suo aspetto da terrorista pelatone ;-) Buon fine settimana anche a te! Cheers

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  3. Ecco, finalmente.
    Dopo due performance un po' incerte, IL TONY torna ai massimi livelli.
    Personalmente lo considero il film piu' "alla Mann" di tutta la sua carriera.
    Ci sono sparatorie, inseguimenti, burocrazia, situazioni di stallo e uomini con le palle che ad un certo punto le tirano fuori, vedendo che chi dovrebbe combinare qualcosa non combina niente.
    E poi c'e' la citta'. Che e' New York, non Los Angeles. Ma va bene lo stesso.
    Conta che ci siano i palazzi, e le strade. E i binari.
    Asfalto, cemento e rotaie.
    Ma il colpo di genio e' il NON DETTO, come sempre.
    Qui e' lo stesso che ho trovato in quella micro - bomba ad orologeria chiamata THE GUILTY.
    Ma e' possibile che Denzel, con quella faccia li', faccia il controllore?
    No. Non e' possibile. Non ci crede nessuno. E' li' perche' ha fatto una cazzata, e' chiaro. E non mi riferisco alle mazzette.
    Non per incompetenza o stupidita'. Magari ha dovuto fare una scelta che nessuno si voleva prendere la briga di fare, ha sbagliato e l'ha pagata. Ok, si e' intascato i soldi, ma quello e'venuto dopo. Lo hanno fottuto, e allora si e' messo a fottere pure lui, finche' non lo fottono.
    Ma vuole rimediare, e noi non vediamo l'ora di vederglielo fare.
    Perfetti sia Turturro che Gandolfini. L'arma vincente del Tony sono i comprimari. Ha i suoi fedelissimi, che al momento giusto non tradiscono.
    E poi Travolta. Che a fare i cattivi si diverte un sacco, e ci mette una perfidia assolutamente unica.
    Forse il suo piano qui e' un po' inverosimile ma su presenza, carisma e recitazione non si discute.
    E poi di aspetto sembra il Manny interpretato da Jon Voight in A 30 SECONDI DALLA FINE (ci stava gia' pensando, ad UNSTOPPABLE? Che poi, lo vedo proprio come un remake di quel film).
    E ritorna il confronto tra veri uomini. Denzel e John si annusano, e capiscono di essere fatti della stessa pasta. Sanno gia' come andra' a finire, senza tanti giri di parole.
    Non cederanno di un millimetro. Sono due treni, in viaggio sullo stesso binario. Diretti uno contro l'altro, in rotta di collisione.
    Come Maverick e Iceman. Cole e Rowdy. Oppure sempre Denzel con Gene Hackman.
    Si rispettano, ma devono scontrarsi. E quando avverra'...SALTERA' TUTTO PER ARIA.
    Film memorabile.
    Lo avrei voluto anch'io, il suo remake sui guerrieri.
    E...si. Siamo quasi alla fine della pista, purtroppo.
    Ti direi di posticipare l'ultimo fino all'anniversario della sua scomparsa, in modo da dedicargli una giornata apposta. Ma...si puo' fare, amigo?
    Gran pezzo, comunque. Complimenti.

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    1. Non a caso Mann è l’altro grande fissato con le metropolitane ;-)
      A me piace un sacco la scena della confessione di Denzel, Ryder lo mette alle strette e lui confessa la sua accusa infamante che aveva sempre negato, eppure ne esce con la schiena più dritta di prima.
      Jon Voight era “come una bestia feroce” per citare Ed Bunker che con Runaway Train ha più di un legame. Travolta gongola di più, se non altro entrambi hanno avuto esperienza carceraria!

      Dovrei aspettare fino ad Agosto, no va bene, chiudiamo in orario tenendo fede al tema dei treni e delle metropolitane. Ti ringrazio molto, mi dispiace solo aver finito di leggere il romanzo (scovato per puro caso, storia vera), dopo aver completato questo post, avrei potuto fare qualche paragone in più, ma sono felice che ti sia piaciuto. Cheers!

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    2. Non potete immaginare quanto mi sono sempre identificato con Denzel in questo film, soprattutto quando lavoravo in un'azienda privata. Ero quello più esperto, anche per i tanti anni maturati, quello che faceva la differenza durante gli audit perché ti presentava il report "giusto" al momento giusto, quello che sapeva trattare le grane e riuscire (spesso) a dipanarle. Eppure non ero quello paraculato, ero messo sempre in ombra da un boss che voleva le attenzioni e i meriti su di lui e teneva i collaboratori nel cassetto.
      Ecco, Denzel, in questo film, riesce veramente a esprimere le emozioni e le sensazioni che si provano quando si ha la consapevolezza di meritare di più e ci si trova a dover fare un lavoro da passacarte. Quando si capisce che si poteva arrivare in alto ma, almeno nel suo caso, ci si è giocati il destino e la carriera per una scelta sbagliata. Questo, unito alla sua voglia di riscatto e di fare qualcosa di buono (per sé stesso, per la città, per le persone) dà la spinta giusta a questo film, che non è uno dei miei preferiti del TONY ma rimane comunque ben fatto e anche un bel remake dell'originale, ovviamente attualizzato ai tempi nostri.
      Discorso Travolta: a me piace sempre, sia quando fa dei ruoli che gli permettono meno di gigioneggiare, sia quando tira fuori tutta la sua capacità istrionica e la sua tamarraggine come in questo caso, unite però sempre a una certa malinconia che traspare dalle sue corde.
      Tornando al discorso "From Paris with Love", oltre a stare meglio glabro, picchia come un novello Bruce Lee nella scena super galvanizzante contro la banda di cattivoni (tanto che se non ricordo male lo dice pure).

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    3. Ma lavoriamo nello stesso posto? ;-) A me fa impazzire come sottilmente (ma nemmeno tanto) ci venga suggerito che uno abituato, diciamo a vivere in seria A (resto sul vago per non rovinare la visione a nessuno) abbia abbracciato la vita e il look da galeotto come fa il personaggio di Travolta qui, ci sono stati ruoli dove risultava più incisivo (e altro dove invece ancora più tamarro) ma secondo me il suo personaggio non è niente male, e poi il monologo del Carlino è una figata ;-) Cheers!

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  4. Solido e compatto remake di Tony. Come scrivi a peccare è la sceneggiatura più he la messa in scena. L'ultimo atto brucia molte delle sfumature dei vari personaggi ed è un peccato, si disinnesca quella feroce critica al mondo bancario incarnata da Travolata. Resta un thriller teso, che si guarda e in cui la qualità della confezione supera di molto il contenuto. Peccato che stiamo arrivando al capolinea, sono quasi maliconico al pensiero.

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    1. L’ultimo atto passa come pialla su tutte le sfumature dei due protagonisti, concordo il personaggio di Travolte è quello che ne esce peggio, si poteva mordere molto di più, ma hanno voluto addolcire, se penso anche alla stretta di mano finale con il sindaco. Tutta la parte migliore del film è farina del sacco di quello giusto di casa Scott, purtroppo siamo vicini all’ultima stazione, e visto che ho iniziato questa rubrica sull’onda della malinconia, mi dispiace proprio concluderla. Cheers

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  5. Buon film d'azione ma non mi ha lasciato chissà quali ricordi.
    Riguardo al "The Warriors" di Tony Scott, è una di quelle cose che avrei davvero voluto vedere, peccato.

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    1. Paga un ultimo atto un po’ fiacco in fase di scrittura, ma resta un lavoro solido.
      Penso che il film di Walter Hill sia perfetto, ma se qualcuno avrebbe potuto raccontare qualcosa di diverso e interessante allo stesso modo, sarebbe stato proprio Tony, che aveva più di un punto in comune con Gualtiero, il che per me resta tipo il più grande complimento che si possa fare ad un regista ;-) Cheers!

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  6. Insomma, non male, gran cast, Travolta qui sorprendentemente in parte ;)

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    1. Anche secondo me funziona, ha tutti gli occhi addoso ;-) Cheers

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  7. Confesso di non aver apprezzato questo film alla sua uscita (non conoscendo ancora l'originale) ma dopo quest'altra fulminante puntata del Ciclo Giusto ormai devo rivedere tutte le mie convinzioni ;-)

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    1. Ti ringrazio gentilissimo ;-) Lo trovo sempre abbastanza solido malgrado l’ultimo atto. Ti racconto questa, sai la solita cesta del prendi un libro porta un libro di cui ti ho parlato? Ecco, giovedì scrivo il post di “Il colpo della metropolitana”, venerdì scrivo questo su “Pelham 123”, sabato sono a spasso con i cani butto un occhio nella cesta e torno a casa con il romanzo “Il colpo della metropolitana” di John Godey (storia vera). Quando l’universo manda i segnali giusti io li colgo ;-) Cheers

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  8. Sono d'accordo con te, è un ottimo remake e non denatura il materiale originale.

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    1. Tiene più conto del libro, senza avere tutti quei personaggi, la scena finale del romanzo somiglia più a quella di questo film, ma con il tocco ironico del film del '74. Cheers!

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  9. Di solito mio caro io evito i remake soprattutto quando l'originale mi piace e mi ha convinto. Questa pellicola la ricordo molto, e trovo i protagonisti ancora meglio della prima versione. Sicuramente la mano del" direttore d'orchestra " ha lasciato un grande segno e non me ne stupisco per niente.
    L'ho rivisto non molto tempo fa e la mia tensione è rimasta inalterata soprattutto in questo periodo dove trovo difficile essere entusiasta per qualche produzione cinematografica o musicale che sia.
    Un grande grazie adorabile amico mio..alla prossima!

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    1. Sempre un piacere leggerti cara e direi che la mano del regista qui si vede, non sarà il suo film più migliore, però ti dirò, anche io resto sulla corda ogni volta fino alla fine ;-) Cheers!

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