giovedì 7 novembre 2019

Scary Stories to Tell in the Dark (2019): Piccoli sbadigli

Guillermo del Toro una ne fa e cento ne pensa. Se la gioca con Tarantino per numero di progetti annunciati e in cantiere, questo “Scary Stories to Tell in the Dark che picchiò il cane che morse il gatto che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò” avrebbe per un po’ dovuto anche dirigerlo, per poi restare a bordo solo in veste di produttore.

Poco male, visto che il sostituto regista è di tutto rispetto, il norvegese André Øvredal, quello dell’interessante "Troll Hunter" (2010) e del gustosissimo The Autopsy of Jane Doe, suo primo film americano, che lasciava intendere che il ragazzo sapeva come destreggiarsi anche in una produzione a stelle e strisce, anche se qui è stato subito ridimensionato dal “cambio basket” di Del Toro.

A scuola di mostri con Guillermo.
Niente da dire, Øvredal fa un lavoro davvero buonissimo, ma è chiaro che “Scary Stories to Tell in the Dark” sia un progetto voluto da Del Toro, che trae ispirazione dall’omonima serie di libri per ragazzi scritta da Alvin Schwartz, composta da tre volumi pubblicati tra il 1981 e il 1991. Racconti spesso anche molto brevi, di un paio di pagine, pescati dal folclore americano ed impreziositi dalle illustrazioni di Stephen Gammell, acquarelli pieni di mostri e creature che di sicuro hanno colpito l’immaginario di uno come Del Toro, che per i mostri ha sempre avuta una certa predilezione.

Sono proprio i mostri la parte migliore di “Scary Stories to Tell in the Dark” (da qui in poi “Spavenstorie” altrimenti facciamo notte), a partire da Harold, lo spaventapasseri che fa bella (o brutta? Fate voi) mostra di se sulla locandina del film. Le creature del film non sono moltissime, ma tutte realizzate davvero molto bene, centellinando la CGI e dandoci dentro con gli effetti speciali prostetici vecchia maniera, indossati da un paio di “ripieni” di tutto rispetto: lo spagnolo Javier Botet (già al lavoro in Slender Man, Crimson Peak e The Conjuring2) ma soprattutto il solito Doug Jones, fedelissimo di Del Toro, che qui presta le sue movenze al contorto Jangly Man.

Anche lui a suo modo è un mostro, l’uomo che ha recitato ovunque, Dean Norris!
L’inizio è piuttosto canonico, un gruppo di ragazzini pronti a festeggiare insieme il loro ultimo Halloween, costumi improvvisanti in casa, tra cui uno da uomo ragno (anche se non quello famoso) e il solito branco di odiosi bulletti contro cui prendersi una piccola rivincita. Diventa anche impossibile nel 2019 emozionarsi ancora per un inizio che urla così forte Stranger Things, dopo che la popolare serie Netflix ha deciso di prendere i ragazzini di “Stand by me” (1985), i racconti di Stephen King e i film della Amblin con cui siamo cresciuti, e cacciarceli giù per il gozzo fino a farci esplodere, nemmeno se loro fossero la strega con i dolciumi e noi Hänsel e Gretel.

Ve lo dico, non ne posso più di vedere ragazzini in bicicletta in film e serie tv!
La differenza è l’anno di ambientazione, il 1968 (lasciatemi l’icona aperta, che più avanti ci torniamo) ma se per caso uno spettatore distratto si perdesse la data in sovraimpressione, l’inizio di “Spavenstorie” ti farebbe pensare all’ennesimo film con ragazzini degli anni ’80. Anche se bisogna proprio essere MOLTO distratti, perché i protagonisti in fuga dai bulli, finiscono per incontrare Ramón (Michael Garza) in un Drive-In che trasmette La notte dei morti viventi, con una discreta spazzolata di citazionismo fine a se stesso. Ma soprattutto per tutto l’inizio della pellicola, viene sparata a ripetizione l’abusata ma sempre ipnotica “Season of the Witch” dei Donovan, che comunque a ben pensarci, vale comunque come citazione Romeriana.

Diciamo che come omaggi ai classici horror, questo film è ben messo.
Come sapete ho smesso di fare uso di trailer cinematografici, ormai preferisco spararmi in vena direttamente il film fatto e finito. Non chiedetemi perché, mi era rimasta addosso l’informazione che “Spavenstorie” era un film antologico con varie storie horror, forse per via del libro originale (o dello strambo funzionamento del mio cervello). Sta di fatto che gli sceneggiatori Dan Hageman e Kevin Hageman invece della classica divisione in capitoli, hanno utilizzato il pretesto del libro scritto con il sangue e rilegato in pelle umana per introdurre le varie creature che terrorizzeranno i protagonisti, come il mostrone alla ricerca del suo alluce, oppure la mujer pálida… Il nome me lo sono inventato, ma se in “Il labirinto del fauno” (2006) poteva esserci el hombre palido, ci sarà anche la sua versione femminile no?

Proprio la “mujer pálida” è protagonista delle scena più riuscita di tutto il film, un inseguimento (che il mio allenatore definirebbe "statico ma veloce") in un lungo corridoio tutto illuminato da spettrale luce rossa. Nel senso che il ragazzino scappa cercando di imbroccare la porta giusta per uscire, ma ogni via di fuga è preclusa dalla nostra signorina diversamente abbronzata, che si avvicina camminando lentissima ma inesorabile.

"È qui adesso, Ray. Sta guardando proprio me", "È un aborto di tubero, vero?", "Temo ti possa sentire, Ray" (Cit.)
Una scena molto efficace che crea un certo grado di ansia, perché non serve essere uno studioso dei comportamenti umani, per capire che quando ci si ritrova ad essere inseguiti da un maniaco con un ascia, oppure in questo caso, da uno spaventapasseri dall’aria piuttosto incazzata, è automatico per chiunque scappare per mettersi in salvo. Quello che trovo sottilmente spaventoso invece, è qualcosa che ad una prima occhiata risulta strano ma non pericoloso (tipo la mujer pálida) che improvvisamente si rivela esserlo senza per forza aver bisogno di un “Jump Scare” a sottolinearlo. Quindi bravo André Øvredal, gli studiosi del comportamento saranno orgogliosi di te.

Purtroppo “Spavenstorie” non è tutto pesche e crema, la struttura mostro-attesa-mostro alla lunga tende a diventare un po’ ripetitiva, e nessuno dei giovani protagonisti riesce proprio a guadagnarsi il favore del pubblico, forse giusto un po’ Stella (Zoe Margaret Colletti) con la sua notevole e un po’ anacronistica - per il 1968 - collezione di locandine di vecchi film Horror.

Anche l’idea stessa del «Non sei tu a leggere il libro, è il libro che legge te», viene sviluppata poco e non proprio benissimo, in questo senso Piccoli Brividi era riuscito a rendere omaggio molto meglio ai libri del terrore e a tutta la letteratura Horror per ragazzi. “Spavenstorie” invece, purtroppo mi ha anche parecchio annoiato, quindi più che “Piccoli Brividi”, direi “Piccoli Sbadigli”.

"Dopo questa solo più romanzi di Emilio Salgari giuro!"
Capisco perché lo abbia fatto, l’impronta di Guillermone Del Toro, se da una parte ci regala un certo occhio di riguardo per mostri e creature varie, dall’altra il pegno da pagare è l’utilizzo sempre più involuto delle metafore (anche noti nome METAFORONI) del regista Messicano, vi ero debitore di un’icona da chiudere sull’anno 1968, lo facciamo subito.

La scelta dell’anno in cui ambientare il film è ben più che metaforica: il presidente Nixon gode ancora di (abbastanza) fiducia, e il bulletto che perseguita i protagonisti sogna di arruolarsi per andare in Vietnam ad uccidere qualche “rosso”. Insomma anche se scritta con il pennarellone a punta grossa, è piuttosto chiaro che l’America del film è all’ultimo Halloween (che per gli Stati Uniti sarà il Viet “Fottuto” Nam) proprio come i protagonisti, la svolta prima di entrare definitivamente nell’età adulta. Il tipo di metafora non proprio sottilissima che uno si aspetterebbe di trovare negli ultimi film del produttore di “Spavenstorie”.

Quando ti nascondi sotto il letto, ma realizzi che è proprio dove di solito stanno i mostri.
Un grosso problema? Non tanto, perché è chiaro che questo film sia forse più rivolto ad un pubblico giovane, io ormai potrei essere lo zio del target di riferimento di questa pellicola, che è proprio come Piccoli Brividi, però con più gusto per le scene forti, tipo quella dei ragni allo specchio, messa apposta nel film per farvi provare un po’ di sanissimo schifo.

Insomma, per me ormai è troppo tardi, sono già vecchio e cinico, ma se conoscente figlie, nipoti, cugini più giovani in cerca di qualche brivido, questo potrebbe essere un buon film per fare la conoscenza del più sanguinolento di tutti i generi.

8 commenti:

  1. L'ho bucato in sala e me lo sarei pure visto volentieri. Amen... Mi rifarò quando passa in tv anche perché avevo molto apprezzato "The Autopsy of Jane Doe".

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    1. "The Autopsy of Jane Doe" mi era piaciuto molto di più, anche se la scena della mujer pálida mi è piaciuta molto. È chiaramente un film rivolto ad un pubblico più giovane, però ha buon gusto per l’orrido quindi un po’ mi sono annoiato un po’ mi sono divertiti, ma io non sono (più) il target di riferimento di questo film ;-) Cheers

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  2. Non sono più neanch'io il target di riferimento del film (semmai lo sono stato!) e avendo tonnellate di film simili ancora in attesa mi sa che Benicio dovrà finire in fondo alla lista :-P

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    1. Ehehe Benicio ;-) Resta un gioiellino, ma mi viene in mente una frase famosa di "Arma Letale" ;-) Cheers

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  3. A me è piaciuto devo dire, certo probabilmente un po' di approfondimento in più soprattutto sui personaggi sarebbe stato ben gradito, specie nei riguardi del ragazzo sudamericano che arriva ed entra così di botto nella trama come niente fosse, ma tutto sommato a me non è dispiaciuto.
    Sono d'accordo che i "mostri" sono la cosa migliore del film.

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    1. Capisco che tra fan di Romero ci si trovi subito, ma così è davvero troppo ;-) I mostri sono uno meglio dell'altra, il che non è affatto poco. Cheers!

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  4. Lo volevo vedere, ma senza troppa convinzione, anche perché qui l'hanno distribuito da cani.
    Ormai ho sempre più l'allergia ai grossi registi che si fanno produttori. Se non trovi il tempo per dirigere un film e ti limiti a pubblicizzarlo dicendo "ehy! guarda il mio nome in cartellone, ma l'ho fatto girare a qualcun altro!" per me vuol dire che non ci hai creduto abbastanza. E questa è tutta colpa di Jimmy Cameron, maledetto.

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    1. Jimmy Cameron, Sam Raimi, direi proprio di si ;-) Poi Del Toro quanti progetti aperti ha? Sto ancora aspettando il suo Frankenstein io, per la serie, aspetta e spera! Cheers

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