Vi ricordate dei Radio Silence? No, non sono un pezzo dei
Queen, sono il collettivo di registi che hanno preso parte al primo V/H/S
(2012) e diretto l’antologico
Southbound.
La loro ultima fatica, dopo aver fatto il giro dei festival ha fatto parlare un
po’ di se, tanto da arrivare a vedere anche il buio delle nostre sale, ma solo
dopo un bello stravolgimento di titolo.
“Finché morte non ci separi” fa inevitabilmente pensare ad
un matrimonio, che poi è il punto di partenza di questa storia, che inizia
quando la grezza ma caruccia Grace (Samara Weaving) sposa il toncolone ricco di
famiglia Alex Le Domas (Mark O'Brien). Peccato che la questione matrimonio
venga esaurita tutta nei primi cinque minuti di film, il resto dei 90 minuti e
spiccioli sono tutti dedicati alla stramba tradizione dei Le Domas, ovvero
quella di fare tutti insieme un gioco, tra cui il temutissimo nascondino. Ecco
perché il titolo originale “Ready or Not” forse risultava un po’ più indicato.
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“I matrimoni mi mettono l’ansia. Specialmente quando sono io a sposarmi” |
Con qualunque titolo voi decidiate di chiamarlo, questo film
resta una commedia horror, in cui la prima parte è quasi tutta rappresentata da
una certa dose di umorismo nero, e la volontà di giocare con qualcuna delle attese
del pubblico. Come per tutti i film che fanno il giro dei festival, bisogna
sempre prendere gli entusiasmi con le pinze, “Ready or Not” è stato acclamato
come qualcosa a metà tra il secondo avvento e
Shaun of the Dead, la realtà è ben diversa: un film con qualche
forzatura iniziale, che però intrattiene a dovere fino alla fine. Brutto?
Il film scritto da Guy Busick e Ryan Murphy (
non quello, è solo un omonimo) è
piuttosto macchinoso nello spunto iniziale, ripete i concetti anche due o tre
volte – vi suggerisco un gioco alcolico? Ogni volta che viene ripetuta la
parola “famiglia” si beve, tempo dieci minuti sarete in coma etilico – e lo
spunto di partenza risulta un pochino forzato. Ma quando “Finché morte non ci
separi” trova il ritmo della sua corsa, non si ferma più fino al finale. Non è
il film più originale e rivoluzionario del mondo, anche se nel giro dei
festival lo hanno caricato di chissà quali letture di secondo livello, però in
tutta onestà una cosina così dritta e grondante sangue mancava da un po’.
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"Ma chi ci abita in questa casa, la famiglia Addams?" |
Il personaggio di Grace è tratteggiato con il pennarellone a
punta grossa, la biondina è una molto “pane e salame”, ha il bel faccino di Samara
Weaving però cristona come un personaggio di un film di
Walter Hill. Tutta
la sua caratterizzazione è grossomodo riassumibile come un orfana che vorrebbe
tanto una famiglia, e spera di trovarne una in quella dei Le Domas, di cui Alex
è il perfetto rappresentante. Mammà invece ha il volto della rediviva Andie
MacDowell, una vita che non la vedevo spuntare in un film.
Come da tradizione dei film Horror, è lo stesso Alex a
mettere in guardia la ragazza, offrendole più e più volte la possibilità di
lasciar perdere questa storia del matrimonio e scappar via, ma proprio come il
più tipico (e testardo) personaggio di un Horror, Grace non ne vuole sapere
niente procedendo verso il destino di tutti i matrimoni: quando ti piace
qualcuna/o, devi sposare anche tutta la sua famiglia, e la famiglia è un
argomento che nei film dell’orrore, a me piace sempre vedere, perché penso
che sia già super spaventoso di suo!
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Tutti in posa per la classica foto di famiglia. |
La famiglia Le Domas ha fatto i soldoni con i giochi da
tavolo, forse per questo sono così in fissa con i giochi, il nuovo arrivato tra
le loro fila, deve pescare da una scatoletta misteriosa il gioco con cui entrare
ufficialmente a far parte della famiglia, può essere qualunque cosa, dama,
scacchi, rubamazzo, l’unica speranza è non beccare mai nascondino. Per i Le
Domas nascondino è una guerra, un po’ come qualunque partita a Monopoli giocata
a Natale con i parenti, ecco. Visto che non voglio rovinare la visione a
nessuno, per fare ancora un paio di riflessioni in comodità sul film, vi dico
SPOILER! (vaghi e modesti)
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“Nascondino, è un gioco facile no? Non è mica Monopoli, che finisce sempre a pugni in faccia no?” |
Ora, magari sono solo io, ma se in un horror spunta una
scatola, e si parla di un misterioso benefattore per le fortune della famiglia
Le Domas, io penso subito ad
una certa scatola e mi faccio sospettoso. Ma il vero argomento a tenere banco
sono le regole con cui giocano a nascondino i Le Domas, chi si nasconde non
perde, diciamo più che altro che rischia di perdere la vita.
In qualcosa che sta a metà tra “You're Next” (2011) e un
classico come
La pericolosa partita,
i Le Domas si improvvisano novelli conti Zaroff dando la caccia ai proletari
nuovi arrivati, il tutto in nome del citato benefattore delle loro fortune, che
non è troppo difficile intuire chi sia se avete visto più di due film nella
vostra vita. Io capisco perfettamente che i film vadano giudicati anche all’interno
del periodo storico in cui vengono sfornati, però di tutto questo millantato
messaggio ultra politico in “Ready or Not” io non ci ho poi trovato tutta
questa gran traccia, diciamo che il film aveva bisogno di un grosso pretesto
per far cominciare la caccia - compito che svolge in maniera volenterosa ma
grossolana - dopodiché diventa tutto un grosso metaforone sulle difficoltà
familiari.
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“Dove vai! Volano SPOILER in questa porzione di commento, resta nascosta!” |
Uno di quelli preso anche abbastanza alla leggera, la trama
si diverte a sparare sui parenti acquisisti, più o meno come loro si
accaniscono sulla protagonista, e ogni tanto “Ready or Not” riesce anche a
strappare una risata, giocando più che altro sulle tempistiche di alcuni colpi di
scena, che in un film così uno si aspetta di vedere, ma spostandoli poco più in
avanti rispetto al solito momento in cui tanti horror ci hanno abituato a
vederli arrivare, ottengono un effetto comico. Detta così è più complicata di quello che
sembra, quando lo vedrete ve ne accorgerete perché sarete impegnati a ridere.
Fine
della sparte con gli SPOILER!
I Radio Silence fanno un buonissimo lavoro, non inventano
nulla e non sono venuti qui per decostruire il genere, sembrano i primi a
divertirsi con questa trama e francamente si vede. Anche la sposa assassina ammettiamolo, nemmeno quella è originalissima come trovata, da Tarantino a “Rec 3 - La
genesi” (2012) resta un’idea piuttosto abusata, ma a renderla divertente ci
pensa Samara Weaving.
Non fate i finti tonti, l’avete vista tutti in
La Babysitter, è universalmente
ricordata come una Margot Robbie 2.0 di un paio d’anni più giovane, ma diversi
milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti meno costosa, se
ti capitasse di volerla far recitare in un film che stai producendo. La nipote dell’agente
Smith di
Matrix aveva già dimostrato
il piglio giusto nel gustosissimo “Mayhem” (2017), che qui da noi in uno strambo
Paese a forma di scarpa non è mai uscito, ed io non ho avuto il tempo di
commentare (ma vi consiglio). Per certi versi Samara Weaving in questo film riesce a fare anche meglio.
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Le Converse alte fanno guadagnare punti stima presso il sottoscritto. |
Non è la solita “Tipa tosta in un film targato 2019”, fatta
con lo stampino per assolvere al dovere morale di far vedere che le donne nei
film possono avere ruoli forti (il genere Horror è sempre stato avanti anni
luce da questo punto di vista), più che altro è una che caccia fuori la “cazzimma”
quando si trova spalle al muro, negando l’assurdità della situazione in cui si è
cacciata fino a quando diventerà proprio impossibile non accettarla (per non essere accettata a sua volta. Ok questa era una freddura terribile), dopodiché
passa al contro attacco come farebbe chiunque finito allegramente nella cacca, per tutte queste ragione risulta un personaggio per cui è piuttosto facile fare il tifo tifare.
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“Vieni Samara, ti do un passaggio con la Bara Volante, sali su” |
Insomma “Finché morte non ci separi” parte da premesse un po’
farraginose e ben poco originali, ma diventa molto presto un “Die Hard with a
vengeance
sposa” piuttosto divertente, che potrebbe resistere nella vostra memoria a
breve termine per un po’ più dei canonici dieci minuti, ma di sicuro prima, vi
regalerà 95 minuti di quel tipo di intrattenimento in cui si fa il tifo, e
viene voglia di urlare suggerimenti alla protagonista come se potesse sentirci,
non so se ho reso l’idea.
C'è la Weaving? Bene, il film si guarda a prescindere senza porsi troppe domande. Se poi merita come in questo caso è bene, sennò mi basta gustarmi gli occhi.
RispondiEliminaLa nipote di Mr. Smith pare aver scelto la strada della “Scream Queen”, il che mi va benissimo, se ti capita, ti consiglio anche “Mayhem”, davvero niente male ;-) Cheers
EliminaIl bello è che alla fine mu... ah,no! Niente spoiler oggi (ho fatto un fioretto)
RispondiEliminaChe sarebbe stato fin troppo logico per la nostra distribuzione, considerando la formula classica del matrimonio, ma siccome il film va tutto in un'altra direzione, forse sarebbe stato meglio conservare il titolo "Ready or not" oppure puntare più su qualcosa legato al gioco del nascondino ;-) Cheers!
EliminaCarino, è un film che parla alla parte più populista di noi, secondo me, ma alla fine si lascia guardare tranquillamente.
RispondiEliminaMi ha divertito!
Infatti queste grandi metaforone contro i ricchi ci sono, ma sono tangenziali. La protagonista è una simpatica “burina” che vorrebbe una famiglia, ci ho trovato più metafore sui rapporti famigliari (o comunque, un po’ più riuscite) che tutte queste dure critiche ai ricchi, sarà che ho visto “Parasite” a poca distanza da questo? ;-) Cheers
EliminaSembra carino, per una visione divertente. Non conosco la protagonista ma mi sembra meritevole ;-)
RispondiEliminaLo è, "La babysitter" si giocava nei dialoghi qualche citazione Aliena e "Mayher" era uno spasso almeno quanto questo film, insomma la ragazza si sta scegliendo bene i film ;-) Cheers
EliminaMi è piaciuto un sacco questo film, Samara Weaving è veramente cazzuta
RispondiEliminaHa tutte le cosine al suo posto, sia il film che la Samara, non rivoluziona niente ma funziona alla grande, avercene di film così ;-) Cheers
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