Non avete idea di quanto io sia contento di aver quasi
completamente smesso di fare uso di trailer, non sono caduto in tentazione
nemmeno davanti a quello di “3 from Hell”, il ritorno dei famigerati
reietti del Diavolo di Rob Zombie, che
in queste settimane sono
stati ospiti
qui alla Bara.
Eppure un po’ di puzza di bruciato si sentiva anche da qui,
il film è stato presentato al festival di Sitges, mentre negli Stati Uniti di
Yankeelandia è già uscito sul mercato dell’home video. Qui da noi, in uno
strambo Paese a forma di scarpa, ciccia!
A tre anni dal suo ultimo sfizioso lavoro intitolato
31, e a ben quattordici dalla loro
dipartita
ultima sortita in
The Devil's Rejects,
Rob Zombie ha pensato di trasformare in trilogia le avventure dei Firefly, capisco
perché l’abbia fatto, la volontà di continuare a produrre film tra amici, ad
esempio è un ottimo spunto, ma al netto del risultato, era davvero necessario?
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La foto di Natale Halloween, della famiglia Zombie. |
Badate bene, “3 from Hell” non è affatto un brutto film (per
almeno due atti tiene botta) ma non aggiunge poi molto all’iconografia di Baby
Firefly (Sheri Moon Zombie), Otis Driftwood (Bill Moseley) e al Captain
Spaulding (il compianto
Sid Haig).
Inoltre è un film che si gioca un paio di trucchetti da poco, un po’ per far
fronte ad alcune difficoltà maggiori, ma anche un po’ per pigrizia bisogna
dirlo. Nel dubbio da qui in poi
SPOILER!
Senza aver visto il trailer, sulla base del bellissimo
finale del
film precedente, e del
titolo di questo seguito, mi ero fatto tutto un film nella testa, per cui i tre
reietti del Diavolo – in quanto tali – non avrebbero passato molto tempo con il
satanasso laggiù, andiamo sono o non sono reietti? Pensavo ad una svolta
esoterica, se non proprio satanica (argomento che al nostro Robertino Non Morto
piace sempre molto) per i tre protagonisti invece niente, anche questa volta la
mia versione immaginaria del film era ben più complicata della soluzione scelta
da Zombie: avete presente i tre protagonisti morti alla fine del film
precedente? Ecco, non erano morti.
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Un’immagine presa da “3 from Hell”, la versione che mi ero fatto io nella mia testa (malata). |
Togliendo già parecchia poesia a quel finale, ma aprendo
scenari interessanti, Rob Zombie ci racconta con una tecnica da falso
documentario datato 1978, di come Baby, Otis e il Capitano siano sopravvissuti
a una serie di sforacchiamenti di pallottole, finendo prima in rianimazione e
poi in carcere. Forse la mia versione che li immaginava demoni in fuga
dall’inferno era un po’ meno pigra, voi che dite?
Bisogna dire che anche la sfortuna non ha aiutato il nostro
Rob Zombie, il peggioramento delle condizioni di Sid Haig ha costretto il
regista a modificare la storia, giusto in tempo per dedicare al vecchio Sid un
ultimo monologo da recitate nella scena della prigione, dove con quel suo notevole faccione da pazzo, il Capitano Spaulding viene condannato alla pena di
morte.
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Tanto vale andarsene con una risata (ciao Sid, ci vediamo nei film!) |
Roberto Non Morto si guarda bene dal prendere una posizione
in merito alla pena capitale - non credo che nemmeno gli interessi - però nei
primi minuti di film si gioca una carta mica male, i tre reietti del Diavolo
diventano oggetto di culto, che siano giovani donne attratte da Otis, maschietti
calamitati dalle mossettine sexy di Baby, oppure semplici contestatori, al
grido di «Free the Three!», i nostri “3 from Hell” diventano delle icone, un po’
come accaduto a Charles Manson tanto per capirci.
Un tema sfizioso che però Rob Zombie abbandona molto presto,
Baby dichiarata fuori di melone (perché gli altri come sono? Sani?) finisce
dritta al manicomio, mentre Otis ai lavori forzati, almeno fino al 2 ottobre
del 1988, dove fugge in diretta tv, vendicandosi di una vecchia conoscenza
(Danny Trejo che riprende il suo ruolo nel film precedente per ben… due secondi!)
e introducendone un’altra. Si perché ad aiutarlo ad evadere ci pensa Winslow
Foxworth "Foxy" Coltrane, anche noto come Midnight wolfman,
interpretato da quella faccia da matto col botto di Richard Brake. Non avete
mai sentito parlare del fratellastro dei Firefly? No sul serio, il film è
iniziato da dieci minuti e Zombie si è già giocato due trucchi da
prestigiatore, nemmeno uno di quelli bravi.
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Eppure io li ricordavo un po' diversi gli ZZ Top.
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Ora, io capisco perfettamente che Richard Brake sia un
sostituto chiamato a colmare l’assenza di Sid Haig, mi piace il cinema di
Terry Gilliam, nessuno più di me
apprezza un regista che fa fronte alla sfiga senza abbandonare la sua opera.
Inoltre Brake era fenomenale in
31,
bucava letteralmente lo schermo con quella sua faccia da Tom Petty in versione
assassino seriale, peccato che il suo personaggio non abbia uno straccio di caratterizzazione,
si ritrova in fuga con i nostri protagonisti perché è loro parente (e di
conseguenza anche lui un pazzo criminale), ma il film non fa davvero nulla per
farci affezionare a Wolfy, il che è un gran peccato, visto che Zombie era
riuscito a fare un lavoro incredibile da questo punto di vista in
The Devil's Rejects.
Tocca quindi riportare in scena anche Baby, bisogna dire che
in un film che dura 111 minuti, un’enorme porzione di minutaggio Zombie la
dedica a sua moglie Sheri Moon, il che potrebbe essere un bene oppure un male, in base alla vostra percezione della bionda moglie del regista.
Ve lo dico subito così depenniamo dalla lista delle cose
da fare questo punto: niente inquadratura “a posteriori” sulle parti migliori
di Sheri, gli anni passano per tutti, fatevene una ragione. In compenso la sua
Baby sfoggia un’infinità di tatuaggi da galeotta, e tra vocine, sguardi da
matta, ammiccanti ed esplosioni di violenza, Sheri Moon dopo
31, si conferma a tutti gli effetti la zia
di Harley Quinn, soprattutto quando entra in scena sulle note di “The wild one” di Suzi
Quatro.
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Bella maglietta Baby (non ci sto provando, si chiama Baby che ci posso fare?) |
Il sistema per far evadere dal manicomio Baby, come
descriverlo? Avete presenti i piani usati dal coyote per catturare Beep-Beep?
Molto più solidi della sceneggiatura prevista da Rob Zombie. L’idea sarebbe
quella di coinvolgere l’avvocato baffuto interpretato da Jeff Daniel Phillips,
di fatto la trovata è talmente surreale che è meglio non pensarci.
Per fortuna il secondo atto di “3 from Hell”, anche se più
di una volta ti fa venire voglia di guardare l’orologio, ancora qualche carta
sa come giocarsela. Mentre si guarda questa porzione di pellicola, è abbastanza
inevitabile trovarsi a pensare: «Esattamente, cosa sta cercando di raccontarmi
Zombie con questo film?». Forse proprio nulla, ma l'omaggio, e il suo modo di
giocare con i generi cinematografici, se non altro tiene in piedi questa
porzione di pellicola.
Otis e il nuovo arrivato Midnight Wolfman, tengono in
ostaggio e torturano i loro carcerieri trasformando la loro cena tra amici in
un incubo, in cui si trova incastrato anche un clown di passaggio. Perché un
clown dovrebbe presentarsi truccato a casa di alcuni professionisti adulti e
maturi? Non si sa, però sotto il trucco è impossibile non riconoscere un mito
come Clint Howard (fratello proletario di Ron), quindi non mi pongo domande e
mi dichiaro felice lo stesso.
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"Dovremmo avere dei fucili per cose di questo tipo", "Ma noi abbiamo dei fucili” |
La cattiveria dei “3 dall’inferno” tiene banco, e Rob Zombie
con un montaggio alternato passa agile dalla sua versione psicotica di “Indovina
chi viene a cena?” (1967) ad un omaggio ai film carcerati, anzi alle WIP (
Women in Prison) con la mitica Dee
Wallace ad interpretare la viscida secondina Greta (nome di sicuro
non scelto a caso), e Sheri Moon Zombie
nella parte della carcerata ribelle e con l’omicidio facile. Niente di
particolarmente originale ma che comunque regge, anche se il film pare girare a
vuoto.
Dove la coperta di Rob Zombie comincia a diventare davvero
corta è nel terzo atto, la fuga dei tre cattivoni dall’inferno prosegue come da
copione, anche perché se i film ci hanno insegnato qualcosa, é che se qualcuno sta scappando dall'autorità, dove andrà? Facile, sulle note di
“Ride the wind” di James Gang, si va tutti in Messico!
Qui il nostro Roberto Non Morto ammonticchia tutte insieme
una serie di robe fighissime: locali truccati per festeggiare los dias de los
muertos (ufficiale: Zombie ha visto
Coco
e voleva dire la sua sull’argomento), Sheri Moon che fa amicizia con un nano e
poi si mette a ballare sulle note di “In a gadda da vida” degli Iron Butterfly
(che come il nero, sta bene con tutto), Otis e Wolfy che si intrattengono con
alcune nudissime
Señorita locali,
scolandosi tequila e decantando le lodi di vecchi classici come “Il gobbo di
Notre Dame” (1923) con Lon Chaney. Ma anche una gara di lancio del coltello, copricapi
indiani, arco e frecce e tipo il cugino di Danny Trejo (con foto di “Machete”
sul muro, nemmeno fosse zia Antonietta con il calendario di frate Indovino) deciso a
vendicarsi.
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Sheri pensaci tu, prima che la Disney rifaccia in “live action” anche “Pocahontas”. |
Quando nel mucchio (selvaggio) si uniscono anche una banda di pericolosi
assassini messicani, con maschere da luchador sul volto (una citazione di Rob
Zombie al suo film d’animazione, il mattissimo “The Haunted World of El
Superbeasto” del 2009) l’unica domanda che mi sono sentito di pormi è stata
questa: perché con tutta questa bella robina, mi sto annoiando lo stesso?
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No sul serio, dovrebbe esserci una legge per impedire di
annoiarsi quando dei luchador sono coinvolti!
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Lo scontro finale è ancora una volta Rob Zombie che guarda
al cinema di Sam Peckinpah, però con decisamente meno brio, anzi lo scontro
finale se devo dirla proprio tutta, mi è sembrato strizzasse un po’ l’occhio
all’ultima scena di
Ricercati: ufficialmente morti, però con tipo cento volte meno figaggine e voglia di
vivere nel cuore.
La scena finale, con delle fiamme in primo piano che fanno
quasi tenerezza, e i “3 Infernali” che se ne vanno sulle note del solito Terry
Reid (“Faith to arise”), in teoria dovrebbe essere un'epica camminata verso il
tramonto, in realtà è un'uscita di scena piuttosto misera da un terzo atto (se
non da un intero film) con poche idee, che rispetto al
capitolo precedente non aggiunge davvero nulla e risulta anche
abbastanza noioso.
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"Saranno pronte le costiciole?", "Ma non so,
nel dubbio butta sul fuoco altra salciccia"
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Capisco e apprezzo la volontà di continuare a portare
avanti il proprio cinema, quasi come se si stesse lavorando tra amici, ma più
che una bella rimpatriata con omaggio a Sid Haig, sarebbe stato necessario
avere anche qualcosa da raccontare, quello purtroppo qui manca quasi completamente.
Basta, devo assolutamente seguire il tuo consiglio e farmi la trilogia di Firefly: ci ho messo vent'anni a decidermi a vedere la serie TV omonima, adorandola, farò lo stesso con i film di Zombie :-P
RispondiEliminaFirefly è un nome che porta bene. Cioè non porta bene, considerando cosa è successo alla serie e ai protagonisti, però diciamo che fa bene al cuore di noi appassionati, quello sì ;-) Cheers
EliminaUrca che botta! Peccato veramente... Ovviamente non l'ho ancora visto, lo farò (per completezza) quando lo beccherò decente da qualche parte.
RispondiEliminaPeccato perché dopo un primo, promettente, capitolo e dopo un seguito molto ben fatto, qua mi pare di capire che siamo dalle parti della "putt@nata" fatta solo per tirare a campare. Idee confuse, mal-reciclate e pure fuori tempo massimo. La non uscita in sala da noi mi pare comprensibile a sto punto.
P.S.: Teodosic ha già rotto le palle! Incomprensibile come sia da voi a giocare la coppetta al posto di essere in un top team di Eurolega...
P.P.S.: hai mai tratto il video di "Thriller" di Michael Jackson? Ce ne sarebbero di cose da dire su quel capolavoro di Landis...
No, in realtà non è così brutto, però davvero non aggiunge niente e cade a pezzi nell'ultimo atto, occasione mancata, ma forse era l'occasione per fermarsi al secondo capitolo. Era stato anche in NBA, ma il suo posto sembra questo. Il video di "Thriller" verrà trattato al momento opportuno, ho sempre nella testa una rubrica su Landis. Cheers!
EliminaFermo restando che gia' i primi due sarebbero stati piu' che sufficienti, anche per l'aficionado piu' sfegatato.
RispondiEliminaNon so. L'escamotage iniziale lo trovo assurdo, e nemmeno tanto originale visto che e' gia' stato impiegato da altri. E con risultati migliori, aggiungo.
Io pensavo a una sorta di "Natural Born Killers" in salsa hprror, coi tre che con la complicita' dei media e della rete diventavano super - star.
E che magari potevano rimanere pure morti, gia che c'erano.
Giusto per rimanere in tema di Joker...Zombie avrebbe potuto giocarsi la carta di un terzetto di imitatori, o di yn sacco di gente che prendeva a scatenare sanguinosi disordini.
Invece qui, efferatezze e omaggi al povero Sid Haig a parte...rimane ben poco. Solo un film che funziona a meta'.
Peccato.
Impiegato anche male per altro. Anche io speravo in un "Natural Born Killers" Horror, ma qui è giusto l'occasione per salutar Sid Haig. Cheers!
EliminaCompletamente d'accordo, un film deludente. Si spera che con un eventuale sequel, Robbie bello si rifaccia :)
RispondiEliminaIo ci spero in un altro capitolo, Richard Brake va utilizzato meglio di così. Ho visto che ne hai scritto anche tu, appena ho un minuto passerò a leggerti. Cheers!
EliminaDanke
EliminaGrazie a te ;-) Cheers
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