sabato 28 settembre 2019

Warrior - Stagione 1: Bruce Lee disse Kung, e Kung Fu

Anno 1967, la serie televisiva “Il calabrone verde” chiude i battenti, l’attore che sfoggiava notevole talento marziale nei panni di Kato, un ragazzo di nome Bruce Lee (potreste averne sentito parlare) resta senza lavoro e propone ai dirigenti della rete la sua idea per una serie televisiva intitolata “The Warrior”.

A grandi linee sarebbe l’idea di un cinese che sbarca nel vecchio West e vaga per il Paese raddrizzando torti, un modo perfetto per il Maestro Bruce Lee di usare l’industria dell’intrattenimento per portare avanti la sua filosofia di arti marziali applicate alle vita. Qui le fonti si fanno confuse, nessuno si sbottona, sta di fatto che una serie tv di questo tipo viene messa in produzione e va in onda all’inizio degli anni ’70, in intitola “Kung Fu” la trama è più o meno la stessa, solo che ad interpretare il cinese protagonista è un americano, donatore sano di carisma ma parecchio legnoso quando si tratta di arti marziali, David Carradine. L’America non era pronta per un protagonista cinese (storia vera).

Shannon Lee, figlia di Bruce (e sorella minore di Brandon) di fatto ha dedicato la vita a proteggere le memoria paterna, i metodi sono anche discutibili ammettiamolo, si sa che non è facile mediare con i parenti delle celebrità, ma resta il fatto che dagli appunti paterni tira fuori l’idea per “The Warrior”. Quello che sto cercando di dirvi è che nessuno ha pensato di pubblicizzare questa serie con una frase di lancio del tipo, “Da un’idea di Stefano Accorsi Bruce Lee” ma Cinemax l’ha prodotta lo stesso.

Il Maestro Bruce Lee, sempre quello più avanti di tutti.
Tra i creatori della serie troviamo due nomi piuttosto affidabili, Jonathan Tropper (quello di “Banshee”) e il regista Justin Lin, dieci episodi che da noi sono passati su Sky Atlantic e che mi sono smangiucchiato in due o tre serate, il risultato è sicuramente molto diverso da quello che aveva in testa il Maestro Bruce Lee, ma il quantitativo di botte non è affatto male.

Il protagonista Ah Sahm è interpretato da Andrew Koji, uno che non può nemmeno permettersi di allacciare le scarpe a Bruce Lee, però appena sbarcato si guadagna subito la nostra simpatia, lo sbirro della dogana che prende a male parole i cinesi, prima si becca pan per focaccia («Sapere la lingua ti autorizza a fare lo stronzo», «No però aiuta non trovi?») e poi si becca una randa di mazzate e basta.

Beh, tutto sommato ho visto certi piloti di serie iniziare peggio dai.
Ah Sahm mezzo americano, mezzo cinese ha sostenuto il tremendo viaggio con un unico obbiettivo, ritrovare la sorella scomparsa Xiaojing (Dianne Doan) ma si ritrova nella San Francisco del 1870, nel bel mezzo delle guerre Tong per il dominio di Chinatown. Qui fa amicizia con uno che ha una faccia da schiaffi quasi quanto la sua Young Jun (Jason Tobin) e mentre sei lì, che hai quasi voglia di verificare come mai malgrado le impostazioni che promettono lingua Inglese, tutti parlano cinese, succede una mossa che adoro: Il regista ruota la macchina da presa attorno ai protagonisti in modo rocambolesco e dal Cantonese stretto i personaggi iniziano a parlare Inglese (oppure Italiano, se guardate la serie doppiata) in modo da essere comprensibili anche da noi occidentali. John McTiernan aveva fatto quasi lo stesso in Caccia a Ottobre Rosso, sono mosse che apprezzo.

La serie stupisce perché non è “solo” una serie di botte e arti marziali (anche se non ci sarebbe nulla di male, anzi!) più che altro sembra di guardare un Peaky Blinders ambientato a Chinatown, in cui l’ambientazione in un bordello, garantisce il numero minimo di nudi, poppe e sesso che nel primo episodio di una serie moderna non possono mancare. La differenza con tutte le altre serie che usano le scene di sesso per convincere gli spettatori a continuare a guardare, e che qui Ah Toy (Olivia Cheng) la proprietaria del locale – molto interessata alle grazie del protagonista – diventa un personaggio ricorrente, lei e le sue ragazze, e in questo si nota l’impronta data da Jonathan Tropper alla serie.

Questa sera il menù prevede qualcosa di esotico.
I personaggi sono ben più che schematici ma coloriti, si va dall’eroe dei lavoratori Irlandese, protettore dell’invasione contro questi stranieri che vengono qui, ci rubano il lavoro, le donne e sporcano ovunque, Dylan Leary (interpretato dagli occhi piccoli e ravvicinati di Dean Jagger, perfetto per il ruolo), fino ad arrivare ai due sbirri, "Big Bill" O'Hara (Kieran Bew) e il suo giovane compare appena arrivato dal Sud, e per assurdo forse l’unico occidentale NON razzista della serie, dettaglio che tutti gli altri personaggi non perdono tempo a fargli notare.

Mettiamoci anche Penelope Blake (Joanna Vanderham) la giovane e bionda moglie del viscidissimo sindaco, che snocciola dialoghi ultra progressisti in favore degli orientali, e poi ovviamente mette gli occhi su Ah Sahm.

"Mia adorata, in quante guise t'amo? Lascia che io le enumeri: Una in mille, due in duemila, tre in tremila..."
Insomma “Warrior” non si gioca personaggi innovativi, proprio per niente, diciamo che sono tutti molto classici ma perfetti per scatenare le dinamiche tra di loro e bisogna dire che per essere una serie in cui le arti marziali la fanno da padrone, il resto si lascia comunque seguire con un certo grado di interesse, nulla di innovativo ma ben fatto e con buon potenziale per le prossime stagioni (la seconda è già stata confermata), insomma una cosa del tipo: Vieni per le botte, ti fermi per la trama.

Se negli anni ’60 una serie così non era possibile, oggi è chiaro che nel 2019, i rimandi alla situazione mondiale (e a quella americana in particolare) si notano tutti, la volontà di critica alla politiche sull’immigrazione di Mr. Arancione è molto visibile, a scapito a volte della credibilità storica per certi dialoghi, ma tutto sommato non aspettatevi da ma una critica verso qualcuno che si discosta da “The Donald”.

"Si, stiamo parlando con te Mr. Arancione"
I dieci episodi di “Warrior” si seguono con grande facilità, a metà stagione arriva anche un episodio che fa storia a se (1x05 "The Blood and the Sh*t") in cui i due protagonisti si ritrovano impegnati in una vicenda che porta la serie in piene atmosfere da film western, e che termina con un piccolo assedio nel saloon, tutta roba che sembra messa dentro per conquistarmi.

Quello che non mi ha convinto in pieno è il protagonista, quando riuscirete a smettere di notare il modo in Andrew Koji tiene i mignoli sollevati passando per un imitatore scarso del Maestro Bruce Lee, inizierete a notare che è un personaggio completamente diverso, la spavalderia di Lee la sfoggia solo all’inizio, poi diventa uno costretto a resistere colpo su colpo, però vi giuro che quando si mette in posa imitando Bruce Lee, viene voglia di spegnere la televisione.

Ma solo a me più che Bruce Lee sembra la versione cinese di Chef Rubio? Si vero?
Errore da non fare, perché i combattimenti arrivano puntualmente ad ogni episodio, ma non sono mai infilati a forza tipo il famigerato scontro che iniziava sempre al minuto venti di ogni episodio di Buffy, qui l’azione è sempre funzionale alla storia, e per fortuna le viene dedicata molta attenzione e molti minuti.

Le coreografie di combattimento sono ottime e variegate, non sembra mai di stare guardando sempre la solita scena, ma una lotta adattata alla situazione, al luogo dove avviene e a chi sta combattendo, anzi se avete un occhio un minimo allenato, si possono notare bene i diversi stili di combattimento dei personaggi, con gli Irlandesi fortissimi ovviamene sui pugni e i cinesi beh, su tutto il resto delle specialità.

Specialità a confronto: Cina vs Irlanda
La regia è ottima, niente macchine da presa ballerine, ma sempre tenute alla giusta distanza per mostrare al meglio i colpi, come accade nello scontro tra il protagonista e Li Yong il campione del cattivissimo Long Zii, qui interpretato da uno specialista, infatti possiamo ritrovare i pugni e la faccia sempre incazzata di Joe Taslim.

Hey Joe, where you goin' with that punch in your hand? (Quasi-cit.)
“Warrior” sarà nata anche da un’idea di Stefano Accorsi Bruce Lee, ma è chiaro che è una serie del 2019, con quel tipo di cura per il dettaglio, pensata anche per continuare – se il pubblico dimostrerà gradire – nel tempo. Se al Maestro Bruce Lee fosse stata data la possibilità di fare la sua “The Warriror” sarebbe stata molto diversa, probabilmente con una struttura ad episodi verticale piuttosto che orizzontale come è normale oggi, ma il succo è un altro: Se un idea di Bruce Lee è ancora così valida oggi, abbiamo un’altra conferma di quello che già sapevamo, quella rarità umanoide proveniente dalla Cina (con furore) era davvero un uomo del futuro capace di vedere più avanti del suo tempo, oltre che di menarti fortissimo, vabbè quello lo davo per scontato.

28 commenti:

  1. Hmmm... le botte sono a livello di "Into the Badlands"?

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    1. Non l'ho vista tutta, solo i primi episodi, ma mi sembrano un po' meglio di "Into the Badlands". Cheers!

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    2. Ok. Comunque le coreografie di badlands sono di grande impatto estetico, e il protagonista è fantastico. Se queste sono più tecniche, ben vengano! Proverò il pilota. Thnx.

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    3. Dovrei continuarla perché mi stava anche piacendo, ma ho sempre un milione di robe da vedere e ogni tanto lascio qualcosa indietro. Fammi sapere come ti sei trovato con Warrior. Cheers!

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  2. A proposito di Green Hornet. L'hai visto il remake con (ancora) Jackie Chan? Piccolo crossover tra due post... hehehe

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    1. Ma lo hanno fatto? Magari mi sono perso qualcosa io, ma ricordo solo il film (discutibile) diretto da Michel Gondry. Cheers!

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    2. Aaargh!!! Errore mio. Era quello di Gondry e non c'era Chan. Be a me non era dispiaciuto.

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    3. Fiuu! Pensavo di essermi perso qualcosa ;-) Mi ricordo che delle cose mi erano piaciute, ma non ho più sentito l'esigenza di rivederlo, mi sembrava una roba su commissione ben poco alla Gondry e molto alla Seth Rogen. Cheers

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  3. Ecco, su quello ero curioso.
    Vedere se avessero mantenuto l'idea degli orientali come combattenti invincibili grazie alle arti marziali.
    Di solito, quando c'era da fare a pugni, un occidentale aveva sempre la peggio.
    Ormai, all'alba del 2019, lo trovo anacronistico.
    Certo, un occhio di riguardo c'e' sempre. In fin dei conti il protagonista e' cinese, e la storia ruota attorno alle faide tra le diverse fazioni armate della loro comunita'.
    Forse gli irlandesi non dispongono di tecniche millenarie, ma fanno valere la loro stazza fisica. Sono grossi come armadi, hanno la forza di un toro e picchiano come i fabbri.
    Del resto lo stesso Lee si convinse dell'efficacia del pugilato, al punto che buona parte delle tecniche del JKD applicate alla difesa personale si basano sugli attacchi di pugno.
    In termini di efficacia, economia dei movimenti e dispendio energetico, la mano resta lo strumento migliore.
    Contiamo anche che il Wing Chung era uno stile piuttosto inconsueto. Privilegiava una posizione ben radicata a terra, calci bassi e molte tecniche.
    Ribadisco che Lee era una mente brillante, che approfondi' lo studio delle arti marziali a 360 gradi e senza idee preconcette.
    Indipendentemente da come la si pensi sul suo conto, merita comunque una certa considerazione da chiunque decida di avvicinarsi al mondo delle arti marziali.

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    1. Infatti il bello della serie è il rispetto dei vari stili, non abbiamo davanti la stessa coreografia applicata a tutti i personaggi, il che non è così scontato purtroppo. Cheers!

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  4. Ottima recensione Cassidy, un ottimo lavoro.
    Lo aspettavo da tanto tempo, la tua recensione XD.

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    1. Se dico una cosa poi la faccio, magari bisogna aspettare un po' ma arrivo sempre a destinazione, grazie a te ;-) Cheers

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    2. Non c'è di che, Cassidy.
      Hai sentito parlare di Dark Crystal?

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    3. Sto cercando di finire di vedere la serie tv, volevo scriverne come si deve, ma sto andando un po' a rilento causa casini vari, anche se mi sta piacendo ;-) Cheers

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    4. Okay.
      Hai visto il film?
      E sai che c'è anche serie di libri e fumetti, canonici(uno fumetto no)?

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    5. Si il film visto almeno due o tre volte, e i fumetti ho visto sono parecchi, stanno spingendo forte con la promozione ;-) Cheers

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  5. Ce l'ho da parte da non so più quanto tempo eppure non trovo il coraggio di vederla. A me 'ste operazioni di finto recupero - leggi "inventiamoci roba nuove e facciamo finta sia un recupero tardivo" - urtano parecchio i nervi, e la miliardesima storia di cinesi sbarcati in America non so se la sopporterei. Un tempo era un tema inedito, finché chiunque ha detto la sua: pure i fumettisti francesi! Più inflazionato c'è solo il tema del mondo post-apocalittico :-D
    Sicuramente la vedrò, ma ogni riferimento a Bruce me la fa tenere sempre più a distanza...

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    1. No, è tutto tranne che originale, anche nei personaggi che sono tutti stereotipi. L'operazione è inflazionata, e ti giuro che dopo i primi minuti, l'imitazione a Bruce Lee del protagonista pensavo di non poterla sopportare, poi per fortuna si attenua ed emerge un personaggio. La prima stagione si lascia guardare, non so quanto potrà andare ancora avanti, quello non lo so. Cheers!

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  6. Ma poi la serie di Lee ambientata in America sarebbe stata diversa da " L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente " che però si svolgeva a Roma ?
    Perché le trame dei film di lee non è che brillassero per varietà e originalità....

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    1. Sarebbe stato diverso il periodo storico, quello di sicuro, poi non è l'originalità delle trame la forza dei film di Bruce Lee. l'isola dove si combatte il torneo di arti marziali con tutti i migliori del mondo è un'idea originale? Però dopo "I tre dell'operazione drago" è diventato un topoi classico ;-) Cheers

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  7. Potevano scegliere anche uno peggio come attore protagonista, quindi per me va bene così. Sulla resa finale siamo d'accordo, è evidente infatti che abbiamo giudicato quasi nello stesso modo (in termini diversi ovvio) ;)
    E comunque il quinto episodio (anche se a sé) è il più bello, il perché non ci vuole un genio a capirlo :)

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    1. Spezza le sottotrame mettendole in panchina, sembra un episodio messo lì per dire guardatemi! Però niente, fa il suo dovere ;-) Cheers

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  8. Ahaha davvero, sembra Chef Lubio! XD
    Comunque, me ne parla un mio amico, di questa serie. Un mio amico cinesoide, ovviamente.
    Non so se potrebbe conquistarmi, francamente.
    Magari giusto come contraltare della scena in C'era una volta a Hollywood, che però forse era veritiera XD

    Moz-

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    1. Avevo in testa la sigla di "Unti e bisunti" per tutta il tempo durante la visione (storia vera). Magari insieme al film di Tarantino, Bruce Lee era una tale icona da affascinare ancora oggi. Cheers!

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    1. Come diceva il Moz qui sopra, nella seconda stagione pretendo l'incontro tra il protagonista e il suo fratello italiano disperso specializzato in cucina, in modo da averli entrambi ;-) Cheers

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  10. Ottima recensione mio caro amico Cassidy.
    Era una ottima stagione, vedremo cosa succederà nella seconda.
    Ma io.....
    Ho un brutto presentimento al riguardo.

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    1. A dirla tutta anche io, ma staremo a vedere ;-) Cheers

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