martedì 3 settembre 2019

Dead Man (1995): Stupido Uomo Morto

Il vostro amichevole Cassidy stupido uomo bianco di quartiere oggi, ha l’onore di ospitare un’improvvisazione alla tastiera, degna di quella alla chitarra di zio Neil Young. Il nostro Quinto Moro oggi si occuperà di "Dead Man" di Jim Jarmusch, buon ascolto e buona lettura.

Wanted: locandine alternative per film alternativi
Avete un po’ di tabacco? No? Ok, mentre guardate meglio nelle vostre tasche vi parlerò un po’ di questo film, e di come io e il buon vecchio Jim-famoso-regista-indie-Jarmush ci siamo conosciuti quando spendevo il mio modesto patrimonio da maturando in vhs. E il ragazzo (cresciuto) che stava dietro al bancone, non so se per arte nella vendita o per autentica cinefilia, sembrava aver visto tutti i film che stavano sullo scaffale. Quando gli chiesi che razza di film fosse quel Dead Man me lo descrisse come un film “molto particolare, specialmente nelle musiche”. Poi mi consigliò un altro filmetto di cui forse avrete sentito parlare: "Le Iene". Ma ci credereste se vi dicessi che mi colpì più quella sottospecie di sgorbio western a quello che è (e per me resta) il grande capolavoro di Quentin Tarantino? Non ci credete? Vogliamo scommetterci su un po’ di tabacco?

“Bel cappello. Quasi quanto il mio…”
Dead Man è l’anti-western, Jim-facciadicuoio-Jarmush si arma di una bella motosega e fa a pezzi il genere in tutte le sue parti, a cominciare dal protagonista. William Blake ha un nome da poeta ma è solo un modesto contabile orfano e povero, con indosso un vestito che probabilmente ha rubato a un cinese morto (cit.). Il cappello però è favoloso, Heisenberg approva.

William Blake è un disgraziato travolto dagli eventi, di quelli che non sembrano avere alcuna storia raccontare, soprattutto in un vecchio west mitizzato da faide tra visi pallidi e nativi, duelli, treni e diligenze da assaltare, sparatorie come rintocchi nella festa di scontri epici e leggendari. In Dead Man non troverete niente di tutto questo. E’ tutto un altro west, visto con gli occhi dell’uomo comune, restituito alla sozzura, alla pochezza di un mondo che comincia a puzzare di zolfo dalla prima scena, quando Crispin Glover appare con quella faccia sporca e gli occhi spiritati come un demone sputato fuori dall’Inferno. E chissà non lo sia davvero, poi ci torniamo…

Angeli demoni con la faccia sporca…
Il nostro antieroe William Blake ha il superpotere di calamitare la sfiga, ed ovviamente le pallottole, che contrariamente alla mitologia western non sempre ammazzavano sul colpo ma vi potevano lasciare sanguinanti per giorni prima di traghettarvi all’Inferno. Dopo essersi fatto licenziare ancor prima di iniziare il lavoro, Blake diventa omicida prima per caso e poi… di nuovo per caso. Perché il fido compagno Nessuno, un indiano grassottello con la fissa per il tabacco – che in questo western non si trova neanche a pagarlo oro – non deve l’ora di farlo diventare un assassino di uomini bianchi. È proprio vero quel che si dice delle cattive compagnie…

Nessuno, “colui-che-parla-senza-dire-nulla”, quando dice qualcosa è anche abbastanza confuso, tanto da credere che il William Blake da lui incontrato sia il defunto poeta inglese omonimo. Blake è impersonato da un Johnny Depp pre-smorfiette alla Jack Sparrow, ed è una delle sue prove che preferisco. Era il 1995, ed era il Johnny-è-quasi-magia-come-reciti-Depp. Altri tempi.

Il nostro William Blake, modesto contabile, troppo timido per sostenere lo sguardo di una ragazza. Più o meno…
Fatto a pezzi il protagonista va demitizzato il mondo in cui si muove, perciò Jim-mannaiainsanguinata-Jarmusch ci porta in un west lercio e sporco, fatto di fango, letame e sporcaccioni. E già che ci siamo, visto che Sergio-pistolafumante-Leone ha già detto tutto quello che si poteva su duelli e sparatorie, qua gli scontri a fuoco sono sghembi, perfino casuali. William Blake manca il colpo metà delle volte, e l’altra metà è aiutato dal caso, anche se sul finire si guadagna un pezzettino della sua leggenda.

Jarmush costruisce un film lento, a tratti malinconico, con quei suoi toni da “commedia fredda” dove la comicità è sempre involontaria e sottile. E visto che il western post-technicolor è tutto un tripudio di ampi spazi assolati e colori caldi, ci spara una fotografia d’un bianco con forti contrasti, coi personaggi che sembrano ritratti in china coi volti pallidi e scenari che concedono pochissimi campi lunghi, niente praterie e colline ma solo spazi angusti della boscaglia e delle radure.

La colonna sonora spesso fa la metà del lavoro in un film, George Lucas docet. Ma questo è vero soprattutto nelle pellicole dove l’epica, il dramma e l’azione sono la colonna portante. Jim-uomobiancomicascemo-Jarmusch vuota un sacco pieno di vasetti di miele in mezzo alla boscaglia per attirare il grizzly del rock: Neil Young prende il suo chitarrone e dà zampate rauche improvvisando di scena in scena, tirando fuori una colonna sonora che dà carattere e atmosfere al film, con un tema principale che ritorna a più riprese. Ed è una storia vera che Neil abbia composto “alla come viene” i vari brani, in modo del tutto sperimentale. Il pezzo che apre e chiude il film resta uno dei miei preferiti.

Too old to rock ‘n’ roll, too Young to die.

Visto dall’angolazione giusta Dead Man riesce ad essere un film politico, perché ogni personaggio rappresenta un pezzetto d’America, nella sua anima più viscerale e truce. Ogni comparsata ha uno scopo e un senso, nulla è lasciato al caso, anche se proprio la casualità sembra il motore dell’azione. Per dare forma ai tanti personaggi Jarmush sfoggia un cast fantastico: il “Signor Dickinson del cazzo” è nientemeno che Robert Mitchum in uno dei suoi ultimi ruoli, ed è il capitalismo fatto persona, crudo e vendicativo, che si accanisce con l’uomo comune. Il vice di Dickinson, nelle fattezze di John Hurt, è l’occhialuto burocrate sgarbato. Thel, la guardabilissima Mili Avital, è l’ex prostituta che cerca di guadagnarsi da vivere onestamente, destinata a soccombere in un mondo che vuole solo puttane, o donne di proprietà, come ben dimostra Gabriel Byrne, il suo “fidanzato” che il caso vuole figlio proprio del Signor Dickinson.

È interessante come con pochissime battute e prendendo tutto dai volti e dalla bravura del cast si costruisca una mitologia di personaggi che si incastrano intorno alle sventure di Blake. Blake appunto, un po’ vigliacco e fuori posto in quest’America che sembra una somma di gironi dell’Inferno, ma realistica e attuale: una Nazione in cui la religione passa per la bocca di assassini pederasti e il tacco degli stivali di fuorilegge cannibali. Proprio la religione torna a più riprese tra un Iggy Pop transgender mangiatore di opossum, un Alfred Molina prete anti-missionario a cui non dispiacerebbe sterminare i nativi “pagani”, e pure Lance Henriksen, il leggendario cacciatore di taglie cui tocca il ruolo di vero “villain” dice la sua riguardo alle immagini sacre.

Non è un paese per santi…
Dead Man è la rivolta contro il sogno americano, se il giovane che ha già perso tutto e attraversa il Paese alla ricerca di un nuovo punto di partenza (tema onnipresente nella filmografia a stelle e strisce) vede tradite tutte le sue aspettative, braccato da un avido magnate, dalla legge e dai fuorilegge tutti che vogliono la sua pelle. Il bravo ragazzo per cui il sogno americano è nato, è quello che lo vede morire, e costretto a muoversi tra i reietti, come l’indiano Nessuno strappato alla sua cultura per essere indottrinato alla scuola dei bianchi, altra lettura di una società che cerca di cancellare tutto ciò che le è alieno (anche la scena della mattanza dei bisonti, principale fonte di sostentamento delle tribù native, è rivelatrice sin dai primi minuti).

“Vedo la gente morta…”
UN’INTERPRETAZIONE - ALLERTA SPOILER
Ho sempre trovato Dead Man un film sulla morte, l’inferno e la dannazione. Tutti i personaggi sono dannati e la circolarità della storia, espediente spesso abusato, qui aggiunge una chiave di lettura mistica: quella prima, criptica conversazione sul treno fra Blake e il macchinista acquista maggior senso nel finale. Il macchinista parla a Blake della fine del suo viaggio, a ciò che ha visto e provato “sulla barca”. Dunque Blake è rinchiuso in un circolo infinito, l’inizio del film non è l’inizio del suo viaggio ma una ripetizione. E se “l’inferno è ripetizione” Blake non solo ha già vissuto quell’esperienza, ma è nota anche ad altri nella realtà “infernale” degli eventi. Ci sono le visioni (e le frasi) di Nessuno, convinto che Blake sia già morto e in quanto spirito errante non ricordi d’essere stato il grande poeta. E poi il west senza tabacco non può essere altro che l’inferno, così come il percorso di un uomo vessato dal destino senza particolari colpe come Blake, mentre lo stesso indiano Nessuno è intrappolato in un limbo: reso cristiano dalla sua educazione e rinnegato dalla sua gente. Ad ogni personaggio il suo personale inferno: tutti soffrono, tutti o quasi muoiono male. Nessuno accompagna Blake nel suo viaggio infernale un po’ come Virgilio con Dante, come un angelo custode, e da compagno di dannazione spinge Blake sul suo stesso percorso, ma all’inverso: Nessuno getta via la lettera di assunzione, gli pone sul volto i segni del suo popolo, lo guida all’abbandono dei costumi occidentali. Blake passa dal vestito a quadri alla pelliccia, e nel finale la metamorfosi è completa: niente occhiali, niente cappello, per un trapasso da indiano.

Chi muore si rivede?
Oh, io ‘sti pipponi mentali me li sono fatti vedendolo tante volte negli anni, chiunque lo veda per la prima volta ha licenza di considerarlo un filmetto che non si capisce bene cosa sia: né abbastanza epico e carico d’azione per essere un western, né abbastanza divertente per essere una commedia. Ma il bello è proprio questo, se anche il duello finale è l’apice dell’anti-western: un duello senza vincitori, e lo vediamo da lontano dal punto di vista di Blake, che si prepara ad attraversare lo specchio d’acqua e forse tornare all’inizio del film…
FINE SPOILER
Nonostante il continuo smontare i momenti drammatici e la sua lentezza, la struttura è quasi (molto quasi) da film on the road, reso con inquadrature fisse e ripetute al passaggio dei personaggi per rendere l’idea dell’inseguimento, lasciando tutto in forma di episodi destinati – forse – ad incrociarsi.
È questo continuo muoversi sotto tono che riesce però a dare una dimensione al “mito” di Blake, che si concretizza nell’incontro con gli sceriffi (e la sorprendente battuta cult: “conosci le mie poesie?”) per poi compiersi nella “firma dell’autografo” al missionario, che è il momento più maschio della pellicola.

Alla fine, da falsa commedia si trasforma a tutti gli effetti in tragedia. Perché è una tragedia se l’unico tabacco che si riesce a trovare in questo strano west, va all’unico uomo che non fuma.

P.S.
Mille grazie a Quinto Moro per aver recensito il film!
Vi invito tutti a passare a scoprire qualcuno dei suoi lavori, che potete trovate QUI.

24 commenti:

  1. Sono onesto con Quinto Moro: quando lo vidi la prima volta (a noleggio?) mi fermai a metà. Proprio non riuscivo a continuare a vedere "sta lagna". Però è uno di quei titoli sui quali mi incaponii e riprovai a vederlo ma non ci capii molto lo stesso. Come dici bene tu, non è una commedia, non è un western, non è un dramma, non c'è azione, non c'è una fotografia, paesaggi,... Non c'è un c@zzo! Solo 3-4 anni fa, all'ennesimo recupero, lo capii. O meglio, credo di averlo capito...

    SPOILER! SPOILER! SPOILER!

    Secondo me Blake è già morto al suo arrivo a Machine e le situazioni che vive dentro al film solo sono un "sogno", un'agonia pre-morte, un mix di fatti reali e assurdità tipiche proprio dei sogni (o delle agonie in questo caso, come quando si dice che prima di morire rivedi la tua vita). Ma alla fine tutto si rivela con la barca: lui in realtà nella barca c'è già prima dell'inizio del film, noi non lo vediamo come è morto (e da qui il dialogolo sul treno) ma lo capiamo alla fine perché effettivamente Blake muore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mentre aspetto che ti risponda Quinto Moro aggiungo solo due cosette: Walter Hill usava il bianco e nero, il genere e una struttura simile per “Wild Bill” (1995) e “Ancora Vivo” (1996) mettendoci giusto un po’ d’azione in più, perché il cuore di Hill sta per fortuna da quelle parti. Quei due film piacciono a pochi, quello di Jim Jarmusch piace a tanti (e anche insospettabili), nemmeno questione di tempismo, perché gli anni sono gli stessi.

      Ultima cosa: un po’ lo penso anche io, per altro Depp (che come sapete non sopporto più) ai tempi era perfetto anche per gli zigomi, sembra un teschio con la pelle ancora addosso, rende onore al titolo del film nel senso migliore possibile. Cheers!

      Elimina
    2. Quindi Zio (bella zio) tu la interpreti come un'esperienza pre-morte e il suo viaggio finisce nella barca. Io l'ho interpretato come un loop, lui è già morto e rivive il suo personale inferno. Ma mi piace anche quest'interpretazione onirica pre-morte.

      Non sono sicuro che mi fosse piaciuto così tanto sin dalla prima volta, ma mi affascinò e mi tornava periodicamente la voglia di rivederlo. Fa parte della mia (molto) ristretta cerchia di film da rivedere almeno una volta all'anno.

      Elimina
    3. Sì, io la vedo come "pre-morte" o come sogno fatto prima di morire. Verrebbero spiegate alcune cose palesemente senza senso (la mancanza di tabacco ad esempio o la "fortuna" di Blake nello sparare), un po' come quando sognando fai salti enormi o apri la porta del bagno e ti trovi su una spiaggia tropicale. Infatti il dialogo iniziale sul treno che cita la barca, il cielo e il fatto di non ricordare (che altro non è che la scena finale del film) per me vuole dire che Blake è morto (o sta morendo), stesso sulla barca ed è in fase di "pre-morte" e sogna gli ultimi avvenimenti della sua vita.

      Però anche la tua spiegazione sull'inferno, il loop e le dannazioni ha senso... Mhmmm... Qua mi tocca riguardarlo!

      Elimina
  2. Jarmush l'ho conosciuto proprio con questo film, avevo quattordici anni e andai al vinema incuriosito dal trailer. Fu una cocente delusione dato che non compresi nulla di quello che avevo visto. Negli anni, come accade con quasi tutti i film che non comprendo (sottolineo "non comprendo" che non deve essere interpretato con "mi ha fatto schifo"), l'ho ripreso e ne rimasi affascinato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso che sia uno dei suoi più strambi, ma devo dire che mi piace tutto, a partire dalla colonna sonora di zio Neil Young che è uno dei dischi che ascolto più spesso. Inoltre sono totalmente a fare dell’approccio “Non ho capito, riguardo” che mi piace tipo mille volte di “Non ho capito = Cagata pazzesca”, sarà pure un’ovvietà ma mi pare giusto ribadirlo ;-) Cheers

      Elimina
    2. Sei comunque un pioniere, questo film in sala l'hanno visto quattro gatti (tu eri il terzo?), incassò solo un milione di dollari, eppure è importantissimo nella filmografia di Jarmush.

      Cass, il cd l'ho scovato alla fine del mondo, in un negozietto di dischi in un paese dell'est. La più grande delusione però fu che il pezzo dei titoli di testa non c'era! Il tema principale era trasformato in un pezzo più lungo di 10 minuti, ma il tema di cui m'ero innamorato, per averlo su cd, dovetti registrarmelo col microfono dalla vhs. Altri tempi. Ma quanto abbiamo sofferto noialtri dell'era pre-youtube?

      Elimina
    3. La delusione di un po’ tutti, nel film il tema principale è stato estratto da quella lunga improvvisazione alla chitarra di zio Neil, la leggenda vuole suonata guardando un po’ del girato del film (storia vera). Cheers!

      Elimina
  3. Visto in sala al tempo e decisi allora che avevo visto quanto sintetizzato qui sopra tra le frasi Una interpretazione e fine spoiler. Erano anni - o chilometri direbbe il dr. Jones - che giustificavano ogni tanto una riflessione su quanto attende tutti ( gli altri ndr e toccando gli oggetti di metallo in giro ). Oggi reggerei JJ solo in un film in cui JD se ne va in giro canticchiando faccome fa l'orsetto / e come fa come fa come fa ?/ mi lavo i denti la mattina / faccio prima colazione in un west non + crepuscolare di un fumetto de La Pimpa mentre tutti intorno ballano la safety dance dei men without hat. Novanta minuti al massimo in un cinema dove prima non proiettino trailers di film in cui una coppia innamorata non si perda nel bosco per ripararsi dalla pioggia in un rudere che scricchiola in cui vive solo una vecchia balia in pensione tale e quale a Neil Young ed il suo bizzarro attendente clone di Iggy Pop. Mi spiace per Jim e " Sauvage " Johnny che hanno fatto un dannato buon lavoro e li perdono per aver stecchito Mitchum ( al tempo pensavo fosse morto in scena per colpa del regista come era capitato a Montand nel decennio precedente ndr )e so che capiranno il mio desiderio di attraversare il fiume sulla mia barchetta trafitto da un raggio di sole di settembre mentre tutti intorno hanno il muso sognante di chi aspetta già le caldarroste e le foglie color della ruggine. Ciao ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Considerando che becco sempre in tv le repliche della Pimpa, ora non riuscirò a pensare ad altro che ad una versione in "Live action" (per dirla alla Disney) della Pimpa diretta da JJ, con le musiche di zio Neil e Iggy Pop nei panni dell'Armando, secondo spettacolo ma nello stesso cinema che hai descritto. Cheers!

      Elimina
  4. Jarmusch lo apprezzo gia' solo per il fatto di avermi reso tollerabile Benigni (oh, son gusti. Ma in JOHNNY STECCHINO mi e' piaciuto. E anche col grande Troisi in NON CI RESTA CHE PIANGERE) con quel piccolo gioiello sghembo chiamato DAUNBAILO'.
    E se non e' un miracolo quello...
    Poi,essendo da sempre in fissa con le arti marziali, mi e' piaciuto GHOST DOG, anche se e' forse uno dei suoi film piu' normali.
    Di questo mi ha sempre intimorito il ritmo lentissimo. Ma va apprezzato per il fatto di aver portato al cinema il west spogliato di tutta la sua epica.
    Un po' come scoprire Ken Parker dopo aver letto Tex per una vita.
    Non e' piu' possibile tornare indietro. Perche' Berardi e Milazzo hanno portato tutto a un altro livello.
    Ma in Ken Parker ci sono comunque uomini che sanno fare la cosa giusta al momento giusto, pur nell'imperfezione che li circonda e di cui loro stessi fanno parte, essendo tutt'altro che infallibili.
    Ma qui non si salva nessuno.
    In un certo senso ha gettato le basi per film come REVENANT di Inarritu o HATEFUL HEIGHT del buon vecchio Quentin.
    Un west che non e' affatto l'epoca eroica della frontiera, dei pionieri. Di gente alla ricerca di una vita migliore.
    Un'epoca sporca, brutale e violenta. Ben peggiore di quella che hanno voluto tramandarci e spacciarci per buona.
    Alle volte ho l'impressione che nel nuovo mondo il vecchio continente abbia solo scaricato tutta la feccia che era di troppo sul suo suolo.
    Gente che non era alla ricerca di una possibilita' o di un riscatto. Ma che semplicemente non aveva nulla da perdere.
    Iene pronte a sbranarsi l'un l'altro per quattro pelli o poche pagliuzze d'oro.
    Gente che viveva di cio' che trovava, spogliando i cadaveri di chi era caduto prima di loro.
    Dicevamo...mai visto per intero. Ma prima o poi dovro', devo provarci.
    Chissa' che non sia la volta buona.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dai una possibilità a questo stupido uomo morto, alla fine "Ghost Dog" (l'altro mio film di Jim del cuore) è molto più strambo di questo per certi versi. Cheers

      Elimina
  5. "Alle volte ho l'impressione che nel nuovo mondo il vecchio continente abbia solo scaricato tutta la feccia che era di troppo sul suo suolo." Amen fratello!
    Dead Man racconta abbastanza bene il lato crudo e miserabile del west, e di cos'erano gli Stati Uniti, che spiega anche abbastanza come sono diventati a livello sociale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sono i western scintillanti a descrivere il fottuto massacro che è stato, di sicuro non era l’intento principale del film, ma il west somigliava più a quello di questo film che ad altri. Cheers

      Elimina
  6. lo vidi tutto al cinema e mai più però. e non mi ricordo assolutamente nulla.

    non è un buon segno.


    invece ghost dog l'ho visto tutto e una votla sola ma qualcosina mi ricordo.

    jm jarmusch è un furbacchione pieno di amici famosi.

    grazie.

    rdm

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il fatto che sia "pieno di amici famosi" fa sì che riesca a radunare sempre ottimi cast pur mantenendo un budget modesto. In Dead Man c'erano: Crispin Glover, Johnny Depp, Robert Mitchum, Lance Henriksen, John Hurt, Michael Wincott, Billy Bob Thornton (truccatissimo e irriconoscibile), Iggy Pop, Gabriel Byrne e Alfred Molina. Robetta.

      Elimina
  7. Film visto a forza durante un ciclo di visioni a turno: ognuno proponeva/imponeva un titolo e, quando all'amico del gruppetto toccava ospitare, si vedeva quel film assieme.
    Di solito sto lontano da cellulari, smartphone, gatti che cercano coccole e finestre sul paesaggio, quando vedo un film: in questo caso ho dovuto distrarmi per reggere all'autentico genuino fastidio verso questo film, diretto da un brutto sosia di Claudio Baglioni coi capelli copiati a David Lynch, con un cast ricco ma sprecato. Salvo solo la fotografia, ma lo rivedrei solo dietro adeguata ricarica PostePay.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quindi ti è piaciuto da quello che capisco :-P :-P :-P Cheers

      Elimina
    2. "Arrrr, rimpiazzerai la balena nei miei incubi!"

      Elimina
  8. Come già ho avuto modo di raccontare a Cassidy, ho visto questo film al primo passaggio su Tele+1 (credo l'anno dopo l'uscita al cinema) ed ero così pronto a farmi conquistare che sarebbe stato impossibile non mi fosse piaciuto... E invece successe. Ero lì, minuto dopo minuto, che dicevo "Ora succede qualcosa per cui amerò questo film, che ho venerato sin da quando ho visto il primo trailer", "Ecco, eh? Ora arriva... ora arriva..." Ma niente, non arrivò mai niente.
    Era tutto giusto, ma sebbene lo volessi con tutto il cuore non scattò nessuna scintilla né provai alcun legame con una storia che proprio non capivo dove accidenti stesse andando. Ero in un periodo molto sensibile della mia vita, questo tipo di film li adoravo ed ero pronto a portarli nel cuore, ma l'uomo morto lo vidi passare senza provare nulla...

    RispondiElimina
  9. Dunque ho commentato il film meno amato dai lettori della bara. Mi ritiro al buio del mio ossario a rosicchiare un femore senza più carne attaccata intorno, lontano dalla luce del sole.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In realtà sul Faccialibro è stato uno dei post più condivisi di sempre (storia vera) i tuoi giorni da misantropo cannibale sono ancora lontani da arrivare Bro ;-) Cheers!

      Elimina
  10. Ottimo pezzo, sono anni che non riguardo questo pazzo western, ma l'analisi mi sembra azzeccatissima.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo penso anche io, Quinto Moro ha fatto un ottimo lavoro. Il film poi merita, il suo essere bloccato nel tempo, non lo ha fatto invecchiare. Cheers!

      Elimina