giovedì 1 agosto 2019

57 canali e niente da vedere: Happy! 2 e La casa di carta 3

Ormai ho abbracciato questo formato riassuntivo in tutto e per tutto, quindi sotto con il post dedicato alle ultime serie tv viste, ma solo dopo la consueta sigla!
Happy!
Stagione: 2 
Dove la trovate: Netflix

Lo sapete, ho fatto una pubblicità spietata al fumetto originale di Grant Morrison e Darick Robertson, che avrebbe potuto diventare un film di 90 minuti, destinato ad essere un Cult, magari proprio diretto da Brian Taylor e con Christopher Meloni nella parte di Nick Sax, come poi effettivamente è successo, ma il formato scelto è stato quello della serie tv, il che comporta problemi e anche una riflessione.

Problemi perché ammettiamolo, i battibecchi tra Nick Sax e l’adorabile cavalluccio alato dei cartoni animati di nome Happy (doppiato da Patton Oswalt in originale) sono il cuore della serie, ma la storia del fumetto originale – sei numeri secchi, per una storia autoconclusiva – non potevano reggere la struttura e il minutaggio di una serie tv, infatti la prima stagione di Happy! era uno spasso, ma verso metà si notava fin troppo che stavano allungando il brodo.

“Chi di noi due non ha mai lavorato in Law and order?”, “Uffa, sempre la stessa storia, a me nemmeno piace Law and order”
La riflessione viene da se: possibile che il cinema abbia perso la sua volontà di osare? Le serie tv sono alla costante ricerca di nuove storia da strizzare e forse con meno vincoli di censura, possono anche permettersi di portare sul piccolo schermo, la follia che una trama come quella di “Happy!” richiede.

Il problema con una seconda stagione, era quindi rischiare di arrivare con il fiato corto, oppure di ripetersi, e se i troppi minuti disponibili, continuano a generare dialoghi troppo lunghi – come quelli che vedono protagonista Ritchie Coster – la seconda stagione di “Happy!” non fa mai l’errore di risultare una noiosa replica, anzi spesso alza l’asticella della follia, della violenza e delle trovate fuori di testa a livello olimpionico!

Un corpo a corpo tra Teletubbies, cose che accadono solo in questa serie.
Si inizia con alcune suore dinamitarde pronte a farsi saltare in aria per boicottare la Pasqua, e si continua con il piano criminale di Sonny Shine (Christopher Fitzgerald) per lanciare la sua folle idea delle festa con le uova e i coniglietti, se serve ricattando tutti i ricchi e i potenti con la sua pericolosissima collezione di VHS compromettenti.

Nel mezzo il nostro Nick Sax cerca di fare il bravo papà e di restare pulito e sobrio (ovviamente alla sua maniera), ad accompagnarlo sempre Happy, il cavalluccio dei cartoni animati, amico immaginario di sua figlia Hailey (Bryce Lorenzo) che però anche lui ha i suoi guai, ad esempio è sempre nervoso, risponde male e non sopporta più l’autorità, insomma sta diventando adolescente!

“Perché il tuo corno ha cambiato colore?”, “Speravo non lo notassi, che imbarazzo!”
Descrivere la trama della seconda stagione di “Happy!” è anche complicata, oltre alla satira al mondo dello spettacolo fatta utilizzando Sonny e i suoi ricatti, mettete in conto una specie di versione psicotica (cioè, più psicotica!) dei Teletubbies, però come se venissero per davvero dallo spazio profondo, un lungo scontro con alcuni sgherri che si trasforma in un numero musicale degno di “Fantasia” (1940) e un altro milione di trovate assurde purtroppo da godersi in un numero di minuti esagerato per la stringata storia che questa seconda stagione ha da raccontare. Vi ho detto dell’ospizio per vecchi gerarchi Nazisti? Ecco roba così.

"Se c'è qualche altro SS 93enne che manca all'appello, venga a prendere subito la medicina!"
Sono arrivato alla fine della stagione, quando la notizia della cancellazione della serie era già arrivata, e malgrado i troppi minuti disponibili, è un vero peccato, perché sul piccolo scherno non esiste niente di simile ad “Happy!”, che nel finale della seconda stagione, mette ulteriormente il turbo e non guarda più in faccia nessuno. Giocandosi alcune idee assurde ma brillanti (il monologo di Dio, amico immaginario dell’umanità per me, resta un colpo di genio, in cui intravedo lo zampino di Grant Morrison, anche produttore esecutivo della serie) tra cui un finale ambientato ad Halloween, con tanto di gustosa citazione al film di John Carpenter, giusto per farmi rimpiangere ancora di più la cancellazione della serie.

Quando mi mancherà quel cosetto blu svolazzante!
Insomma il Nick Sax di Christopher Meloni e l’adorabile Happy, con le loro dinamiche un po' alla Eddie Valiant e Roger Rabbit mi mancheranno, il finale purtroppo ci lascia il retrogusto amaro di una storia che poteva continuare, con scenari anche interessanti, e il rimpianto che con più coraggio, il cinema ha perso un film di culto, con il potenziale di un altro paio di seguiti sullo stesso livello. In un mondo dove al cinema esistono cose come Deadpool, è un peccato che “Happy!” sia solo una serie terminata prima del tempo.

Commento in breve: Spero che ritorni presto l'era del cinghiale bianco cavallino azzurro.
Chi ne ha scritto meglio di me: Ehm, ma l’ho vista solo io questa serie? Esiste? Oppure è il mio amico immaginario!?

La casa di carta
Stagione: 3
Dove la trovate: Netflix

Confesso di non essere la persona giusta per parlare di “La casa di carta”, visto che le prime due stagioni mi sono piaciute poco o niente. Eppure in qualche modo i rapinatori spagnoli rosso vestiti sono diventati una serie di culto, quindi perché lasciare una storia che aveva raggiunto la sua naturale conclusione, tranquilla di essere ricordata tutto sommato bene dal grande pubblico? No! Piuttosto che farsi venire un’idea nuova, Netflix è corsa fino in spagna con una valigetta piena di Paperdollari per convincere tutti a rimettersi la maschera di Salvador Dalì e portare avanti una storia che era terminata.

Si sono messi a produrre nuove stagioni, come prima stampavano banconote.
Come affrontare questo “La casa di carta 3”? Facile, se avete amato la serie e i suoi protagonisti, in questi otto nuovi episodi ritroverete tutto identico, sul serio, sembra di guardare Fuga da Los Angeles ma senza l’ironia e il genio di Carpenter, per come hanno ricreato le stesse dinamiche identiche a loro stesse. Quindi possiamo dire che questa nuova stagione, non aggiunge davvero niente, anzi ho ritrovato quasi tutti gli stessi identici difetti che non mi hanno mai fatto urlare al miracolo per questa serie, al netto di una messa in scena (un po’) più orientava verso l’action e realizzata con più soldi. Non ho detto realizzata bene, ho detto con più soldi.

Siccome descrivere di nuovo tutto sarebbe una noiosa replica, vada con l’elenco puntato! La più bassa forma di svogliatezza da parte del recensore, travestita da formato snello e veloce da leggere.

PREGI
1. Il budget maggiore garantito da Netflix si vede tutto, “La casa di carta 3” perde un po’ quel suo aspetto da generica serie d’azione televisiva di stampo nord europeo e grazie ad una serie di flashback utilizzati fino allo sfinimento, riesce a mantenere il ritmo abbastanza alto.

“Ci siamo fatti anche la piscina! Tanto paga Netflix!”
2. A differenza delle prime due stagioni, finalmente la polizia Spagnola non è rappresentata solo da pupazzi che fanno fare al Professore (Álvaro Morte) la figura del genio – motivo per cui sono volati paragoni abbastanza esagerati con il Walter White di “Breaking Bad”, altro stile, altra classe, altro campionato, altro sport – questa volta entra in scena Alicia Sierra (la Najwa Nimri di “Apri gli occhi” film di Amenábar del 1997) che qui recita come se qualcuno le avesse chiesto di interpretare una specie di Crudelia De Mon incinta e fanatica dei lecca lecca, nemmeno fosse la figlia di Telly Savalas in “Kojak”. Diabolica, spietata, anche sexy se vogliamo dirla proprio tutta, finalmente qualcuno in grado di dare davvero del filo da torcere al Professore.

“Quindi sei incinta?”, “Bravo, si vede che sei uno sbirro proprio astuto”
3. Úrsula Corberó si esibisce nella sua camminata “schiappettante” in costume da bagno, nei primi minuti del primo episodio, quindi visto questo, potete tranquillamente passare ad altro. Ho inserito tre pregi, YUPPI!

DIFETTI
1. La “rivoluzione” contro il famigerato “sistema” che sta alla base di questa serie, qui scatta per motivi pretestuosi, il salvataggio di Rio (Miguel Herrán) è il MacGuffin che serve a dare il via ad una rapina ancora più grande, questa volta alla zecca di stato. Senza aggiungere che come sempre, è il personaggio di Tokyo (Úrsula Corberó) quella che fa saltare il banco, lo stesso identico difetto delle prime due stagioni: la storia stagna e ci vuole qualcuno che rompa l’equilibrio per mettere in moto gli eventi? Ci pensa Tokyo a fare una delle sue “Homerate” (citando i Simpson) e mettere in pericolo tutti. Quando dico che “La casa di carta 3” non aggiunge nulla alla storia, mi riferisco anche a questo.

Sopra: Úrsula Corberó. Sotto: Come diventerete voi maschietti se non la smettere di pensare così tanto ad Úrsula Corberó.
2. “La casa di carta 3” sembra il risultato di qualcuno che ha visto “V per Vendetta” (2005) – il film che già di suo è una riduzione per bambini del fumetto di Alan Moore – e ha capito solo una cosa: alla gente piacciono i tipi che si mettono una maschera e se la prendono con il governo. Piccolissimo problema, il film di James McTeigue viveva di luce riflessa rispetto all’opera a fumetti originale, che era ambientato in un’Inghilterra futura, un Paese che aveva preso una deriva fascista, un iperbole che serviva a fare della satira della vera Inghilterra, quella della “Lady di ferro” Margaret Thatcher. Qui invece questo livello di satira potete anche scordarvela, affetto dal peggior populismo “La casa di carta 3” ci dice che IL SISTEMA è cattivo, quindi che gli spagnoli si ribellino e appoggino in tutto e per tutto i “Robin Hood” in tuta rosa (...che corse che fa, me lo prendi papà? SI!) dentro la zecca è un dato di fatto che va accettato senza discussioni. Ci va solo bene che Najwa Nimri è la prima a divertirsi nel suo ruolo da super cattiva, perché la distinzione tra giusto e sbagliato risulta ultra manichea.

"Buona sera, Madrid. Prima di tutto vi prego di scusarmi per questa interruzione!" (Quasi-cit.)
3. I dialoghi non si possono ascoltare. L’idea è chiara, personaggi che parlano del più e del meno per arrivare a discutere anche di temi importanti, come farebbero le persone nella realtà, ma di fatto quello che ci tocca ascoltare è due che litigano sull’odore della puzza di merda in bagno per dieci minuti, salvo poi diventare amici fraterni un secondo dopo (storia vera).

La mia faccia, mentre ascolto i dialoghi di “La casa di carta”.
Della stessa qualità sono i momenti #MeToo infilati giù per la gola dello spettatore a forza, ogni tanto la trama inchioda perché qualcuno deve ribadire che le donne sono forti, toste e cazzute anche più degli uomini. Mai pensato qualcosa di diverso rispetto a questa affermazione, ma invece di ribadirlo con dialoghi strampalati, mostrarlo all’interno della storia? Brutto?

4. Il nuovo arrivato Palermo (Rodrigo de la Serna) è un personaggio "ferma posto" con il compito di sostituire Berlino, non fatemi dire nulla su come viene curato dopo la sua ferita agli occhi, roba che fa sembrare credibile la rivoluzione contro il SISTEMA di questa serie. Ah, inoltre ricordate la regola aurea di “La casa di carta”: Non muore nessuno! La serie andava in onda in prima serata in spagna, vuoi mica turbare qualche spettatore, vero?

"Tu mi avevi chiesto un miracolo, Theo, e io ti regalo l'FBI la Guardia Civil" (quasi-cit.)
5. Avranno anche aumentato il budget, ma nel frattempo non hanno imparato a dirigere le scene d’azione, il risultato? Tocca sorbirsi la scena del blindato di Trappola dicristallo, girata da qualcuno che l’ha vista pensando: «anche noi Autoblindo! Anche noi!». John McTiernan non trova i fondi per girare film, e questi fanno tre stagioni di ‘sta roba, QUESTO è qualcosa che meriterebbe una rivoluzione!

Commento in breve: Alan, John, perdonateli. Non sanno quello che fanno.
Chi ne ha scritto meglio di me: Questa serie mi trasforma nel Puffo brontolone («io ooooooodio la casa di carta!») quindi vi consiglio di andare a farvi un caffè In Central Perk, di nervoso basto io.

8 commenti:

  1. Da recuperare entrambi nonostante tutto, il problema è quindi quando, e boh ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se riesci a risolvere il problema del quando guardare tutto, ricordati degli amici ;-) Cheers

      Elimina
  2. Periodo in cui mi sto godendo le serate estive fuori piuttosto che le serie tv. "La Casa di Carta" l'avevo mollata a metà della prima stagione perché mi annoiava dopo un buon inizio. Adesso i colleghi della mia futura moglie gli hanno fatto una testa così e vediamo di recuperarla (3^ stagione compresa).
    Nei ritagli di tempo ho finito la prima stagione di "Big Little Lies" e iniziato la seconda annata. Nei ritagli dei ritagli di tempo (quindi una volta ogni morte di Papa...) sto andando avanti pianissimo con "Scrubs" (devo ancora finire il primo anno...).
    "Mad Man" ce l'ho inchiodatissima e non trovo tempo/voglia di andare avanti...
    Ah, ho pure terminato "Sex Education". Divertente.
    Attendo invece che escano tutti gli episodi di "The Handmaid's Tale" per maratonarmeli. Mi pare basta...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo post era nato per ospitare quattro serie tv (una era “Happy! 2”) poi mi sono detto, fammi aggiungere un capoverso anche su “La casa di carta 3”, risultato finale, un post chilometrico anche per i miei standard (storia vera). Le tre serie rimaste fuori finiranno in un loro “57 canali” dedicato.

      Anche io ho “Mad Men” che mi guarda male, perché non la clicco più, mentre “Nos4a2” mi annoia troppo, non riesco ad andare avanti. Sto guardando “Swamp Thing”, mentre ieri sera ho iniziato l’ultima di “Orange”.

      Poi mi aspettano “The Boys”, “Warrior” e “The Handmaid's Tale” per la tirata unica. Vorrei anche dare un’occhiata alla serie tv ispirata a “What we do in the shadows” e alla nuova “The Twilight Zone”, ma ogni tanto devo anche andare a lavorare per pagare le bollette e l’abbonamento a Netflix/Amazon Prime/Sky/Hulu/Tim Vision/Trick/Track/BombeAMano ;-) Cheers!

      Elimina
  3. Io sono ancora alle prese con la terza di The Handmaid's Tale e anche lì i comportamenti dei personaggi sono parecchio borderline e poco credibili, ma direi che nelle serie tv è abbastanza normale, specie se vengono eccessivamente diluite come è il caso di quelle che fanno più successo.
    Nonostante tutto la terza stagione de La Casa Di Carta la vedrò sicuramente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non l’ho ancora iniziata, ma già nella seconda stagione si vedevano delle crepe, per “The Handmaid's Tale” è emblematico, il libro termina con l’ultimo episodio della prima stagione. Ribadisco la miniserie televisiva è un formato sottovalutato ;-) Cheers

      Elimina
  4. Avendo adorato le prime due stagioni della Casa di Carta, ho detestato sin da subito l'idea che dovessero per forza inventarsi una inutile terza stagione, per palesi motivi di paraculaggine e di mungitura di vacca grassa. Mi sono bastati i primi cinque minuti del primo episodio della terza stagione per lanciare un sonoro incitamento ad andare là dove tanti già sono andati («il primo cittadino è amico mio, tu diglie che te c'ho mandato io!» cit.) e interrompere prontamente la visione. Per me la Casa di Carta è una storia chiusa che non ha alcun bisogno di essere riaperta...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo, la storia era finita, vedere una noiosa replica (con gli stessi difetti) però con i soldi è qualcosa di tedioso, pensare che è già stata confermata una quarta stagione. Grazie ma per me va bene così ;-) Cheers

      Elimina