Dico sempre che il giorno in cui riuscirò a commentare in modo soddisfacente
“I sette samurai” (1954) mi ritirerò a vita privata sul cucuzzolo di una
montagna, forte della mia pace cinefila interiore. Ma se da qualche parte non
comincio, non raggiungerò mai la meta, quindi eccomi qui con un altro titolo da
niente, “La sfida del samurai”. Se avete un cappello in testa questo è il
momento di toglierlo in segno di rispetto.
Akira Kurosawa è stato senza ombra di dubbio uno dei più
grandi Maestri della settima arte, il suo soprannome da l’idea della grandezza “l’imperatore
del cinema giapponese”. Altisonante, nemmeno semplice portarsi dietro un’etichetta
così, l’errore sarebbe considerare le sue opere davvero troppo, troppo grandi,
troppo serie, troppo
importanti come
si dice in questi casi. Forse anche troppo datate agli occhi del pubblico moderno?
Dal mio punto di vista no, anzi è proprio il contrario, il cinema di Kurosawa è
certamente classico, ma intriso di una modernità incredibile, che forse
derivava dalla grande poliedricità con cui Kurosawa sceglieva i suoi soggetti.
Fonti d’ispirazione che arrivavano da tutte le parti del
mondo, a partire dalla tradizione del teatro giapponese Kabuki, con film dal
titolo alla Lina Wertmüller tipo “Gli uomini che mettono il piede sulla coda della
tigre” (1945). Ma Kurosawa ci ha regalato la sua versione di classici di Shakespeare,
con “Ran” (1985) oppure “Il trono di sangue” (1957), ha detto la sua su Dostoevskij
con “L’idiota” (1951) ma anche sul noir con “Anatomia di un rapimento” (1963) basato su un soggetto di Ed McBain. La capacità di Kurosawa di non porsi alcun limite, si traduce in un cinema davvero moderno, il caso più eclatante per me
resta uno dei suoi film che preferisco di più, “Cane randagio” una pellicola
del 1949 che se uscisse nelle sale cinematografiche oggi, per ritmo,
impostazione e scelte d’inquadratura potrebbe sembrare una prima visione.
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Non disturbare, genio al lavoro. |
Inoltre Kurosawa è stato uno di quei registi in grado, non
dico di unire i due mondi, ma almeno di avvicinare l’oriente e l’occidente,
come pochi altri sono stati in grado di fare, forse giusto
Jean-Pierre Melville
se dovessi fare un nome. Se “La fortezza nascosta” (1954) non avesse ispirato
così tanto il giovane George Lucas, oggi non avremmo mai avuto
Guerre Stellari, così, tanto per dare l’idea
dell’impatto culturale.
In una filmografia così sconfinata, “La sfida del samurai”
riesce comunque a distinguersi forse anche perché è arrivato relativamente
tardi, basta dire che si tratta del tredicesimo film (su un totale di sedici
girati in coppia) in cui recita il suo attore feticcio, il leggendario Toshiro
Mifune. Proprio questa grande esperienza lo rende una pellicola chiave,
saccheggiata da tanti registi occidentali, così da diventare il padre nobile di
tanto grandissimo cinema. Insomma se questo non è un Classido allora i Classidy
non esistono!

In virtù dell’enorme bagaglio cinematografico accumulato nel
corso della carriera, Kurosawa sceglie per “Yōjinbō” – titolo originale, che in
giapponese significa “guardia del corpo”, così sapete dove Lawrence Kasdan
ha preso ispirazione per un certo film con Whitney Houston e Kevin Costner,
storia vera – un approccio completamente nuovo. Certo sceglie di tornare ancora
una volta a dirigere un film di samurai, ma del tutto privo delle connotazioni sociali
di quell’altro suo titolo di poco conto, l'ultima prova prima di appendere per
sempre la tastiera al chiodo, ovvero “I sette samurai” (1954).
Il protagonista è quanto di più puramente cinematografico
possa esistere, un archetipo narrativo su due gambe che mette in moto la storia. Si tratta di un Ronin, un samurai senza padrone, che arriva nel villaggio al centro della
storia e di conseguenza nel film, con il preciso scopo di far cominciare la
trama, gettare benzina sulle dinamiche tra i personaggi e rendere tutto
avvincente, insomma renderlo puro cinema.
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"Sai Akira cosa dovremmo fare una volta? Un bel film di samurai", "Ah-ah spiritoso". |
Sapete cosa vi tocca adesso? Bravi, la frase sui cinque
minuti iniziali di un film, quelli chiave per determinarne tutto l’andamento. Ecco
per me nell’inizio di “Yōjinbō” trovate già tutto: Toshiro Mifune entra in
scena e lo vediamo letteralmente andarsene a zonzo senza meta, raccoglie un
bastone lo lancia in aria, e decide di proseguire il cammino nella direzione
indicata dal pezzo di legno una volta caduto a terra, è letteralmente il caso
quello che guida la sua vita di samurai senza più un obbiettivo, ed è il caso a
farlo arrivare al villaggio. A volte mi chiedo che film avremmo visto, se il
bastone fosse caduto con la punta rivolta da un’altra parte.
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“Vuoi vedere che magari di là, ci sta un villaggio pieno di belle figliole” |
Nel villaggio regna l’omertà e la corruzione più sfrenata, insomma
sembra uno strambo Paese a forma di scarpa (e non a caso un regista proveniente
proprio da lì, farò buon uso della storia, lasciatemi l’icona aperta, dopo ci
torniamo) dominato da due potenti Yakuza, Seibei e Ushitora, che tengono in scacco
gli abitanti grazie alla loro banda di tagliagole. Che bella è la parola “tagliagole”? Capita così raramente di poterla utilizzare, grazie Akira!
Con il passare dei minuti scopriamo che il nome del Ronin è Sanjuro,
ma per quello che conta potrebbe anche essere una bella, l’ennesima maschera di
un personaggio - anche perché "Sanjuro" é un gioco di parole che viene male interpretato, restando incollato al personaggio - che ad una prima occhiata, sembra solo un arrivista molto
interessato a sfruttare lo stallo del villaggio, per scroccare pranzi, mettersi
in tasca tante monete d’oro e più in generale, tirare fuori il meglio per se
stesso, dalla nuova opportunità che gli si è parata davanti.
In quest’ottica il nostro samurai-quasi-senza-nome, uccide
con estrema facilità tre uomini, giusto per mettere in chiaro che è arrivato un
nuovo talento in città. Se ve lo state chiedendo - ve lo state chiedendo? Non
importa io ve lo dico lo stesso - il braccio tagliato a colpi di katana da uno
dei tagliagole (olè!), per me è un po’ l’origine della fissazione di George
Lucas per le braccia mozzate in
Guerre Stellari, ma a dirla proprio tutta, anche la scena del cane che si porta
via la mano, è stata rifatta quasi uguale da David Lynch in “Cuore selvaggio”
(1990).
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Dare tutto un nuovo significato al concetto di “Qua la zampa”. |
Il Ronin inizia ad offrire i suoi servigi molto ben pagati
prima ad uno e poi all’altra parte in lotta, seminando zizzania per smuovere le
acque, una delle mie scene preferite in tal senso è quando Sanjuro, per
sfuggire agli sgherri di una delle due bande che vogliono fargli la pelle, gira
tranquillissimo l’angolo e sparisce, lasciando i suoi inseguitori improvvisamente
faccia a faccia contro i mercenari dell’altra banda, di colpo costretti ad
ammazzarsi tra di loro, mentre il nostro Ronin, se la ride beffardo godendosi
la scena, seduto al sicuro sul tetto di una delle case poco distante. Gli manca
giusto la gamella di popcorn, anche perché la risata di Toshiro Mifune è quella
di uno che se la spassa alla grande.
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Ci manca solo che punti il dito ridendo come Nelson Muntz dei Simpson. |
Ecco parliamo del buon Toshiro, uno ei miei attori preferiti
di sempre. Anche se nella vita era 1,74 di altezza, al cinema ha sempre trovato
il modo di troneggiare su tutti gli altri membri del cast, qui lo fa anche nella
trama, ma a livello fisico ci sono stati pochissimi attori in grado di
utilizzare il corpo in maniera così espressiva.
Forse per via della tradizione del teatro kabuki e Nō, gli
attori giapponesi hanno sempre una teatralità molto marcata, qui Mifune
utilizza la sua alla grande. I veri intenti del protagonista verranno rivelati
poco alla volta nel corso della storia, ma nei minuti iniziali per Sanjuro è
importante mostrarsi minaccioso e menefreghista, a livello di linguaggio del
corpo, Mifune dà l’impressione di uno pronto a colpirti ad ogni secondo che
passa, e attraverso piccoli tocchi rende il Ronin quasi sgradevole, del tutto
fuori posto nel villaggio ingessato dalla paura. Si perché vedere uno che mastica
una specie di stuzzicadenti con aria spavalda, oppure che si gratta la barba in
modo esagerato e rozzo, fa del personaggio una vera mosca bianca, in un
villaggio dove tutti sono terrorizzati anche solo dall’alzare lo sguardo da
terra, per la paura di finire ammazzati malamente.
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“Cassidy lassù dice che sei sgradevole”, “Uhm, in fondo mi è simpatico, penso che lo ucciderò per ultimo” |
Con il suo fare imponente Mifune porta lo scompiglio grazie
all’astuzia e alle rotelle del cervello che filano al doppio della velocità di
quelle dei suoi avversari, che in compenso vengono fulminati dalla sua katana
che colpisce senza pietà. Kurosawa infatti dirige i combattimenti brevi con un
montaggio rapido, come una sparatoria da film western, e nei tratti del
personaggio di Toshiro Mifune è impossibile non riconoscere il suo imitatore
più celebre, il futuro pistolero-senza-nome impersonato da Clint Eastwood.
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Samurai tagliati sottili sottili che non potete dire di no. |
Proprio come nel film di Leone (no, non è ancora il momento
dell’icona, portate pazienza) con il passare dei minuti l’insensibilità del
protagonista, e la sua malcelata indifferenza nei confronti degli abitanti del
villaggio, lasciano il passo ad una volontà di raddrizzare i torti, punire i
cattivi e liberare la povera gente dalla tirannia.
Un processo che passa dall’amicizia con il bottaio del villaggio,
l’equivalente del becchino visto che i cadaveri venivano seppelliti proprio lì
dentro… no, non farò battute del tipo nella botte piccola c’è il cadavere buono
lo giuro! Ma questa evoluzione è frutto anche di un momento chiave delle storie
noir: il protagonista che viene catturato dai cattivacci, torturato e pestato a
morte, prima della resa dei conti finali.
Questo tenero trattamento tocca anche a Sanjuro, per mano di
un energumeno che pare la versione giapponese del mitico Gheorghe Muresan. Ma
voi direte – oh ma quante domande fate oggi! – cosa centra il noir in un
vecchio film di samurai giapponese? Ha la sua cittadinanza perché lo stesso
Kurosawa ha ammesso di essersi ispirato ad un altro classico noir come “La
chiave di vetro” (1942) tratto dal romanzo di Dashiell Hammett, guarda caso lo
stesso autore di noir e hardboiled che Sergio Leone citerà in suo difesa
accusato di plagio da Kurosawa… no, niente icona da chiudere, non adesso.
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“Si chiama piano americano anche quando lo fa un giapponese”
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Esattamente come Kurosawa decide di adattare il noir al suo
cinema fatto di samurai provenienti dalla tradizione giapponese, è chiarissimo
l’intento di giocare con un altro genere all’apparenza lontano dalla tradizione
del suo Paese, ovvero il western.
Non è un caso se uno dei personaggi principali, quello che
potrei definire il “Boss finale” se fossi un appassionato di videogiochi, è un
personaggio armato di un revolver, un’arma moderna tipica dei film western, che
Sanjuro dovrà sconfiggere usando l’astuzia e una buona dose di allenamento a
base di foglie svolazzanti e coltelli lanciati al volo.
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“Se un uomo con la pistola incotr…”, “Si, l’ho già sentita, prova qualcosa di più originale” |
Forte dell’enorme bagaglio cinematografico accumulato,
Kurosawa gioco letteralmente con il cinema, divertendosi a girare un western,
travestito da film di cappa e spada giapponese. Basta guardarlo per capirlo, l’utilizzo
dei campi lunghi è proprio quello caro al cinema western, il modo in cui
Kurosawa inquadra le strade del villaggio, facendolo sembrare una polverosa
cittadina della frontiera americana, e il modo di inquadrare i personaggi di
spalle, magari prima di un duello, è cinema western allo stato puro.
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Che dite, è abbastanza western così? |
L’uso continuo della dissolvenza laterale poi, è esattamente
lo stesso usato da George Lucas in
Guerre Stellari, che per ripagare idealmente il debito artistico accumulato con il
maestro giapponese, contribuirà a finanziare e distribuire negli stati uniti
uno degli ultimi film di Kurosawa, ma anche uno di quelli dal budget più alto, “Kagemusha
- L'ombra del guerriero” (1980).
Di completamente western è anche l’uso della bellissima
colonna sonora composta da Masaru Sato, che rende l’entrata in scena del protagonista
solenne ed epica, come da tradizione dei film western. Ma il piglio moderno,
quasi rivoluzionario nei confronti degli stilemi del cinema classico di
Kurosawa, è stato d’ispirazione per tantissimi registi americani degli anni ’60,
ma a ben guardare non solo americani. Si dai, è il momento di chiudere quell’icona
lasciata aperta, adesso sì!
Kurosawa ma non ha mai nascosto di essere un “fordiano”, non
nel senso di lettore di
White Russian, nel
senso di ammiratore del cinema di John Ford, ironicamente è stato un altro
grande regista western a regalare la visibilità al suo film. Quando nel 1964 Sergio
Leone realizzò “Per un pugno di dollari”, diciamo che non si curò troppo della
possibilità che il suo film diventasse un ENORME successo planetario, dai
figurati se una roba con un protagonista che ha due espressioni (con il cappello
e senza) potrà mai arrivare fino in Giappo… Madornale errore (cit.).
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Toshiro fa lo sguardo alla Clint Eastwood prima di Clint Eastwood. |
I dirigenti della Toho Studios con leggerezza non andarono a
batter cassa da Leone, che insieme all’altro autore della sceneggiatura, il grande Fernando Di Leo, per difendersi citarono come romanzo d’ispirazione “Piombo
e Sangue” (Red Harvest, 1929) del già citato Dashiell Hammett. A proposito di
citazioni, la faccenda si concluse in tribunale con la vittoria di Kurosawa.
Giappone 1 – Italia 0, ma posso dirlo che trattandosi di Kurosawa e Leone, di “La
sfida del samurai” e di “Per un pugno di dollari”, abbiamo vinto tutti, non è
campanilismo il mio. Al massimo cinefilismo!
Curiosamente, anche Walter Hill ha sempre sostenuto di
essersi ispirato a “Piombo e Sangue” di Dashiell Hammett, per la sua versione
di “La sfida del samurai”, ma questa è un’altra storia, abbiamo un
rubrica a tema per raccontarla. Ah! Per altro se volete sapere tutto, ma proprio tutto su "Piombo e Sangue" dovete assolutamente
leggere Lucius.
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“Si un momento, mi libero di questi quattro signori e vado a leggere” |
Questo non cambia il fatto che “La sfida del samurai” fu un
enorme successo, tanto da meritarsi un meno ispirato seguito nel 1962
intitolato “Sanjuro”, di cui ho apprezzato sempre, oltre alla prova di Mifune,
anche la conclusione della storia di questo leggendario Ronin.
Tanto leggendario da influenzare la cultura popolare
mondiale come pochi altri film hanno saputo fare, specialmente partendo da quel
pianeta a parte chiamato Giappone. Di Leone e Walter Hill già sapete, ma ci tengo
a citare anche “Usagi Yojimbo” che magari qualcuno di voi ricorderà come
personaggio minore delle Tartarughe Ninja, in realtà si tratta di un fumetto scritto
e disegnato dall’artista nippoamericano Stan Sakai in pubblicazione ormai dal lontano 1984, con
protagonista un tostissimo coniglio antropomorfo, ispirato al film i Kurosawa.
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Come influenzare la cultura popolare su più livelli. |
Insomma per essere un film del 1961 in bianco e nero, non
bisogna farsi spaventare dalla sacralità di un titolo come questo, anzi
bisognerebbe solo ringraziare Kurosawa che con la sua modernità ha dato una
scossa così forte da mettere in modo anche la creatività altrui, solo i grandi
maestri possono permettersi, quindi: grazie sensei!
Ed ora come Sanjuro, esco di scena camminando verso il
tramonto e la prossima avventura, non voglio sentire nessuno fare assonante con
il nome Sanjuro e il fatto che sto andando da qualche parte ok? Fate i bravi,
un po’ di rispetto per Kurosawa!
Intanto però. non perdetevi la locandina d'epoca del film, dalle pagine di
IPMP!
Ottima lavoro, Cassidy.
RispondiEliminaOttima recensione del classico film giapponese del grande maestro Kurosawa.
Ottimo post.
P.s. Sei farai un post su George Lucas, ricorda di usare i mie link che ti ho fornito. Ti darò sempre ancora unamano per crescere questo blog, Cassidy. Sei un ottimo blogger.
Ti ringrazio molto, e un film di un regista che ammiro molto, ci tenevo a fare bene anche se è un film che è stato analizzato fino all’ultimo fotogramma. Ho visto una buona metà dei video che mi hai mandato, ma era un po’ difficile integrarli in questo post specifico senza andare troppo fuori tema, finirò di vederli e di sicuro torneranno buoni. Ti ringrazio per il sostegno, davvero molto apprezzato! :-D Cheers
EliminaNon c'è di che, Cassidy.
EliminaP.s. sei farai un post su John Williams,ti darò una mano.
Ho trovato po' video interessanti su di lui.
Alla prima occasione utile ti farò un fischio, al momento non ho nulla su John Williams in pista, strano perché ha una filmografia sconfinata ;-) Cheers
EliminaGrazie mille per avermi risposto Cassidy,ti dico una curiosità su John Williams. Anche lui è un gran rubacchione come Lucas.
EliminaChi va con il Lucas impara a Lucassare ;-) Cheers
EliminaBella questa battuta Cassidy.
Eliminati mando i video cosi te le vedi come sono, per la tua curiosità.
1) https://www.youtube.com/watch?v=tygo4LIGgZ8
2) https://www.youtube.com/watch?v=JtRU8cMp0Nk
3) https://www.youtube.com/watch?v=36Jc9z-b-Hw
4) https://www.youtube.com/watch?v=OMFNABbqWCw
5) https://www.youtube.com/watch?v=A17I6lW34i0
6) https://www.youtube.com/watch?v=ZwjUTI8RNNM
7) https://www.youtube.com/watch?v=b9IV5u9iwuQ
sono quelli che ho trova fino ora.
Grazie a te! Mi tengo da parte anche questi video, appena riuscirò mi metto le cuffie e me li sparo tutti ;-) Cheers
EliminaBel pezzo!
RispondiEliminaUn aneddoto: Usagi Yojimbo è stato porato in Italia da Alessandro Bottero, prima con la mia vecchia casa editrice, Kkng Comics, poi in proprio. Adesso è passato in altre mani, i volumi sono reperibili agevolmente sull'internet.
Grande Kurosawa comunque, curiosamente il più amato e meno giapponese tra i regiati giapponesi. Beh, diciamo il più universale, va!
Muchas gracias capo! ;-) Esistono dei comodi volumoni tipo “Omnibus” su Usagi Yojimbo che se non fossi povero starebbero bene sulle mensole di casa mia, in ogni caso gran fumetto, anche se ho letto a sprazzi quello che mi capitava per le mani. Concordo, il suo essere universale è quello che mantiene moderno il cinema di Kurosawa, certe soluzioni (anche d’inquadratura) sono la prova che era un vero genio, senza stare a girarci troppo attorno ;-) Cheers!
EliminaBella recensione su un classico del classico di Kurosawa che ha ispirato molti registi.
RispondiEliminaTi consiglio di vedere di recessire Ancora vivo - Last Man Standing con Bruce Willis e con Christopher Walken.
È un remake americano della pellicola del grande maestro del cinema giapponese Akira Kurosawa.
Ho rivisto il film qualche settimana fa, il post arriverà se ho fatto bene il 5 luglio, all’interno della rubrica su Walter Hill ;-) Cheers!
EliminaFilmone totale, copiato, omaggiato, citato, imitato,... Insomma, tutti hanno attinto a piene mani dal classicissimo di Kurosawa. L'ho recuperato qualche anno fa quando mi prese la fregola di provare a rivedermi i titoli dell'"Imperatore del cinema giapponese". Devo averli imbucati a casa dei miei...
RispondiEliminaBel post Capo! Ottimo modo di cominciare la settimana. Ma hai iniziato un nuovo ciclo o è un titolo isolato?
Grazie capo, se mai iniziassi una rubrica su Kurosawa lo farei dall’inizio, ma per farlo dovrei essere più pazzo di quello che sono ;-) Scherzi a parte, avevo voglia di rivedere questo film, e mi servirà in prospettiva futura quindi mi sono buttato. Cheers!
EliminaInteressantissima recensione e mi spinge a voler recuperare questo film e le altre pietre miliari di Kurosawa.
RispondiEliminaEcco, volendo fare un po' di approfondimento, quali sono secondo te le sue pellicole fondamentali da vedere?
Purtroppo la mia conoscenza del regista è del tutto indiretta, attraverso le mille opere che più o meno apertamente lo citano, lo plagiano, lo riprendono o semplicemente gli devono tanto.
E su questo punto, tanto per chiudere un cerchio che rischia di diventare una spirale:
https://images-na.ssl-images-amazon.com/images/S/cmx-images-prod/Item/270193/270193._SX360_QL80_TTD_.jpg
Questa è la copertina di un ciclo di Dark Times (fumetto della serie "Legends" di SW, cioè vecchio canone pre-Disney) in cui le vicende sono quelle del film qua recensito, solo con il jedi Dass Jennir al posto di Sanjuro.
Recentemente poi anche One Piece deve molto a questo film, a Kurosawa e a Mifune per alcuni suoi archi narrativi e personaggi.
Più in generale in molti manga ed anime l'atteggiamento da sbruffone da te descritto tenuto da Mifune per dar corpo al suo personaggio è diventato quasi archetipico per una certa categoria di personaggi.
Nathan
Consigliatissimo, così come un po’ tutto Kurosawa, questa è un buon modo per fare la sua conoscenza, proprio perché da occidentali possiamo trovarci dentro molti punti di riferimento a noi noti. Ho fatto un po’ di titoli nel post, inizierei con il consigliarti quelli mi sembrano un buon inizio, e non dimenticare “Rashomon” il titolo di Kurosawa che non manca mai nelle rassegne a lui dedicate ;-)
EliminaAncora segnali del passaggio di Kurosawa sulla saga di Star Wars, grazie non lo conoscevo, così come “One Piece” di cui non ho letto niente, ma visto solo qualche episodio dell’anima, ma mi rendo conto che il peso specifico di un attore come Mifune, specialmente in patria, sia stato anche maggiore. Cheers!
Mi permetto di rispondere al volo, in attesa del titolare: vediti tutto il Kurosawa uscito in italiano, che non è tantissimo (se poi riesci a recuperarlo) e vale comunque la pena ^_^
EliminaSi vince facile a consigliarti "Rashomon" e "I sette samurai", ma in realtà la sua poetica la puoi trovare anche nelle opere più diverse. Circa 15 anni fa la MHE ha portato in DVD un ventina di film di Kurosawa e ne ho fatto un sol boccone: sebbene di stile e generi diversi, ci ho trovato i semi di tanto cinema successivo, quindi al di là dei titoli più o meno famosi, organizzati una maratona che ti farà solo che piacere ;-)
Ah, e quando guarderai "La fortezza nascosta" tieni bene a mente "Star Wars": rimarrai a bocca aperta :-P
Concordo con Lucius, per fortuna in DVD si trova moltissimo, tanto è molto variegato come i generi affrontati da Kurosawa, che non deve spaventare proprio perché è ancora molto moderno nello stile. "Dersu Uzala" é bellissimo, ma sono molto legato anche a "Kaghemusha" e "Cane randagio". Personalmente poi non li ho mai visti in ordine ma un po' come mi capitavano, quindi davvero merita una maratona, perché anche tra i titoli minori é pieno di gran cinema. Cheers!
EliminaIntanto grazie ad entrambi per le segnalazioni! ^_^
EliminaNathan
Prego figurati, in caso di dubbi sai dove trovarci ;-) Cheers
EliminaAnch'io li ho visti a casaccio, da ragazzo in TV passavano solo i suoi ultimi film, mentre solo in VHS riuscii a vedere "Rashmon" e i "Sette samurai", credo nei primissimi Novanta. Con l'arrivo del digitale e l'iniziativa di MHE ho potuto colmare le lacune. All'epoca i puristi del DVD si lamentarono perché erano edizioni dozzinali: tocca ringraziare che le abbiamo! Nessun distributore italiano da allora si è più filato il povero Akira :-P
EliminaOcchio che la MHE ha fatto la fubbina, presentando una Edizione estesa dei sette samurai che... è più corta di quella che aveva già presentato :-D
Non erano grandi edizioni bisogna dirlo, però non me ne sono curato molto, sono sempre stato più interessato al contenuto che al formato anche per i film, quindi per me tutti quei DVD erano tanta roba ;-) Cheers
EliminaTi saluto come un alpinista che parte per scalare un ottomila metri: la cima più alta la si raggiungere solo passando per tutte le fasi intermedie, quindi la tua rincorsa ti assicura un'ascesa proficua. Magari sarà dura, ma arriverai in cima. ^_^
RispondiEliminaI tentativi che nel corso degli anni hanno visto i registi appellarsi al romanzo di Hammett denotano che né loro né i loro spettatori hanno mai letto quel romanzo, visto che non assomiglia ai loro film neanche per sbaglio. Come dico sempre, "Le voci di dentro" di Eduardo è molto più simile a "Piombo e sangue" di quanto qualsiasi opera filmica.
Mifune è titanico ma è aiutato da un ottimo copione: il seguito di questo film non è che abbia lasciato chissà che tracce.
Un mito mitissimo che più passa il tempo più diventa mitico ^_^
Un giorno avrò accumulato così tante "ore di volo" da essere ignorante abbastanza da provarci, intanto mi sono divertito a sorvolare quest'altra discreta montagna ;-) Non ho mai letto il romanzo ma mi sono informato e si, la trama non ricorda davvero nessuno dei film che dicono di essersi ispirati, tanto meno quello di Walter Hill, e poi dici bene "Sanjuro" viene ricordato come nota e piè di pagina di questo film, che é ancora (e sempre) il titolare ;-) Cheers!
EliminaNon mi sono mai cimentato con questo tipo di film, che a me piace chiamare Eastern. Prima o poi dovrò mettermi alla prova perchè è proprio un genere e un regista che mai sono riuscito a trovare la forza e la voglia di esplorare
RispondiEliminaEastern, opposto a Western… mi piace ;-)
EliminaCimentati, esplora, perché Kurosawa è di fatto il Sensei di tutti i registi che contano, di solito quando mi butto su pellicole che conosco solo di fama mi diverto sempre molto, non ti manca certo la curiosità cinefila giusta. Cheers!
Ottima recensione per uno dei film meno citati del Sensei *.*
RispondiEliminaTra l'altro, fu uno shock scoprire che "Last man standing" derivava proprio da qui.
Grazie Genius, di sicuro “I sette samurai” è il più citato, mentre “Rashomon” quello più trasmesso dai festival cinematografici che vogliono celebrare Kurosawa, questo viene dato per scontato, forse perché non ha una componente sociale come “I sette samurai” ma resta cinema ad altissimo livello. “Last man standing” è identico, forse anche più di “Per un pugno di dollari”, ne parleremo perché è in rampa di lancio per la rubrica su Walter Hill ;-) Cheers
EliminaOttima recensione Cassidy.
RispondiEliminaÈ uno degli migliori pellicole del Sensei Akira Kurosawa.
È uno dei miei film preferiti del Sensei dopo tanto altri.
P.s. Quando recensirai la fortezza nascosta?
Filmone totale, copiato, omaggiato, citato, imitato da George Lucas dal Star Wars Ep.I ed Ep. IV.
Mille grazie, ecco quello mi piacerebbe anche rivedermelo, Spielberg ha preso ispirazione per Indiana Jones anche dai serial della Republic Pictures, mentre Lucas ha puntato sul Sensei Kurosawa ;-) Cheers!
Eliminaexcellent review also for the work done Cassidy, congratulations.
RispondiEliminaThank you very much ;-) Cheers!
EliminaA questo punto mi devo mettere in lista di lettura anche Piombo e Sangue. Ho una lista di lettura che mi esce dal lettore. Adesso sono alle prese con un tomone di fantascienza cinese.
RispondiEliminaMi piace molto questo tuo discorso della fisicità di Mifune. Gli attori di cinema (tranne i grandissimi alla Daniel Day Lewis) tendono un po' a trascurarla e puntano molto e troppo sulle espressioni facciali dimenticandosi di avere una visione complessiva e non caratterizzando quindi il personaggio anche dal punto di vista corporeo.
Non mi spingo fino al tomone di fantascienza ma anche io da quando sono passato agli eBook sto accumulando letture anche peggio di prima, e già prima era abbastanza tremendo.
EliminaMifune, non so come, riusciva a sembrare anche il più statuario di tutto il cast, un mistero che non ho mai capito, eppure si recita con il corpo proprio come si fa con il volto, anzi a volte anche di più, a Mifune riusciva benissimo. Cheers!
Good Job, Cassidy.
RispondiEliminaTi consiglio una idea di fare un post molto interessante un parallelismo:
Kurosawa vs Fellini: un parallelismo tra Italia e Giappone.
Due mostri del cinema che hanno le generazioni di cineasti XD.
Grazie! Fellini andrebbe affrontato prima o poi, anzi ero quasi lì per buttarmi prima della rubrica su Gilliam, prima o poi ci proverò ;-) Cheers
EliminaDaje che grande pellicola di tutti i tempi,
RispondiEliminaDel grande regista giapponese Akira Kurosawa a mio parere.
Non capisco più se sei sempre tu che commenti oppure una squadra speciale, nel dubbio grazie per il commento ;-) Cheers
EliminaWhaoo... Wahoo... mi hai fatto venire una voglia pazzesca di vedere questo film. Kurosawa purtroppo non mi è mai capitato di vederlo ma dal tuo post (a costo di diventare ripetitivo ti dico che sei bravissimo e mi fai sempre scoprire cose interessanti) si evince che sia un filmone.
RispondiEliminaSergione nostro ha giustamente avrà pensato che se doveva copiare tanto valeva farlo con il migliore.
Ti faccio degli inchini da Samurai, grazie, grazie mille! :-D Sono molto contento e spero che ti piacerò, ma penso proprio di sì, è un gran film, anche uno di quelli ottimi per fare la conoscenza del Sensei Kurosawa. Ed in effetti dici bene, il mediocre imita, il genio copia ;-) Cheers!
EliminaBel Filmone visto ieri dopo aver letto il tuo post,è molto molto bello come film.
RispondiEliminaP.S. Ti consiglio un post da fare, è molto interessante.....
La sfida del samurai vs Per un pugno di dollari, Differenze e similitudini con due capolavori del cinema mondiale e due registi con esperienze differenti nel mondo del cinema XD.
Bene sono contento che ti sia piaciuto, se riesco a convincere qualcuno a vedere un bel film sono sempre contento ;-) Naaa quello lo ha già fatto alla grande Lucius, non si può fare di meglio, almeno, io non potrei, lo trovi qui:
Eliminahttps://ilzinefilo.wordpress.com/2015/11/07/per-un-pugno-di-piombo-e-sangue/
Per quello che mi riguarda ho un piano a lungo termine ben più “suicida”, a questo punto dopo l’estate penso, quando lo vedrai spuntare sulle pagine della Bara te ne accorgerai ;-) Cheers
Okay Cassidy, aspetterò mi hai messo la curiosità.
EliminaBro-fist! ;-) Cheers
EliminaVisto ieri è un film molto molto molto bello,e mia divertento tanto. È diventato un dei miei film preferiti di sempre.
RispondiEliminaP.s. eccellente recensione Cassidy, un ottimo lavoro daje così.
Viva i samurai yeah
RispondiEliminaBella recensione,un buon lavoro Cassidy.
RispondiEliminaUn bel film dei film, uno dei film che i grandi registi che lo hanno copiato.
Come disse un artista "I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano".
Excellent review Cassidy.
RispondiEliminaTi consiglio di fare dei post con il titolo:
Akira Kurosawa vs George Lucas, sarebbe un bel post.
Una grande recensione Cassidy,un ottimo lavoro caro amigo.
RispondiEliminaQuesti giovani d'oggi (che sono tra questi,per fortuna io no, conosco questi film) non conosco questi grandi capolavori del cinema.
Altra cosa:
Per quanto pacifici siano i tempi, la morte è il supremo movente per i samurai. Se un samurai temesse la morte, o la scansasse, in quello stesso istante cesserebbe di essere un samurai.
(Yukio Mishima)
Very good ��������������������������
RispondiEliminaOttima lavoro, Cassidy.
RispondiEliminaBella recensione di un classico del cinema.
P.s. quando recensirai "la fortezza nascosta"?