Curioso il destino di questo film, curioso soprattutto per
il fatto che inevitabilmente verrà etichettato come l’Anti-Bohemian Rhapsody che, poi, è anche la cosa più semplice da dire su
questo film e proprio per questo, non è nemmeno così esatta.
Sì, perché “The Dirt” è in giro più o meno dal 2001, quando i Mötley Crüe con l’aiuto dello scrittore Neil Strauss pubblicarono le cronache delle loro gesta, nel libro omonimo, talmente strapieno di aneddoti sulle loro follie da essere una lettura molto consigliata.
Nikki Sixx, bassista del gruppo e vero Líder Máximo dei Mötley
Crüe ha sempre sostenuto che per adattare il libro in un film all’altezza, ci
voleva qualcosa di meno hollywoodiano possibile, in questo senso i soldi messi
sul tavolo da Netflix al grido di: “Ma fate un po’ il caXXö che volete” sono
tornati molto utili.
La sensazione che ho avuto guardando “The Dirt” è che di
fronte a così tanti folli racconti di feste pazze, tutte le persone coinvolte
nella creazione del film si siano fatti prendere dall’ansia di cercare di
stipare in due ore quante più di quelle assurde storie. Il risultato è una
serie interminabile di momenti clamorosi, molti dei quali di autodistruzione
umana, un po’ come una puntata di Jackass con una colonna sonora più rumorosa
e non credo sia un caso che il regista Jeff Tremaine arrivi proprio dalla
popolare serie di EMMETivì.
Il fatto che Netflix abbia rilasciato il film sulla sua
piattaforma lo scorso 22 marzo, crea inevitabili paragoni con il più pettinato
Bohemian Rhapsody, un po’ come se il cinema fosse il regno del perbenismo e il
celebre canale streaming il Robin Hood delle libertà nei film, sarebbe
riduttivo perché “The Dirt” dal film di Bryan Singer Dexter Fletcher
Bryan Singer prende in prestito la struttura molto classica (genesi del gruppo,
ascesa, caduta, ritorno e concerto finale… su questo lasciatemi l’icona aperta
che ci torniamo), ma il risultato finale è un film molto più corale.
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L’effetto videomusicale, direi che è abbastanza garantito no? |
Perché, non raccontiamoci balle, Bohemian Rhapsody era sulla carta il film dei Queen, ma
ufficialmente lo spettacolo personale di Rami Malek, qui tutti i Mötley Crüe
hanno lo stesso spazio, anzi, si alternano nel ruolo di narratore, sgomitando
per emergere, con un trucchetto che avvicina il film alla narrazione del libro: i protagonisti guardano in camera, si rivolgono al pubblico, mandano avanti le
parti noiose della storia (tipo la riabilitazione del gruppo), rendendo loro il
film come il periodo storico in cui hanno vissuto, suonato e fatto festacce
nere, giusto per ricollegarmi alla frase iniziale del film.
Proprio i primi cinque minuti (quelli famigerati, che
determinano tutto l’andamento) sono notevoli, si parte nel mezzo di una festa con
almeno una scena decisamente esplicita che mette subito in chiaro che qui la
faccenda, sesso, alcool e droghe verrà trattata e in questo senso, sì, il film
è davvero l’Anti-Bohemian Rhapsody. Ma per il resto pare una pellicola che ha
preso appunti imparando dalla concorrenza.
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“Sbaglio, oppure ho sentito qualcosa muoversi sotto il tavolo?” |
Quell'adorabile banda di cazzoni dei Mötley Crüe è
sempre stata bravissima a vendere il suo prodotto preferito (se stessa) e a
differenza degli MWA non ci pensa nemmeno di farsi descrivere come dei
santarellini come accadeva in Straight outta Compton, il film di Jeff Tremaine dimostra di aver fatto i compiti a
casa perché al pari di Lords of Chaos,
sa bene che i fan del gruppo conoscono a memoria tutte le storie, hanno letto e
riletto il libro e si sono consumati le cornee sulle foto e i video del
gruppo, quindi la ricostruzione degli eventi è piuttosto riuscita, i titoli di
coda che (al pari di "The Room" / The disaster artist) confrontano le scene dal film all’originale
sembrano messi apposta per sottolineare questo concetto, in un modo meno
ruffiano di quanto fatto da “Bohemian Rhapsody” e i suoi venti e passa minuti
di Live AID trasformato in una fredda e ruffiana coreografia.
Nella sua struttura molto classica (interrotta soltanto dagli
stessi protagonisti che si rivolgono spesso al pubblico), “The Dirt” azzecca il
quartetto di protagonisti molto bene, certo, a volte semplificandoli, ma
cogliendone piuttosto bene l’essenza.
Il bassista Nikki Sixx (Douglas Booth) che scappa di casa e adotta lo stile di vita da Rockstar e un nome
all’altezza, oppure il vecchio chitarrista Mick Mars (Iwan Rheon il “Gordon”
Ramsay Bolton di Giocotrono) un marziano di nome e di fatto, decisionista e
risoluto come solo chi ha una rara malattia e ben poco tempo da perdere può
essere.
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Il vecchio, l’entusiasta, lo scappato da casa e il cantante di cover: una vera banda di idioti |
A completare il gruppo, il biondo cantante Vince Neil (Daniel
Webber visto in The Punisher), un
David Lee Roth ancora più laido, ma dalla voce potentissima e il batterista
dall’innamoramento facile, Tommy Lee (interpretato dal rapper Machine Gun Kelly)
un po’ il bambinone entusiasta del gruppo, forse anche troppo frettolosamente
caratterizzato come quello che saluta tutti: «Yo man cool!».
Perché alla fine i Mötley Crüe di questo film sono così, un
po’ abbozzati, ma affidati all’attore giusto e, soprattutto, perfettamente
aderenti allo stereotipo delle Rockstar tutte sesso, droga e Rock ‘n’ Roll a
cui il gruppo ha sempre ambito. Incredibilmente tutto questo funziona, anche
piuttosto bene, quindi anche se ritengo improbabile che non abbiate mai sentito
nessuna delle loro canzoni, “The Dirt” ha tutto per far appassionare il
pubblico generalista a questa banda di cazzoni e il fatto che il film sia
parte del catalogo Netflix, gli garantirà probabilmente molti più spettatori di
quanti un film così avrebbe mai avuto al cinema, anche se sul grande schermo ci sarebbe stato benissimo.
L’altra faccia della medaglia è che, beh, Jeff Tremaine non
ha la grazia di Bryan Singer Dexter Fletcher Bryan Singer, quindi
non aspettatevi un film girato con tutti i crismi, ma quando hai così tante
folli storie da raccontare, alcune scene risultano vincenti anche se girate da
uno che pare abbia fatto festa tutta la notte con il gruppo. Ad esempio, la
scena della giornata tipo di Tommy Lee in tour (che è uno dei capitoli più
spassosi del libro) vive di prepotenza solo perché è uno spasso di suo, ma anche qui, per un film arrogante e volutamente maleducato
come solo la storia dei Mötley Crüe può (e deve!) essere, diventa quasi un
problema secondario.
Certo, bisogna dire che il cameo a bordo piscina di Ozzy
Osbourne (l’azzeccato Tony Cavalero) è uno dei più raccontati della storia del
Rock ed è girato con l’ansia di chi vuole infilarlo nella storia per forza a
tutti i costi, così come l’incidente stradale di Vince Neil, le cui drammatiche
conseguenze vengono descritte anche fin troppo frettolosamente.
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Nön devö scrivere nülla, vögliö sölö üsare qüalche ümlaüt a casö. |
“Take me to the top” diventa perfetta per il “montage” alla Rocky sulla scalata al successo del
gruppo, la ballata più famosa del gruppo, “Home sweet home” entra in scena come
un pezzo fatto e finito quasi secondario, mentre “Shout at the devil” perfetta
per mostrare la potenza del gruppo sul palco. La sua capacità di
sfornare orgogliosi e arrogantissimi pezzi in grado di celebrare il lato più
glam della musica va sotto bevendo dall’idrante contro l’ansia nel raccontare
il più possibile di quelle storie tutte matte contenute nel libro, il che è un
vero peccato.
Ma al netto di tutti questi difetti più o meno grandi, “The Dirt”
funziona, non è per nulla ruffiano o moralista e visto che avevo un’icona da
chiudere lo faccio subito: strano parlare di buon gusto in un film così
spregiudicato, ma “The Dirt” ha il buon gusto di terminare dove avrebbe dovuto
concludersi anche Bohemian Rhapsody,
sulla scalinata verso il gran concerto finale, proprio un attimo prima di
risultare ruffiano e perdersi l’attenzione del pubblico, conquistata fino a
quel momento a colpi di trovate sopra le righe.
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I'm on my way, I'm on my way, Home sweet home... |
Ora, se ho fatto bene i calcoli, la prossima biografia
musicale sarà “Rocketman” su Elton John, per ora “The Dirt” è una delle più
divertenti su cui vi può capitare di mettere gli occhi, ma visto che siamo in
tema, anche le orecchie.
Per qualche altro parere vi ricordo, il Cumbrugliume al basso, In central perk alla batteria e Non c'è paragone alla chitarra solista!
Per qualche altro parere vi ricordo, il Cumbrugliume al basso, In central perk alla batteria e Non c'è paragone alla chitarra solista!
Carabara, ero rimasto anche io al biopic sul papà di Candle in the Wind, ma il papà di un compagno di classe di Crepascolino lavora per una multinazionale del settore - no kiddin: ha accompagnato a X-Factor Gordon Matthew Sumner e ho visto le sue foto con i Metallica - e mi ha messo a parte dell'attuale stato dell'arte ( " il box-office è sbancato sostanzialmente da film coi super-eroi e da rise and fall di cantanti con nomi da super-eroi come Lady Gaga o Mercurio Il Rapsode ! " ) per il quale Rocketman sarà una variante sulla teoria della Forza della Velocità di Mark Waid ( che lega tutti gli speedsters della DC Comics da The Flash a Max Mercury, passando per il non molto noto Mercurio il Rapsode ndr ) che è a sua volta una citazione, diciamo così, della Forza dei Jedi.
RispondiEliminaDi seguito tento una sintesi in velocità: Ultron Jay è quella cosa con le piume - per dirla con Emily Dickinson - che lascia il suo pianeta morente prendendo per la coda un arcobaleno, come la Cicciotella di un vecchio cartone di Bruno Bozzetto, e si schianta da qualche parte nel granaio convertito a sala di registrazione di un rocker fuori forma e bollito che sta cercando di lasciarsi alle spalle una vita di debiti con strozzini e pushers. UJ arriva proprio mentre il suo anfitrione è raggiunto da un racketeer a cui deve un sacco di soldi. Bollito non regge la tensione e lascia questa valle di lacrime e polvere bianca. Il suo creditore smadonna e se ne va proprio mentre arriva il Colonnello Pedro " Parco " Parka, il laconico manager di Bollito che ha la solita idea di un milione di dollars e decide di fare di UJ una combo di " Elvis e di Mercurio il Rapsode con chioma cotonata e baffoni ! ". Il film, in teoria, dovrebbe aver il buon gusto di terminare senza dirci se i MIB che cercano UJ per novanta minuti sono a caccia di alieni o mandati da un nosocomio da cui il pennuto è scappato. So che ti piacerà. Ciao ciao
Mentre ti leggevo ho avuto un epifania, anche se oggi è il primo di aprile e non il sei di gennaio: Lady Gaga deve il suo nome ad un pezzo dei Queen, e visto che vanno di moda gli “Universi cinematografici”, “Bohemian Rhapsody” e “A star is born” sono parte dello stesso universo narrativo (nome in codice provvisorio: Queenverse) destinato a convergere in una maxi saga in cui i super denti di Rami Malek e il nasone (incredibilmente affascinante, ci tengo a sottolinearlo) della Lady “Radio gaga” sono due parti di una specie di guanto/faccia dell’Infinito. Per i dettagli ti lascio carta bianca, tu sei molto più portato di me a trovare questo tipo di collegamenti.
EliminaEd io che pensavo fosse la versione con più piume di un fumetto di Dave Stevens, la tua versione mi piace molto di più, anche perché fa già terra bruciata attorno al ritorno dei MIB (International)… No niente, stamattina vedo “universi” ovunque, il cambio dell’ora mi ha fatto male. Cheers!
Ce l’ho là, pronto ad essere guardato. Avessi più tempo... Comunque dovrebbe essere il prossimo titolo che vedrò (salvo new entry clamorose).
RispondiEliminaHo letto ugualmente il post che tanto non è che ci siano chissà che quali spoiler! Vabbè, quello che volevo capire è: l’idea iniziale di BOHEMIAN RAPSODY (quella con Sacha Baron Cohen a fare Freddie) prevedeva una trama molto più vicina a questo THE DIRT. Quindi sesso (tanto..), droga (molta...) e feste (quelle di Freddie sono leggenda come quelle dei Crüe, degli Stones o di chi volete voi. Solo gli Who sono irraggiungibili! Ma loro avevano Keith Moon in squadra!). Quindi ombre e luci nella vita dei QUEEN. Secondo me sarebbe uscito un capolavoro... Molto più vero e “col cuore” di Bohemian Rapsody.
E tu Capo Cassidy che ne pensi?
Guarda che ridendo e scherzando questo 2019 non è malaccio, ci sono un sacco di cosette da vedere, e se escludiamo il nuovo “Dumbo” (commento attualmente in lavorazione) per ora sto vedendo un sacco di titoli mica male, sarà che sto vedendo meno film del 2019 ma si spera un po’ meglio? Vabbè a parte questo, l’altra serie con la mia wing-woman stavamo guardando un paio di documentari sui Queen, in cui il 99,9% del tempo era speso per parlare di Freddie Mercury. La storia dei nani portatori di coca (non cola) era smentita in entrambe i documentari, ma cambia di poco il fatto che secondo me a “Bohemian Rapsody” mancava la volontà di andare oltre il santino, basta dire che il più accanito a descrivere Mercury come un santo laico nei due documentari, era Roger Taylor.
EliminaI Mötley Crüe invece hanno sempre fatto dell’eccesso una cifra stilistica, “Bohemian Rapsody” è diretto meglio, con un montaggio migliore, ma era ruffiano, per questo ho preferito “The Dirt” che ha due grossi difetti (è peggio del libro e lascia troppo da parte la musica) ma almeno è onesto, bastano i primi famigerati cinque minuti per capire l’aria che tira nel film. Cheers!
Eccomi! Visto in due tranche, mezzo ieri pomeriggio, mezzo stamattina. E che dire? Bomba totale. Divertentissimo, ironico, cinico, onesto e pure drammatico. Qua hanno il coraggio di fare vedere il sangue o ladddroga e non di sfuggita sporcando uno specchio in un angolo. No, questo THE DIRT mostra tutto! Siringhe nelle vene, effetti devastanti, la morte. Alcune volte in modo divertente, altre in modo drammatico. Ma sempre senza tirare via il piede dall'acceleratore.
EliminaL'unico difetto, come hai fatto notare giustamente tu, è che la pellicola è una serie di aneddoti uno dietro all'altro. Come in una corsa a tappe. Quindi il tutto risulta piuttosto frammentato. Ma se tutti i biopic fossero così...
Sto finendo il libro ed è davvero figo, se ti scappa la voglia di approfondire é molto consigliato ;-) Cheers!
EliminaOra solare tra l'altro. Domenica mi sono svegliato legalmente alle cinque che erano le sei solari e ho preso a correggere le note per il canovaccio di Solar Man che , come immagino saprai già , è la vita di Lucio Battisti nel prossimo fantasy di Matt Garrone. Credo che spiazzerà i fans duri e puri di Tolkien, ma potrebbe piacere ai nostalgici di Brancaleone ed ai lettori dello Alan Ford dei seventies. La trama in sintesi: Bats della Regina è un peone senza palanche orfano cresciuto per strada che ha scelto di chiamarsi così anche se non ha mai visto una regina se non nelle tasche altrui ( Garrone si riferisce alla regina siccome moneta d'oro ndCr) che si innamora della bella Lux mentre canta la Canzone del Sole e decide, per conquistarla, di andare a stanare l'orco Gagau sul quale la Regina Ramia ha posto una taglia. Il consigliori della regina, il bieco, viscido Maleko cercherà di fermare Bats perché Gagau è in realtà la figlia di Maleko convinta che un sortilegio la abbia resa una creatura diversamente attraente. Bats cadrà in un crepaccio mentre canta nel crepuscolo la canzone del sole e Gagau lo curerà creando il corrispettivo garroniano di un giri per cui Bats tornerà indietro senza trafiggere l'orca infermiera, ma scoprirà che Lux nel frattempo si intrattiene con altri cavalieri. Matt G. sta pensando a come far convolare a nozze Gagau e Bats bupassando ex visu amor ( " può Bats vedere la grande bellezza - scusa pard Sorrentino - interiore di una creatura che oggi chiameremmo sinonimo di sanitario ? " ) e senza ricorrere alla magia perchè il suo è un fantasy picaresco ancorato alla Realtà Prima. Vedremo. Ti aggiornerò. Ri ciao ciao
RispondiEliminaSarebbe fighissimo se Matt G, infilasse anche una riga di dialogo in cui Bats si dispera esclamando: «Ma che disgrazia io mi maledico, ho scelto te una donna per amico». In ogni caso il mio Garrone preferito continua ad essere “Il racconto dei racconti” e in questo “Solar man” ci vedo rimandi Gilliameschi che mi piacciono, anzi suggerirei il cambio basket: Garrone subito al lavoro su questo, e Gilliam a fare Pinocchio, senza Benigni (nemmeno in versione Geppetto) che l’ultima volta non è andata benissimo, ecco. Cheers!
EliminaCome già sai, visto che mi hai commentato, oggi siamo in sync e concordiamo su tutta la linea: non è di certo un film perfetto e registicamente non è memorabile, ma ha il merito di raccontare i Motley Crue - tutti i quattro Motley Crue - nella maniera più vera e realistica possibile, ma soprattutto anche con il giusto tono nella narrazione degli eventi.
RispondiEliminaFilm approvatissimo, nonostante del gruppo conoscessi giusto tre o quattro canzoni, dato che non sono un loro fan.
Siamo perfettamente a tempo come i grandi gruppi ;-) Mettiamola così, quando nel film si vede il posterone gigante di “TEN” dei Pearl Jam, mi sono sentito più nel mio, mi sono sempre piaciuti i Motley Crue come gruppo, ho ascoltato i loro dischi abbastanza ma nemmeno io posso dirmi fan sfegatato, eppure il film rende molto giustizia al loro approccio, poi sono sicuro che chi conosce il gruppo meglio di me (oppure chi ha finito il libro) avrà giustamente da recriminare, ma in generale è un film che funziona. Cheers!
EliminaNon sapevo riconoscere musicalmente i Motley (con umlaut che non so inserire da tastiera) prima, non li saprò riconoscere dopo aver visto il film.
RispondiEliminaPerò mi sono divertita, si sono chiaramente divertiti loro e gli attori e direi che va bene così.
Discorso diverso, spero, con Sir Elton.
Alt + 129 per la ü, Alt + 148 per la ö, ma bisogna andarci piano con l’ascii, si inizia con quello e si finisce come i protagonisti del film ;-) Freddure da nerd a parte, è un film che porta a casa il risultato, dita incrociate per “Rocketman” l’attore mi ispira poco lo ammetto, ma è l’unico che ha recitato nello stesso film don Sir Elton, il secondo “Kingsman”, quindi per lo meno parte avvantaggiato. Cheers!
EliminaConcordo in pieno con la tua analisi, soprattutto sul fatto che hanno voluto (e dovuto, alcune parti sono "storia" del rock e non potevano mancare) mettere così tanta carne al fuoco che ad un certo punto diventa una girandola di situazioni, ed a volte spiazza. Avessero allungato il film di un'altra oretta sarebbe stata cosa buona e giusta ma forse per le capacità jackassiane di Tremaine questo avrebbe comportato momenti con un ritmo più basso e più repiro alla storia e non so cosa sarebbe potuto uscirne xD
RispondiEliminaAggiungo, molto bravo Machine Gun Kelly e Iwan (che preferisco ricordare in quella piccola perla di Misfits). E a tal proposito, secondo me lui sarebbe perfetto proprio per fare la parte del vate dell'horror punk Glenn Danzig, perchè secondo me lo ricorda parecchio, soprattutto nella sua gioventù :)
EliminaTi ringrazio, in effetti il libro è una cornucopia da cui si poteva ancora attingere, ci sarebbe stato davvero materiale per un’altra ora di film, ma Tremaine non è proprio il più solido dei registi, quindi direi che va bene così al netto del risultato finale. Cheers!
EliminaIwan si era preso “Misfits” quando la serie sembrava compromessa, infatti oltre a Joseph Gilgun – un altro che andrebbe bene per interpretare qualche stella delle musica – è l’unico che ha avuto una carriera. A proposito di Misfits, magari un film su Glenn Danzig e soci, tanto ormai la diga è aperta, le biopic musicali fioccheranno. Cheers!
EliminaMi hai quasi più spinto a leggere il libro "The Dirt", che a guardare il film :D
RispondiEliminaFinito qualche giorno fa, non voglio ricadere nella frase fatta «Il libro è meglio» perché il film mi è piaciuto, però beh, è assolutamente da leggere ;-) Cheers
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