Potete battere il piede a ritmo di musicale, se ve la
sentite esibirvi in un ballo sfrenato a centro pista, è il tipo di entusiasmo
che il film di oggi richiede, il capitolo più musicale della rubrica… King of
the hill!
Non credo proprio di poter fare a meno della musica e del cinema nella mia vita, con la notevole
differenza che per il cinema sono alla costante ricerca del mio prossimo
film preferito, una ricerca che mi fa rimbalzare tra i generi senza
preconcetti. Per la musica ho le briglie un po’ più tirate, sono un rockettaro
vecchio stampo, difficilmente mi smuovo da chitarre, basso e batteria
incalzante, mi dico sempre che dovrei esplorare di più, se per un film posso
(tentare invano) di analizzarlo secondo qualche parametro logico, la musica per
me è una cosa “de panza”, da usare per gasarsi, consolarsi, uscire a fare casino
o semplicemente accompagnarti per tornare a casa. Capite da voi che se trovo un
film in grado di dare alla musica un ruolo così chiave, un po’ mi sento davvero
come tornare a casa.
I guerrieri della palude silenziosa sarà stato un film troppo sottovalutato, anche dal
pubblico che aveva ancora negli occhi I guerrieri della notte, una pietra miliare, prova del cristallino talento di
Gualtiero Collina e senza dimenticare il suo fondamentale contributo alla
realizzazione di Alien, nel frattempo
Hill aveva anche spaccato i botteghini con un film meno personale, un caposaldo
come 48 Ore. Era giunto finalmente il
momento per Walter Hill di dirigere il film della vita, quello che sognava da
sempre e per farlo, si è rivolto proprio alla musica.
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One, Two, Three, Four! (cito i Ramones per introdurre film e titoli di testa) |
Stiamo parlando di Walter Hill, un tipo di poche parole,
tosto come i film che dirige, storie di pit fighter, oppure western urbani con automobili sgommanti, uno così con il ragguardevole budget di quasi
quindici milioni di bigliettoni verdi, con sopra le facce di altrettanti
presidenti morti che genere potrà decidere di ridefinire questa volta,
facilissimo: una storia romantica con musica, canzoni e momenti musicali. Se
non siete andati lunghi distesi dopo una notizia così, è perché siete fanatici
di La-La Land e per questo un
pochino dovreste sentirvi in colpa, io ve lo dico.
Gli Americani sono sempre stati ossessionati dagli anni ’50
e ’60, lo abbiamo visto per “Happy Days” e per Ritorno al Futuro, il piano di Walter Hill era semplice: fare il
film che avrebbe voluto vedere da quattordicenne, pieno di vecchie auto classiche,
come la Cadillac decapottabile blu che fa sempre capolino nei film di
Gualtiero, di locali con grandi insegne al neon come il Torchy’s che torna anche in questo film. Dove ci siano bus che
filano, treni lanciati nel cuore della notte, baci intensi tra amanti scambiato
sotto la pioggia battente, eroi, principesse da salvare e musica, tanta musica.
Se la tag-line di Alien è una delle più micidiali della storia del cinema,
quella di questo film riassume tutto: A Rock & Roll Fable.
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Walter Hill & the fire street band. |
Infatti il film inizia proprio così, con una frase sul
grande schermo che ci introduce a questa favola Rock & Roll, seguita da
un’altra, quella che Hill avrebbe già voluto usare per sottolineare la natura
fittizia della storia in I guerrieri della notte: «Another time, another place». Anzi, a dirla proprio tutta,
questo film si prende anche il titolo che nelle intenzioni di Hill sarebbe
dovuto essere quello di “The Warriors” ovvero “Streets of Fire”, parole che se
siete fanatici di La-La Land magari non vi diranno molto, ma se siete
Springsteeniani come me, adesso siete saltati sulla sedia, perché Walter Hill
proprio lui voleva per la colonna sonora, Bruce Springsteen e qui, mi spiace
per voi, vi beccate una mia parentesi sull’argomento.
Bruce Springsteen e Walter Hill sono due animi affini, sono
venuti su con i film western e con la musica giusta Rock, Blues, Soul, nella
sua autobiografia il Boss ha dichiarato che sulla sua lapide vorrebbe una sola
parola "Soulman". Tra di loro ballano pochi anni di differenza, uno è un musicista
con la passione per il cinema, l’altro un regista con la passione per la
musica, nei suoi pezzi Bruce parla di vecchie auto che gareggiano per la
strada, di ragazzi che provano le loro mosse da duri, mentre le ragazze si
sistemano i capelli negli specchietti retrovisori, quello che senti in un pezzo
di Springsteen potresti trovarlo in un film di Walter Hill e viceversa, per me
è facilissimo apprezzarli entrambi, perché è chiarissimo il filo che li unisce,
sono due tipi tosti con il cuore dal lato giusto. Se mai questi due fossero
finiti a lavorare insieme, “Streets of Fire” (film, non la canzone del Boss),
avrebbe avuto la coesione e l’unità di intenti che a questo film purtroppo
manca e vi lascio immagina il quantitativo di decibel che avrebbe toccato
l’esplosione del mio cervello, nel vedere un film così la prima volta.
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Don't a come around my place, cause I'm strung out on the wire, 'cross... Il resto ve la canta il Boss. |
Walter Hill con i suoi gusti molti classici, avrebbe voluto
una colonna sonora Rock ‘n’ Roll sostenuta da un paio di pezzi travolgenti a
trascinarla, la Universal, invece, vorrebbe non solo classici, ma qualcosa di più
moderno che magari finisca in classifica e porti a casa qualche altro soldino.
Per questa ragione, viene coinvolto un produttore musicale leggendario come Jimmy
Iovine che tra i suoi clienti negli anni ha avuto tutti: Lennon, Tom Petty,
Patty Smith e Bruce Springsteen che sarebbe la quadratura del cerchio, nonché
l’uomo che ha ispirato il titolo del film con un suo pezzo.
Le cose non vanno in porto, perché con gli anni Bruce un po’
ha lasciato indietro qualcosa, ma è sempre stato un testone perfezionista e
per precedenti impegni tra tour e dischi non può partecipare, ma la Universal
pronta a dare a Walter Hill solo il meglio, assume Jim Steinman, se non lo
conoscete, basta il suo soprannome: il Richard Wagner del Rock.
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Non andare da nessuna parte, ma andarci molto in fretta.
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Walter Hill passa di colpo con le musiche di uno noto per le
sue produzioni epiche al limite del pomposo, parliamo dell’uomo dietro a
cosette che sicuramente conoscete tipo l’album del mitico
Meat Loaf “Bat out of hell”, oppure canzoni come “Total
eclipse of the heart” e “Holding out for a hero” di Bonnie Tyler, tutta roba
che ho nel mio lettore MP3 quando vado a correre insieme ai pezzi di
Springsteen (storia vera), ma passare da Bruce a Jim Steinman è come passare
dal completo nero elegante e sempre efficace, al completo nero, con gli stivali
di serpente, il cappello da cowboy da abbinare magari ad una bella pettinatura
cotonata, vuoi non mettercela?
Walter Hill riesce, comunque, ad avere il bluessaccio figo del
fidato Ry Cooder per tutti i pezzi non cantanti che si sentono del film e
ottiene di avere i Blasters ad esibirsi nel film con un paio di loro canzoni “One
Bad Stud” e “Blue Shadows”), con il loro rock più classico nello stile,
decisamene più vicini ai gusti del regista, bilanciando un po’ la colonna
sonora che, malgrado pezzi di mezzo notevoli come “Sorcerer” di Marilyn Martin (ma
scritta da Stevie Nicks), ha proprio nelle canzoni di Steinman due apici non
alti, non altissimi… DI PIU’ che inevitabilmente si divorano il film.
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“Buongiorno, saremmo i cattivi che avete chiesto, siamo venuti a rapire la bella del film” |
In una delle sue rare interviste, Walter Hill ha dichiarato
di essersi ispirato per la storia al film francese “Les parapluies de Cherbourg”
(1964) di Jacques Demy, una commedia musicale di culto che a me piace tradurre come “Il parapocchio di Cerbocchio”, questo per dirvi dei miei problemi.
Ma, badate bene, “Strade di fuoco” non è uno di quei musical dove improvvisamente
i personaggi smettono di fare le cose importanti (tipo spararsi e inseguirsi)
per mettersi a cantare, è comunque un film diretto dal regista di I guerrieri della notte che prende
proprio l’idea dell’estetica volutamente esagerata del suo film più famoso e la
spinge al limite, con lo stesso intento di Driver l’imprendibile, ovvero rendere il cinema, più grande, più figo della vita,
anche grazie alla musica.
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Fun fact: Anche a voi piaceva giocare a Final Fight? Da dove credete che storia e personaggi siano stati ispirati? (Storia vera) |
Il risultato finale è straniante, penso sia impossibile
vedere questo film la prima volta e non pensare alla parola “Musicarello”, per
rifarci ad un sottogenere un tempo polare qui da noi. Il film proprio come la
colonna sonora che lo compone, ha dei problemi di coesione, le singole parti
funzionano non bene, ma meglio, però nell’insieme a volte un po’ incespica. Ma è
efficacissimo nel creare un mondo da favola, sospeso nel tempo, figlio di una
notte d’amore tra gli anni ’50 - rappresentati da automobili e costumi - e gli
anni ’80, con un uso sparato della fotografia del fidato Andrew Laszlo e un
taglio montaggio che sembra anticipare la neonata MTV, anticipando di fatto
una buona fetta dell’estetica di un paio di signori che a muovere la macchina
da presa sono sempre stati bravini, gente come Tony Scott e Michael Bay.
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Tipo una puntata a caso di “Happy Days” però con la fotografia di Andrew Laszlo, brutto? |
A ben
guardare, molti dei film da regista di Stallone, con l’alternanza tra
recitazione e momenti musicali, ricordano un po’ Rocky IV oppure Cobra.
Insomma, anche questa volta Walter Hill ha mostrato a tanti la strada da
seguire, penso che nessun altro regista come lui sia riuscito ad essere il
padre nobile di così tanti generi cinematografici, tutti orgogliosamente “di
genere”. Al netto dei difetti, ma in virtù della sua unicità, per me tanto
basta per farlo rientrare tra i Classidy!
Cosa vi dico sempre dei primi minuti di un film? Bravi, ne determinano tutto l’andamento, quelli di “Streets of Fire” ci raccontano anche tutta la storia, una famosa cantante viene rapita dal palco su cui si sta esibendo, da una banda di motociclisti che se la portano via, nemmeno fossero gli Indiani di un vecchio western. Per salvarla l'ex fidanzato, un militare ancora cotto di lei torna in città, imbraccia il fucile e va a caccia di Indiani. Fine della trama.
Cosa vi dico sempre dei primi minuti di un film? Bravi, ne determinano tutto l’andamento, quelli di “Streets of Fire” ci raccontano anche tutta la storia, una famosa cantante viene rapita dal palco su cui si sta esibendo, da una banda di motociclisti che se la portano via, nemmeno fossero gli Indiani di un vecchio western. Per salvarla l'ex fidanzato, un militare ancora cotto di lei torna in città, imbraccia il fucile e va a caccia di Indiani. Fine della trama.
Far notare che il rapimento di una donna che porta alla
guerra tra fazioni, sia sottolineato fin dal nome del personaggio, Ellen Aim,
che ricorda volutamente un’altra Elen(a)della mitologia, offre un gancio con l’Anabasi che stava dietro a “The
Warriors”, ma è inutile far più di così e sollevare lo scudo per proteggersi
dietro alla definizione di “Favola Rock & Roll”, la trama di “Strade di
fuoco” è un pretesto per scatenare il film, una storiella che non reggerebbe se
a dirigerla non ci fosse un gigante, la scena d’apertura della pellicola è la
prova che Hill così deve essere considerato, un gigante.
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A confronto di Diane Lane, Elena poteva essere solo una mitologica racchiona. |
Partono le note sincopate di “Nowhere Fast” di Jim Steinman,
eseguita dai Fire Inc. e Walter Hill parte con un montaggio che segue il ritmo,
in cui ci mostra il mondo da favola Rock & Roll da lui creato e tutti i
protagonisti della vicenda, a partire proprio dalla bella da salvare, una tigre
sul palco che è stata doppiata per le canzoni, ma è fatta a forma di una Diane
Lane allora diciottenne, bella, ma così bella che vorresti partire insieme a Tom
Cody (Michael Paré) per andare a salvarla, perché parliamoci chiaro: Diane Lane
è sempre stata una delle donne più sensuali mai viste al cinema, ma qui è una
roba da morire, roba che persino Paride, Ettore, Agamennone, Achille e tutto il
resto della banda avrebbero smesso immediatamente di calcolare quella racchiona
di Elena.
La scena procede con un ritmo che t'incolla alla poltrona
anche se sei in piedi, la banda di motociclisti cattivi noti come Bomber, è
guidata da “quello spostato di Raven” (stando al bellissimo doppiaggio vecchia
scuola come la colonna sonora), interpretato da un Willem Dafoe in una delle
sue versioni più diaboliche, visto, piaciuto e preso di peso da Hill dal film
d’esordio di Kathryn Bigelow, “The Loveless” (1981) dove pensate? Faceva la
parte del motociclista (un cinque alto per Katrina). Il tutto mentre hai già
imparato a memoria la canzone, anche se è la prima volta che la senti e stai
cantando che anche se non vai da nessuna parte, ci vai in fretta, proprio come
questo film.
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Quando il tuo cattivo ha la faccia giusta, non hai davvero
bisogno d’altro.
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Vedere per la prima volta “Strade di fuoco” è un'esperienza
straniante, si finisce per aggrapparsi alle facce degli attori, in cerca di
volti nomi ed elementi comuni al cinema di Walter Hill che, anche qui, ad
esempio, a metà film riesce ad infilarci un mezzo inseguimento con un bus (sta
in fissa con i pullman il nostro Gualtiero!). Sì, perché “Streets of Fire” è un
film che migliora con il tempo e le visioni, questa favola Rock & Roll un
po’ scollata ti conquista con il tempo e ti resta nel cuore come fanno le
grande canzoni e mentre lo guardi passi da un pezzo all’altro facendoti
conquistare dai personaggi, molti dei quali apparentemente fuori posto.
A partire dal protagonista, Walter Hill ha affidato il
tostissimo Tom Cody (Cody, come William Frederick Cody, meglio noto come Buffalo
Bill) allo sconosciuto Michael Paré, scelto con lo stesso principio per cui
Hill aveva voluto Michael Beck nei suoi Warriors. Aveva visto Paré in “La banda
di Eddie” (1983) e se l'è preso per il ruolo di protagonista nel film della
vita. Poco importa se poi Paré sia finito a morire male in un Carpenter e poi dritto filato in serie Z. Qui, malgrado la camicia senza maniche e le bretelle
(eh?) è abbastanza grosso da passare per quello che mena bulli nel locale della
sorella Reva (interpretata da Deborah Van Valkenburgh, anche lei dritta da “The
Warriors”), se siete fanatici del numero di espressioni facciali degli attori,
Paré non sarà mai uno dei preferiti, ma come alter ego di uno di poche parole
come Gualtiero Collina può andare bene.
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Anche perché sei non sei duro abbastanza, vestito così le prendi anche dal bidello della scuola. |
Tom Cody, proprio come Hill, è uno cresciuto a pane e film di
John Ford, la sua idea di romanticismo prevede anche rifilare cazzottoni in
faccia alla propria bella, per mandarla prima al sicuro tra le braccia di
Morfeo e poi al sicuro dai cattivi, ok forse non è l'esempio migliore che potevo scegliere, però è il tipo d’uomo che non ti fa la serenata
sotto casa - di musica ne abbiamo già parecchia in questo film - ma la sua
donna la bacia con impeto sotto la pioggia per mettere fine ad una litigata,
uno spirito libero che le paroline che trovi nei Baci Perugina, non le
pronuncerà nemmeno sotto tortura, ma se c’è da farsi sparare addosso o andare
nella tana del lupo dei Bomber per la sua amata, di che stiamo aspettando? Si va!
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Perciò se sei forte abbastanza per l'amore, dolcezza io sono più duro degli altri (sempre citando uno bravino) |
Il suo perfetto contraltare è quello che porta un po’ di
pepe in una storia d’amore come “Strade di fuoco”, l’attuale fidanzato di Ellen
Aim, il suo agente che, non solo è fisicamente l’opposto di Tom Cody, si chiama Billy
Fish e ha anche la faccia occhialuta di Rick
Moranis. Cosa ci fa Rick “Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi” Moranis in un
film di Walter Hill? Contribuisce al senso di straniamento iniziale dello
spettatore, per poi tradursi nel viscido bastardo pieno di soldi che sul set
era in sofferenza per due ragioni: la prima, Hill gli ha vietato di
improvvisare le battute, la seconda, una naturale antipatia corrisposta con Michael
Paré (storia vera). Quindi, quando i due si esibiscono nel vero classico dei
dialoghi di Walter Hill, uomini che si mandano allegramente a cagare con una
varietà di insulti davanti a cui si può prendere solo appunti, forse non era
tutta recitazione.
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Tesoro, mi si è allargata la boccaccia a furia di dire parolacce. |
Tra le facce note, impossibile non citare il barista con
ciuffone Rockabilly Bill Paxton che qui si vede poco e prende tante botte,
in compenso faceva lo stesso sul set dell’altro film a cui stava lavorando in
contemporanea a questo, Terminator (storia
vera).
Ma ancora più clamorosa è Amy Madigan moglie nella vita di
Ed Harris che al provino per il ruolo di Reva, ha chiesto di sua spontanea
iniziativa di provare a leggere la parte dedicata al sodato che avrebbe dovuto
accompagnate Tom Cody nell’impresa, un ruolo da uomo che Hill voleva assegnare
alla faccia di cuoio di Edward James Olmos, ma la Madigan è stata così perfetta
che con un paio di modifiche alla sceneggiatura Hill ha creato la soldatessa
McCoy che da sola porta avanti la tradizione della coppie male assortite nei
film di Gualtiero Collina. Senza alcuna traccia di sospetto, perché tra Cody e
McCoy la faccenda “sesso” viene seppellita con una riga di dialogo e il
personaggio è il classico caso di donna più “maschia” dei maschi, pensare che
nel 2019 per una roba così ci dobbiamo puppare mesi di polemiche ridicole.
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“Capitan Chi? Quella mi spiccia casa, io faccio lavare i piatti a Bud Brigman” |
Tutte queste facce e personaggi tengono insieme un film in
cui Walter Hill è perfettamente a suo agio nelle parti cazzute, mentre quelle
più romantiche, sono gestite da uno che proprio come Cody ha un’idea tutta
maschile del romanticismo, ecco perché la sparatoria con cui Tom e McCoy
salvano Ellen è impeccabile e il duello finale a colpi di martello sembra la
sfida con il coltello di I cavalieri dalle lunghe ombre, ma più si finisce per guardare “Streets of Fire” più
diventa un grande film, incredibilmente personale per Hill, anche in quel modo
tutto suo di gestire il romanticismo.
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La scena preferita dell’ex presidente Cossiga. |
Alla sua uscita “Strade di fuoco” spiazza tutti, esattamente
com'è ancora in grado di fare oggi con gli spettatori che si avvicinano a lui
per la prima volta, al botteghino porta a casa solo otto milioni di dollari e,
per assurdo, l’unica canzone ad entrare per un po’ in classifica è anche l’unica
che nel film si sente pochissimo, “I can dream about you” di Dan Hartman. Pare
che guardando i primi risultati al botteghino, il produttore Joel Silver abbia
fatto il verso alla canzone principale del film, dicendo: «Tonight is what it means
to be dead» (storia vera).
Un'ingiustizia che il tempo ha solo in parte avuto modo di
correggere, “Strade di fuoco” è un film di culto ancora troppo poco
sconosciuto, una favola senza lieto fine che termina con un'esplosione
nucleare, l’ultimo pezzo “Tonight is what it means to be young” è talmente
grandioso da rendere lui da solo la vera dimensione di questo film, perché lo fa chiude alla grande, con un trionfo, quando, invece, questa favola termina
in un modo che dice più di Walter Hill di mille parole.
Ellen Aim ha una carriera e una vita tutta sua, Tom Cody è
un solitario di poche parole, avevano già provato a stare insieme senza che i
loro stili di vita potessero davvero conciliarsi, dopo 93 minuti (durata perfetta
per i film) lo scenario sembrerebbe cambiato, ma in un finale su cui potrebbe
starci bene anche un pezzo famoso di Sting, con una scelta che ricorda molto “Casablanca”
(1942), “Strade di fuoco” il musicarello romantico di Walter Hill finisce come
un western, con un uomo che fa una scelta da uomo, giusta, ma difficile. Per un
finale che riesce a scavarti dentro di più, che si svolge sulle note di una
canzone del tutto fuori contesto, devo scomodare Brazil di Terry Gilliam, solo
che Walter Hill se ne va sulle note di “Tonight is what it means to be young”
che potrebbe intitolarsi anche “Stasera è ciò che significa essere uomini”,
sicuramente “Strade di fuoco” è ciò che significa essere grande cinema, poco, ma
sicuro.
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“Dove vai? Su strade di fuoco?”, “No, ci sono già stato” |
Vi ricordo a tutti la locandina d'epoca di questo film dalle pagine di IPMP, mentre per oggi è tutto gente, prossima settimana la rubrica continua,
portate il portafoglio, qui non si bada a spese!
MA non conoscevo questa cosa! Tra "I guerrieri della palude silenziosa" e questo mi stai facendo scoprire delle perle! Una sola domanda: meglio in lingua originale o doppiato?
RispondiEliminaAbbastanza indifferente, il doppiaggio retrò mi piace molto, ha una scelta di parole forbite mica male, quando mi capita di riguardarlo non è un film di cui mi pongo problemi, sia in originale che in inglese va bene, tanto Diane Lane è stata doppiata per le canzoni in tutte le versioni ;-) Mi fa molto piacere, è lo spirito di questa rubrica, parlare di un regista troppo sottovalutato! Cheers
EliminaSto cercando di recuperare ricordi della mia unica visione ma mi vengono in mente solo le pubblicità di Italia1 quando lo trasmisero: necessita assoluta visione!
RispondiEliminaNei primi anni Novanta scese in campo Sergio Bonelli in persona a mettere fine a tutte le chiacchiere - che se ci fossero stati i social allora sì che volavano gli schiaffi! - riguardo Legs Weaver: lo so, quel cognome, lo so, capelli ricci, lo so, coscia-lunga, ma no, non è ispirata a Ripley. O almeno non completamente: è la versione futuristica di Amy Madigan in "Strade di fuoco"! Oh, lo dice suo "padre", quindi tocca credergli.
Al che mi chiedo: un film con una "simil-Ripley" nel 1984... due anni prima che la titolare prenda i fucili e mandi gli alieni nel paradiso degli xenomorfi... Non è che Hill ha inserito vari aspetto del suo personalissimo personaggio in vari prodotti? Nel '79 solo il genere e il nome, nel 1984 la grintosità e nell'86 ha fuso i due... Però questo vorrebbe dire che è esistito un universo parallelo in cui James Cameron ha seguito i consigli di qualcuno che non si chiamasse James Cameron, o che addirittura sia stato nella stessa stanza con Hill senza finire a capocciate. No, non regge... :-D
Pensa che ho sempre dato per scontata la genesi di Legs, proprio per il cognome, non sapevo fosse ispirata al personaggio di Amy Madigan in questo film, uhm il signor Bonelli non la racconta tutta giusta però :-P Hill ha sicuramente seminato bene, e James Cameron è tutto tranne che stupido, anche se non lo ammetterai mai, nemmeno sotto tortura, nemmeno se il consiglio arrivava da un dritto come Walter Hill, anzi forse proprio per quello ;-) Cheers!
EliminaIo invece devo ammettere che non ho mai fatto caso al cognome! °_O Ne che Nathan e Legs effettivamente possono ricordare Tom e McCoy.
EliminaNe ero all'oscuro anche io, le vie di Walter Hill sono infinite ;-) Cheers
EliminaAnche io ricordo la notizia della derivazione di Legs dal soldato Madigan. Forse era in un libro su Nat Never scritto dalla Banda dei Sardi padri del personaggio o nelle FAQ nel sito della SBE.
RispondiEliminaSicuramente Bonelli l'avrà detto in più punti, ma io ho letto la notizia nell'introduzione al fascicoletto "Le mura di Blackwall", storia di Legs in solitaria come allegato a "Nathan Never Speciale 2" (giugno 1993). Ci rimasi male, nello scoprire la non "pura" discendenza Riplyana :-P
EliminaAlla fine gli si vuole proprio bene grazie ai personaggi, ma è, a suo modo, piuttosto bizzarro e spiazzante come detto. Almeno non patinato, anzi! Il concerto finale è davvero una bomba!
RispondiEliminaI caratteristi, l' energica McCoy che trovo più simpatica ed affascinante della protagonista, ed il gruppo stile Platters, sono un valore aggiunto. Oltre a Dafoe davvero cattivo con quel duello con i martelloni... lol
purtroppo l' intreccio è quello che è e la storia d' amore quello che è. Mancano un pò i guizzi dei film precedenti. La colonna sonora però funziona alla grande!
P.S. Però piace più "Dirty dancing"! -.- Mah! XD
Restano un po' scollate le parti d'azione da quelle amorose, cioè sono ottime prese singolarmente, ma l'amalgama non è perfetta, in ogni caso non esiste niente di paragonabile a questa favola rock 'n' roll ;-) Cheers
EliminaAha, oscurato da "Footloose"! Filmetto simpatico con una bella colonna sonora, ma, come "Grease", la storia... poca roba è dire poco! Comunque l' 84 è uno di quegli anni è uscita veramente troppa roba! XD
RispondiEliminail 1984 è stato un anno davvero notevole ;-) Cheers
EliminaUccidimi pure, ma non l'ho mai visto.
RispondiEliminaOra però voglio farlo, anzi devo.
Cosa serve una Bara Volante se non proprio a farti venire voglia di vedere film così? Fammi sapere come lo hai trovato ;-) Cheers!
EliminaDiane Lane in questo film mi ha fatto innamorare di Diane Lane in qualsiasi altro film. Occhi a cuore per tutto in questo musicarello.
RispondiEliminaMica male per essere un musicarello no? ;-) Lei è stupenda, quando penso alla Lane, questo è il primo titolo che mi viene in mente quindi direi... Bro-fist! ;-) Cheers
EliminaAdesso dico una eresia, ma questo musicarello sta ha Hill come BB sta a Landis, hanno anche la stessa struttara a "siparietto" e sono convinto che la Universal sperava nello stesso successo. Però io non mi sento in colpa per "La La Land" XD
RispondiEliminaUn po' dovresti, ma ti voglio bene lo stesso ;-) Scherzi a parte, non la trovo un eresia, contando che l'ambientazione è molto Chicagoana, nel caso dei Blues Brothers di sicuro, ma anche strade di fuoco, la città sotto il ponte del treno, sembra proprio Chicago (dove Hill girerà poi "Danko"). Inoltre entrambi i film non sono stati capiti subito alla loro uscita, solo che a Landis è andata un pochino (ma proprio poco eh?) meglio nel corso del tempo. Cheers!
EliminaMa sai che stà cosa di Street of Fire e Final Fight mi perplime ?
RispondiElimina“Final Fight” è uscito nel 1989, è ambientato in una città americana immaginaria. Il protagonista si chiama Cody ed è vestito quasi come il Cody di Walter Hill. Inoltre le bretelle del sindaco Mike Haggar si trovano anche in questo film. La ragazza rapita da salvare inoltre indossa un vestito rosso, un po’ di punti di contatto ci sono. Cheers!
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