Netflix è da molti considerato IL MALE, ma spesso ha dei
vantaggi, tipo quello di poter vedere il nuovo film di Dan Gilroy, pochi giorni
dopo essere stato presentato al Sundance, dritti spaparanzati sul divano di
casa.
Gilroy si è sempre alternato tra cinema di genere e film con
aspirazioni più artistiche del semplice intrattenimento, parliamo di quello che
esordito come sceneggiatore come "Freejack - In fuga nel futuro"
(1992), ma anche quello che ha scritto "The Fall" (2006) di Tarsem
Singh, per poi passare a "Real Steel" (2011) e
Kong - Skull Island.
Ma ammettiamolo il botto vero lo ha fatto con il suo esordio
alla regia "Lo sciacallo - Nightcrawler" (2014), un film che
dimostrava che Dan Gilroy aveva già le idee molto chiare sul tipo di regista
che avrebbe voluto essere. Il suo nuovo lavoro “Velvet Buzzsaw” conferma alcune
di quelle idee e si becca tutti gli occhi addosso, anche perché recupera il
protagonista di “Nightcrawler”, Jake Gyllen… Jake Gyllenh… Jake Gyllenha….
Donnie Darko, ricomponendo di fatto la coppia artistica, e proprio di arte
questo film parla.
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“Trovi così difficile scrivere il mio cognome Cassidy!? Gyllenhaal! Mi chiamo Gyllenhaal!". |
Ufficialmente è stato spacciato per un horror, anche se il genere
più grondante sangue di tutti, per Gilroy è quasi un pretesto per mettere su
una critica nemmeno velata alla mercificazione dell’arte, anche se a ben
guardarli i protagonisti sembrano usciti dritti da uno slasher per quanto
risultano volutamente odiosi, se non fossero così alla moda, ed interpretati
tutti da attori di richiamo, potrebbero essere la versione adulta degli
adolescenti che normalmente finiscono fatti a fettine dal machete di
Jason Voorhees.
Josephina (Zawe Ashton) è l’assistente personale
dell’influente gallerista Rhodora Haze (una Rene Russo che secondo me in
soffitta tiene nascosto un quadro con le sue sembianze che invecchia al suo
posto, non ho altre spiegazioni) la ragazza scalpita per emergere, ma senza
grossi risultati, non serve nemmeno intrattenere una relazione dello “Zumpa
zumpa” tipo con il critico d’arte Morf Vandewalt (Jake Gyllenhaal, sarà scritto
giusto? Bah), tutta la parte iniziale serve a presentarci tutti questi
personaggi, con le rispettive nevrosi, in quella che funziona bene come
commedia un po’ satirica che si diverte a sfottere il mondo dell’arte. Si ma
l’horror? Un attimo che ci arriviamo.
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“Come lo trovi il mio ritratto?”, “Intenso. Ha tutte le rughe che dovresti avere tu”. |
La svolta è la morte del misterioso vicino di casa di Josephina,
un artista che nessuno conosce che per tutta la vita ha sfornato capolavori che
diventano subito la più grande novità nella storia dell’arte, dai tempi
dell’invenzione dei pennelli, ma causano anche parecchi problemi, tutti quelli
che ruotano intorno a queste opere iniziano a morire male.
Detta così sembra una trama più sfiziosa di quello che
risulta poi davvero, perché il film dura due ore che si sentono tutte, per
iniziare a vedere qualcosa di horror bisogna spettare un’ora buona, e comunque
sembra sempre che Dan Gilroy sia più interessato a raccontarci altro, che a
cimentarsi per davvero con l’horror, ma andiamo per gradi.
Gilroy ha affermato di essersi ispirato a Robert Altman per
questo film, si nota, anche se però Altman era abituato a gestire cast di
attori famosi, anche nei ruoli più piccoli, molto più numerosi di quelli di cui
dispone Gilroy, quindi per essere un film corale, alla fine i ruoli di contorno
sono coperti quasi esclusivamente da quella sicurezza umanoide nota al mondo
come Toni Collette (dove la metti, lei recita) e da un John Malkovich che gigioneggia
un po’ come nell’ultimo film Netflix in cui l’ho visto, “Birdbox”, solo che qui
si porta dietro un Alano arlecchino, un canestro da basket e tanti palloni per
sottolineare l’eccentricità del suo personaggio, un artista con il blocco
creativo, ma con un discreto rilascio del pallone, bravo John.
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“Perché a Malkovich tocca la palla da basket e a me questa roba che sembra uscita da Star Trek?”. |
Eppure l’unico film di Altman che mi è venuto in mente
guardando questo “Velvet Buzzsaw” è stato “Prêt-à-Porter” (1994), in cui Altman
utilizzava la commedia per irridere il mondo dell’alta moda, ma alla fine gli
veniva fuori meglio la satira della commedia.
Ecco, “Velvet Buzzsaw” con i suoi dialoghi ultra cesellati,
permette a Jake Gyllenhaal di scatenarsi regalando un personaggio che passa
dalla calma di chi è abituato a giudicare per mestiere, all’isteria di chi non
ha più il controllo, una prova appena di poco sotto il momento in cui tutti ti
considerano sopra le righe, che funziona molto bene, anche perché il suo Morf
Vandewalt deve essere tutto, tranne che simpatico al pubblico.
Si perché alla fine Dan Gilroy abbraccia l’horror con un po’
di timidezza, la sua macchina da presa stacca quasi sempre prima di mostrarci
la fine dei personaggi, come se fosse più interessato agli effetti, per il
semplice fatto di essere molto più satirici di una morte mostrata sullo schermo.
Una certa sofisticatezza di fondo che potrebbe far storcere il naso a chi vuole
le budella e vista, ma potrebbe piacere ad un pubblico che magari “Final
destination” non lo guarderebbe nemmeno con gli occhi di un altro, ma se
quelle stesse dinamiche, sono immerse nel mondo dell’arte e con un cast di
tutto rispetto, potrebbero essere decisamente più interessanti al film.
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“Trovo che sia un post scadente”, “Cosa ti aspetti dalla Bara Volante? Cassidy non sa nemmeno scrivere il mio cognome”. |
“Nightcrawler" era un film più riuscito, perché la
critica della pellicola era chiarissima, ma comunque parte di una pellicola che
risultava un thriller coinvolgente, “Velvet Buzzsaw” invece è più sbilanciato
verso la satira, perdendo un po’ di vista il genere a cui appartiene, anche se
bisogna dirlo, un paio di morti sono davvero notevoli come impostazione.
L’idea delle opere d’arte che uccidono, rischia di diventare
cretina molto presto se non la gestisci, Dan Gilroy si inventa degli omicidi
molto originali, statici o comunque molto lenti, ma evitando scientificamente
gli spaventelli facili, anche se Gilroy ci fa un po’ troppo sudare gli
ammazzamenti, sono tutti piuttosto originali, anche se il mio preferito resta
quello con le scimmie, il fanatico di scimmie al cinema in me non si smentisce
mai.
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“Ma che roba è?”, “Non so, credo che sia un avanzo di Westworld”. |
Insomma questo “Velvet Buzzsaw” è uno strano oggetto che si
lascia guardare, ma con una mezz’ora in meno sarebbe risultato molto migliore,
questa seconda collaborazione tra Gilroy e Jake Gyllenha…. Donnie Darko, non ha
proprio nell’equilibrio il suo punto di forza, non so se verrà mai esposto in
qualche museo ma la mia non vuole essere una stroncatura, anche perché di certo
non sono un critico, ma come dice Morf nel film: Una pessima recensione è
meglio che morire nell'anonimato. Problema che non ha questo film, visto che é tutto tranne che anonimo per nostra fortuna.
" Ora io faccio quello che per gli altri è solo un sogno: io faccio arte, finché qualcuno muore. Capito? Io sono il primo artista dell'omicidio a ciclo completo, cara!" esclamava un altro Jake o forse Jack o forse Joker, I don't remenber/I don't record/I got no memory of anything at all.
RispondiEliminaCredo che pochi a sud del polo nord possano apprezzare quanto Carabara un filotto che parte dal Nicholson del Bats di Burton ed arrivi a Peter Gabriel. Forse giusto Donnie Dark Knight che nel frame qui sopra in cui se la prende col nostro anfitrione assomiglia tantissimo a Nic Cage ovvero Ghost Rider ovvero il mancato Supes di Burton. Meno di sei gradi di separazione. Viviamo in un multiverso iperconnesso. O almeno così sostiene Crepascolino mentre cerca di convincermi che i suoi amati youtubers non hanno un seiseisei sotto la chioma.
Io sono un fan della sorella di Donnie dai tempi di Secretary, ma ammetto che andrei al cine per vedere Jake G. in un reboot del biker colla zucca in fiamme in cui le premesse siano così: Johnny Blaze è un orfano ed il suo sensei pigmalione Roxie Simpson è una pittrice che dipinge bruciano le tele ( storia vera: io ho avuto un insegnante di educazione artistica che lavorava così e suo figlio esponeva tele con collage di kleenex e tovagliette di carta usate ) fino a che non scopre che Roxie ha la pelle gialla e quattro dita per mano e che è un demone di una altra dimensione dove tutti sono gialli e con quattro dita e decide di salvare il mondo sostituendo il combustibile del suo mecenate con roba molto più tosta e solo quando madame Simpson sta x esalare l'ultimo respiro realizza che Roxie : 1) era il solito baluardo contro il male 2) lo amava 3) è in agguato il solito, micidiale contrappasso per cui dovrà prendere il posto di Roxie e cavalcare nella notte colla zucca in fiamme senza invecchiare mai, mentre la sua versione gialla e a quattro dita per mano invecchia in un quadro che è anche la solita porta dimensionale. Direi che la signora Russo potrebbe essere Roxie. Ciao ciao
Il più grande artista della storia del cinema, senza se e senza ma, #TeamJack tutta la vita ;-)
EliminaA proposito di gradi di separazione, meno di sei, ho solo due attori al mondo che avrei voluto vedere sotto la boccia per pesci di Mysterio: Bruce “the King” Campbell (come la zuppa di Andy, ora che ci penso) e Nick Cage. Per il primo ci siamo andati molto ma molto vicini per via del suo amico Spider-Sam, per altro, ma ora chi è finito sulla la boccia? Jake, che però tutti vorrebbero come nuovo Batman. Freudiano, visto che la fidanzatina di Batman è stata (per un film) sua sorella Maggie… Qui i gradi di separazione sono anche meno.
In pratica Roxie è una specie di Yellow Kid, anzi Yellow Girl, la signora Russo potrebbe interpretarla alla grande, anche tra dieci o dodici anni, tanto sarà ancora come la vediamo oggi, e il botot… MUTO! ;-) Cheers
Visto anch'io l'altro giorno, senza saperne nulla, neanche la trama. Diciamo che dura un'ora di troppo :-D
RispondiEliminaScherzi a parte, è palese che il tema "quadro che uccide" qui è dato un po' via, visto che lo scopo principale è dire che i veri mostri soni i critici d'arte. Il che però fiacca le ginocchia al film, visto che potrà interessare a chi frequenta critici d'arte o a chi ne legge le recensioni. "Nightcrawler" era più universale e quindi più bello.
Certo che però una citazione potevano farla, di quel film dove Christopher Lee stroncava un pittore, questi si suicidava... e la sua mano monca tornava a minacciare il critico d'arte :-P
Se avessero citato “Le cinque chiavi del terrore” mi sarei esaltato tantissimo, ho dovuto accontentarmi delle scimmie assassine, per altro un po’ timide visto che il regista stacca sempre quando qualcuno sta per morire. Sai che penso lo stesso, la prima ora mi ha preso più della seconda, per me funziona più come satira sui critici che come horror, "Nightcrawler" criticava senza mandarle a dire, ma si ricordava bene il genere di cui fa parte, per questo era molto più solido.
EliminaSecondo me una mezz’ora in meno sarebbe bastata, eppure gli attori nei film Netflix sono lasciati liberi di improvvisare come non accadeva da decenni, non so se è un bene o un male però ;-) Cheers!
Visto che si parla di arte ed omicidio, nonché di fiction, e visto che l'altra volta è andata così bene con il trovare coordinate per i miei vecchi ricordi, mo' ci riprovo!
RispondiEliminaHo memoria di aver letto in un'antologia (credo fossi alle medie all'epoca) di questo racconto incentrato su di un quadro che ritraeva una casa solitaria in un prato vicino ad un bosco, nello specifico la casa del/i protagonista/i.
La particolarità è che, dopo un certo tempo, il quadro inizia a presentare un'ombra sul limitare del bosco.
Passa dell'altro tempo, l'ombra sparisce, ma c'è una macchia scura in lontananza sul prato.
Intanto queste modifiche al quadro suscitano l'interesse degli abitanti.
Passa dell'altro tempo, la macchia si fa più grande, più vicina, ma non intellegibile.
Alla fine, dopo altro tempo, la macchia è diventata una figura umana che sta guardando dentro la casa da una finestra al piano terra... l'abitante o gli abitanti a quel punto dopo aver visto l'ennesima mutazione del quadro, guardano verso la finestra e vedono una persona con un coltello pronto ad ucciderle. Fine.
Ecco, più o meno una cosa del genere, magari qualche dettaglio si è limato e trasfigurato con il tempo, ma è da 20 anni che mi porto dietro questa storia senza ricordarne l'autore.
Intanto grazie a tutti per l'aiuto!
Nathan
Ps: per un commento alla recensione, che ho comunque già letto, ripasso quando avrò visto il film... stavo per accantonarlo perché ho letto solo dei commenti orribili, ma invece a seguito di questa recensione credo che potrebbe essere nelle mie corde!
Così su due piedi, leggendo ho pensato a qualche racconto breve di King molto simile, ma di sicuro non era questo. Attendiamo il responso, qualche lettore potrebbe conoscerlo ;-)
EliminaPer il film, bisogna dire che forse si rivolge più a chi è interessato ad un po’ di satira con attori famosi, che a chi vorrebbe un horror nel senso classico, questo bisogna chiarirlo, poi è quasi tutta discesa dopo. Cheers!
A volte mi chiedo se queste etichettature che vengono date ai film non siano un po' confondenti. Perché hanno presentato il film come horror? Forse per avere più pubblico? Poi dopo chiaro che magari quelli che vogliono l'horror rimangono delusi. Ma chi è che etichetta i film? Le case di produzione?
EliminaDetto ciò, non sai quanto ho riso alla frase "Intenso. Ha tutte le rughe che dovresti aver tu." Sembra una poesia.
Le morti non mancano, nemmeno il sangue, tendenzialmente fa parte della promozione del film, questo avrebbe dovuto essere etichettato come commedia, thriller, horror, con l’ultimo scritto in piccolo. Eheh mi fa piacere, mi vengono così, per le didascalie uso la prima cosa che mi passa per la mente guardando l’immagine, più che l’action painting di Pollock, è un “action pirla” il mio ;-) Cheers
Eliminaahahaha, avercene action pirla così. Secondo me dovresti fare un account instagram con tutte le tue didascalie.
EliminaPotrebbe essere un'idea sai? Parafrasando Zerocalcare, altro che i post lunghi, il futuro sono i meme! ;-) Cheers
EliminaI post lunghi non moriranno maaaaaaaaaaaaaaai!
EliminaMai! Dovranno togliermi la tastiera dalle mie fredde mani morte. Entro in modalità Charlton Cassidy ;-) Cheers!
EliminaEffettivamente saranno almeno trent'anni che René Russo rimane sempre tale e quale..e cioè bellissima e giovanissima!
RispondiEliminaChe abbia fatto un patto con il diavolo? ;)
Oppure è lei il diavolo ;-) No sul serio, non guardo molti suoi film, ma quando mi capita, pescando a varie latitudini del tempo e dello spazio, lei è sempre identica. Cheers
EliminaLo sciacallo per me è stato un filmone, l'ho adorato e lo adoro ancora. Di questo film sinceramente mi fido poco, un po' perchè ne sono state dette di ogni a dire la verità... Spero di trovarlo carino quanto te, se mai lo vedrò.
RispondiEliminaSta un paio di spanne sotto Nightcrawkler, con mezz'ora in meno sarebbe stato meglio bisogna dirlo. Cheers!
EliminaVisto proprio ieri dopo aver letto la tua recensione, alla fine concordo, è un filmetto niente di più niente di meno
RispondiEliminaGli avessero segato via una buona mezz'ora, sarebeb stato molto più snello e diretto. Cheers!
EliminaPiù che anonimo lo definirei anomalo, avevo notato qualcosina di corale ma l'ispirazione al mitico Altman mi sembra accennata. Però le dinamiche ed i veleni nel settore mi hanno ricordato i goffi discorsi di Showgirls almeno superficialmente.
RispondiEliminaIdea di base carina, ma qualcosa non funziona nel tutto non saprei dire cosa...la sceneggiatura? Il non abbracciare il genre horror? Il rendere troppo satirici i personaggi? Non saprei proprio.
Però davvero, con mezz'ora in più il film sarebbe stato molto più coinvolgente.
Tra Altman e il mondo di plastica di “Showgirls” ci sta come analisi sono d’accordo. Si non funziona proprio tutto tutto, però il suo essere così anomalo ti convince a continuare a guardarlo, un po’ come con l’arte moderna. Cheers!
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