lunedì 18 febbraio 2019

Il corriere - The Mule (2019): in direzione ostinata e contraria


Shhh! Un minuto di silenzio, solo uno per favore. Li sentite? Se tendete bene l’orecchio si sentono anche da qui. Quel rumore di copertoni che si consumano sull’asfalto, sgommate tipiche dell’inversione ad “U” fatta tirando il freno a mano. Sono tutti quelli che hanno dato per bollito Eastwood (e dopo Ore 15:17 - Attacco altreno era anche facile farlo) che ora stanno dando fondo al battistrada per tornare sui loro passi e risalire sul carro del vincitore. Sentite che bel rumorino che fanno.

Sapete chi si è divertito più di me con “Il corriere” (che va a braccetto con il titolo originale “The mule” nella versione italica)? Facile: Clint Eastwood. Sì, perché è dal 1980, anno di uscita di “Bronco Billy” che le gomme si consumano sull’asfalto ad ogni suo nuovo film da regista, forse ad ogni suo nuovo film e basta. Con il tempo i cori “Reazionario!”, “Genio!”, “Reazionario!”, “Genio!”, sono diventati “Rincoglionito!”, “Genio!”, “Rincoglionito!”, “Genio!”, in base alla qualità del suo film, perché tanto il grande vecchio Clint è nato nel 1930, una roba che se pensi agli anni ’30, ti vengono in mente i gangster, gli eroi Pulp con il Fedora in testa e i locali dove si beve whiskey illegale e si balla il charleston, un'altra era geologica, quella appunto, da cui arriva Eastwood.

"Comincia ad arrivarci alla mia età, poi ne riparliamo".

L’anno prossimo le candeline da spegnere per lui saranno 90, roba da estintore, ma in fondo robetta, perché Eli Wallach, quello che una volta Clint ha lasciato appeso per il collo, in equilibrio precario su una croce sbilenca a gridargli di chi era figlio lui, è arrivato fino a 99, prima di lasciare questa valle di lacrime. Quindi, potete capire a lui cosa può fregare se avrete bisogno di un treno di gomme nuove, perché è ben oltre il vecchio, è il grande vecchio e non gliene frega niente, si lamenta come tutti i vecchi del mondo, con la sola differenza che lui ha fatto la storia del cinema e ad una routine serena da “Umarell” preferisce continuare a fare film. Prendiamoci tutto quello che arriva, non solo perché quando scadrà la garanzia e gli verrà ritirata per sempre la patente, quel signore mancherà a tutti e allora sì, sarà un trionfo di gomme che disegnano tante belle “U” sull’asfalto, ma anche perché un film come “The Mule” lo poteva fare funzionare solo Clint Eastwood, anzi, lo poteva fare funzionare solo Clint Eastwood a quasi 90 anni.

Earl Stone ha dedicato una vita al suo lavoro e il suo lavoro è coltivare fiori. Siamo al primo minuto di film e il primo schiaffo in faccia è sapere che uno come Eastwood, la quinta essenza del duro, coltiva fiori. Da qualche parte nel mondo, il creatore del test MMPI, quello che ti fanno al militare con le sue domande sui fiori, è morto, o per lo meno sta piangendo.

Era tostissimo anche quando guidava una cadillac rosa, vi fate i problemi per due fiorellini?

Il secondo schiaffo è scoprire che lo fa in un’azienda piena di Messicani con cui ha un ottimo rapporto, perché essere Repubblicano non vuol dire per forza essere razzista, una contraddizione? Quasi sicuramente, ma Earl Stone è un personaggio che vive di contraddizioni, dedica la vita a prendersi cura di qualcosa di fragile e con una vita breve come un fiore e non si è mai preso cura di qualcosa di altrettanto facile, ma in teoria con una durata maggiore, come la sua famiglia.

A quasi 90 Clint si fa scrivere un film perfetto per la sua età, l’ispirazione arriva da un fatto di cronaca del 2011 e da un articolo “The Sinaloa Cartel's 90-Year-Old Drug Mule” scritto da Sam Dolnick che originariamente avrebbe dovuto essere diretto da Ruben Fleischer, invece è finito nelle mani di Clint e lo sareste immaginato un film così diretto dal regista di Venom?

Nick Schenk è quello che ha scritto "Gran Torino" (2008), altro film che funzionava più grazie a Clint che per via della sceneggiatura, anche perché Schenk è lo stesso che ha scritto anche quella schifezza di “The Judge” (2014) e non ho problemi ad ammetterlo: anche “The Mule” è tutto tranne che impeccabile a livello di svolte di trama, quello è poco, ma sicuro. Ma è un altro film con cui Eastwood prende un personaggio imperfetto, contraddittorio e racconta i suoi fallimenti come padre, come marito, la sua voglia di non smettere di vivere dicendo anche delle cose valida sulla vecchiaia.

“Non sei un po’ vecchio per queste cose nonno?”, “Se fossi tuo nonno ti avrei già preso a cinghiate”.

Ve lo ricordate “Gran Torino”? In tantissimi sono corsi al cinema a vederlo solo perché ci recitava Clint, un po’ perché nel 2008 a 78 anni, sembrava davvero il suo ultimo giro di giostra, anche se poi nel 2012 è tornato a recitare in “Trouble with the Curve” che in uno strambo Paese a forma di scarpa si chiamava "Di nuovo in gioco", giusto per ribadire il concetto. Ma Earl Stone non ha quasi nulla a che vedere con il Walt Kowalski di “Gran Torino”, i punti in comune ci sono, una macchina al centro della storia (una Ford e un vecchio Pick-up), ma anche dubbi di credibilità dovuti proprio all’anzianità del protagonista, eppure Kowalski era un personaggio statico, arroccato in casa sua, sul suo portico, burbero con tutti a partire dai figli.

Earl Stone, invece, è un personaggio aperto, in movimento, che cerca il consenso degli altri, che fa lo splendido alle fiere dei fiori e pur di andarci oooppps! Canna il giorno del matrimonio della figlia, un passaggio di sceneggiatura vogliamo dire poco raffinato? Ecco, diciamolo.

“Patente e libretto”, “Aaah! Pensavo fossi venuto a controllare la sceneggiatura”.

Allo stesso modo non è raffinato il modo in cui ci spiegano che anche Stone, come Kowalski è un reduce della guerra di Corea, lo capiamo solo perché frequenta il club dei reduci e di certo non è raffinato il fatto che la DEA, all’inseguimento di un corriere che passerà la notte proprio in quel motel e guida un pick-up nero, invece di aspettare nel parcheggio tutti i proprietari delle macchine con queste caratteristiche, si metta ad arrestare gente della faccia brutta a caso. Un film che corre sul filo dell’improbabilità della storia, a volte funziona benissimo, a volte scivola, ma senza cadere per terra rompendosi il femore.

No, “The Mule” funziona perché procede guidando tranquillo, come uno che non ha mai preso una multa in quarant’anni, perfetto per un protagonista che l’anno prossimo avrà bisogno dell’estintore per spegnere le candeline. Clint ha quasi 90 nella voce, nelle spalle curve, è vecchio e per questo il film potrebbe essere il suo congedo da attore, dalla storia del cinema di cui già fa parte da diverse decadi ormai, ma proprio perché è vecchio, anzi il grande vecchio, gli si vuole bene e gli si perdona quasi tutto, lui lo sa, infatti, fa davvero quello che vuole con questo film.

L’Eastwood regista indaga sulle zone grigie di un personaggio che si sovrappone, perché Earl Stone e il grande vecchio Clint hanno parecchio in comune, una vita privata fatta di matrimonio finiti male contrapposta ad un’immagine pubblico, dov'è amatissimo dal pubblico, in tal senso affidare il ruolo della figlia che non parla più a Earl da dodici anni, a sua figlia Alison Eastwood è nepotismo sì, ma anche qualcos’altro.

Molto più caruccia di quel tonno di Scott, ti conviene puntare su di lei Clint.

La vecchiaia diventa il pretesto per concedersi tutto, perché "sono vecchio, cazzo, e ho il diritto di lamentarmi di tutto, anche di questi giovani che non sanno cambiare una gomma o che stanno sempre attaccati a quel cacchio di telefono". Gli sfizi se li toglie Earl Stone che è vecchio, ma non morto, che è stato in movimento tutta la vita e che finché potrà farlo non ha intenzione di fermarsi, quindi Earl balla, in piedi e in orizzontale con alcune signorine (due volte!) in una scena (anzi due!) che grazie a Cthulhu! Non ci viene mostrata, ma fa ridere, perché per esibirsi in tali prestazioni è meglio sentire il cardiologo, non si sa mai.

Ma gli sfizi se li toglie anche Eastwood, mentre guardavo il film pensavo: "Ma quanto si è divertito a indispettire i suoi detrattori, facendo parlare il suo personaggio come uno che è nato nel 1930?". Allora sotto a salutare con un bel «Ciao lesbiche» le motocicliste in viaggio, o farsi scappare la parola con la “N” che fa tanto incazzare il suo amico Spike Lee. Vuoi mettere la soddisfazione di una frecciatina a quelli che ogni tanto si dimenticano che Clint è Repubblicano?

Ecco, perché la questione della droga è gestita con così tanta superficialità, poteva essere qualunque altra cosa quello che Earl trasporta nel suo pick-up, basta che sia illegale e serva a mostrare quanto sono pericolosi i tizi che ti pagano regolarmente sì, ma vogliono risultati. Alla fine “The Mule” è una fantasia escapista in stile “Breaking Bad” e ne segue l’andamento e le varie fasi, ma con una sostanziale differenza.

Questi Heisenberg li tira su in un paio d'ore, ma è un buon inizio.

Walter White ad ogni bivio che poteva riportarlo indietro alla retta via, sceglieva la strada sbagliata volontariamente, in cerca di un potere che non ha mai avuto per tutta la vita, Earl Stone, invece, capisce che puoi campare anche 90 anni, ma il tempo perso non te lo restituisce nessuno e davanti ad un bivio che pare certo, fa la scelta giusta per lui.

“The Mule” è talmente Clint-Centrico che il resto del cast ha la funzione del segnaposto, anche se sono tutte facce nuove, come i “prezzemolini” Laurence Fishburne, il capo della DEA che vuole risultati, oppure Taissa Farmiga la nipotina che crede ancora nella buona fede del nonno. Oppure, Michael Peña che sembra stare qui forse perché Eastwood ha visto un episodio di Narcos Mexico e ha detto: «Voglio lui» tanto lo sa che, come Woody Allen, se fa un film all’anno e chiama chiunque, chiunque verrà a recitare, anche solo per stima accumulata negli anni.

“Ma quella cosa che dicevi dei messicani una volta…”, “Ancora valida. Altre domande?”.

Tipo Bradley Cooper che fa l’agente della DEA sulle piste di Earl e che ormai si muove solo nell’ombra del Grande Vecchio Clint, dopo American Sniper e il suo esordio da regista “A star is born” che, guarda caso, originariamente avrebbe essere dovuto essere un film diretto proprio da Eastwood (storia vera).

L’unica nel cast che gli tiene testa è Dianne Wiest, nei panni dell’ex moglie e ci riesce non solo perché la Wiest è molto brava, ma anche perché rappresenta il più grosso rimpianto della vita di Earl e in fondo è il motivo per cui ha iniziato tutto questo, dopo aver deluso tutti per una vita, sai qualche narcotrafficante incazzato che problema sarà mai?

"Mi piace il cinema e parecchio, per questo mi chiamano vecchio" (Cit.)

“The mule” è una trama sempliciotta che procede con un filo di gas, in cui Eastwood si barrica dietro alla non plausibilità di un quasi 90 enne che fa cose che non ci si aspetta da lui e che non desta sospetti perché sorride, è gentile e, in fondo, somiglia così tanto a mr. Bravo ragazzo, Jimmy Stewart come gli fanno notare per tutta la durata del film. Una pellicola che tira fuori dell’umorismo perfettamente azzeccato quando non te lo aspetti, tipo lo spacciatore che insegna ad Earl a mandare i messaggi, che funziona perché è spassoso vedere un vecchietto che si compra il macchinone, ma anche perché è estremamente classico, come la regia senza sbavature di Eastwood che qui è essenziale, senza mai una sola inquadratura di troppo.

Tra alcuni momenti comici che sorprendono per quanto risultano efficaci, le parti migliori del film sono quelle malinconiche, ma tutto è tenuto insieme da Clint Eastwood, Earl Stone non è il personaggio che ti aspetti da Eastwood, ma funziona perché è proprio lui ad interpretarlo.

Un attore con più commedie in carriera, avrebbe resto tutto troppo ilare, ma nessuno può far pensare al western, al finale di “Un mondo perfetto” (1993), nel momento in cui arriva la resa dei conti. Certo, altri attori avrebbero saputo rendere meglio la tenerezza del personaggio, ma proprio perché i gesti teneri arrivano da uno che per 90 è stato duro come un chiodo da bara funzionano ancora meglio.

Provate a fare battute sui vecchi al volante con lui, dai vi sfido.

No, “The Mule” funziona solo grazie ad Eastwood che di iscriversi al genere “commedia geriatrica” non ha nessuna voglia, ma ci mette tutto se stesso, il suo vissuto, umano e artistico, per sottolineare tutte le contraddizioni di un personaggio che funziona proprio grazie a quelle. Senza allontanarsi di un millimetro da quelle due famigerate espressioni, sempre quelle, con cappello e senza, che tanto non cambiano mai, da cui al massimo ogni tanto fa capolino quello sguardo assassino, “Da bombardiere” lo avrebbe definito Stephen King che, poi, a Earl non serve nemmeno nella storia, perché a 90 le hai già viste tutte, ma che comunque continua a bucare lo schermo.

Prova a dare questa stessa trama facilona e non proprio impeccabile ad un altro regista e aspettati il disastro, affida Earl Stone ad un altro attore e stai sicuro che non ti verrà voglia di fare il tifo per lui allo stesso modo. A 90 anni uno le ha già viste tutte, se ne frega delle vostre inversioni ad “U” e per fortuna di tutti, ha ancora abbastanza benzina nel serbatoio per aver voglia di esplorare le contraddizioni, della storia, del suo Paese, anche quelle personali. Dai, andiamo! È un film diretto e interpretato da un Repubblicano di ferro, ma s'intitola “Il mulo”, come il simbolo del partito Democratico, se non è una contraddizione questa.

20 commenti:

  1. Bellissimo pezzo, as usual!

    Lascio un assist x crepascolo:
    Replicano=replicante+repubblicano+leprecauno. Quindi Earl è un androide di destra irlandese.

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    1. Inchini, riverenze, inchini, riverenze. Grazie mille ;-)

      Grazie anche per avermi fatto notare il refuso, non riesco nemmeno a scriverlo correttamente “Repubblicano”, mi fa incrociare le dita. Ma gli androidi irlandesi di destra sognano muri al confine con il Messico fatti con i barili vuoti di Guinness? Cheers!

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  2. Androide di destra e Clint e replicante frullano nella mia zucca per il tempo sufficiente a leggere i balloons de Il respiro ed il sogno di Ken Parker e naturalmente, come immagino Carabara e pochi altri nel nostro paese a forma di calzatura western di Clint potrebbero intuire , arrivo a Marvel Team up # 9 prima serie del 1972 con Iron Man e Spidey a zonzo nel tempo ed un gigante di ferroche a pagina 22 considera Tony Stark sacrilego perché carne e ferro e Spidey che commenta si tratti di un robot religioso ( e fanatico direi ndr ). Storia disegnata da Ross Andru che al tempo divideva i fans come Clint. Uno della Banda dei Sardi creatrice di Nat Never da qualche parte ha detto che ha smesso di leggere il Ragno nel passaggio da Romita sr ad Andru. A me Ross piaceva un frappo per il segno nervoso e per le inquadrature particolari. Ora è Altrove , ma il suo Frank Castle ricordava Eastwood. Tutto è collegato. Il mio analista sosteneva che non era vero e che ero io ad allacciare fili pendenti che vedevo solo io, ma ho deciso che non è mai esistito, come quella parte della mia vita. Nonono. Sto bene. Benissimo. Ciao ciao

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    1. Ross Andru è uno dei miei Spidey-disegnatori del cuore da sempre, le inquadrature erano quelle che preferito, il modo dinamico di far muovere il personaggio, ed in effetto il suo Frank Castle aveva lo sguardo alla Eastwood, quindi direi che anche il mio di analista potrebbe arrivare alla conclusione che questo personaggio che dividono alla fine mi piacciono, almeno finché si occupano d’arte ;-) Cheers!

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  3. Non leggo nulla perché se Dio dovrei andarlo a vedere domani. Uso il condizionale perché in sto periodo sono un catorcio e non ne ho ancora la certezza...

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    1. Vai tranquillo il post non scappa, buon recupero e buona visione ;-) Cheers!

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  4. Insomma, davvero un Gran Torino 2: amo Clint quando fa questi personaggi contraddittori, il peso della vecchia America con tutte le sue storie e le sue rughe. Fallimentare, ma ancora gloriosa (e quindi glorioso).
    È vero che lo si dà per bollito a intermittenza, ma è lui che fa cose buone a intermittenza.

    Moz-

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    1. Ha pregi e un po' meno difetti di "Gran Torino" (li ho trovato più sbavature nella regia di Clint), per il resto molto consigliato. Farà anche film ad intermittenza, ma non gli viene riservato lo stesso trattamento, anche Woody Allen fa tanti film e non tutti ottimi, ma non sento lo stesso tono di commenti nei suoi confronti. Cheers!

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  5. Il film sull'attacco al treno non l'ho visto (ho altri treni per la testa ultimamente…) ma non darei mai Clint per bollito, infatti aspettavo The Mule con ansia, ero abbastanza sicuro che sarebbe stato un film "dei suoi". Difetti ne ha, ma chi se ne frega, perché riesce sempre a coinvolgere quando deve, e con quelle due o tre battutine mandate a segno che ci ricordano sempre che "ehi, sono un repubblicano, mica un pezzo di m..."
    Poi con Clint c'è questo fatto: riesce a fare "meta-cinema" intorno alla sua figura, lo conosciamo da troppo tempo, ci porta sempre un po' fuori dal solo discorso filmico, gioca su se stesso, perciò continua a comunicarci qualcosa. Ogni personaggio è un po' Clint Eastwood, è la sua stessa fama e icona a portare quei personaggi ad un livello più alto. Com'era in "Gran Torino" che hai giustamente citato, anche se lì siamo dalle parti del capolavoro per me, ma "The Mule" sfrutta le stesse dinamiche sul Clint attore-autore- e personaggio in scena.
    La scena della caffetteria con Bradley Cooper faceva un po' Heat la sfida, e mi è piaciuta un sacco. Peccato per il resto del cast sempre in ombra, ma Taissa Farmiga con due battute in croce lavora tutto di espressività, mentre la Wiest è il contrappeso perfetto, e le tocca una delle battute più memorabili: "sei stato l'amore della mia vita e il male della mia vita", se non ti stende una roba così…

    Bob.

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    1. Non potrei essere più d'accordo, Clint più di altri attori si porta dietro il mondo dei personaggi che ha impersonato, ma anche se stesso, anche secondo me alcuni personaggi funzionano con pochissimo, in un film che è ovviamente Clint-centrico, mi piace il paragone con "Heat" ;-) Cheers

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  6. Clint è un mito, gli auguro altri 90 di questi film :) Questo al cinema non riesco a convincere la moglie, aspetterò il passaggio in tv

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    1. I film di Clint dovrebbero essere previsti nei contratti prematrimoniali ;-) Scherzi a parte, non ne fanno più di autori e attori così, lui è due in uno. Cheers!

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  7. Un bel one man show in cui Clint Eastwood se la canta e se la suona attorno a personaggi meno sviluppati. Fa la sua bellissima figura peró, in un film non perfetto c'é lui, davanti e dietro la macchina da presa, a renderlo quanto meno memorabile

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    1. Togli Clint a questo film, ed è il disastro. La differenza la fa tutta lui ;-) Cheers

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  8. Alla fine ieri mi sono scordato di lasciare un cinque alto per Clint, che malgrado tutto e malgrado tutti va avanti dritto nel cinema a capo chino... come un mulo! ^_^

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    1. Verissimo, quando ho letto tempo fa che il prossimo film di (e con) Clint si sarebbe chiamato “Il mulo”, non ho pensato ad un popolare programma per scaricare, quanto al fatto che sarebbe stata quasi una biografia ;-) Cheers

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  9. Ho trovato il film un po' noiosetto per i miei gusti ma non si può riconoscere che il grande vecchio ci sappia ancora fare con film. Se penso che il nostro "equivalente" italiano sarebbe Celentano con il suo Adrian mi cascano le braccia.

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    1. Ci può stare, più che legittimo, però è girato meglio di "Gran Torino" a cui viene associato per ovvie ragioni. Ora mi immagino "The Mule" di Celentano, sei ore di silenzio prima di un: Non va mica bene così. Cheers!

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  10. Effettivamente divertente per l' umorismo che non ti aspetti, ma la parte con i poliziotti meritava forse più spazio, ma forse è più interessante alla fine vedere il buon Clint a zonzo. XD Si, i momenti malinconici sono i migliori. Già "Gran Torino" non mi aveva fatto impazzire.

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    1. Funziona meglio per le parti intimiste, quello è poco ma sicuro, siamo dalle parti di "Gran Torino", dal mio punto di vista però, diretto con meno sbavature. Cheers!

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