martedì 19 febbraio 2019

High flying bird (2019): Soderbergh ci sta provando con me

Cercate di capirmi, è una cosa piuttosto imbarazzante da dover confessare, anche perché corro seriamente il rischio di passare per paranoico, però credo che Steven Soderbergh ci stia provando con me.

Per anni mi sono impegnato con tutto me stesso a disprezzare l’atteggiamento da primo della classe, con cui Soderbergh affronta i generi cinematografici che preferisco, poi è bastato dire qualcosa di positivo su La truffa dei Logan, ed ecco che Soddy-Boy chissà che strane idee si è fatto su di me.

Il film successivo? Un'altra trovata da fighetto delle sue, girare un horror usando solamente un iTelefono. Ditemi se non esiste una roba più alla Soderbergh per risultare fighetti di così, forse poteva dirigerlo mentre degustava il suo thè alla soia o che so io. Il problema è che Unsane mi è anche piaciuto, e devo ammettere che girare una storia su come uno stalker può rovinarti la vita, usando l’oggetto più invasivo della privacy altrui (uno smartphone) beh cavolo, ha una senso.

Ora, lo so che a nessuno piacciono quelli che si citano da soli, però guardate qui cosa scrivevo di Unsane: «Devo dire però che ho la sgradevole sensazione che Soddy-Boy le stia provando tutte per far colpo su di me, lo so che ora passerò per paranoico, però cavolo, guardate, nel suo film ha messo pure una scena con un Bro-Fist! Dai! Questo è un chiaro caso di "CaSStatio benevolentiae"!».

Eccolo! È lui il mio stalker! Mi perseguita con i suoi film!
Così lasciavo Steven Soderbergh l’ultima volta, con questo dubbio nemmeno troppo velato al fondo del cranio. Salto in avanti nel tempo, vedo spuntare una cosa che attira la mia attenzione sul paginone di Netflix, si intitola “High flying bird” come il pezzo omonimo di Richie Havens che si sente nel film, parla inequivocabilmente di pallacanestro, anzi, di basket NBA.

Tu Soderbergh? Che potresti attentare al titolo di uomo più bianco d’America, mi fai un film sul basket? TU!? Ma vedi che sei uno Stalker? Qui siamo ben oltre la “CaSStatio benevolentiae” cazzarola!

Manteniamo la calma, guardiamolo questo “High flying bird”, la situazione potrebbe essere meno drammatica del previsto, anche se per la seconda volta, per dirigere il film, Soddy-Boy ha messo mano al telefono, un iPhone 8 per la precisione. Ah! Qui casca l’asino, non ti serve il telefono per giocare a basket ragazzo, come te le giochi questa volta eh? Eh? Eh? Ok la smetto di fare “Eh?”, il concetto è arrivato.

“High flying bird” è ambientato durante il lockout della lega, che per qualche ragione, nei sottotitoli e nel doppiaggio di Netflix viene chiamata sempre “League”. La lega non è quella dei tipi vestiti di verde che si ritrovano a Pontida e odiano quella porzione di persone che su un campo da basket di solito spadroneggia, la lega è ovviamente l’NBA e il concetto di “Lockout” richiede una spiegazione.

“Lockout vuol dire che questa cosa arancione qui, non la vedete più”.
Con una cadenza che purtroppo sta diventando sempre più periodica, i rappresentanti dei giocatori della NBA e i proprietari delle 30 squadre che la compongono, spesso non si mettono d’accordo sul contratto collettivo, non si parla di basket qui, ma di come dividere gli introiti dei contratti televisivi, si parla di monte stipendi dei giocatori, siamo lontanissimi dalla pallacanestro, che è bella anche perché è semplice, siamo in piena zona burocrazia, carte, fogli e soprattutto soldi, tanti soldi perché l’NBA ne muove più di Paperon de’ Paperoni.

Quando l’accordo non arriva, la stagione NBA non comincia, e parte la serrata, il lockout appunto, uno sciopero generale dove nessuno gioca, e a scontarsi in uno contro uno sono giusto gli avvocati. Nessuna partita in programma, nei palazzetti e in televisione, ma anche giocatori che non ricevono lo stipendio, di solito è il periodo in cui le stelle della NBA ne approfittano per giare qualche film, ma a parte questo, un gran brutto momento.

La storia è quella del procuratore Ray Burke (André Holland, che da Selma in poi è sempre più lanciato) il suo principale cliente è la scelta numero uno della draft della NBA, il più promettente giocatore uscito dal college, Erick Scott (Melvin Gregg) che ha firmato per i New York Knicks, ma di fatto non ha ancora giocato un solo minuto in NBA per via del lockout. Non ha giocato, ma è già nei casini con i soldi, così, pronti via, tipo io quando inizio una partita a Monopoli.

Siccome questo “Serrata” non da segni di cedimento e l’accordo tra giocatori e proprietari tarda ad arrivare, il capo di Ray (fatto a forma di Zachary Quinto) vorrebbe tagliare i rami secchi e farlo fuori, ma le cose si complicano quando Erick, via twitter si mette a litigare con Jamero Umber (Justin Hurtt-Dunkley) anche lui sotto contratto per New-York, ma con troppo tempo libero da spendere.

“Hey mai io ti conosco, non avevi le orecchie più a punta una volta? Sei Orlando Bloom vero?”.
Ragazzate si direbbe, solite robe, tipo porta il pallone ti schiaccio in testa dieci volte su dieci, non mi vedi nemmeno con il binocolo, cosette tra giocatori, se non fosse che i Social-cosi tendono ad ingigantire, specialmente quando i due si ritrovano insieme, sul campo della lega per giovani giocatori organizzato ogni anno a New York, dal vecchio allenatore Spencer, interpretato da Bill Duke. Time out Cassidy!

Cioè Soderbergh! Anche Bill Duke nel cast mi hai messo!? Il Bill Duke di Commando e di Predator!? Tu sei peggio di uno Stalker! Ma io ti denuncio sai!? Fine del Time out.

“Non lo dire ad Arnold ok? Quello mi mangia a colazione”, “No Bill tranquillo, ma tieni già la visiera, non farti notare”.
Descritto così, mi rendo conto che il film risulti più interessante di quanto il suo brio, molto meno movimentando di una partita di basket, renda nel girato finale. Inoltre è abbastanza chiaro che “High flying bird” è qualcosa che può risultare più interessante a chi è già parecchio appassionato di basket NBA, anche perché la parte di pura fiction è inframezzata da monologhi di alcuni giovani giocatori della lega come Reggie Jackson, Karl-Anthony Towns e Donovan Mitchell, che ai più risulteranno dei perfetti sconosciuti.

“High flying bird” è stato evidentemente girato da Steven Soderbergh con quattro spicci, si perché dirigendo tutto con un iTelefono, abbatti di costi della strumentazione, del montaggio, di fatto giri in digitale, ma al massimo devi assicurarti di non aver terminato la batteria. Questo gli permette di giocarsi qualche nome nel cast, tipo l’odioso procuratore interpretato da Kyle MacLachlan, che quando deve farsi odiare (o bucare lo schermo) non si tira mai indietro, cosa che fa puntualmente anche qui.

"Dopo la Loggia Nera, anche la burocrazia mi sembra divertente".
Il problema del film è che di fatto è una lunga ed infinita chiacchiera di 90 minuti, basta dire che l’unico momento di basket vero, quando Erick inizia a palleggiare sfidando Jamero sul campo, Soderbergh stacca e passa al prossimo dialogo. Vi lascio immaginare la mia reazione sul divano di casa, persino i cani inveivano contro Soddy-boy!

Puoi fare un film sul basket, senza mostrare il basket? D’istinto mi vien voglia di mandarti a quel Paese, ma se la tua storia parla di lockout, purtroppo devo ammettere che ha senso non mostrarlo mai questo gioco, ma ha una sua logica concentrarsi su quello che Bill Duke nel film chiama “Il gioco creato sopra il gioco”, perché alla fine di questo parla il film, non del gioco più bello del mondo, ma delle manovre di palazzo che stanno dietro.

La sceneggiatura scritta da Tarell Alvin McCraney (quello di “Moonlight” che non mi ha mai fatto impazzire) è statica, verbosa, ma piena di rabbia repressa, le confessioni su schermo di Reggie Jackson, Karl-Anthony Towns e Donovan Mitchell non sono contentini per gli appassionati della NBA, sono ideali introduzioni agli argomenti che vengono affrontanti, con troppe parole ed un ritmo a tratti soporifero, nel film.

“Secondo te parlo troppo?”, “Si sono addormentati tutti davanti allo schermo, vedi un po’ tu”.
Questi ragazzi parlano di quanto sia complicato gestire la propria immagine pubblica di giocatori, nell’era dell’informazione e dei Social-Così. Parlano della difficoltà di ritrovarsi in una lega dove girano i soldi e i contratti hanno tanti zeri sopra, quando fino a ieri stavi tra i banchi di scuola, e l’altro ieri al campetto, magari cercando di non farti impallinare da qualche colpo sparato tra le gang locali.

Insomma “High flying bird” sta a metà tra un documentario sulla vita dei giovani giocatori della NBA e tutti gli intrighi che ruotano dietro, qualcosa che come detto, non so quanto possa coinvolgere il pubblico generico di Netflix, mi sono annoiato io che con tutta questa roba di basket ci “azzuppo” (termine estremamente tecnico) figuriamoci chiunque altro.

Ho capito l'idea di senso dell’umorismo di Tarell Alvin McCraney, ma non mi ha proprio fatto rotolare dalle risate ecco, la gag sui personaggi che fanno ammenda ogni volta che gli scappa un paragone sulla schiavitù, è più etica che davvero divertente. Anche il finale che vede Zazie Beetz (quella di Deadpool 2) sfogliare un libro sui diritti degli atleti di colore, è un atto di rivolta sommesso, come tutto questo film che è parecchio incazzato, ma anche parecchio silenzioso nell’esprimere la sua rabbia. Mettiamola così, sulla questione che il sistema sfrutti i giovani giocatori, aveva già detto tutto Spike Lee nel 1998 con He got game, con circa cento miliardi di volte il trasporto e il coinvolgimento emotivo che “High flying bird” può solo sognarsi di avere, e forse non cerca nemmeno.

Come cantavano i Public Enemy: Fight the power! 
Un film che a livello di testa fa tutto giusto, ma a livello di pancia ti smuove pochissimo, più ci ragioni sopra un film così, e più ti rendi conto che anche girarlo con un iPhone 8 ha senso, visto che il video della partita tra Erick e Jamero viene ripreso con uno smartphone, diffuso sui Social-Così con lo stesso aggeggio, ed ad un certo punto, Ray si mette in testa di sovvertire il sistema, tanto che nella storia diventano parti in causa canali streaming come Hulu e Netflix, citati a chiare lettere, una roba quasi meta cinematografica quindi.

Proprio per via della piattaforma di streaming, uno questo film potrebbe proprio decidere di guardarlo sul proprio telefono, quindi la scelta di Soddy-Boy di dirigerlo con un iTelefono è coerente con la sua idea di cinema. In fondo Soderbergh come Ray il suo protagonista, è uno che lavora all’interno del sistema di Hollywood, ma spesso si concede di starne al di fuori, anzi, forse lo preferisce anche.

Insomma “High flying bird” è il classico film che viene da etichettare come “interessante”, che di solito vuol dire che ha parecchie cose da dire, ma è una palla (non da basket) mostruosa. Una roba che ti stuzzica e ti fa riflettere, ma è difficilissimo da consigliare a chiunque, ho provato a descriverlo al meglio, vedete un po’ se può fare per voi.

Invece Soderbergh, dico a te, anche questa volta hai trovato un modo per non farti proprio stroncare in pieno il film, a basket si direbbe che sei in striscia positiva, ma sei al limite, fammi un altro scherzetto così, e quel telefono te lo rompo. Ed occhio, che se mi metto a dire in giro che ci stai provando con me, metto fine alla tua carriera in un lampo eh? Occhio! Occhio!

Invece io ti odio, maledetto!

10 commenti:

  1. Quando ho letto "Ray si mette in testa di sovvertire il sistema..." pensavo indendessi che per continuare il film aveva usato un Samsung al posto del Melafonino!
    Scherzi a parte, credo di passarlo. Capisco che un dietro le quinte sul basket possa essere interessante ma come dici bene tu dopo "He Got Game" e "The Program " (sul football) sia molto molto difficile aggiungere qualcosa di veramente inedito e succoso.
    Bella l'idea di girare tutto con un cellulare Steven, sei bravo, sei originale, ma mobbasta veramente però!

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    1. Sarebbe stato molto logico farlo, anche se poi avrebbe perso una buona parte dei finanziatori, non credo sia un caso, se come già accadeva in “Unsane”, tutti i personaggi nel film usano un iTelefono ;-) In fondo è lo stesso identico messaggio di “He got game”, però riferito alla NBA e non ai college, ma tra i due film l’abisso, non sono nemmeno da mettere. Bisogna dire che Soddy-Boy sta testando tutti i modi possibili per girare con il suo “Melafonino” (gran nome!), se il film non fosse dialoghi su dialoghi sarebbe stato meglio però. Cheers!

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  2. hahaha, ma non so quanto ci sta a prova' visto che ti illude con un film che soprattutto a te potrebbe interessare e poi invece ti sfrangia le palle!

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    1. Vedi? È malefico? Il peggiore degli Stalker, le prova tutte per attirare la mia attenzione. Spero che torni a fare qui bei film che faceva una volta, quelli che mi facevano platealmente schifo al minuto uno fino ai titoli di coda. Era molto più facile la mia vita da spettatore allora ;-) Cheers

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  3. Che cattivo che sei, è come quando uno fa un regalo sbagliato alla persona amata: è il pensiero che conta :-D
    Soddy sta lì, tutto tenerone, con il cuore in mano a regalarti un film sul basket e tu lo tratti male? Sei senza cuore! :-D :-D :-D
    Scherzi a parte, siamo alla nuova frontiera del cinema sportivo: chiacchiere senza sport! Vuoi mettere quanto risparmi? :-P

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    1. Eheh hai ragione, qui sta diventando una roba tipo Pepè la puzzola e la gatta Penelope ;-) Pensa che dico sempre che la pallacanestro, non piace agli Italiani perché il lunedì mattina al bar, non hanno tanto da polemizzare, su rigori non assegnati, è un gioco bello perché è semplice e riduce a zero le chiacchiere. Poi arriva Soddy-Boy e diventa tutto un chiacchierare! ;-) Cheers

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  4. Nella tua scala dell'Odiometro chi si trova più in alto fra Soderbergh e Collins? XD

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    1. Un film di Soderbergh ogni tanto riesco a vederlo, un pezzo di Collins mi fa venire l'orticaria dopo pochi secondi, lui è il peggio del peggio! ;-) Cheers

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  5. ah ah ah...
    Soderbergh ormai ci ha preso gusto...
    io non voglio girare nemmeno il filmino-parodia per il matrimonio di mia sorella con lo smartphone, ma ovviamente il problema è tutto mio... :-D :-D

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    1. Si ci ha decisamente preso gusto il maledetto, però mentre la compagnia con la mela finanzia, chiamalo scemo no? ;-) Cheers

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