Lo ammetto: non ci speravo più, anzi non ci credevo proprio,
perché, ammettiamolo, dopo la pessima
terza stagione di Narcos, ero abbastanza rassegnato ad assistere alla fine di una
serie che ho apprezzato molto e avrebbe potuto avere molte più fortune.
Mi sono già dilungato parecchio sul fatto che dedicare due
sole stagioni a Pablo Escobar è stato un errore, anche perché se già tra la
prima stagione di Narcos e la
seconda si notavano delle differenze
qualitative, la storia t’incollava allo schermo, con il suo modo di aggiungere
della fiction su eventi reali creava dipendenza, tanto per stare
in tema con la serie.
La
terza, invece, è
stata un vero buco nell’acqua, proprio per questo non ho dato peso alle notizie
sullo spin-off ambientato in Messico durante gli anni ’80, ho immaginato che
visto l’andazzo, avremmo visto
narcotrafficanti consegnare la droga pedalando sulle BMX.
Quando questa “Narcos: Mexico” ha fatto capolino sul paginone
di Netflix, ho cliccato play senza entusiasmo, ma devo dire che dopo dieci
episodi mi sono abbastanza ringalluzzito!
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Prendere il detto, giocare a poker con il morto, veramente troppo sul serio. |
La serie (scritta e prodotta da Carlo Bernard e Doug Miro) mostra l’ascesa del Cartello di Guadalajara in Messico e se siete stati
attenti durante la prima stagione di Narcos si parlava anche del rapimento
dell’agente della DEA Enrique "Kiki" Camarena che apre ed è al
centro di questo spin-off messicano. Ma se vi siete persi questo dettaglio è
comprensibile, la prima stagione di “Narcos” era così piena di eventi che
risultava difficile ricordarli davvero tutti.
"Kiki" Camarena qui ha il volto bello pienotto di Michael
Peña, attore che avete visto in
tutti i film che qui si conferma davvero molto
bravo. Mentre dall’altra parte della barricata ad interpretare il padrino
della droga, esperto in piantagioni di piante con foglie a sette punte, Miguel
Ángel Félix Gallardo detto “Lo smilzo” troviamo Diego Luna (attore che non mi
ha mai detto moltissimo, almeno fino a
Rogue One) che qui bisogna dire fa davvero il suo dovere.
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"Eppure, non mi sembra il pacco che stavo aspettando da Amazon". |
I suoi più fidati collaboratori sono Rafael Cara Quintero e
Ernesto "Don Neto" Fonseca Carrillo (Tenoch Huerta e Joaquín Cosío
visto anche in
The Strain), il primo
è il fanatico di “Scarface” (1983) che stravede per la sua colossale
piantagione d’erba, il secondo, quello calmo e pragmatico, quasi un vecchio
saggio che, però, sulla lunga distanza si lascerà prendere pure lui dalla smania,
non solo di successo, come spesso accade in questo tipo di storie.
Ma molto presto a Félix non basterà più essere il numero uno
della Marijuana mondiale e sfruttando la vicinanza con il confine americano,
inizierà a smerciare la droga più richiesta dai ricchi Yuppi americani degli
anni ’80: la cocaina. Immagino avrete già capito dove andrà a parare la trama,
no?
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“Ma Light o Zero?” , “Guarda che qui stiamo parlando di un altro tipo di coca”. |
“Narcos: Mexico” rilancia questa serie, lasciando la porta
aperta per future stagioni che, magari, vedranno protagonista Joaquín "El
Chapo" Guzmán, qui interpretato in una breve comparsata da Alejandro Edda,
ma io ve lo dico così tra le righe: la storia è ambientata PRIMA della fine
della
seconda stagione di Narcos e l’episodio
1x05 (“The Colombian Connection”), come si intuisce dal titolo, è ambientato in
Colombia... Io non vi dico altro, ma dovreste già aver capito tutto, no? Ecco,
bravi, lo dico sempre che ho i lettori migliori del mondo.
Lo scontro a distanza tra lo sbirro "Kiki"
Camarena e il padrino Félix Gallardo tiene banco per tutta la stagione:
due uomini con ambizioni nell’ottenere credibilità. Il primo come agente della DEA,
un’agenzia che, come viene ben descritta all’inizio della serie, nei primi anni ’80
era considerata poco meno dei portaborse delle più celebri CIA e FBI. Félix,
allo stesso modo, per il suo neonato cartello desidera di più: più credibilità,
più soldi e più potere. I due, ovviamente, saranno destinati a scontrarsi e a
meno che non ricordiate davvero bene quella piccola parte della prima stagione
dedicata a “Kiki”, il colpo di scena finale non è così facile da intuire.
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Il nome è lo stesso, ma non somiglia a qualcuno uscito da un film di Hayao Miyazaki. |
Per questi due uomini giocano un ruolo molto importanti
anche le rispettive donne: la moglie dell’agente deve affrontare gli stessi
avversari del marito, però non sul campo, direttamente a casa, il che può
essere anche peggio. Félix, invece, può contare sul supporto dell’amante e socia
in affari Isabella Bautista, non potete mancarla anche perché Teresa Ruiz non
passa tanto inosservata.
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Non fate finta di non averla notata, vi conosco mascherine. |
Specialmente in America latina, spopolano le cosiddette “Narconovelas”,
neologismo che riassume bene il tono di questi programmi televisivi: un vero e
proprio modo per celebrare la vite e, diciamo, le opere dei Narcotrafficanti
locali. Con questo tipo di serie, sto pensando anche a
Gomorra qui da noi, di solito la polemica è sempre la stessa,
quindi lo dico subito, “Narcos: Messico” non esalta i narcotrafficanti, la
serie è ben equilibrata nel mostrare criminali e poliziotti, anzi, forse troppo
equilibrata!
La bellezza delle prime due stagioni di “Narcos” stava in
quel “realismo magico” ben descritto nel pilot, questo spin-off non mantiene lo
stesso equilibrio, anche se la voce narrante (un vero tamarro dal vocabolario
piuttosto variopinto, sentire per credere) puntualmente ci racconta qualche
passaggio della trama riassumendo gli eventi per come sono accaduti davvero,
sembrano sempre dei contenuti aggiuntivi estemporanei, quasi slegati alla parte
più puramente “Fiction” della storia, insomma: uno scollamento tra realtà e
finzione netto rispetto alle prime due stagioni che è impossibile non vedere,
ma, comunque, un enorme salto di qualità, rispetto al nulla cosmico di noia e
scarse idee della pessima
stagione tre.
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Qualcuno sa come si dice "Sta' senza pensier" in spagnolo? |
Anche grazie al cameo illustre nell’episodio 1x05 (si nota
che sto battendo sempre sullo stesso tasto? Eh, ma lo dico per voi io), sembra
chiaro che gli autori della serie abbiano capito di aver sbagliato qualcosa,
troppa fretta nel raccontare ha bruciato il personaggio migliore della serie e
il cartello di Cali della stagione numero tre, è stato un pessimo tentativo per
rimpiazzare l’assenza.
Con “Narcos: Mexico” questa serie trova un modo di
rilanciarsi, con la concreta possibilità di giocarsi, magari, un altro narcotrafficante dalla vita piuttosto movimentata, anche perché ammettiamolo:
su Netflix trovate anche una serie dedicata a
El Chapo, ma sembra la brutta copia di “Narcos”, quindi tanto vale
lasciare che la storia siano gli Americani a raccontarla, no? Tanto per
propensione i nostri amici Yankee fanno sempre così: i maggiori trafficanti di
storie immaginarie sono loro.
Le prime due stagioni di NARCOS (la prima in particolare) sono state qualcosa di strepitoso. La terza, per bilanciare le cose, invece è stata soporifera e non l'ho manco terminata. Mi infastidiva oltre che annoiava. Questa con Pena e Luna non l'ho neanche presa in considerazione e mi sa che ho sbagliato la valutazione. La metto immediatamente nel cestone dei recuperi ma ti chiedo se per apprezzarla in pieno serve aver visto pure la terza stagione. Perchè se così fosse non credo di potercela fare...
RispondiEliminaLe prime due restano le migliori, questa serie non è più a quei livelli lì, non i sono dubbi. Se non altro questo spin-off corregge il tiro rispetto alla stagione tre, che ho trovato anche realizzata parecchio male (quella sparatoria, era inguardabile). Nell’episodio 5, compaiono i tizi del cartello di Cali, ma è tutto quello che ti serve sapere, questo spin-off fa di tutto per riallacciare i fili con la prime stagioni, ignorando quasi totalmente la terza, per quello dici che almeno che hanno un po’ corso ai ripari ;-) Cheers
EliminaTi cito dicendo che mi son dovuta prendere a sberle per stare sveglia. Nonostante qualcosa di buono c'è, ho faticato davvero troppo, e spero per una buona causa, ovvero una seconda stagione più ritmata e più cattiva. L'entrata in scena della voce narrante tamarra già promette bene ;)
RispondiEliminaLo spero anche io, il tavolo è apparecchiato per una seconda stagione promettente, la costante è che finiamo questa stagioni di “Narcos” con la faccia più gonfia di quella di Rocky Balboa ;-) La voce narrante è diventata un tormentone a casa Cassidy, qui ormai è tutto un: «Passami quel cazzo di sale» ovviamente con parlata stile narratore. Cheers!
EliminaDevo ancora farlo questo viaggetto in messico, quindi metto in pausa la lettura del tuo articolo, comunque rinfrancato dal tuo parere positivo
RispondiEliminaAspetto il tuo parere, lo spin-off ha dei numeri secondo me, in prospettiva futura forse hanno rimesso “Narcos” sui binari giusti. Cheers!
EliminaMi ero fermato con la terza stagione, per i motivi che, più o meno, tutti hanno ricordato,non so se avrò voglia di vedere ancora la serie.
RispondiEliminaIn effetti la terza era abbastanza un buco nell'acqua, questa se non altro dimostra che gli autori, si sono resi conto degli problemi. Cheers!
EliminaMai visto, non mi attira molto come genere..so che a molti piacciono queste serie "malavitose"..ecco forse ancora ancora mi incuriosirebbe vedere Gomorra
RispondiEliminaSi, il pubblico si divide tra chi ama le serie malavitose (che sono un filone sempre molto ricco, anche al cinema) e chi proprio non è interessato. Le prime due stagioni di “Narcos” sono ottime, anche s il tema magari non interesse, su “Gomorra” ero scettico ma alla fine la seguo sempre, resta valida secondo me. Cheers!
EliminaDopo le prime due stagioni ottime e una terza decisamente più sotto tono rispetto alle precedenti, questa l'ho lasciata in disparte, ma ho intenzione di recuperarla il più a breve possibile. Che conoscendomi sarà tra un paio di mesi almeno :D
RispondiEliminaPrenditi il tuo tempo, secondo me sta a metà tra le prime due e la terza, non è impeccabile ma si lascia guardare, se non altro in prospettiva futura ha del potenziale. Cheers!
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