venerdì 26 ottobre 2018

L'uomo che uccise Don Chisciotte (2018): Romantici rottami (Quixote Vive!)

Perseverando si raggiungono gli obbiettivi, proprio la perseveranza è tra i temi principali di oggi, perché non si poteva concludere questa rubrica in un modo migliore... Benvenuti all’ultimo capitolo di…  Gilliamesque!

Quando ho deciso di iniziare una rubrica su Terry Gilliam, oltre che omaggiare uno dei miei registi preferiti, avevo bisogno di esorcizzare mesi passati tra troppa sfiga (o “Negation of the pussy” come abbiamo imparato a chiamarla) e altrettanti burocrati, non pensavo si potesse finire davvero così alla grande, considerando quanto abbiamo dovuto aspettare per vedere Tideland e The Zero Theorem nei cinema di uno strambo Paese a forma di scarpa, era fuori dalla mie più rosee aspettative poter anche solo sperare che, invece, proprio l’Italia, sarebbe stato uno dei primi Paesi dove l’ultima, agognata, sofferta e lungamente inseguita, opera di Gilliam sarebbe arrivata. Trovo quasi poetico tutto questo!

Sì, perché onestamente ero abbastanza sicuro che avrei apprezzato “L'uomo che uccise Don Chisciotte” più che altro per il fatto di esistere, per il suo essere la prova che nella vita una testa molto dura può tornare davvero utile, pensavo che lo avrei amato per quello che avrebbe rappresentato: la vittoria dell’immaginazione di Gilliam, contro i mulini a vento della burocrazia e della sfortuna che hanno sempre messo i bastoni tra le ruote al suo cinema, invece ancora una volta Terry è stato in grado di stupirmi, “L'uomo che uccise Don Chisciotte” oltre ad essere un manifesto di resistenza umana e cinematografica, è un film capace di vette poetiche notevoli, uno dei film migliori mi sia capitato di vedere negli ultimi anni.

“Come si chiama questo film che sto facendo? Dopo 25 anni non mi ricordo più!”. 
Badate bene: non è tutto perfetto, non può essere tutto perfetto in un film la cui genesi è stata un travaglio durato 25 anni, anche se a me risultava fossero 27, perché Gilliam è dal 1991 che ne parla, ma come sempre quando si parla di Terry e del suo cinema, realtà e finzione si mescolano, quindi vada per il 25 come numero ufficiale. Infatti, è lo stesso Gilliam a scherzare su un film che è stato per un quarto di secolo una chimera, la frase che apre il film «Dopo 25 anni di fare e rifare…» è il sospiro di sollievo di un artista che si è tolto, non una scimmia dalla spalla, di più, dalle spalle di Gilliam sono scesi Don Chisciotte, Dulcinea, Sancho Panza, Ronzinante e anche un paio di mulini a vento.

Adamo Guidatore vestito da Sancho Panza e il regista beh, anche lui vestito da Sancho Panza.
Sarebbe stato lecito accontentarsi della mera esistenza di “The man who killed Don Quixote” per considerarlo un traguardo, ma bisogna anche essere pragmatici: è il capolavoro che in tanti (anche troppi) si aspettavano? No, non può esserlo, viviamo in un mondo dove lo stramaledetto AAAAAUIIIPPPP (meglio noto come “Hype”) è in grado di uccidere un film messo in cantiere l’anno scorso, figuriamoci uno che è cresciuto nel suo mito e nella leggenda della sua sfiga per 25 anni. Bisogna anche dire che ad un pubblico digiuno del cinema di Gilliam che, magari, ignora le enormi difficoltà produttive che dal 2000 si sono ulteriormente accanite sull’ex Monty Python, questo film potrebbe risultare più che indigesto, specialmente nella parte iniziale, ma è innegabile che con il passare dei minuti “L'uomo che uccise Don Chisciotte” sale di colpi. Un’opera sghemba come solo il miglior cinema di Gilliam può essere, ma capace di conquistare chiunque, viene proprio da urlarlo come fanno nel film: Quixote vive!

Le virtù di una testa molto, molto, molto dura.
Bisogna anche dire che “L'uomo che uccise Don Chisciotte” si porta nella pancia i resti del film che avrebbe dovuto essere, se, come me, negli anni avete seguito le complicate vicende del film, guardandolo ogni tanto sembra di avere dei dejà vu di Lost in la Mancha, sembra di essersi persi tra la realtà, la finzione e il cinema, come accade al protagonista Toby Grisoni, quasi omonimo del co-sceneggiatore di Gilliam che, invece, di nome fa Tony, solo uno dei tanti rimandi meta-cinematografici di un film che fa grande cinema, partendo dall’impossibilità di fare cinema che, poi, è un po’ il filo rosso che lega tutti gli ultimi film di Terry. Parliamo della trama e poi andiamo nel dettaglio!

Toby Grisoni (Johnny Depp, Ewan McGregor, Jack O'Connell Adam Driver) è un giovane pubblicitario disilluso, vestito di bianco come il Tony di Parnassus, ma come lui tutt’altro che eroico cavaliere, si trova nella Mancha in Spagna, a girare uno spot pubblicitario su una Vodka che prevede mulini a vento e Don Chisciotte. É stato scelto lui per via del suo talento visionario? Sì, certo, anche, ma soprattutto perché un tempo negli stessi luoghi, aveva girato un piccolo, ma brillante film giovanile, intitolato “L'uomo che uccise Don Chisciotte”... Metacinematografia portami via.

“Adam vieni qui dacci una man… Vabbè lascia perdere. Comunque sei bellissimo!”.
Siccome Toby è un artista e per sua natura egoista e vanesio, se ne frega delle difficoltà della sua troupe sul set e corre in moto verso Los Sueños (occhio al nome, che mi pare significativo) piccolo paesello dove anni prima aveva girato il suo film, qui ritrova le vie, i colori, ma non trova più la ragazza di cui si era innamorato allora, Angelica (Joana Ribeiro), scacciata dal padre per essersi “Sporcata” con questa follia chiamata cinema, con un po’ di fatica e il contributo di un gitano che sembra la versione spagnola di Piero Pelù (Óscar Jaenada) a mettere un po’ di Guacamole sulla sua fuga, Toby ritroverà Javier (un Jean Rochefort, Robert Duvall, Michael Palin, John Hurt Jonathan Pryce da applausi), il calzolaio scelto allora per via della sua faccia interessante per interpretare Don Chisciotte che, in realtà, non ha mai abbandonato il personaggio, anzi, forse ci ha pure perso la testa sotto il sole della Mancha.

Qui comincia l’avventura, non del signor Bonaventura ma di Toby che per correre dietro a questo folle Don Chisciotte passa da un siparietto all’altro ed ogni volta la realtà si mescola sempre di più alla finzione, tutto diventa una specie di Paura e delirio nella Mancha, con l’immaginazione e la follia al posto dell’adrenocromo.

Has anybody seen Sam Lowry Don Chisciotte?
Sì, perché, “The man who killed Don Quixote” è il piano inclinato su cui tutti i temi cari a Gilliam e anche abbondanti porzioni del suo cinema, vengono appoggiate, ma solo per svicolare dentro ad una pantagruelica mischia in cui si mescolano gli echi del passato di autore di Gilliam. Angelica si chiama come la protagonista femminile di I Fratelli Grimm ed è impossibile non notare nel rapporto tra l’artista fighetto che viene dalla città Toby e lo sgangherato cavaliere senza paura di una solitaria guerra che dice di chiamarsi Don Chisciotte della Mancha, un po’ delle dinamiche tra Jack e Parry di La leggenda del re pescatore.

“Fermati ma sei pazzo?!” , “Tu hai firmato per tre Star Wars e io sarei il pazzo?”.
Ma bisognerebbe essere toccati almeno quanto Javier per non notare che l’impalcatura e i resti del film che aveva in testa Gilliam quando ha iniziato la sua cavalcata 25 anni fa, s'intravedano ancora. C’è una parte molto bella e ben poco sfruttata, in cui Toby letteralmente rompe il velo dello schermo cinematografico entrando tra le immagini proiettate (metafora piuttosto chiara) per trovare Javier, ancora intrappolato nella parte di Don Chisciotte, che scambiandolo per Sancho Panza, gli chiede di liberarlo dall’incantesimo che lo tiene bloccato ancora qui. Un peccato che tutte queste anime del film, restino spesso incastrate l’una sull’altra, in certi passaggi i tentativi di interpretazione diventano complessi, se non addirittura impossibili, quindi il film risente di qualche minuto in cui seduto in sala ti senti un po’ a tua volta un Sancho Panza e ti viene da pensare: "Caro signor Gilliam, del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente".

Adam Driver cerca di prenotarsi un posto migliore per dormire, il budget del film questo permette.
Ma è un momento passeggero, stringete i denti perché ne vale la pena, l’abilità e la volontà di Gilliam sono state quelle di ostinarsi caparbiamente e arrivare alla fine della crociata chiamata “The man who killed Don Quixote”, ma avendo allo stesso tempo l’intelligenza e l’umiltà necessaria per capire che il sé stesso testardo ed idealista di allora, non è più quello di oggi. Un artista che troppe volte si è stroncato tra le pale dei mulini della realtà e proprio per questo ha rimaneggiato la storia, come aveva già fatto per Parnassus, ecco perché nei primi minuti il caos sembra regnare, i baffi di Adamo Guidatore sono più lunghi all’inizio del film che alla fine e la sgangheratezza generale pare avere effetto per qualche minuto anche sul fidato direttore della fotografia, poeticamente accreditato nei titoli di coda del film come Nicola “Sancho” Pecorini (che sa tanto di investitura ufficiale da parte di Gilliam) che muove la macchina da presa con un po’ meno precisione del solito. Ma Terry ha fatto molto bene a modificare la storia che sarebbe sembrata fin troppo simile ad un I banditi del tempo, ambientato nella Mancha. Poi, secondo voi possiamo davvero attaccarci a questi difetti per criticare il film? Onestamente io non ne ho il cuore, quindi lo lascio fare volentieri ad altri, perché proprio quintali abbondanti di cuore sono l’arma segreta di un film: cuore e malinconia.

Anzi no, cuore, malinconia e giganti. Non dimentichiamo i giganti!
Sì, perché mi sembra innegabile la quantità di malinconia presente negli ultimi film del regista originario del Minnesota, Parnassus era la messa in scena del dubbio di Gilliam di essere già diventato a sua volta un artista fuori tempo massimo, prestigiatore di un cinema analogico che non interessa più a nessuno, mentre The Zero Theorem era ancora più triste, nel mostrare un uomo a cui veniva tolto tutto, anche il cinema stesso. “L'uomo che uccise Don Chisciotte” è la continuazione del discorso, ma senza rinunciare alle stoccate che da un ribelle come Gilliam ti aspetti sempre, rivolte in questo caso al mondo corrotto di Hollywood e perché no, pure al presidente Trump (beccati questa Mr. Arancione!), Gilliam ne ha davvero per tutti!


Perché se con Parnassus Gilliam si è reso conto di essere un artista fuori dal suo tempo, è con Don Chisciotte (da sempre il personaggio dell’immaginario a cui Terry viene associato) che sembra rendersi conto di essere diventato un romantico rottame e quindi usa la sua lancia (il cinema) per colpire l’ingiustizia, come ad esempio il “machismo” della specie peggiore, quello che cerca di prevaricare i personaggi femminili (come il padre di Angelica che la ripudia), oppure ancora peggio, l’odioso Alexei (Jordi Mollà), il re della Vodka che per Gilliam rappresenta i produttori con il portafoglio, quelli da assecondare e compiacere in ogni modo. Ma se Gilliam, ancora una volta, ci ricorda che il potere è l’immondizia della storia degli umani e ne ha davvero per tutti, la critica maggiore, più aspra e malinconica, la rivolge a sé stesso.

Quando Gilliam ha iniziato a pensare al film, Joana Ribeiro non era nemmeno nata.
Nelle varie interviste che ho letto di Gilliam in questi lunghi 25 anni di “Aspettano Quixote”, è chiaro che per Terry “The man who killed Don Quixote” sia diventato un’ossessione, con una sincerità disarmante il regista riserva per sé stesso la critica più dura, impossibile non riconoscere in Toby quel regista visionario che sembrava destinato a grandi cose e che, invece, si è perso inseguendo Don Chisciotte nella Mancha e nella sua rincorsa ha lasciato indietro anche qualcuno, per Toby, Angelica e Javier sono gli effetti collaterali del suo mettere l’arte (e il suo ego) sopra ogni altra cosa, per Gilliam, invece, diventa impossibile non pensare a Jean Rochefort e John Hurt, al cui il film è, ovviamente, dedicato.

"...E a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello, ma un rifiuto non l'accetto, forza sellami il cavallo!" (Cit.)
Come tutti i protagonisti dei film di Gilliam, Toby non è un personaggio del tutto positivo, anzi, eppure anche lui, come tutti gli eroi controvoglia Gilliameschi, imparerà ad abbracciare l’immaginazione sopra ogni altra cosa, perché se John Ford ci ha insegnato che nel west, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda, anche nella Mancha è lo stesso. Toby e Gilliam sono la stessa persona, entrambi hanno perso la testa per inseguire Don Chisciotte ed entrambi sono destinati ad ucciderlo con i loro errori e la loro testardaggine, ma solo per ritrovarsi completamente identificati nel mito di questo personaggio. Non c’è eroismo in tutto questo, il trionfo di Munchausen lascia il passo alla malinconia, sentitevi pure liberi di citofonare a James Stewart per conferma.

La leggenda diventa realtà e vince, per Gilliam è sempre stato così, l’immaginario, il racconto trionfa su tutto ed ecco perché in un crescendo coinvolgente, Gilliam decide di mostrarci il mondo come lo vede Don Chisciotte (una delle sue incarnazioni, sono ben tre nel film) solo nel finale, a questo punto del film anche noi spettatori siamo così coinvolti da non poter più distinguere tra realtà, cinema, finzione e la follia vera o presunta del personaggio. L’ultima carica contro i giganti che ora vediamo davvero come giganti che agitano le loro lunghe braccia è l’ultimo gesto di cavalleria di un personaggio destinato a scomparire. Una sveglia analogica in un mondo digitale proprio come Gilliam e che, come tutti gli eroi, per lui può esserci solo un finale, ovvero una cavalcata verso il tramonto, l’ultimo, spero solo in ordine di tempo, dei tanti bellissimi finali di Gilliam che ad una prima occhiata sembrano ottimisti, ma in realtà non lo sono poi così tanto, anzi forse per niente.

Come dovrebbero sempre terminare i film, con una cavalcata verso il tramonto.
Una autocritica anche fin troppo feroce che denota davvero una sincerità rara nel mondo dello spettacolo, che non può esistere senza un cuore grosso così,  anche perché in tutto questo Gilliam usa l’arma del cinema a suo piacimento, la trovata dei sottotitoli gettati via con un gesto della mano da Toby è il modo migliore per mettere in chiaro che è il cinema a comandare, era da Caccia ad Ottobre Rosso che non vedevo un autore, utilizzare la settima arte così bene per far fronte ad un problema tutto reale, come le barriere linguistiche.

Poi se due indizi fanno una prova, ancora una volta Terry Gilliam riceve in cambio dai suoi attori protagonisti una prova di recitazione maiuscola, Adam Driver (che lo ricordo, è bellissimo!) viene ricordato quando mena la spada laser in giro, ma qui è davvero fantastico, dopo tanti nomi che si sono succeduti negli anni per il ruolo, adesso che l’ho visto in azione, non potrei pensare ad un Toby migliore di così e ringraziate la birra per questo, sì, perché Gilliam ha conosciuto Adamo Guidatore in un pub, senza sapere che fosse un attore, attratto dal suo sembrare ad una persona reale, non uno che si guadagna la pagnotta recitando (storia vera).

Si è unito al lato Gilliam della Forza.
Forse ancora meglio di lui solo Jonathan Pryce, che è un attore di cui ho una stima infinita dai tempi di Brazil e che qui padroneggia due lingue, cavalca impettito, carica mulini e ti ricorda cosa doveva essere la vera cavalleria, una prova incredibile e toccante. Per altro, trovo poetico che dopo aver cercato il suo Don Chisciotte per 25 anni in tutte le facce che potevano essere quella giusta, alla fine la scelta migliore era anche la più facile, l’attore feticcio, compagno di mille battaglie che qui idealmente chiude il cerchio passando da Sam Lowry, l’uomo che impazziva per non morire, a Don Chisciotte, l’uomo che impazzendo ha riscoperto la vita.
“Guarda Sancho un drago!” , “Veramente è l’asta del microfono, ma facciamo come dici tu”.
In parecchi momenti i due attori si barcamenano per riempire le congiunzioni tra una scena e l’altra, perché quest’opera sghemba come le inquadrature di Gilliam in certi passaggi dà la sensazione di un montaggio che potrebbe ancora cambiare, questo sogno matto durato 25 anni, però ha tutta la forza, il cuore e dei picchi poetici che solo un testardo e un idealista come Terry Gilliam avrebbe potuto raggiungere, proprio per questo è più bello e sincero di quello che era anche solo lecito sperare.

“L'uomo che uccise Don Chisciotte” non è bello perché è la prova che con la testardaggine si possono sconfiggere i mulini a vento della sfiga e della burocrazia, è bello perché è ANCHE questo, ma prima di tutto è l’enorme cuore di questa pellicola a renderla qualcosa di unico, sghemba, sbilenca e fuori dal tempo quanto volete, ma proprio per questo ancora più bella e rara, se non hai un cuore grosso come tutta la Mancha e una testa molto dura, non ti può nemmeno passare per l’anticamera del cervello di caricare a testa bassa i mulini a vento, ma se non lo fai non potrai mai vincere, “L'uomo che uccise Don Chisciotte” è la prova che la testardaggine, l’immaginazione e l’umorismo sono le armi più potenti del mondo. Grazie signor Gilliam, grazie, grazie, grazie.

La reazione di un uomo che dopo 25 anni di “Negation” finalmente ottiene “The pussy” (Grazie di tutto signor Gilliam)
Anche se sarebbe un gran finale, spero fortemente che questo non sarà il punto di arrivo del cinema di Terry Gilliam, per ora, sono sicuro, invece, che è il punto di arrivo di questa rubrica che mi ha regalato molte gioie e spero anche a voi. Ed ora vogliate scusarmi, cavalco con la mia bara verso il tramonto, forza Ronzinante andiamo, abbiamo ancora altri giganti da affrontare!

28 commenti:

  1. Ho letto con molto interesse questo bellissimo post. Prima cosa: Cassidy, credo che questo vada direttamente in cima alla classifica dei tuoi migliori articoli. Sarà il tema che ti sta particolarmente a cuore, ma queste righe sono un concentrato di belle e sentite parole verso un autore cui tieni molto. Bravissimo capo! Segno una bionda media per te.

    Ora arriviamo al secondo punto, cioè il film. Speravo di riuscire a vedere la pellicola in sala ma in questo periodo il mio tempo libero è al lumicino e ahimè non ci sono riuscito. Vedrò di recuperarlo per vie traverse...
    Che poi "film perfetto"... Quale film di Gilliam è stato perfetto? E' anche una sua forza ottenere il massimo dalle briciole. Chi altri avrebbe avuto la testardaggine di portare avanti un progetto per 25 anni dopo tutto ciò che è successo? E chi avrebbe potuto mixare in modo così efficace questi ingredienti prendendosi pure per il culo da solo? Di getto non mi viene in mente nessuno. Siamo onesti, Terry Gilliam gioca in un campionato a parte dove le regole le decide lui (e visto quello che gli passa il convento fa pure bene a farlo!) e se il risultato è questo film meta-meta-cinematografico, allora la "negation of pussy" è una virtù e non un difetto.
    Sembra anche un "film nel film" come Driver e Gilliam si sono conosciuti e pure come il Don Chisciotte ideale sia quel Pryce che tanto aveva dato al cinema dell'ex Python. Come si fa a non vedere una congiunzione astrale perfetta in queste cose? O più semplicemente: come non si può vedere del romanticismo?

    Da tradizione non può essere una pellicola perfetta ma stic@zzi! Chi se ne frega!

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    1. Dopo 25 anni di attesa, era almeno obbligatorio provare a fare qualcosa di più, poi il film mi è piaciuto davvero molto, e diciamo che per alcune parti, anche io mi stavo preparando, non proprio da 25 anni ma quasi, grazie mille! :-D
      Ma poi un personaggio sghembo come quello di Cervantes, si merita un film perfettino e pulitino? Secondo me no, dici bene Gilliam gioca in un campionato tutto suo, e lo fa davvero alla grande, questo film è oltre le aspettative, è una prova di pura testardaggine e puro cuore, per questo ancora più bello ;-) Cheers!

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    2. P.S.: stanotte prima tripla doppia di LBJ in gialloviola...

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    3. Visto visto, si sta prendendo già la squadra sulle spalle, temo però che per dispendio di energia, sia davvero troppo presto. Comunque vedremo è appena iniziata. Cheers

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  2. Sono d'accordo con te, questo film è la dimostrazione che se si è abbastanza testardi e romantici anche il mulino più ostico prima o poi cade a forza di testate. Un vero e proprio trionfo di "The pussy" :P

    È uno di quei film che ti riempe di speranza ma allo stesso tempo sei un po' triste perché questo mondo cinico sembra negare ogni concetto espresso nel film. Io comunque alla fine del film ero quasi alle lacrime perché mi sono rivisto molto nel film, sopratutto nei due protagonisti (ma maggiormente nel vecchio Don Chisciotte).

    P.S. Sul concetto che le storie dovrebbero sempre finire con un tramonto mi ricorda molto le storie di Robert E. Howard. Nel momento stesso stesso in cui l'eroe raggiunge la gloria c'è sempre qualcosa di effimero e transitorio in esse che lo costringe nella avventura successiva a ricominciare tutto da capo.

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    1. Pensa che avevo una mezza idea di intitolare il post: "Finally... The Pussy!" ma poi ho preferito la citazione a cui sono molto legato, ma ci ho pensato serialmente (Storia vera). Anche a me il film ha preso molto, Gilliam ha davvero colto l'essenza del romanzo di Cervantes, però trasportando il tutto nel nostro mondo e nel suo modo di fare cinema, un film bellissimo ;-) Sarà per quello che amo i finali con l'eroe che cavalca verso il tramonto? Un po' mi deriva dai western, di sicuro, il resto deve essere tutte le storie di Howard che ho letto, mi sono rimaste incollate addosso ;-) Cheers!

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  3. È stato un viaggio incredibile e meraviglioso, questo nel cinema di Gilliam, che scopro a me in massima parte ignoto. Quindi più appassionante ancora. Non sapevo dei problemi ventennali di questo film prima del tuo speciale, ma è come se li avessi vissuti anch'io, tramite le tue parole. Gilliam sarebbe contento di te... e magari il suo prossimo progetto ventennale potrebbe essere "The Flying Grave" :-P

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    1. Sono molto felice che ti sia piaciuto e ti ringrazio molto, forse la rubrica avrà una piccola "cosa strumentale" ma il più è andato, d'altra parte il nome di questo blog deve qualcosa a Gilliam e ai Python, sarebbe bellissimo! :-D Cheers!

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  4. Terry G. è come quelle cantanti liriche di scala Callas che ogni tanto, nel corso di una affollatissima conferenza stampa , annunziano il loro addio alle scene via un ultimo concerto, ma in cuor loro nessuno dei cronisti ci crede davvero. Ho rivisto Terry ad uno degli ultimi concerti di addio alle scene dei Pooh - non ricordo quando, ma i supporters erano gli Stones - e Gattone Gilliam mi ha detto che sta lavorando alla storia famosa di un personaggio letterario rovinato dal confondere il romanzo colla realtà. Don Koso ha esclamato Mick nel backstage, ma Gattone ho sorriso come lo Stregatto e ha detto che si tratta di Emma Bovary e che sarà interpretata da Adam Driver che è bellissimo e sembra una persona reale anche quando canta Brazilian Girl mentre Pryce fa il moonwalker. Roba che non vedrai mai nei suoi film ed è un peccato perché so apprezzeresti.
    Da quello che ho capito, Gattone prende Flaubert e lo porta dove gli pare - as usual - e quindi vedremo Emma come driver di una banda di ladri di in folio ed altri rarissimi papiri che potresti immaginare nella biblio di Babele o in quella del Lucius del Sandman di Gaiman. A furia di portare da una dimensione all'altra - sia chiaro: tutti effetti analogici - tutta quella prosa immortale, Emma decide di provare a leggere qualche tomo ( " ma guarda ! sono scritti anche dentro e non solo sulla cover " direbbe Ratman ) e realizza che esistono mondi oltre i mondi e di essere stata per millenni tramite innocente di crimini e quindi monda dal peccato si perde nel mondo tra i mondi chiamato Braziliam Dream in cui incontra e si innamora di Sam " Sandman " Manner, la via per la felicità. Io confesso che non ho capito tutto e ho anche perso parte del succo mentre ascoltavo perle come " chi fermerà la musica /l'aria diventa elettrica " , ma come Carabara e tutti gli altri fans di Gattone attendto the Ultimate Bovary. Mai la fine. Ciao ciao

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    1. La fine é solo per chi si rassegna ad essa, come potrebbero insegnarci bene Gattone, la Callas, Mick e Dodi Battaglia, che sarebbero pure un'interessante versione degli FQ prima maniera. Adamo Guidatore è così bello che può fare tutto, ma con il moonwalk di Pryce sarebbe anche meglio, Ratty finirebbe di leggere tutte le copertine subito poi passerebbe a cercare le immagini, possibilmente di donne nude. Ultimate Bovary e i banditi del tempo sarebbe bellissimo, fra 25 anni potrebbe essere pronto, in tempo per l'ultimo (ma anche no) tour dei Pooh. Cheers!

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  5. Devo decidermi a recuperare molti film di questo regista che non ho mai visto!
    E chi se ne frega se non è un capolavoro.
    Un bell'epilogo, si spera momentaneo, per Gilliam.
    Mi piace molto l'analogia tra regista e film.

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    1. Te li consiglio tutti, è uno dei miei preferiti e anche dei più unici registi in circolazione, anzi, se volessi iniziare a recuperare da questo, ti faresti un gran favore ;-) Cheers

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  6. Il film non l'ho ancora visto, ma complimenti per lo splendido articolo!

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    1. Grazie mille amico mio... Bro-fist! ;-) Però se ti capita, non perderti il film che merita! Cheers

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  7. Quanta passione nelle tue parole, Cass.
    Purtroppo mi hai convinto che sia il film conclusivo di questo regista che conosco pochissimo e del quale ho conosciuto qualcosa di più leggendoti. E' proprio l'ideale conclusione della sua produzione!
    A parte gli scherzi, per me Don Chisciotte è soprattutto il personaggio cantato da Roberto Vecchioni e ovviamente da Guccini, che tu hai più volte citato.
    Ammetto quindi di essere curioso e nella mia curiosità ti chiedo di spiegarmi qui sotto la battuta anti-Trump :D.
    Apprezzo inoltre che il regista abbia incentrato il film anche sulla propria autocritica.

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    1. Cinque altissimo per aver colto il pezzo di Guccini che avevo (ovviamente) in testa mentre scrivevo ;-) Si ha tutto per essere un epilogo, ma non voglio sia un epilogo per la filmografia di Gilliam, quello proprio no! Nel film il ricco magnate della Vodka che finanzia, viene definito un bambinone, uno da accontentare sempre anche se fa e dice cazzate, in pratica come Trump, il succo dello sfottò è questo ;-) Cheers!

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  8. Grande Cass, hai descritto il film con un trasporto donchisciottesco...
    Condivido il fatto che non sia un capolavoro, ma io al cinema mi son divertito tantissimo, soprattutto nella seconda parte, quella sì un quasi capolavoro...
    Ciao
    Vincenzo

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    1. Ti ringrazio di cuore! Anche io mi sono divertito moltissimo, la seconda parte lo sfiora il capolavoro, concordo in pieno ;-) Cheers

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  9. Eppure ho un po' paura a vedere questo film, forse perché mi sembra un progetto che arriva troppo fuori tempo massimo...ma spero di sbagliarmi...

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    1. Il dubbio era più che legittimo, ma il risultato finale fa stare tranquilli ;-) Cheers

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  10. Premetto che adoro Gillian, come regista e mi piace la “persona” che hai fatto uscire dal post. Però questo film, che ancora non ho visto, doveva essere il suo capolavoro, doveva esserlo.
    Che ha fatto in questi anni? Si è lagnato, ha pianto e ha elemosinato, quando avrebbe dovuto pensare e preparare un film fantastico.
    Mi piacerebbe sapere Gillian, messo in una situazione di massimo comfort, cosa farebbe: “eccoti tutti i soldi che vuoi, scegli la storia e l’attore che vuoi e fai il film che vuoi...”.
    Secondo te Cass che farebbe?
    Io ho paura che tirerebbe fuori un altro flop, è un casinaro, è lui stesso un “carrozzone”!

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    1. Ti dirò, non si è lagnato nemmeno così tanto, più che altro ha cercato fondi e fatto a capocciate con tutti, il fatto che abbia presentato il film a Cannes, mentre il produttore gli stava facendo causa (poi persa, il giudice ha dato ragione a Gilliam) secondo me è un atteggiamento molto onorevole, e anche coraggioso. Forse il suo "errore" è stato, se così possiamo definirlo, è stato quello di non voler abbandonare completamente la vecchia sceneggiatura, dettaglio che traspare nella prima metà del film. Ma a mio avviso la pellicola resta davvero un punto di arrivo, anche se dal 2000 è chiaro che ormai Gilliam è un pirata, fa cinema contro tutto e tutti, in pratica è diventato uno della ciurma della "Crimson Permanent Assurance" ;-) Per sua stessa ammissione, ricordo una vecchia (non riesco a trovarla, fidati della mia memoria, solo per oggi) in cui diceva che con soldi infiniti, farebbe casini infiniti, perché ha troppe idee e le mani bucato, ci vorrebbe un produttore capace di metterlo nelle condizioni migliori per lavorare, in passato Gilliam ha avuto parole di stima per Debra Hill (di cui purtroppo è andato perso lo stampo, santa donna), sono piuttosto sicuro che senza limitazioni farebbe un casino. Gilliam da il meglio perseverando nelle difficoltà, anche per questo è degno di ammirazione ;-) Cheers!

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    2. Concordo, ovviamente! E, per il resto, mi limito a dire che la tua appassionata recensione sarebbe da sottoporre all'approvazione di Gilliam che, ne sono sicuro, te la concederebbe seduta stante ;-)
      Il suo film non sarà perfetto, d'accordo, ma, che diamine... dopo tutto questo tempo e relative vicissitudini/ostacoli/Sfighe con la S maiuscola l'importante è che alla fine sia stato realizzato, non che sia perfetto! ;-)

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    3. Dici che è sghemba quel tanto che basta da piacere anche a Gilliam? Sarebbe il massimo ;-) Non è perfetto, ma credo che ci siano film con più problemi di ritmo che non hanno dovuto attraversare la metà dei casini che ha visto questa pellicola. Inoltre la seconda metà sale parecchio di colpi, è molto più di quello che mi sarei aspettato da 25 anni di ostacoli ;-) Cheers!

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  11. visto in sala appena uscito, ero da sola in sala :P che bellezza però: ho dato fondo a tutte le emozioni senza ritegno, mi ritrovo in ciò che scrivi e concordo Adam Driver è bellissimo..e son contenta che Gilliam abbia aspettato 25 anni per lui

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    1. Nella sala dove ho visto il film, eravamo 17 (storia vera) poi dimmi che il cosmo non trova il suo modo per comunicare :-D Non riesco a pensare ad un Sancho migliore di Adamo Guidatore. Cheers!

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  12. Come omaggiare questo fantastico film di cui hai già detto tutto?
    Ci sono, ripropongo un testo musicale!

    Every Gilliam's movie is sacred.
    Every Gilliam's movie is great.
    If a Gilliam's movie is wasted,
    Cinephile gets quite irate.

    Let the evil producers spill theirs
    On the dusty ground.
    God shall make them pay for
    Each Gilliam's movie that can't be made.

    Weinstein Brother
    Spill theirs just anywhere,
    But Cinephile loves those who treat their
    Gilliam's movie with more care.

    Every Gilliam's movie is sacred.
    Every Gilliam's movie is great.
    Every Gilliam's movie is needed
    In your cinema!

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    1. GENIO! Questo è il commento più Gilliamesco di sempre!! :-D Ahaha Fantastico! :-D Cheers

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